Corte di Cassazione sentenza n. 9033 del 05 giugno 2012
SICUREZZA SUL LAVORO – PREVIDENZA SOCIALE – DANNO – RISARCIMENTO DEL DANNO BIOLOGICO E DEL DANNO MORALE SUBITI PER LA GRAVE IPOACUSIA – DECORRENZA DEL TERMINE DI PRESCRIZIONE
massima
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In tema di risarcimento del danno da fatto illecito, la prescrizione decorre non dal momento in cui il fatto del terzo determina ontologicamente il danno all’altrui diritto, bensì da quello in cui la produzione del danno si manifesta all’esterno, divenendo conoscibile, ossia dal momento in cui il danneggiato abbia avuto – o avrebbe dovuto avere, usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche – sufficiente conoscenza della rapportabilità causale del danno lamentato.
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FATTO
Con sentenza depositata il 18 febbraio 2006, la Corte d’appello di Roma ha confermato la decisione di primo grado di rigetto delle domande, svolte da (Omissis) nei confronti della sua ex datrice di lavoro (Omissis) s.r.l., di risarcimento del danno biologico e del danno morale subiti per la grave ipoacusia riscontratagli e contratta, secondo il richiedente, a causa o in occasione del rapporto lavoro, per colpa della società.
In ambedue i gradi di giudizio, i giudici, avendo rilevato che una prima diagnosi della malattia e della inabilità conseguente (poi ulteriormente aggravatasi) risaliva alla data del 6 febbraio 1990 e che il primo atto interruttivo della prescrizione era intervenuto con la notifica dell’atto introduttivo del giudizio in data 29 maggio 2002, hanno ritenuto maturata la prescrizione quinquennale della domanda di risarcimento del danno morale e quella decennale della domanda relativa al danno biologico.
Per la cassazione di tale sentenza (Omissis) propone ora ricorso, notificato il 19 febbraio 2007 e affidato a quattro motivi.
Resiste alle domande la società con rituale controricorso.
DIRITTO
1 – Col primo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione al silenzio serbato dalla Corte in ordine al motivo di appello col quale il (Omissis) aveva contestato di avere mai avuto comunicazione del certificato medico del 6 febbraio 1990 (prodotto dalla società) e aveva altresì messo in dubbio che la relativa visita audiometrica fosse stata mai effettuata, sostenendo comunque che la prima occasione in cui era venuto a conoscenza della origine professionale della malattia risaliva al 1997-1998.
2 – Col secondo motivo la sentenza impugnata viene censurata per violazione o falsa applicazione degli articoli 2935 e 2947 c.c. e del Decreto Legislativo 15 agosto 1991, n. 277, art. 41 e art. 49, lettera f e Decreto Legislativo n. 626 del 1994, art. 17, 1, cpv.
La censura investe l’affermazione che la Corte territoriale avrebbe fatto, secondo cui, in materia di diritto al risarcimento dei darmi ex art. 2087 c.c., la prescrizione decorre dalla conoscenza della malattia e non dalla piena consapevolezza della sua origine professionale, nel caso in esame sicuramente successiva. Al riguardo, il ricorrente afferma infatti che la comunicazione relativa alla contratta ipoacusia gli era stata effettuata solo informalmente da un infermiere invece che “nelle forme previste in adempimento degli oneri posti dal Decreto Legislativo 15 agosto 1991, n. 277, art. 49, lettera f” o in quelle indicate dal Decreto Legislativo 19 settembre 1994, n. 626, art. 17, comma 1. Inoltre, al termine di ogni visita medica da parte del medico di fabbrica, egli era stato dichiarato idoneo alle mansioni cui era stato in precedenza addetto, per cui non aveva avuto la possibilità di rendersi conto, in buona fede, dell’origine professionale della malattia.
3 – Col terzo motivo, il ricorrente deduce il vizio di motivazione della sentenza. Anche a superare l’obiezione secondo cui la comunicazione del primo certificato medico e dei successivi avrebbe dovuto avvenire nelle forme di cui al decreti legislativi citati e a voler ritenere sufficienti forme equipollenti a di tale comunicazione, i giudici di merito avrebbero dovuto ammettere la sua richiesta di provare, come suo diritto, di non aver mai ricevuto comunicazioni in alcuna forma, richiesta viceversa da essi respinta.
4 – Col quarto motivo, il (Omissis) deduce infine, in via gradata, la violazione o falsa applicazione dei criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362, 1363, 1366, 1367 e 1369 c.c. nell’escludere che il verbale di conciliazione tra le medesime parti di altra vertenza del 29 giugno 2000 contenesse espressioni di volontà del ricorrente qualificabili come atti interruttivi della prescrizione.
5 – I primi tre motivi di ricorso, che conviene esaminare congiuntamente, sono infondati, con conseguente assorbimento della necessità di esaminare il quarto.
5.1 – A norma dell’art. 2935 c.c., la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere.
Questa Corte, in linea con la propria giurisprudenza in materia di prescrizione del diritto al risarcimento danno soprattutto per fatto illecito (cfr., per tutte, da ultimo, Cass. 27 gennaio 2012 n. 1263), ha avuto modo di affermare che in tema di risarcimento del danno subito dalla persona del lavoratore per la violazione da parte del datore di lavoro degli obblighi impostigli dall’art. 2087 cod. civ., la prescrizione decorre dal momento in cui il danno si è manifestato, divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile e non dal momento del successivo aggravamento che non sia dovuto da una causa autonoma (Cass. 11 settembre 2007 n. 19022). Quanto alla requisito della riconoscibilità, è stato costantemente precisato che il momento di decorrenza della prescrizione va individuato in quello in cui il soggetto danneggiato abbia avuto – o avrebbe dovuto avere, usando l’ordinaria diligenza – sufficiente conoscenza dell’origine del danno lamentato.
Quanto all’insorgenza della ipoacusia che ha colpito il (Omissis), non può essere contestato il certificato medico che l’attesta in data 6 febbraio 1990, in assenza della proposizione nel giudizio di merito di una querela di falso.
Data la gravità della ipoacusia così accertata, i giudici di merito ne hanno coerentemente rilevato la sicura conoscenza da parte dell’interessato, indipendentemente dalla formale comunicazione della stessa, pretesa dal ricorrente, “sulla scorta della considerazione che tale patologia è talmente sintomatica che il danneggiato non può non esserne immediatamente consapevole”.
Con riguardo, infine, alla possibilità per il ricorrente di avere conoscenza dell’origine professionale della malattia (e quindi della possibile responsabilità per colpa della datrice di lavoro), i giudici di merito hanno accertato, alla stregua della documentazione prodotta in giudizio, che già dagli anni ’70 era noto ai dipendenti che le lavorazioni della (Omissis) s.p.a. potevano essere dannose per l’udito.
Il rigetto dei primi tre motivi di ricorso rende definitivo l’accertamento della decorrenza della prescrizione dal febbraio 1990.
A ciò consegue l’irrilevanza del quarto motivo, diretto a contestare l’accertamento secondo il quale la conciliazione intervenuta tra le parti in data 29 giugno 2000 non avrebbe contenuto altresì un atto interruttivo della prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante dall’ipoacusia, nella forma di una riserva di azione in proposito.
Tale verbale di conciliazione (contenente comunque una mera riserva, ritenuta nella giurisprudenza di questa Corte insufficiente a concretare un atto interruttivo: cfr., ad es., Cass. 12 febbraio 2010 n. 3371) si colloca infatti temporalmente oltre lo scadere del decimo anno successivo alla data di decorrenza della prescrizione.
Concludendo, sulla base delle considerazioni svolte, il ricorso va respinto, con le normali conseguenze in ordine al regolamento delle spese, effettuato, con la relativa liquidazione, in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare alla resistente le spese di questo giudizio, liquidate in euro 40,00 per esborsi ed euro 3.500,00 per onorari, oltre spese generali (12,50%), IVA e CPA.
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