CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 03 aprile 2013, n. 8064
Riscossione – Imposte dirette ed IVA – Ruolo – Notificazione – Concessionario della riscossione – Art.25, d.P.R. n.602 del 1973 – Sentenza Corte Cost. n.280 del 2005 – Art.1, D.L. n.106 del 2005 conv. in L. n.156 del 2005 – Rettifica cartolare ex art.36-bis, d.P.R. n.600 del 1973 – Notifica della cartella esattoriale – Nuovi termini – Regime transitorio – Art.36, d.Lgs. n.46 del 1999 – Portata.
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 138 dell’8/11/2005, depositata in data 23/11/2005, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia Sez. 43 accoglieva, con compensazione delle spese di lite, l’appello proposto, in data 1/02/2004, dall’Agenzia delle Entrate Ufficio Milano 1, avverso la decisione n. 107/01/2003 della Commissione Tributaria Provinciale di Milano, che aveva, previa loro riunione, rigettato, perché inammissibili stante il mancato rispetto della procedura descritta all’art.10 d.p.r. 787/1980, tre ricorsi proposti, dalla Alpina Compagnia di Assicurazioni s.a. Rappresentanza Generale per l’Italia, contro la cartella di pagamento n.068/2001/0478528577, notificatale dal concessionario Esatri spa in data 27/07/2001 e relativa alle sanzioni ed agli interessi dovuti (rispettivamente, £ 1.046.737.000 e £ 169.772.000) per tardivo versamento delle imposte IRPEG ed ILOR per l’anno 1994 (stante la presentazione della dichiarazione dei redditi in data 26/06/1995 ed i versamenti effettuati, quanto agli acconti, tra il giugno ed il novembre 1994 e, quanto al saldo, in data 26/04/1995) ed aveva accolto un quarto ricorso, presentato dalla medesima società, conformemente alle prescrizioni di cui all’art.10 d.p.r. 787/1980, contro l’iscrizione a ruolo, annullando il ruolo, avendo la contribuente “con riferimento ai redditi dell’anno 1994,..provato l’avvenuto versamento dei tributi dovuti in acconto ed a saldo, ivi comprese le somme indicate nella cartella impugnata”, e condannando l’Amministrazione al rimborso delle somme iscritte a ruolo, pari ad £ 628.274,47, perché già versate dalla società.
La Commissione Tributaria Regionale, nel contraddittorio anche del Concessionario per la Riscossione Esatri, accoglieva il gravame dell’Agenzia delle Entrate e respingeva, pur dichiarando, in riforma della sentenza impugnata, ammissibili i ricorsi introduttivi della società contribuente, l’appello proposto anche da quest’ultima, rilevando anzitutto l’ammissibilità dell’appello dell’Agenzia delle Entrate e la contraddittorietà della sentenza impugnata, laddove aveva ritenuto “indebito per duplicazione” il pagamento, effettuato, in data 26/09/2001, dalla società, del dovuto, dopo la notifica della cartella (concernente le sanzioni e gli interessi), a fronte dell’avvenuto previo versamento dei tributi in acconto ed a saldo. Inoltre, i giudici di appello ritenevano l’atto impositivo legittimo perché: 1) “trattandosi di iscrizione a ruolo ex art.36 bis d.p.r. 600/1973, derivante dalla liquidazione di tributi risultanti dalla dichiarazione dei redditi mod. 760/1994, presentata nel 1995”, la motivazione dell’atto era sufficientemente chiara, anche rispetto al disposto di cui all’art.7 L.212/2000; 2) l’iscrizione a ruolo non appariva tardiva, “stante il carattere ordinatorio del termine di cui all’ art.36 bis d.p.r. 600/1973, statuito dall’art.28 della legge 449/1991, in via di interpretazione autentica, applicabile anche ai giudizi in corso” ; 3) il mancato rispetto del termine di notifica della cartella, “previsto dall’art.25 d.p.r. 602/1973, come modificato dall’art.11 d.lgs. 46/1999 e poi dall’art.1 comma 1 lett.b) d.lgs. 193/2001”, non poteva comportare la nullità della cartella stessa, essendo un termine ordinatorio, “non assistito da alcuna comminatoria”; 4) il ruolo era stato reso esecutivo il 26/10/2000, laddove la prescrizione di cui all’art.8 comma 1 lett.b) d.lgs. 32/2001, circa l’indicazione della data di esecutività del ruolo, era applicabile ai soli ruoli resi esecutivi dal 1/07/2001; 5) la pretesa tributaria era oggettivamente fondata, atteso che la dichiarazione dei redditi, ai sensi dell’ art.9 comma 3° d.p.r. 600/1973, doveva essere presentata entro sei mesi dalla fine del periodo di imposta e quindi, nella fattispecie, “entro sei mesi dal 1°/01/1994”, non rilevando la deduzione, formulata dalla contribuente con l’appello, secondo la quale il periodo di imposta, trattandosi di stabile organizzazione, doveva ritenersi quello della casa madre. La CTR, ritenendo tuttavia operante, in accoglimento della domanda formulata in via subordinata dalla contribuente, il disposto dell’art.7 comma 4 d.lgs. 472/1997, che consente la riduzione delle sanzioni, determinava le stesse in complessivi € 285.000,00, confermando invece 1’importo degli interessi iscritti a ruolo. Avverso tale sentenza ha promosso ricorso per cassazione, notificato all’Agenzia delle Entrate ed alla Esatri, la società contribuente, deducendo otto motivi (ripartiti con riferimento al giudizio afferente il ruolo e con riferimento a quello afferente la cartella), per violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, ex art.360 nn. 3 e 4 c.p.c. (Motivo 1, in relazione all’art.53 d.lgs. 546/1992, non avendo ritenuto i giudici tributari inammissibile il gravame dell’ Ufficio, per mancanza di motivi specifici, laddove nell’appello mancavano del tutto specifiche censure alla sentenza impugnata; Motivo 2, in relazione all’art.36 bis e 43 d.p.r. 600/1973, 28 L.449/1997 e 112 c.p.c., laddove i giudici dell’appello non hanno rilevato la tardivita del ruolo, notificato oltre il termine quinquennale di cui all’art.43 d.p.r. 600/1973; Motivo 3, in relazione agli artt.7 e 17 L.212/2000 e 3 L.241/1990, nella parte in cui i giudici tributari avevano respinto le doglianze della contribuente in ordine alla nullità del ruolo impugnato per carenza di motivazione; Motivo 4, in relazione agli artt.9 terzo comma d.p.r. 600/1973, 19 bis quinto comma bis d.l.41/1995, convertito con modificazioni con L.85/1995 e 112 c.p.c., non avendo i giudici tributari accolto le doglianze della società in ordine alla illegittimità del ruolo per infondatezza della pretesa impositiva, essendo il periodo di imposta cui fare riferimento, per individuare i termini di presentazione della dichiarazione dei redditi, quello della casa madre estera, di cui la contribuente era una stabile organizzazione in Italia, chiusosi il 31/12/1994, e non essendosi gli stessi giudici pronunciati in ordine doglianze relative alla inapplicabilità delle sanzioni per le violazioni formali già sanate dal contribuente entro il 30/06/1995; Motivo 5, m relazione all’art. 112 c.p.c, nella parte in cui la CTR non si è pronunciata sulla illegittimità dell’ iscrizione a ruolo della pena pecuniaria per intervenuta prescrizione del suo diritto alla riscossione, stante il decorso del termine di cinque anni dal giorno della violazione, ai sensi dell’ art.17 primo comma L.4/1929, norma non abrogata dal d.p.r. 600/1973, ma abrogata soltanto dall’art.29 comma 1° lett.a) d.lgs. 472/1997, in vigore però dal 1°/04/1998; Motivo 6, nella parte in cui i giudici dell’ appello non si sono pronunciati sull’illegittimità delle sanzioni, ai sensi dell’art.6 comma 2° d.lgs. 472/1997, ricorrendo un’ipotesi di oggettiva incertezza sulla portata delle norme fiscali; Motivo 7, in relazione agli artt.25 d.p.r. 602/1973, nel testo vigente all’epoca, 1 comma 5 ter d.l. 106/2005, convertito con modificazioni nella L. 156/2005 e 112 c.p.c., avendo la CTR erroneamente ritenuto tempestiva la notifica della cartella di pagamento, laddove, essendo stato il ruolo formato e consegnato al Concessionario per la riscossione in data 26/10/2000, la cartella doveva essere notificata entro il 25/02/2001, vale a dire entro l’ultimo giorno del quarto mese successivo a quello di consegna del ruolo, ai sensi dell’art.25 d.p.r. 602 citato, nel testo vigente all’ epoca dei fatti, operando la Novella di cui all’art.1 coma 1 lett.b) d.lgs. 193/2001, che ha eliminato detto termine quadrimestrale, solo dal 9/06/2001 e per i ruoli consegnati successivamente a tale data di entrata in vigore della Novella, nonché, essendo stata la cartella comunque notificata oltre il termine quinquennale, decorrente dalla presentazione della dichiarazione, nella specie avvenuta nel 1995, ai sensi del comma 5 ter dell’art.1 d.l. 106/2005, convertito con modificazioni nella L. 156/2005; Motivo 8, in relazione agli artt.43 d.p.r. 600/1973 e 112 c.p.c, non essendosi i giudici tributari pronunciati sull’eccepita nullità della cartella, in quanto notificata oltre i suddetti termini), e, per ciascuno dei motivi in diritto, anche per mancanza, insufficiente e contraddittoria motivazione, ex art.360 n. 5 c.p.c. Non ha resistito l’Agenzia delle Entrate con controricorso, depositando memoria di costituzione ai soli fini della partecipazione all’udienza di discussione.
L’intimata Esatri non si è costituita.
Motivi della decisione
Il primo motivo del ricorso, concernente la nullità della sentenza per mancato rilievo dell’inammissibilità dell’ appello dell’Agenzia delle Entrate, è inammissibile, per difetto di autosufficienza, ex art.366 c.p.c, dal momento che la ricorrente non ha riportato, nel ricorso, l’appello avversario, al fine di vagliare la fondatezza dell’eccezione, inoltre, premesso che l’eccezione è stata presa in esame dai giudici della CTR che l’hanno rigettata (ritenendo “le motivazioni dell’atto di appello sufficientemente enunciate, sia pure in modo sintetico, e non … incerte”), deve rilevarsi, in generale, che il vizio di omessa pronuncia, con conseguente violazione del principio di rispondenza tra il chiesto e il pronunciato, sicuramente non ricorre nella fattispecie. Ed infatti, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, il mancato esame da parte del giudice di una questione puramente processuale (relativa, nella specie, alla asserita inammissibilità dell’atto di appello per mancanza di motivi specifici) non è suscettibile di dar luogo a vizio di omissione di pronuncia, il quale si configura esclusivamente nel caso di mancato esame di domande od eccezioni di merito, potendo profilarsi, invece, nella fattispecie, un vizio della decisione per violazione di norme diverse dall’art. 112 c.p.c., trattandosi di questione relativa a pretesa invalidità dell’ appello, il cui mancato esame da parte del giudice, pur sollecitato dalla parte, non assurge a causa autonoma di nullità della sentenza, che rimane censurabile nel merito della decisione di rigetto implicitamente adottata (v. Cass,.11746/2008; Cass. 3667/2006; Cass. 13649/2005; Cass.22860/2004; Cass. 18.3.2002, n. 3927).
Nemmeno può ammettersi nel caso in esame il vizio di difetto di motivazione, rilevando tale vizio autonomamente come vizio della sentenza quando riguardi punti di fatto decisivi e non anche quando riguardi questioni di diritto ed, in particolare, un error in procedendo, quale è la violazione di una norma processuale, potendo in tal caso l’eventuale errore del giudice di merito essere direttamente denunziato in Cassazione solo sotto il profilo della violazione o falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c. (Cass. 13683/2012: “Nel giudizio di legittimità è inammissibile il motivo di ricorso col quale si lamenti il vizio di motivazione della sentenza con la quale il giudice di merito abbia risolto una questione di diritto processuale: infatti, in tema di vizi del procedimento, l’accertamento demandato alla Corte di cassazione deve consistere unicamente nella verifica del rispetto, da parte del giudice di merito, della legge processuale, a nulla rilevando il modo in cui egli abbia motivato la propria decisione” ; in termini, Cass. 29779/2008, nonché Cass. 5351/2007: “in tema di ricorso per cassazione, una questione puramente processuale non può essere dedotta sotto il profilo del vizio di motivazione, poiché in tal caso, la Corte è giudice anche del fatto e può procedere all’apprezzamento diretto delle risultanze istruttorie e degli atti di causa”). Fondato è invece il settimo motivo, assorbente rispetto agli altri (involgenti tutti questioni sul merito della pretesa impositiva) , con il quale si contesta l’omessa/erronea pronuncia dei giudici della CTR sulla nullità della cartella di pagamento perché notificata oltre il termine quinquennale, decorrente dalla presentazione della dichiarazione, nella specie avvenuta nel 1995, ai sensi del comma 5 ter dell’ art.1 d.l. 106/2005, convertito con modificazioni nella L. 156/2005.
Per ampia giurisprudenza di questa Sezione (alla quale l’odierno Collegio intende dare continuità), in tema di riscossione delle imposte, il D.L. n. 106 del 2005, art. 1 convertito con modificazioni nella L. n. 156 del 2005 – emanato a seguito della sentenza della Corte costituzionale 280/05 di declaratoria d’incostituzionalità del D.P.R. n. 602, art. 25 che ha fissato, al comma 5 bis, i termini di decadenza per la notifica delle cartelle di pagamento relative a pretese tributarie derivanti dalla liquidazione di dichiarazioni ed ha stabilito all’art. 5 ter, sostituendo il D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 36, comma 2 che, con riguardo alla disciplina transitoria (concernendo invece l’art.25 comma 1 DPR 602/1973 la disciplina “a regime”, operante per le cartelle relative a dichiarazioni presentate a decorrere dal 2004), per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di liquidazione delle dichiarazioni, la cartella di pagamento debba essere notificata, a pena dì decadenza, per le dichiarazioni presentate entro il 31 dicembre 2001, non oltre il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. Tale disciplina ha un “non equivoco” valore transitorio e trova applicazione non solo alle situazioni tributarie anteriori alla sua entrata in vigore, ma anche a quelle ancora non definite con sentenza passata in giudicato (C. 2212/11;cfr. ex plurimis C. 26104/05 e 1435/06).
Anteriormente al D.Lgs. n. 46/1999, l’iscrizione a ruolo e la successiva consegna dei ruoli all’intendenza di finanza dovevano avvenire entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (D.P.R. n. 600/1973, art. 43). Con il D.Lgs. 46/1999 si sanciva che le somme dovute a seguito di liquidazione dovevano essere iscritte in ruoli resi esecutivi entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione.
Quanto alla notifica della cartella, ai sensi del D.P.R. n. 602/1973, art. 25, essa doveva avvenire, nel testo vigente ratione temporis, nell’ultimo giorno del quarto mese successivo a quello di consegna. Tale termine era stato poi abrogato dal D.Lgs. n. 193 del 2001, per essere reintrodotto dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 417, lett. e) . Il quesito sul termine di decadenza per la notificazione delle cartelle era devoluto alla Corte costituzionale, che, con sentenza n. 280 del 2005, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.P.R. n. 602, art. 25 nella parte in cui non prevedeva un termine a pena di decadenza entro il quale si doveva notificare al contribuente la cartella di pagamento. A seguito dell’indicazione contenuta in detta decisione e in applicazione dei principi dettati dalla Corte Costituzionale, il legislatore, con la L. 31 luglio 2005, n. 156 di conversione del D.L. n. 106 del 2005, ha inserito una serie di disposizioni regolatrici dei termini di decadenza per la notificazione delle cartelle. In particolare, all’art. 1, comma 5 bis e comma 5 ter, ha stabilito che la notificazione delle cartelle deve essere effettuata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, relativamente alle cartelle notificate entro il 31 dicembre 2001; mentre, per le scadenze successive, sono previsti termine più brevi sino alla completa entrata “a regime” dalla nuova normativa. La sentenza Cass. 26104/05 ha chiarito l’immediata applicazione, anche ai giudizi in corso, dei nuovi termini introdotti dalla disciplina transitoria, affermando anche che il legislatore, con la normativa stessa, ha spostato il centro dell’attenzione dalle attività interne riguardanti la formazione del ruolo e la consegna dello stesso all’ esattore al rapporto tra il contribuente ed il fisco (cfr. Cass. 26105-26421/05, 20635/09, 29153/11, 6551/12).
Riaffermato dunque il carattere generalmente retroattivo della disposizione transitoria (vedasi comma 5 bis: “AI fine di garantire l’interesse del contribuente alla conoscenza, in termini certi, della pretesa tributaria derivante dalla liquidazione delle dichiarazioni e di assicurare l’interesse pubblico alla riscossione dei crediti tributari, la notifica delle relative cartelle di pagamento è effettuata, a pena di decadenza….entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, con riferimento alle dichiarazioni presentate fino al 31 dicembre 2001″ e comma 5 ter: ” In conseguenza di quanto previsto dal comma 5 bis e alfine di conseguire, altresì, la necessaria uniformità del sistema di riscossione mediante ruolo delle imposte sui redditi e dell’imposta sul valore aggiunto: …In deroga al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 25, comma 1, lett. a) per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di liquidazione delle dichiarazioni, la cartella di pagamento è notificata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre … del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, relativamente alle dichiarazioni presentate entro il 31 dicembre 2001″), nella fattispecie, trattandosi pacificamente di dichiarazione dei redditi presentata nel giugno 1995 per l’anno d’imposta 1994, la cartella di pagamento poteva essere notificata fino al 31 dicembre 2000.
E’ altrettanto pacifico che il ruolo è stato formato e reso esecutivo nell’ottobre 2000 (oltre quindi il 30/09/1999) e che la cartella, emessa ex art.36 bis d.p.r. 600/1973, sia stata notificata nel luglio 2001 e dunque allorquando, contrariamente all’assunto della C.T.R., la decadenza della potestà impositiva si era già verificata.
Accolto dunque, per quanto di ragione, il ricorso della contribuente, la sentenza d’appello deve essere cassata senza rinvio, con accoglimento, nel merito, del ricorso introduttivo della Alpina ed annullamento della cartella di pagamento impugnata, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto.
Le spese processuali vanno integralmente compensate tra le parti, considerato l’evolversi della giurisprudenza in materia.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, quanto al settimo motivo, rigettato il primo motivo ed assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata senza rinvio e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della società contribuente, con annullamento della cartella di pagamento impugnata; dichiara interamente compensate tra le parti le spese del giudizio.
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