Corte di Cassazione sentenza n. 6647 del 02 maggio 2012
ESPOSIZIONE AI FUMI DI COMBUSTIONE DEL GASOLIO. VAPORI DI AMMONIACA, ACIDO MURIATICO – RESPONSABILITA’ DEL DATORE DI LAVORO – DANNO BIOLOGICO
massima
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L’Inail ha riconosciuto la causa di servizio quantificata nel 100% di inabilità lavorativa alla dipendente, che è stata esposta ai fumi di combustione del gasolio proveniente dal gruppo elettrogeno sito al piano terra dello stabile dell’azienda, nonchè ai vapori di ammoniaca ed acido muriatico, ed altre sostanze detergenti.
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FATTO
Con ricorso al Tribunale di Roma, (Omissis), dipendente del C.N.R., esponeva di essere stata esposta ai fumi di combustione del gasolio proveniente dal gruppo elettrogeno sito al piano terra dello stabile dell’Ente, nonché ai vapori di ammoniaca ed acido muriatico, ed altre sostanze detergenti, ivi presenti; che le era stata riconosciuta dall’Ente un’infermità per causa di servizio quantificata nel 100% di inabilità lavorativa. Chiedeva pertanto la condanna del C.N.R. al risarcimento del danno biologico e patrimoniale ex art. 2087 c.c. e art. 32 Cost.
Disposta la chiamata in causa dell’I.N.A.I.L. ed espletata la richiesta prova testimoniale, il Tribunale, ritenuto prescritto il diritto alla rendita I.N.A.I.L., respingeva la domanda nei confronti del C.N.R., ritenendo che nessuna prova era stata offerta circa la responsabilità di quest’ultimo nel danno lamentato, nè del nesso etiologico tra la patologia denunciata ed il comportamento datoriale.
La Corte d’appello di Roma, con sentenza depositata il 30 marzo 2010, disposta c.t.u. medico legale, respingeva il gravame proposto dalla (Omissis), ritenendo che il datore di lavoro aveva provato di aver rispettato le prescrizioni regolamentari e di legge al fine di tutelare la salute dei suoi dipendenti nel posto di lavoro, e di avere comunque adottato tutte le cautele imposte dall’esperienza e la tecnica atte ad evitare il danno.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la (Omissis), affidato a due motivi. Resistono il C.N.R. e l’I.N.A.I.L. con controricorso.
DIRITTO
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, relativamente alla valutazione delle note critiche alla c.t.u. da essa redatte.
Lamentava in particolare che la corte territoriale aveva erroneamente condiviso le conclusioni dell’ausiliare che escludevano solo la patogenicità dei vapori di gasolio considerato allo stato liquido e non a seguito di combustione, come evidenziato dalla ricorrente nelle note.
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia parimenti omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, relativamente alla ubicazione dell’ufficio ove la ricorrente lavorava.
3. I motivi, che per la loro connessione possono essere congiuntamente esaminati, risultano inammissibili, per sottoporre alla Corte un diretto riesame in fatto delle circostanze di causa.
Deve al riguardo rammentarsi che il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito dall’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), non equivale alla revisione del “ragionamento decisorio”, ossia dell’opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che una simile revisione, in realtà, non sarebbe altro che un giudizio di fatto e si risolverebbe sostanzialmente in una sua nuova formulazione, contrariamente alla funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimità; ne consegue che risulta del tutto estranea all’ambito del vizio di motivazione ogni possibilità per la Corte di cassazione di procedere ad un nuovo giudizio di merito attraverso l’autonoma, propria valutazione delle risultanze degli atti di causa, rimessa al giudice del merito cui soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, e, in proposito, valutarne le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliendo, tra le varie risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione. (Cass. 6 marzo 2006 n. 4766; Cass. 25 maggio 2006 n. 12445; Cass. 8 settembre 2006 n. 19274; Cass. 19 dicembre 2006 n. 27168; Cass. 27 febbraio 2007 n. 4500; Cass. 26 marzo 2010 n. 7394). Nella specie la corte territoriale, congruamente valutate le deposizioni testimoniali e la c.t.u. espletata, ha accertato che “l’acuto odore di combustibile, tipo gasolio, lamentato dalla (Omissis)” era smentito dalle deposizioni testimoniali (che avevano riferito che la centrale termica era alimentata da gas metano e che il gruppo elettrogeno alimentato a gasolio entrava solo eccezionalmente in funzione in caso di black out); ed inoltre che i diversi sopralluoghi della A.S.L., sollecitati dalla (Omissis), non avevano rilevato anomalie. La corte di merito ha altresì considerato che dalla c.t.u. emergeva che la (Omissis) era già affetta da rinofaringite cronica sub atrofica in soggetto con modesto deficit ventilatorio ostruttivo e note di enfisema, di etiopatogenesi extra lavorativa. Che la tossicità dell’acido cloridrico e dell’ammoniaca, pericolose in caso di contatto diretto, è invece assai bassa per dispersione aerea; che la tossicità da gasolio può causare irritazione alla pelle, agli occhi ed alle prime vie respiratorie solo in caso di sovraesposizione eccessiva, nella specie non emersa.
Trattasi di accertamenti logici e congruamente motivati, incensurabili in questa sede di legittimità.
A ciò va aggiunto che la ricorrente non specifica chiaramente quale sia la patologia lavorativa di cui reclama il risarcimento, né il contenuto delle note critiche alla c.t.u., non considerando, pertanto, che il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla loro trascrizione (o quanto meno all’indicazione della loro esatta ubicazione all’interno dei fascicoli di causa, Cass. sez. un. 3 novembre 2011 n. 22726 ), al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, la S.C., deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative, Cass. ord. 30 luglio 2010 n. 17915.
Non essendo affatto censurato il rigetto della domanda nei confronti dell’I.N.A.I.L., per cui risulta conforme a giustizia compensare le spese tra le relative parti, il ricorso deve dunque dichiararsi inammissibile. Le spese di causa, relativamente al ricorso proposto nei confronti del C.N.R., seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità nei confronti del C.N.R., pari ad euro 40,00 per esborsi, euro 2.500,00 per onorari, oltre accessori come per legge.
Compensa le spese tra la ricorrente e l’I.N.A.I.L.
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