CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 10 aprile 2013, n. 8741
Tributi – IRAP – Attività di consulenza – Diritto al rimborso – Sussiste solo in assenza di supporto dello studio
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 105 del 10/10/2007, depositata in data 22/11/2007, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia Sez. 8 respingeva, con compensazione delle spese di lite, l’appello proposto, in data 10/11/2006, dall’Agenzia delle Entrate Ufficio Milano 6, avverso la decisione n. 183/24/2005 della Commissione Tributaria Provinciale di Milano, che aveva accolto il ricorso di C.P.A., dottore commercialista, contro il silenzio-rifiuto opposto dall’Agenzia delle Entrate sull’istanza dì rimborso dell’imposta IRAP relativa al 2005.
La Commissione Tributaria Regionale respingeva il gravame dell’Agenzia delle Entrate, in quanto riteneva, da un lato, che l’assenza di un’autonoma organizzazione facente capo al contribuente emergesse dalle “prove offerte circa le modalità fattuali dello svolgimento dell’attività professionale” e, dall’altro lato, che la tesi dell’appellante era basata essenzialmente sul principio, “ripudiato dalla Suprema Corte”, della sufficienza, ai fini del requisito dell’autonoma organizzazione, da parte del professionista-lavoratore autonomo, della dotazione “di strumenti propri anche minimi per l’esercizio dell’attività”. Avverso tale sentenza ha promosso ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, deducendo un unico motivo del ricorso, per insufficiente motivazione, ex art.360 n. 5 c.p.c. (deducendo di avere allegato nel giudizio di merito che “il ricorrente aveva dichiarato per il 2003 quote di acquisto di beni strumentali pari ad € 19.841,00, interessi passivi pari ad € 24.917,00, spese pari ad € 7.196,00, compensi a terzi pari ad € 59.325,00, infine, il pagamento di un importo annuale di € 27.000,00, per la messa a disposizione dalla M. srl, società di cui il Dr. C. risulta essere sindaco ed amministratore, di un locale della superficie di 12 mq attrezzato per lo svolgimento della sua attività professionale”).
Ha resistito il contribuente con controricorso, depositando anche memoria, ai sensi dell’art.378 c.p.c..
Motivi della decisione
Questa Corte ha affermato che l’IIRAP coinvolge una capacità produttiva “impersonale ed aggiuntiva” rispetto a quella propria del professionista (determinata dalla sua cultura e preparazione professionale) e colpisce un reddito che contenga una parte aggiuntiva di profitto, derivante da una struttura organizzativa “esterna”, cioè da “un complesso di fattori che, per numero, importanza e valore economico, siano suscettibili di creare un valore aggiunto rispetto alla mera attività intellettuale supportata dagli strumenti indispensabili e di corredo al know-how del professionista (lavoro dei collaboratori e dipendenti, dal numero e grado di sofisticazione dei supporti tecnici e logistici, dalle prestazioni di terzi, da forme di finanziamento diretto ed indiretto etc.”, cosicché è “il surplus di attività agevolata dalla struttura organizzativa che coadiuva ed integra il professionista … ad essere interessato dall’imposizione che colpisce l’incremento potenziale, o quid pluris, realizzabile rispetto alla produttività auto organizzata del solo lavoro personale” (Cass. Trib.15754/2008). Si è poi affermato, con riguardo all’attività di un professionista, che la sola “disponibilità di uno studio, avente le caratteristiche e dotato delle attrezzature indicate dalla suddetta normativa, rientrando nell’ambito del “minimo indispensabile” per l’esercizio dell’attività professionale, ed essendo obbligatoria ai fini dell’instaurazione e del mantenimento del rapporto convenzionale, non integra, di per sé, in assenza di personale dipendente, il requisito dell’autonoma organizzazione ai fini del presupposto impositivo” (cfr Cass. n. 10240 del 2010), nonché, con riguardo all’ipotesi di medico chirurgo che si avvale delle strutture messegli a disposizione da una Clinica, che “in base al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, (come modificato dal D.Lgs. n. 137 del 1998, art. 1) , ai fini della soggezione ad IRAP dei proventi di un lavoratore autonomo (o un professionista), non è sufficiente che il lavoratore si avvalga di una struttura organizzata , ma è anche necessario che questa struttura sia “autonoma”, cioè faccia capo al lavoratore stesso, non solo ai fini operativi bensì anche sotto i profili organizzativi. Non sono perciò soggetti ad Irap i proventi che un lavoratore autonomo percepisca come compenso per le attività svolte all’interno di una struttura da altri organizzata” (Cass.9692/2012). E’ stato poi chiarito che non ha diritto al rimborso dell’IRAP il commercialista, che – nello svolgimento dell’attività di sindaco – utilizza beni strumentali in misura eccedente il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività professionale (Cassazione civile sez. trib., 19 luglio 2011, n. 15803). Analogamente, questa Corte ha precisato che il libero professionista, che opera come amministratore di società o presidente del consiglio di amministrazione, non va soggetto all’IRAP per la parte di ricavo netto che risulta da quelle attività, soltanto se adempie alla funzione senza ricorrere ad un’ autonoma struttura organizzativa (Cassazione civile sez. trib., 2 marzo 2009 n. 4959 e 9 maggio 2007 n. 10594). Similari sono anche le conclusioni per l’attività di consulente (Cassazione civile sez. trib. 1 febbraio 2007, n. 3676).
In sostanza, a norma del combinato disposto D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 49, comma 1, è escluso dall’applicazione dell’ IRAP solo qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata ed il requisito della autonoma organizzazione – il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità solo se congruamente motivato – ricorre quando il contribuente, per quanto qui interessa, impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui (cfr., sull’ausilio di una segretaria a part-time, Cass. n. 8265 del 2009; v. anche Cass. nn. 3673, 3676, 3678, 3680 e 5011 del 2007; v. pure S. U. n. 12109 del 2009, in generale, e Cass. n. 14693 del 2009, sull’ausilio di un dipendente part-time all’attività d’avvocato, nonché da ultimo Cass. n. 17598 del 2011, sull’utilizzo di una inserviente da parte di un medico di base; sul rilievo dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, v. Cass. n. 3677 del 2007; cfr., da ultimo, Cass. nn. 23370 del 2010 e 16628 del 2011)
Il motivo, sollevato dall’Agenzia ricorrente, implicante vizio ex art. 360 n. 5 c.p.c., nel prospettare l’utilizzo, da parte del contribuente, come risultante in via documentale, dì dipendenti o collaboratori e di attrezzature e locali relativi ad una società, di cui il C. sarebbe stato “amministratore e sindaco”, e l’omesso esame di tale profilo da parte dei giudici tributari, è fondato.
Invero, la motivazione della decisione di appello risulta apodittica, venendo ivi fatte delle affermazioni, in ordine alla asserita inesistenza dell’autonoma organizzazione, senza alcun concreto riferimento agli elementi esaminati e presi in considerazione nel percorso decisionale ed omettendo di argomentare in ordine a quegli altri elementi, indicati dall’Agenzia in sede di appello ed in questa sede riproposti (in particolare, il ricorso al lavoro di terzi collaboratori), in ipotesi, rilevanti agli effetti di un diverso percorso decisionale.
Per consolidato orientamento giurisprudenziale, “ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, denunziatile in sede di legittimità, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il Giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento” (Cass. n. 1756/2006, n. 890/2006);
Accolto dunque integralmente il ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio degli atti ad altra Sezione della Commissione Tributaria regionale della Lombardia, che si adeguerà ai principi di diritto sopra espressi, provvedendo altresì a liquidare le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, con rinvio ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
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