CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 17 gennaio 2014, n. 841
Tributi – Contenzioso – Accertamento – Eredi del contribuente – Beneficio d’inventario
Svolgimento del processo
In data 26 marzo 1992 decedeva, in Ferrara, A.B.. L’eredità era devoluta alla nipote E.L., all’epoca minorenne ed era accettata, ai sensi dell’art. 484 c.c., con beneficio d’inventario.
L’inventario veniva redatto con atto notar B. in data 16 giugno 1997, a seguito del raggiungimento della maggiore età dell’erede, e in data 16 dicembre 1997 veniva presentata la dichiarazione di successione, con esposizione di un attivo (immobiliare, mobiliare e di crediti) di valore pari a circa lire 870 milioni e di un passivo per oltre lire 7 miliardi.
All’erede, che aveva pagato le imposte autoliquidandole ai sensi del d.l. n. 79 del 1997, ivi compresa l’imposta sostitutiva dell’Invim nella misura dell’1%, l’ufficio del registro di Ferrava notificava un avviso di rettifica e di liquidazione dell’imposta principale di successione e dell’Invim, non riconoscendo talune passività e considerando dovuta l’Invim ordinaria.
L’erede impugnava l’atto e l’adita commissione tributaria provinciale di Ferrara accoglieva il ricorso, ritenendo tempestiva la dichiarazione di successione e riscontrabili le passività, in quanto derivanti da responsabilità illimitata del de cuius quale socio di società di persone gravata da debiti e in concordato preventivo.
Appellata dall’ufficio, la sentenza era riformata dalla commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna nella sola parte afferente l’ammontare delle passività, che invero venivano riconosciute a eccezione di importi oggetto di fideiussioni. L’esito sull’atto impositivo rimaneva peraltro integro giacché le passività venivano comunque riconosciute in misura tale (circa lire 1,9 miliardi) da superare di gran lunga l’attivo ereditario, e da escludere, quindi, l’esistenza dell’ obbligazione; tributaria.
L’agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado (depositata il 3 maggio 2007 e non notificata), deducendo tre motivi.
L’intimata non ha svolto difese.
Motivi della decisione
I. – Col primo mezzo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., ascrivendo alla sentenza di non essersi pronunciata sul motivo di appello col quale l’ufficio aveva eccepito l’inammissibilità dell’ avversa censura concernente la violazione dell’art. 489 c.c., in quanto introdotta dalla contribuente mediante memoria aggiunta, ai sensi dell’art. 24, 2° e 4° co., del d.Igs. n. 546 del 1992.
Il motivo è infondato.
La commissione tributaria regionale ha infatti condiviso la tesi della contribuente giustappunto incentrata sulla operatività dell’art. 489 c.c., ai fini del differimento del termine per l’effettuazione dell’inventario al compimento dell’anno dopo la maggiore età del chiamato.
Pertanto si è implicitamente pronunciata, negandone il fondamento, anche sulla questione processuale asseritamente impeditiva in proposito sollevata dall’amministrazione.
L’omessa pronuncia (art. 112 c.p.c.) è quindi esclusa, essendovi stato il rigetto implicito del motivo di gravame. Difatti a integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia, non basta la mancanza di una espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto; tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti implicitamente il rigetto pur in mancanza di una specifica argomentazione (cfr. Cass. n. 10636-07; n. 4972- 03).
II. – Col secondo motivo, deducendo la violazione o la falsa applicazione dell’art. 31, lett. d), del d.lgs. n. 346 del 1990, dell’art. 489 c.c. e dell’art. 11 del d.l. n. 79 del 1997, l’amministrazione censura la sentenza quanto al merito della tesi sopra esposta. Sostiene invero, all’uopo formulando il quesito di diritto, che le cautele previste dall’art. 489 c.c. in favore degli incapaci non esplicano alcun effetto in ordine al termine per la presentazione della dichiarazione di successione, sicché, nella specie, la dichiarazione presentata dalla L. in data 16 dicembre 1997 si sarebbe dovuta ritenere tardiva, con l’effetto di rendere l’erede tenuta al pagamento dell’Invim ordinaria prevista dal d.p.r. n. 643 del 1972 quanto al valore degli immobili caduti in successione, e non l’imposta sostitutiva.
Anche il secondo motivo è infondato, ma la complessità della questione sottostante induce la corte chiarirne i profili giuridici a mezzo di più articolate considerazioni.
III. – La questione involta dal motivo impone di rispondere all’interrogativo se un minore, nella specie chiamato all’eredità nel mese di marzo 1992, debba o meno presentare la dichiarazione di successione entro sei mesi dalla scadenza del termine per la formazione dell’inventario decorrente dalla data di accettazione formale con beneficio.
Va precisato che la risposta al quesito condiziona l’applicabilità dell’imposta sostitutiva dell’Invim in base al d.l. n. 79 del 1997, giacché, ancora nella specie, l’eredità risulta essere stata accettata con beneficio d’inventario il 20 febbraio 1993.
Per comprendere esattamente la questione è opportuno ricostruire il quadro normativo che rileva.
IV. – L’art. 11, 3° co., del d.l. n. 79 del 1997, conv.con modificazioni in L. n. 140 del 1997 (Misure urgenti per il riequilibrio della finanza pubblica), ha previsto che “In deroga a quanto stabilito dal decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643, per gli immobili caduti in successione, acquistati dal defunto prima del 31 dicembre 1992, è dovuta solidalmente dai soggetti che hanno acquistato il diritto di proprietà, oppure diritti reali di godimento sugli immobili medesimi, una imposta, sostitutiva di quella comunale sull’incremento di valore degli immobili, pari all’uno per cento del loro valore complessivo alla data dell’apertura della successione, se detto valore supera 350 milioni di lire, per le successioni aperte a decorrere dal 1° gennaio 2000 e fino al 31 dicembre 2000, e se supera 500 milioni di lire, per le successioni aperte a decorrere dal 1° gennaio 2001. L’imposta non si detrae da quella sulle successioni e, se versata da uno solo dei coobbligati, ha effetto liberatorio anche per gli altri. In luogo della dichiarazione di cui all’art. 18 del citato decreto n. 643 del 1972, i soggetti tenuti al pagamento dell’imposta sostitutiva, oppure uno di essi, devono adempiere gli obblighi previsti dagli articoli 29, comma 1, lettera n- bis ), e 30 comma 1, lettera i-bis) , del decreto legislativo n. 346 del 1990, introdotte dal comma 1, lettere b) e c). Per l’accertamento, la riscossione anche coattiva, le sanzioni, gli interessi e il contenzioso si applicano le disposizioni di cui al citato decreto n. 643 del 1972. L’imposta sostitutiva si applica alle successioni apertesi fino alla data del 1° gennaio 2003”.
La stessa norma ha inoltre stabilito, al 4° co., una disciplina transitoria in virtù della quale le dette disposizioni sono applicabili alle situazioni giuridiche in corso con modalità differenti:
“Le disposizioni del presente articolo si applicano alle successioni aperte dalla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché a quelle per le quali pende, alla predetta data, il termine di presentazione della dichiarazione di cui all’art. 31 del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, approvato con decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346; in tale ultimo caso il termine di presentazione della dichiarazione, previo assolvimento degli obblighi previsti dall’art. 33, comma 1-bis), del decreto legislativo n. 346 del 1990, introdotto dal comma 1, lettera e), è prorogato di tre mesi. Per le dichiarazioni di successione già presentate alla data di entrata in vigore del presente decreto, per le quali non sono ancora stati notificati gli avvisi di liquidazione delle relative imposte, gli eredi e i legatari sono tenuti entro il 30 giugno 1997 ad effettuare il versamento previsto dal predetto art. 33, comma 1-bis, con esclusione dell’imposta sostitutiva di quella comunale sull’incremento di valore degli immobili e fatta salva la liquidazione dell’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili. Nell’attestato di versamento, da presentare all’ufficio del registro entro trenta giorni dall’avvenuto pagamento con allegato il prospetto di liquidazione dei singoli tributi, devono essere indicati gli estremi di presentazione della dichiarazione di successione”.
Il citato termine del 30 giugno 1997 è stato prorogato al 30 settembre 1997 da norma successiva.
Ne discende che le condizioni per l’applicazione della norma di favore sono alternativamente tre:
(i) che si tratti di successioni aperte dopo 1′ entrata in vigore del d.l.;
(ii) che trattandosi di successioni già aperte, sia pendente, alla medesima data, il termine di presentazione della dichiarazione di cui all’art. 31;
(iii) che le dichiarazioni di successione siano state già presentate alla data di entrata in vigore del decreto, ma non siano state per esse ancora notificati gli avvisi di liquidazione.
V. – Nel caso specifico, dalla sentenza risulta che (a) la successione si era aperta in data 26 marzo 1992 in favore del minore, ed era stata accettata con beneficio d’inventario; (b) l’inventario, a fronte del raggiungimento della maggiore età dell’erede in data 19 giugno 1996, era stato redatto con atto notarile in data 2 luglio 1997; (c) la dichiarazione di successione era stata presentata il 16 dicembre 1997.
Nelle condizioni date, la risposta al quesito dell’amministrazione finanziaria condiziona la possibilità dì ritenere o meno integrata la condizione sopra indicata sub (ii).
La commissione tributaria regionale ha ritenuto ancora pendente, alla data considerata dal d.l. n. 79 del 1997, il termine per la presentazione della dichiarazione di successione, facendo leva sul disposto ex art. 489 c.c.
La soluzione è corretta in diritto e la contraria tesi dell’amministrazione non considera l’ambito di applicazione della norma di tutela, che va rapportato agli adempimenti di cui alla corrispondente sezione del codice civile concernente l’accettazione beneficiata.
Come questa corte ha già affermato – il termine per la dichiarazione di successione è inciso dall’art. 489 c.c., che è norma afferente la tutela civile del minore (o dell’incapace in genere) avente il fine di evitare la decadenza dal beneficio d’inventario.
Difatti con l’art. 489 c.c. va coordinato l’art. 31 del d.lgs. n. 346 del 1990, secondo il quale la dichiarazione deve essere presentata entro il termine di sei (attualmente dodici) mesi, decorrente (lett. d) dalla scadenza del termine per la formazione dell’inventario, se l’eredità è stata accettata con beneficio d’inventario entro il termine di cui al 1° comma.
In sostanza l’art. 31 del d. lgs. n. 346 del 1990, in ipotesi di accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario, impone al chiamato, ai fini del rispetto del termine di cui al 1° co., solo di accettare l’eredità nelle debite forme (con beneficio d’inventario, appunto), in quanto, per la presentazione della dichiarazione di successione, fissa poi la decorrenza di quel termine in coincidenza con la “scadenza del termine per la formazione dell’inventario”, ovvero con la scadenza del termine stabilito dalla legge per tale formazione.
Consegue che, nell’ipotesi detta, il termine per la presentazione della dichiarazione di successione non comincia neppure a decorrere fino a quando non scade quello legalmente stabilito per la formazione dell’inventario.
Secondo l’art. 471 c.c. è fatto divieto di “accettare le eredità devolute ai minori e agli interdetti, se non col beneficio d’inventario” (v. per tutte Cass. n. 2211-07).
E il senso ultimo dell’art. 489 c.c. riflette la tesi che anche quando l’eredità sia stata accettata con beneficio d’inventario, dal rappresentante legale del minore debitamente autorizzato, il minore, entro un anno dal compimento della maggiore età, può ancora rinunziare all’eredità (cfr. Cass. n. 9648-00), tanto che, in ipotesi di rinunzia, non possono essere poste a carico del minore le spese affrontate per effettuare l’inventario medesimo. Pertanto, ricavandosi dall’art. 489 c.c. che per i minori chiamati all’eredità la decadenza dal beneficio d’inventario può verificarsi unicamente in ipotesi di mancato compimento dell’inventario entro il termine di un anno dal raggiungimento della maggiore età, ne restano incisi anche gli obblighi tributari.
Va in tal senso confermato (v. Cass. n. 25666-08, nonché, in riferimento alla disposizione, analoga per contenuto, di cui all’art. 39, 3° co., del d.p.r. n. 637-72, Cass. n. 3307-83) che il regime fiscale rinvia alla disciplina civilistica, e in particolare ai tre termini che, per la formazione dell’inventario, sono previsti nei riguardi (i) dei chiamati all’eredità nel possesso di beni ereditari, (ii) dei chiamati che non sono nel possesso e (iii) dei minori, degli interdetti e degli inabilitati (artt. 485, 487 e 489 c.c.). Ai quali termini, quindi, in quanto recepiti dalla norma tributaria, deve ritenersi collegato il termine previsto ai fini della ripetuta dichiarazione.
VI. – Riassumendo, e traducendo le premesse in principi di diritto:
(a) la mancata redazione dell’inventario da parte del legale rappresentante del minore chiamato all’eredità, quand’anche protratta oltre il termine fissato ordinariamente per la redazione dell’inventario stesso, conserva al minore (sino al primo anno dal compimento della maggiore età) il diritto di evitare la responsabilità ultra vires e di rinunziare all’eredità;
(b) fino all’anno dal raggiungimento della maggiore età, non scatta il termine per la redazione dell’inventario, ove l’eredità sia stata accettata, in nome del minore, ai sensi dell’art. 471 c.c.;
(c) stante la necessità di coordinamento tra le discipline (v. Cass. n. 13856-10; n. 1557-12), ne restano incisi anche gli obblighi tributari, e in particolare, ai fini di cui all’art. 11, 4° co., del d.l. n. 79 del 1997, quelli dichiarativi rapportati al termine previsto dall’art. 31 del d. lgs. n. 346 del 1990.
VII. – Col terzo mezzo, deducendo la violazione e la falsa applicazione degli artt. 20 e seg. del d. lgs. n. 346 del 1990, l’amministrazione censura la sentenza nel capo afferente le riconosciute passività.
Assume che, essendo state le passività costituite da debiti altrui (e segnatamente da debiti gravanti su società di persone), la commissione tributaria regionale – per quanto il de cuius fosse socio illimitatamente responsabile – non avrebbe potuto ritenere esistente la condizione essenziale della operata deduzione, rappresentata dall’ effettività del depauperamento dell’attivo ereditario quale diretta conseguenza dell’apertura della successione.
Il terzo motivo è inammissibile in relazione al quesito di diritto. Il quale – limitandosi a chiedere “se è legittimo l’avviso di liquidazione e di rettifica dell’imposta di successione con il quale l’ufficio, ai sensi dell’art. 20 d.lgs. n. 346/90, esclude che l’erede possa dedurre passività nascenti da concordato preventivo relativo a società di persone in base al quale il de cuius era in proprio illimitatamente responsabile” – riflette profili direttamente riferiti all’atto tributario, non alla sentenza gravata. Sicché, per disattenderlo, è sufficiente rammentare che l’unico oggetto del giudizio di legittimità è costituito dalla sentenza impugnata; mentre l’avviso di accertamento o l’avviso di liquidazione non sono atti del processo. Per tale ragione il sindacato della corte di cassazione non li coinvolge, potendo esser calibrato soltanto sulla decisione di merito che dell’atto impositivo ha affermato (o negato) la legittimità.
Più volte questa corte ha affermato che è inammissibile il motivo di ricorso con cui, in violazione dei ripetuti confini del giudizio di cassazione, si denunciano direttamente presunti vizi dell’avviso di liquidazione o dell’avviso di accertamento (cfr. Cass. n. 5863-13; n. 6134-09).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, sezione n. 2, sentenza n. 1011 depositata il 3 febbraio 2023 - La limitazione della responsabilità dell'erede per i debiti ereditari, derivante dall'accettazione dell'eredità con beneficio…
- Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Puglia, sezione n. 28, sentenza n. 966 depositata il 3 aprile 2023 - Non è sufficiente la mera inclusione dell'immobile nel territorio appartenente al comprensorio per presumere il beneficio in…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 15 marzo 2019, n. 7444 - Soggetti passivi ICI - La donazione di usufrutto non si perfeziona se non con l'accettazione da parte del donatario, accettazione che ai sensi dell'art. 782 c.c. se non è contenuta nel medesimo…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 08 luglio 2021, n. 19443 - La notifica dell'avviso di accertamento nei confronti di un contribuente deceduto, notificato agli eredi collettivamente e impersonalmente presso il domicilio del "de cuius", è nulla ove gli…
- PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI - Ordinanza 12 gennaio 2022, n. 841 - Ulteriori disposizioni di protezione civile finalizzate a consentire il completamento degli interventi finanziati con le risorse di cui all'articolo 1, comma 1028, della legge…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 12 gennaio 2022, n. 841 - Nel ricorso per cassazione può denunciarsi una violazione dell’art. 116 c.p.c. solo quando la pronunzia si sia basata su prove non dedotte dalle parti o disposte d’ufficio fuori dai limiti…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Le liberalità diverse dalle donazioni non sono sog
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 7442 depositata…
- Notifica nulla se il messo notificatore o l’
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5818 deposi…
- Le clausole vessatorie sono valide solo se vi è ap
La Corte di Cassazione, sezione II, con l’ordinanza n. 32731 depositata il…
- Il dipendente dimissionario non ha diritto all’ind
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 6782 depositata…
- L’indennità sostitutiva della mensa, non avendo na
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 7181 depositata…