CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 04 aprile 2013, n. 8323
Dazi e diritti doganali – Valore in dogana – Base imponibile – Art. 29, reg. CEE n. 2913 del 1992 – Regola generale del valore della transazione – Operazioni di importazione – Controllo a posteriori – Differenza riscontrata tra la quantità di merce indicata in fattura e bolletta doganale rispetto alla quantità effettivamente importata risultante dalla documentazione accompagnatoria – Rilevanza diretta del profilo quantitativo ai fini della determinazione del valore in dogana della merce importata – Insussistenza.
Fatto
Oggetto del contendere sono numerose importazioni di legname compiute dalla società ricorrente negli anni 2004, 2005 e 2006.
L’Agenzia delle dogane sottopose a controllo a posteriori le relative dichiarazioni doganali e, avendo accertato una rilevante differenza in metri cubi fra la quantità delle merce dichiarata in bolletta ed in fattura da un lato e la quantità evincibile dalla documentazione accompagnatoria dall’altro, ritenne variato anche il valore complessivo di ogni importazione, provvedendo a riliquidare i corrispondenti maggiori diritti doganali mediante avvisi di accertamento.
La commissione tributaria provinciale adita dalla società con distinti ricorsi li respinse dopo averli riuniti e la commissione tributaria regionale, a seguito dell’appello della contribuente, ha confermato la sentenza di primo grado, ritenendo, per un verso, che i cali, ai quali la contribuente imputava la differenza tra merce dichiarata in dogana e merce realmente introdotta, per assumere rilevanza devono essere provati dall’importatore nonché essere oggetto di autorizzazione dell’autorità doganale e, per altro verso, che la procedura contemplata dall’articolo 181 bis del regolamento numero 2453 del 1993 invocata dalla contribuente è facoltativa e comunque inconferente, proprio perché l’accertamento aveva avuto ad oggetto una quantità di merce superiore a quella dichiarata.
Ricorre la società contribuente per ottenere la cassazione della sentenza, affidando il ricorso a due motivi. Resiste con controricorso l’Agenzia delle dogane, mentre S. s.r.l. non spiega difese.
Diritto
1.- Col primo e col secondo motivo di ricorso, da esaminare congiuntamente perché logicamente avvinti, la società contribuente lamenta, in entrambi i casi ex articolo 360, 1° comma, numero 3, c.p.c.:
– la violazione dell’articolo 181 bis del regolamento numero 2454 del 1993, recante disposizioni di attuazione del codice doganale comunitario, deducendo che le regole procedimentali da tale norma previste devono essere necessariamente, e non facoltativamente, seguite dall’autorità doganale che nutra dubbi sul valore della merce -primo motivo;
– la violazione e falsa applicazione degli articoli 29 e 30 del codice doganale comunitario oggetto del regolamento CE numero 2913 del 1992, sostenendo che la commissione malamente ha assunto come riferimento il valore ragguagliato al prezzo unitario di vendita dì merci identiche o similari, in tal modo violando la gerarchia dei criteri di determinazione del valore fissata dalle richiamate norme del codice doganale comunitario – secondo motivo.
2.- Va preliminarmente affermata l’infondatezza dell’eccezione d’inammissibilità del primo motivo, proposta dall’Agenzia delle dogane sotto il profilo della novità.
La censura assume la rilevanza di argomento in diritto a sostegno della censura principale, calibrata sulla violazione del sistema contemplato dal codice doganale comunitario per la determinazione del valore delle merci. Non è in conseguenza applicabile il consolidato orientamento della Corte, secondo cui il processo tributario, strutturato come un giudizio di impugnazione dell’atto impostavo emesso dall’amministrazione finanziaria, non consente di far valere per la prima volta in giudizio, ed a maggior ragione in appello, un fatto costitutivo della pretesa tributaria (ossia la causa petendi) che non sia già stato assunto a suo fondamento fin dall’avviso di accertamento: nel nostro caso, non viene in considerazione un autonomo fatto costitutivo, bensì una ragione in diritto dedotta a sostegno del fatto costitutivo dato dalla violazione delle regole di determinazione del valore delle merci.
3.- La complessiva censura proposta dalla società è fondata e va accolta.
Come si è già riferito in narrativa, l’autorità doganale ha chiesto il pagamento di maggiori dazi in quanto la merce effettivamente importata risultava quantitativamente maggiore di quella dichiarata, mentre non era applicabile la particolare fattispecie dei “cali”.
3.1.- Nel caso in esame, difatti, la disciplina concernente i cali naturali (dettata dagli articoli 864 e seguenti del regolamento CEE numero 2454 del 1993, in relazione all’articolo 206 del codice doganale comunitario e dal decreto ministeriale 13 gennaio 2000, numero 55, in relazione all’articolo 37, secondo comma, del testo unico delle leggi doganali oggetto del decreto del Presidente della Repubblica numero 43 del 1973) non ha alcun rilievo. E ciò in quanto l’importatore non ha richiesto una riduzione del valore in dogana e, quindi, del corrispondente dazio per tener conto della perdita di merce dovuta a cali naturali; ipotesi, questa, a cui si riferisce la normativa dinanzi richiamata.
3.2.- Per il resto, la quantità di merce importata non esplica, di regola, alcuna rilevanza diretta. Di regola, il dazio doganale è dazio ad valorem: rappresenta, cioè, un’aliquota del valore in dogana.
Questa regola tendenziale (che soffre di rarissime eccezioni, concernenti casi in cui il dazio è commisurato non ad una percentuale del valore in dogana, sibbene ad una somma fissa per unità di prodotto o per unità di misura – peso, volume o altri parametri dimensionali) non è espressamente stabilita dal codice doganale comunitario, ma è implicitamente presupposta da tutto il sistema normativo che in esso rinviene la propria fonte.
3.3.- Stabilisce l’articolo 20 del codice doganale comunitario che «i dazi doganali dovuti per legge quando sorge un’obbligazione doganale sono basati sulla tariffa doganale della Comunità europea».
Tra le regole generali della tariffa e, in particolare, tra le regole generali relative ai dazi, vi è quella stabilita dal numero 4), secondo cui «quando i dazi sono espressi in percentuale, si tratta di dazi doganali ad valorem».
L’aliquota prevista dalla tariffa costituisce quindi una percentuale del valore in dogana (articolo 28 del codice doganale comunitario); e «il valore in dogana delle merci importate è il valore di transazione, cioè il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci quando siano vendute per l’esportazione a destinazione del territorio doganale della Comunità, previa eventuale rettifica effettuata conformemente agli articoli 32 e 33…» (articolo 29).
Dunque, l’unico valore rilevante ai fini dell’obbligazione doganale è il valore in dogana; e il valore in dogana coincide col valore di transazione, ossia col prezzo effettivamente pagato o da pagare.
3.4.- I dati quantitativi della merce importata, siano essi espressi in unità ovvero in indici dimensionali o volumetrici come per le altre “unità supplementari”, scaturiscono da valutazioni meramente statistiche, senza alcuna influenza diretta sulla determinazione del dazio da pagare.
3.5.- Una tale normativa ha una ben precisa ratio: la Corte di giustizia ha rimarcato al riguardo che la normativa comunitaria in tema di valutazione doganale mira a stabilire un sistema equo, uniforme e neutro, che esclude l’impiego di valori in dogana arbitrari o fittizi (Corte di giustizia 19 ottobre 2000, C-15/99, Sommer, punto 25; Corte di giustizia 16 novembre 2006, C-306/04, Compaq Computer International, punto 30; Corte di giustizia 28 febbraio 2008, C-263/06, Carboni e derivati s.r.l., punto 60) e che tanto risponde altresì alle necessità della prassi commerciale (Corte di giustizia 25 luglio 1991, C-299/90, Hepp, punto 13).
Il che spiega perché il codice doganale comunitario abbia stabilito con gli articoli 29, 30 e 31 una rigida sequenza di regole di determinazione del valore doganale e perché il regolamento attuativo del codice abbia predisposto una apposita disciplina, regolata dall’art. 181 bis, qualora le autorità doganali abbiano «fondati dubbi che il valore dichiarato rappresenti l’importo totale pagato o da pagare ai sensi dell’articolo 29 del codice doganale»; in questo caso, per potersi discostare dalla regola del valore di transazione, l’autorità doganale deve chiedere informazioni complementari e sollecitare il contraddittorio, prima di decidere di non determinare il valore in dogana delle merci importate in base alla regola generale fissata dall’articolo 29.
3.6.- In questo contesto, le norme richiamate dalla commissione tributaria regionale in ordine alla rilevanza delle diminuzione dovuta a cali tecnici o naturali sono del tutto irrilevanti, in quanto l’articolo 862 del regolamento attuativo ha riguardo alla disciplina apprestata dall’articolo 206 del codice doganale, concernente la mancata insorgenza dell’obbligazione doganale per la distruzione o la perdita della merce che danno luogo al diritto dell’importatore di avere una riduzione del dazio rispetto a quello rapportato al valore di transazione.
3.7.- Il dato quantitativo può avere un’influenza indiretta. Prescindendo dalla rare ipotesi in cui la tariffa determina il dazio direttamente con riferimento alle quantità dei prodotti importati o esportati, può accadere che il valore di transazione risulti pattuito in una certa somma per ogni unità di prodotto o per ogni unità di misura di esso: in questi casi è ovvio che le differenze fra quantità dichiarate e quantità accertate si traduce in una corrispondente differenza tra valore dichiarato e valore da accertare.
In altri casi (ad esempio, nell’ipotesi prevista dall’articolo 29, paragrafo 2 del codice doganale comunitario), la quantità sarà determinante per accertare il valore “accettabile” della transazione allorquando quello convenuto sia da considerare presumibilmente condizionato da fattori distorsivi, quali, ad esempio, la sussistenza di particolari rapporti fra le parti contraenti.
Più in generale, la quantità potrà essere utilizzata per determinare l’inattendibilità del valore dichiarato come valore di transazione.
Infine, il dato quantitativo può risultare determinante nei casi in cui la tariffa preveda aliquote diverse o, comunque, trattamenti tariffari diversi a seconda delle quantità importate.
Di fuori da tali ipotesi e da altre specificamente previste dalla disciplina, la quantità della merce importata, si ribadisce, non pare produrre alcuna efficacia diretta.
3.8.- Nel caso in esame, non essendo stata chiesta alcuna riduzione, il valore doganale delle merci non può che essere determinato dal valore della transazione, ossia dal prezzo pagato o da pagare: e ciò in quanto è la stessa Agenzia delle dogane a dichiarare in controricorso (pagina 5, primo capoverso) che «in sostanza l’amministrazione non ha mai contestato di per sé il prezzo delle merci indicato, né è entrata in alcun modo nel merito della congruità del valore di transazione ex art. 29 e 30 CDC».
La mancanza di contestazione del valore della transazione comporta l’irrilevanza della differenza quantitativa fra la merce indicata nella fattura e nella bolletta doganale e quella risultante dalla documentazione accompagnatoria. E le considerazioni che precedono risolvono ogni questione.
4.- Il ricorso va in conseguenza accolto e la sentenza impugnata va cassata; non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, il ricorso va deciso nel merito, con l’accoglimento delle originane impugnazioni della società contribuente.
L’andamento processuale della lite comporta la compensazione delle spese inerenti alle fasi di merito. Le spese inerenti a questa fase seguono, invece, la soccombenza.
P.Q.M.
– accoglie il ricorso;
– cassa la sentenza impugnata;
– decidendo nel merito, accoglie le originarie impugnazioni della società contribuente;
– compensa le spese inerenti alle fasi dI merito;
– condanna l’agenzia delle dogane a rifondere le spese inerenti a questa fase, liquidate in €uro 2500,00 per compensi, oltre €uro 200,00 per spese.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- AGENZIA DELLE DOGANE - Circolare 28 aprile 2021, n. 15 - Importazioni in esenzione dai dazi all’importazione e dall’iva - Decisione della commissione europea n. 2021/660 del 19 aprile 2021 recante modifica della decisione (ue) 2020/491 relativa…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 16 marzo 2020, n. 7258 - In tema di diritti di confine e in caso di dichiarazione della merce regolarmente presentata presso gli uffici doganali ai sensi dell'art. 201 CDC, lo spedizioniere che opera come rappresentante…
- AGENZIA DELLE DOGANE - Circolare 30 dicembre 2021, n. 46 - Importazioni in esenzione dai dazi all’importazione e dall’iva decisione della commissione europea n. 2021/2313 del 22 dicembre 2021 relativa all’esenzione dai dazi doganali all’importazione e…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 31 maggio 2019, n. 14994 - In tema di diritti doganali, ai fini della determinazione del valore in dogana di prodotti che siano stati fabbricati in base a modelli e con marchi oggetto di contratto di licenza e che siano…
- ORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 08 ottobre 2019, n. 25083 - In tema di tributi doganali, gli accertamenti compiuti dagli organi esecutivi dell'OLAF ai sensi del Regolamento (CE) del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 1073 del 1999 hanno piena valenza…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 20027 depositata il 13 luglio 2023 - In tema di tributi doganali, le Autorità doganali devono procedere alla contabilizzazione "a posteriori" dei dazi per errori attivi dell'Amministrazione nel rilascio dei…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Alla parte autodifesasi in quanto avvocato vanno l
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 7356 depositata il 19…
- Processo Tributario: il principio di equità sostit
Il processo tributario, costantemente affermato dal Supremo consesso, non è anno…
- Processo Tributario: la prova testimoniale
L’art. 7 comma 4 del d.lgs. n. 546 del 1992 (codice di procedura tributar…
- L’inerenza dei costi va intesa in termini qu
L’inerenza dei costi va intesa in termini qualitativi e dunque di compatibilità,…
- IMU: la crisi di liquidità non è causa di forza ma
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, ordinanza n. 7707 depositata il 21 m…