Corte di Cassazione sentenza n. 6425 del 21 marzo 2011
ACCERTAMENTO – IMPOSTE SUI REDDITI – NESSUN COSTO FORFETTARIO PER LE INDAGINI FINANZIARIE
massima
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La presunzione che assiste le indagini finanziarie si applica sia ai versamenti che ai prelevamenti bancari, i quali costituiscono ricavi o compensi accertabili se il contribuente non ne fornisce una diversa giustificazione. Inoltre, nessun costo può essere forfettariamente riconosciuto a fronte dei maggiori componenti positivi di reddito accertati dall’Ufficio.
In tema di IVA (così come in tema di accertamento delle imposte sui redditi), e con riferimento all’acquisizione dei movimenti di un conto corrente bancario riconducibili ad un’attività d’impresa, debbono essere considerati ricavi sia le operazioni attive (versamenti) che quelle passive (prelevamenti), salvo che il contribuente non provi che i versamenti sono registrati in contabilità e che i prelevamenti sono serviti per pagare determinati beneficiari; e ciò senza che si debba procedere alla deduzione presuntiva di oneri e costi deducibili, giacchè, in forza della disposta inversione de l’onere della prova, grava sul contribuente l’onere di superare la contraria presunzione di legge (relativa), attestando la ricorrenza di specifici costi deducibili con concreti elementi di prova e non mediante affermazioni di carattere generale, semplici presunzioni o il richiamo all’equità.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO e MOTIVI DELLA DECISIONE
Premesso:
– che la sentenza di appello indicata in epigrafe, accogliendo solo parzialmente l’appello dell’Agenzia delle Entrate, ha ritenuto illegittimo l’avviso di accertamento iva relativo all’anno 1997, relativamente al recupero a tassazione dell’importo corrispondente all’ammontare complessivo dei prelevamenti, non giustificati, risultanti dai conti correnti verificati;
– che avverso detta sentenza, l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, in unico motivo, deducendo violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 51;
– che la società intimata non si è costituita;
rilevato:
– che secondo consolidato orientamento di questa Corte, da cui non vi è motivo di discostarsi, in tema di iva (così come in tema di accertamento delle imposte sui redditi), e con riferimento all’acquisizione dei movimenti di un conto corrente bancario riconducibili ad un’attività d’impresa, debbono essere considerati ricavi sia le operazioni attive (versamenti) che quelle passive (prelevamenti), salvo che il contribuente non provi che i versamenti sono registrati in contabilità e che i prelevamenti sono serviti per pagare determinati beneficiari; e ciò senza che si debba procedere alla deduzione presuntiva di oneri e costi deducibili, giacchè, in forza della disposta inversione de l’onere della prova, grava sul contribuente l’onere di superare la contraria presunzione di legge (relativa), attestando la ricorrenza di specifici costi deducibili con concreti elementi di prova e non mediante affermazioni di carattere generale, semplici presunzioni o il richiamo all’equità (cfr. Cass. 7813/10, 26312/09, 24055/09, 2821/08, 25365/07, 14675/06);
considerato:
– che – non risultando la sentenza impugnata in linea con l’affermato principio, giacchè ha escluso che potessero essere considerati ricavi i prelievi, pur in assenza di qualsiasi prova in ordine ai presupposti desumibili dal trascritto principio – il ricorso dell’Agenzia si rivela manifestamente fondato, sicchè va accolto nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;
ritenuto:
– che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, ult. parte, va decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo della società contribuente;
– che, per la natura della controversia e tutte le implicazioni della fattispecie, si ravvisano le condizioni per disporre la compensazione delle spese dei gradi di merito e la condanna della società contribuente, in base al criterio della soccombenza, alla refusione alla controparte delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
la Corte: accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della società contribuente; compensa le spese dei gradi di merito e condanna la società contribuente alla refusione alla controparte delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.500,00 oltre spese prenotate a debito.
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