Corte di Cassazione sentenza n. 6855 del 07 maggio 2012
TRAUMA SUBITO DA UN MARITTIMO – INFORTUNIO SUL LAVORO – NESSO CAUSALE CON LA PATOLOGIA PSICOTICA – ONERE DELLA PROVA
massima
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È onere del lavoratore fornire la prova di aver subito un infortunio sul lavoro, nonché della nocività dell’ambiente o dell’inadeguatezza delle protezioni messe a disposizione dal datore di lavoro ed infine della sussistenza di un nesso causale tra l’uno e l’altro. In difetto di siffatta prova, non è possibile accertare l’esatta dinamica dell’evento e le effettive condizioni cui può essere causalmente ricondotto l’infortunio, sicché è precluso qualsiasi giudizio in ordine alla sussistenza di un nesso di causalità tra l’evento e l’eventuale inadempienza datoriale.
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FATTO
Con sentenza del 12/4-3/6/2010 la Corte d’Appello di Napoli – sezione lavoro ha accolto l’impugnazione proposta dalla I.P.S.E.M.A. (già Cassa Marittima Meridionale per l’Assicurazione degli infortuni della gente di mare) avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale del capoluogo partenopeo che l’aveva condannata a corrispondere a (Omissis) la rendita da infortunio sul lavoro nella percentuale del 100% e, per l’effetto, ha rigettato la domanda dell’assicurato, compensando tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
La Corte territoriale ha spiegato nella motivazione della sentenza che dall’accertamento tecnico d’ufficio era emerso che il trauma subito dal marittimo nel corso dell’infortunio sul lavoro non aveva rappresentato la causa diretta ed esclusiva della diagnosticata psicosi, avendo dato un apporto di lieve rilievo al solo aggravamento delle condizioni psichiche pregresse, poi sfociate autonomamente nel grave quadro psicotico, per cui poteva ritenersi che il grado percentuale del 50% dei postumi permanenti copriva l’intero danno indennizzabile, avuto riguardo al predetto aggravamento da considerarsi collegato al suddetto trauma cranico in conformità del principio della cd. equivalenza causale di cui all’art. 41 c.p.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso il (Omissis), il quale affida l’impugnazione a quattro motivi di censura.
Rimane solo intimata l’I.P.S.E.M.A.
DIRITTO
1. Col primo dei quattro motivi il ricorrente si duole della motivazione gravemente contraddittoria, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, così come adottata in ordine alla valutazione del nesso causale tra la lesione traumatica, conseguente all’infortunio sul lavoro occorsogli il (Omissis), e la sindrome psicotica da cui è risultato essere affetto. Al riguardo il medesimo evidenzia che la lamentata contraddittorietà tra motivazione e dispositivo della sentenza risiede, anzitutto, nel fatto che in quest’ultimo è statuito il rigetto della sua domanda di primo grado in conseguenza dell’accoglimento dell’impugnazione proposta dall’I.P.S.E.M.A., mentre nella esposizione dei motivi della decisione è, al contrario, affermata l’infondatezza dell’appello (pagina 4), con conseguente conferma della sentenza impugnata (pagina 11). Inoltre, il giudice d’appello riconosce all’evento traumatico del (Omissis), dapprima, un ruolo di mera occasione nella manifestazione della psicosi (pagina 6), salvo affermare, in un secondo momento (pagina 10), il suo apporto causale di lieve rilievo nell’aggravamento delle condizioni psichiche.
2. Col secondo motivo il ricorrente si duole dell’omessa motivazione, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, in ordine alla dedotta assenza di qualsiasi patologia psicotica antecedente all’infortunio del (Omissis), deduzione, questa, che aveva trovato la propria ragion d’essere, secondo tale prospettazione, nel fatto che né dall’anamnesi, né dalla sua storia clinica e lavorativa erano emersi riscontri alla supposta preesistenza della suddetta malattia, tanto più che gli era stata sempre riconosciuta l’idoneità alla navigazione.
3. Oggetto del terzo motivo di censura è la denunzia della motivazione palesemente insufficiente, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, sia in ordine alla omessa datazione dell’aggravamento della patologia, sia in merito alla omessa valutazione della documentazione medica da parte del Ctu prof. (Omissis). In sostanza il ricorrente contesta la decisione nella parte in cui è stata giudicata ininfluente la questione della decorrenza dell’aggravamento della patologia sulla base della ritenuta congruità del grado percentuale di invalidità a suo tempo riscontrato in sede amministrativa, adducendo che, in realtà, una tale spiegazione non consente di comprendere il reale motivo della ritenuta ininfluenza del suddetto elemento, essendo, al contrario, necessaria l’acquisizione del periodo di insorgenza dell’aggravamento che, in ogni caso, non poteva non aver avuto, da un punto di vista logico, una sua iniziale manifestazione. Nel contempo il (Omissis) imputa al giudice d’appello l’aver trascurato la disamina di due importanti documenti del 16/12/92 e del 5/1/93 dell’Ufficio di Sanità Aerea e Marittima – Servizio assistenza sanitaria ai Naviganti, immediatamente successivi all’infortunio lavorativo, che attestavano una sintomatologia talmente grave da richiedere il suo ricovero ospedaliero, per cui non era dato comprendere la ragione per la quale era stato escluso che il trauma cranico riportato in conseguenza del predetto infortunio potesse conciliarsi con lo stato di viva agitazione in cui egli era sprofondato.
4. Con l’ultimo motivo il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 41 c.p. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 in quanto ritiene che la Corte d’appello, pur avendo correttamente enunciato il principio della equivalenza causale di cui all’art. 41 c.p., ha finito per farne erronea ed impropria applicazione al caso concreto, avendo dato peso preponderante, ai fini dell’eziologia della patologia diagnosticata, ad una concausa naturale, quale poteva essere in teoria la sua pregressa condizione psico-fisica, che non poteva vanificare la corretta premessa della comparazione fra più cause concorrenti alla produzione del danno esclusivamente alla luce dei comportamenti umani colpevoli.
Osserva la Corte che il ricorso è fondato.
Anzitutto, colgono decisamente nel segno le lamentate divergenze tra dispositivo e motivazione della sentenza impugnata.
Infatti, non può non rilevarsi che sussiste un contrasto insanabile tra il dispositivo, attraverso il quale viene statuito il rigetto della domanda dell’assicurato, e la motivazione della sentenza, ove si riconosce, invece, il 50% dei postumi permanenti ai fini della determinazione della percentuale del danno indennizzabile. Inoltre, sussiste una evidente contraddizione anche all’interno della stessa motivazione, in quanto dopo l’avvenuto riconoscimento della percentuale del danno indennizzabile nella misura del 50% si afferma che la sentenza di primo grado, che aveva, invece, riconosciuto la diversa percentuale del 100% del danno indennizzabile, deve essere confermata.
Si registrano, pertanto, sia un contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione, che è da solo atto a giustificare la nullità della sentenza (v. in tal senso da ultimo Cass. sez. 6-Lav., Ordinanza n. 10305 del 10/5/2011), dal momento che alla ritenuta sussistenza del diritto in una determinata misura segue inopinatamente il suo disconoscimento, sia una contraddizione all’interno della stessa motivazione su un punto fondamentale della controversia, vale a dire sull’entità del danno indennizzabile, dapprima riconosciuto al 50%, salvo, poi, confermarsi la decisione di prime cure che lo aveva accertato nella misura del 100%.
Egualmente fondati sono i rilievi che investono la questione del nesso causale tra il trauma da infortunio occorso al (Omissis) il (Omissis) e l’accertata patologia psicotica di tipo schizofrenico dalla quale il medesimo è risultato essere affetto: -Invero, è senz’altro rinvenibile una contraddizione nella parte in cui si affronta tale questione, atteso che, per un verso, si avvalora il giudizio per il quale il predetto infortunio aveva rappresentato solo l’occasione per la manifestazione della suddetta patologia, mentre, dall’altro, si afferma che lo stesso infortunio, pur non rivestendo il ruolo di causa o concausa della psicosi, essendo questa preesistente, aveva dato, però, un apporto di “lieve rilievo” all’aggravamento delle condizioni psichiche, costituendone, seppur sotto tale limitato aspetto, una concausa.
Al riguardo è bene ricordare che “nella materia degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, trova diretta applicazione la regola contenuta nell’art. 41 c.p., per cui il rapporto causale tra evento e danno è governato dal principio dell’equivalenza delle condizioni, secondo il quale va riconosciuta l’efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, alla produzione dell’evento, mentre solamente se possa essere con certezza ravvisato l’intervento di un fattore estraneo all’attività lavorativa, che sia di per sé sufficiente a produrre l’infermità tanto da far degradare altre evenienze a semplici occasioni, deve escludersi l’esistenza del nesso eziologico richiesto dalla legge. (Nella specie, la S.C., in applicazione dell’anzidetto principio, ha ritenuto la riconducibilità all’attività lavorativa della malattia contratta per complicanze insorte dalla vaccinazione contro l’epatite B atteso che la necessità di questo intervento sanitario – nonché dei successivi richiami – era conseguente ad un infortunio sul lavoro)”. (Cass. Sez. Lav. n. 13361 del 17/6/2011).
In definitiva, uno stesso evento, quale nella specie è quello del trauma cerebrale da infortunio sul lavoro occorso all’assicurato il (Omissis), non può essere considerato al tempo stesso semplice occasione del manifestarsi della patologia indennizzabile e concausa di questa, perché se si perviene al convincimento che il suddetto trauma abbia determinato in qualche modo l’aggravamento della patologia, al punto da coprire il 50% dei postumi permanenti rilevanti ai fini del danno indennizzabile, e se si afferma che la stessa patologia non è dipesa in maniera esclusiva da un fattore estraneo all’infortunio sul lavoro, lo stesso evento traumatico scaturito dall’infortunio finisce necessariamente per avere una sua efficienza causale nella determinazione del danno finale.
Infine, è fondata anche la doglianza attraverso la quale si evidenzia l’insufficienza della motivazione nella parte in cui si è ritenuta ininfluente la questione della datazione dell’aggravamento della patologia psichica per la sola ragione che il consulente d’ufficio aveva condiviso la diagnosi eseguita in sede amministrativa: -Invero, se un aggravamento era stato riscontrato, non poteva non esservi un momento a decorrere dal quale lo stesso aveva iniziato a manifestarsi; d’altra parte, un tale tipo di accertamento avrebbe consentito di verificare la correttezza delle valutazioni medico-legali che avevano condotto a ritenere che si era trattato di un aggravamento di una patologia preesistente e non dell’insorgere di una patologia per effetto dell’infortunio sul lavoro.
In definitiva, la sommatoria delle suddette contraddizioni conduce alla paradossale conclusione per la quale il (Omissis), il quale si era visto riconoscere in prime cure una percentuale di invalidità indennizzabile nella misura del 100%, poi ridottagli al 50% all’esito dei condivisi accertamenti tecnici esperiti dai consulenti del secondo grado, finisce per vedersi rigettare inspiegabilmente del tutto la domanda dal giudice d’appello.
Il ricorso va, pertanto, accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata. Il procedimento va, quindi, rinviato alla Corte d’appello di Napoli che, in diversa composizione, procederà a valutare nuovamente la domanda e a pronunziarsi anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.