Corte di Cassazione sentenza n. 8659 del 30 maggio 2012
INFORTUNI SUL LAVORO – INDENNITA’ O RENDITA: IN GENERE – PREVIDENZA SOCIALE – INABILI AL LAVORO – RENDITA PER INDENNITA’ TEMPORANEA
massima
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La rendita per inabilità permanente ha la funzione d’indennizzare il danno fisico subito dall’assicurato in relazione alle percentuali di riduzione della sua attitudine al lavoro. L’indennità giornaliera per invalidità temporanea, invece, costituisce una prestazione economica a carattere assistenziale, diretta ad assicurare al lavoratore i mezzi di sostentamento finché dura l’inabilità che impedisce totalmente e di fatto all’infortunato di rendere le sue prestazioni lavorative.
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FATTO
La Corte di Appello di Firenze, con sentenza del 23 marzo 2010, in riforma della sentenza del Tribunale di Livorno con la quale l’INAIL era stato condannato a corrispondere a (Omissis) la rendita pari al 16%, conseguente ad un infortunio sul lavoro, ha rigettato la domanda proposta dal lavoratore.
Ha osservato la Corte territoriale che l’INAIL in primo grado aveva contestato che le lesioni denunziate dal lavoratore fossero conseguenza di infortunio sul lavoro; che il Tribunale adito, pur in presenza di tale eccezione, aveva disposto una consulenza tecnica, riconoscendo, all’esito, la rendita al ricorrente; che la prova in ordine al dedotto infortunio era a carico del lavoratore; che il medesimo, nel costituirsi in appello, aveva chiesto il rigetto del gravame, senza riproporre la richiesta di prova testimoniale articolata in primo grado sulle modalità dell’infortunio, onde tale richiesta doveva intendersi rinunciata.
Nè, ad avviso della Corte territoriale, la prova dell’infortunio emergeva dai documenti prodotti dal ricorrente.
In particolare, l’avvenuta liquidazione al ricorrente, da parte dell’INAIL, della somma di euro 2.338,52 a titolo di indennità temporanea, non costituiva prova dell’avvenuto infortunio, posto che il relativo provvedimento conteneva l’espressa avvertenza che detto importo sarebbe stata trasmesso all’INPS quale anticipo del trattamento di malattia.
Contro tale sentenza ricorre per cassazione il lavoratore con un unico motivo.
Resiste con controricorso l’INAIL.
DIRITTO
1. Con l’unico motivo, articolato in due censure, il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 416 c.p.c., comma 3, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3 nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, stesso codice.
Rileva, con la prima censura, che in primo grado l’INAIL aveva contestato solo genericamente che l’infortunio fosse avvenuto in occasione di lavoro, onde correttamente il primo giudice, dando per pacifica tale ultima circostanza, aveva disposto la consulenza tecnica senza pronunziarsi sulla richiesta di prova testimoniale.
Con la seconda censura il ricorrente deduce che l’INAIL gli aveva riconosciuto per l’infortunio in questione l’indennità per inabilità temporanea, sia pure per un periodo più breve rispetto a quello richiesto, circostanza questa che dimostra come al riguardo fosse superflua ogni prova.
2. La prima censura non è fondata.
La Corte di appello ha affermato che, nonostante l’INAIL avesse contestato in primo grado la mancanza di prova in ordine all’infortunio, il Tribunale ha disposto una consulenza tecnica, rigettando implicitamente la richiesta di prova testimoniale articolata al riguardo dal lavoratore.
Ha aggiunto la Corte territoriale che, in presenza di siffatta contestazione, dovendo in via preliminare essere accertato se l’infortunio fosse avvenuto o meno in occasione di lavoro, il lavoratore avrebbe dovuto fornire tale prova, prova che nella specie non era stata data dal momento che la parte appellata non aveva riproposto in appello la richiesta di prova testimoniale formulata in primo grado, che doveva dunque ritenersi rinunciata ex art. 346 c.p.c.
Sulla scorta di tali premesse il giudice d’appello ha rigettato la domanda del lavoratore.
Contestando tali argomentazioni il ricorrente deduce che, viceversa, l’INAIL ha contestato solo genericamente che l’infortunio si fosse verificato in occasione di lavoro, onde la Corte territoriale, dando per pacifica tale circostanza, è incorsa in vizio in procedendo.
L’assunto deve essere disatteso, risultando dall’esame della memoria di costituzione dell’INAIL nel giudizio di primo grado – esame che questa Corte è abilitata a compiere attesa la natura del vizio denunziato – che l’INAIL ha in effetti contestato specificamente l’infortunio sul lavoro, la data e le modalità denunziate (v. pag. 2 della memoria di costituzione: “… Poiché la denunzia è stata presentata con forte ritardo rispetto all’evento come riportato dal ricorrente, non esiste alcuna prova che l’infortunio si sia verificato in quella data e con quelle modalità e ovviamente l’onere della prova è a suo totale carico”).
3. Anche la seconda censura è infondata.
La Corte territoriale ha ritenuto che “l’affermazione Inail di aver provveduto alla liquidazione di euro 2.388,52 a titolo di indennità temporanea” non costituiva prova dell’infortunio sul lavoro, posto che essa conteneva “l’avvertenza che la detta liquidazione sarà indirizzata all’Inps perché sia considerata anticipo del trattamento di malattia”.
Il ricorrente ha lamentato che tale documento è stato interpretato erroneamente dal giudice d’appello ed ha dedotto che l’avvenuta liquidazione dell’indennità per inabilità temporanea comprova che l’infortunio si è verificato in occasione di lavoro.
Senonché, da un lato la Corte territoriale ha posto chiaramente in evidenza che la liquidazione di cui sopra doveva essere considerata dall’INPS quale anticipo del trattamento di malattia, con ciò escludendo quanto sostenuto dal ricorrente; dall’altro, il ricorrente, venendo meno al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ha omesso di trascrivere nel ricorso il tenore esatto del documento dianzi indicato, non consentendo a questa Corte di effettuare il relativo controllo, anche in ordine alla relativa decisività.
Al riguardo va richiamato il pacifico orientamento di questa Corte secondo cui “Il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione su un’istanza di ammissione di un mezzo istruttorio o sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla loro trascrizione, alfine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, la S.C. deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative” (Cass. Ord. n. 17915 del 30 luglio 2010; conformi, fra le più recenti, Cass. n. 4201/10; Cass. 6023/09; Cass. 5043/09; Cass. 13085/07; Cass. 11460/07).
4. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio, come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore dell’INAIL delle spese del presente giudizio di Cassazione, liquidate in euro 1.500,00 per onorari, oltre euro 20,000 per esborsi.
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