Corte di Cassazione sentenza n. 6527 del 14 marzo 2013 

ACCERTAMENTO – REDDITO PROFESSIONALE – STUDIO ASSOCIATO – ACCERTAMENTO INDUTTIVO DEL REDDITO – FATTURE EMESSE GENERICHE – LEGITTIMITA’ – SUSSISTENZA

massima

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L’accertamento induttivo del reddito dello studio associato è legittimo se le fatture emesse risultano troppo generiche. In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’omessa indicazione nelle fatture dei dati prescritti dall’art. 21 del D.P.R. n. 633 del 1972, integra quelle gravi irregolarità che, ai sensi dell’art. 39 del D.P.R. n. 600 del 1973, legittimano l’Amministrazione Finanziaria a ricorrere all’accertamento induttivo del reddito imponibile. Peraltro in tema di accertamento delle imposte sui redditi, rientra nel potere dell’Amministrazione Finanziaria, nell’ambito della previsione di legge, di scegliere il metodo di accertamento da utilizzare nel caso concreto e, pertanto, parte contribuente, in assenza di peculiarità pregiudizievoli, non ha titolo a dolersi della scelta operata.

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. L’agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della commissione tributaria regionale della Basilicata n. 14/03/10, depositata il 21 gennaio 2010, con la quale, rigettato l’appello principale della medesima, ed accolto quello incidentale degli Studi Associati Ragionieri R.G. e R.M.I., nonché di costoro contro la decisione di quella provinciale, l’opposizione dei contribuenti inerente all’avviso di accertamento, relativo all’Iva Irap ed accessori per il 1999, circa la libera professione esercitata, veniva ritenuta fondata. In particolare il giudice di secondo grado osservava che il metodo induttivo seguito non era corretto, perché la contabilità era regolare. Inoltre il tariffario professionale non poteva essere invocato, atteso che i professionisti venivano pagati con importi inferiori, che peraltro erano affluiti in parte ad altra società, la I. sas., partecipata dagli stessi, i quali peraltro non sempre riscuotevano gli onorari per intero. Gli Studi Associati resistono con controricorso, ed hanno depositato memoria, mentre i due intimati R. non si sono costituiti.

MOTIVI DELLA DECISIONE

2. Col primo motivo la ricorrente denunzia violazione di norma di legge, giacché la CTR non considerava che il ricorso in appello si basava su motivi generici, per i quali i contribuenti si riportavano “tout court” a quello introduttivo, senza esplicitare i punti precisi della decisione oggetto di critica, e soprattutto enunciare le ragioni di censura su cui questa si reggeva, se non in modo vago col riportarsi al medesimo in ordine alle fatture; ai disavanzi di cassa; ai contratti verbali ed agli onorari inferiori alla tariffa professionale.

Il motivo, a parte il profilo di una certa genericità di formulazione, in quanto la ricorrente ha riportato, a corredo di tale doglianza, soltanto una parte delle censure addotte dalla contribuente alla pronuncia di primo grado con l’appello incidentale, comunque è infondato, atteso che in tema di contenzioso tributario, la mancanza o l’assoluta incertezza dei motivi specifici dell’impugnazione, le quali, ai sensi dell’art. 53, comma primo, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, determinano l’inammissibilità del ricorso in appello, non sono ravvisabili qualora l’atto di appello, benché formulato in modo sintetico, contenga una motivazione e questa non possa ritenersi “assolutamente” incerta, essendo interpretabile, anche alla luce delle conclusioni formulate, in modo non equivoco, come esattamente interpretato nel caso in esame in secondo grado (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 1224 del 19/01/2007 n. 1574 del 2005).

3. Col secondo motivo la ricorrente deduce vizi di motivazione, in quanto il giudice di appello non enunciava chiaramente, se non in modo apparente, le ragioni poste a base del suo convincimento, tenuto conto che le dichiarazioni di certi clienti erano posteriori all’accertamento, e comunque non erano rilevanti alla luce del divieto della prova per testimoni, per di più senza contraddittorio; le fatture erano del tutto generiche, poiché prive della natura delle prestazioni, del periodo, dell’importo; il saldo di cassa era stato riscontrato negativo dagli ispettori in sede di verifica; i compensi erano stati determinati secondo il minimo della tariffa professionale, sicché quindi il metodo analitico induttivo seguito si basava su presunzioni aventi i caratteri della gravità, precisione e concordanza, ancorché tutta la contabilità non potesse considerarsi abbastanza attendibile.

La censura va condivisa, posto che in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’omessa indicazione nelle fatture dei dati prescritti dall’art. 21 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 integra quelle gravi irregolarità che, ai sensi dell’art. 39 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, legittimano l’Amministrazione finanziaria a ricorrere all’accertamento induttivo del reddito imponibile (V. pure Cass. Sentenze n. 5748 del 10/03/2010, n. 27063 del 2007). Peraltro in tema di accertamento delle imposte sui redditi, rientra nel potere dell’amministrazione finanziaria, nell’ambito della previsione di legge, di scegliere il metodo di accertamento da utilizzare nel caso concreto e, pertanto, parte contribuente, in assenza di peculiarità pregiudizievoli, non ha titolo a dolersi della scelta operata, come nella specie (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 8333 del 25/05/2012, n. 19258 del 2005).

Dunque sul punto la sentenza impugnata non risulta motivala in modo adeguato (e giuridicamente) corretto

Ne deriva che il ricorso va accolto limitatamente al secondo motivo, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata, con rinvio al giudice “a quo”, altra sezione, per nuovo esame, e che si uniformerà ai suindicati principi di diritto.

Quanto alle spese dell’intero giudizio, esse saranno regolate dal giudice del rinvio stesso.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale della Basilicata, altra sezione, per nuovo esame.