CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 17 aprile 2013, n. 9334
Società di persone fisiche – In genere (nozione, caratteri, distinzioni) -Società di fatto – Violazione delle regole amministrative per l’esercizio di attività commerciale – Conseguenze – Invalidità del contratto di società – Esclusione – Fattispecie relativa alla mancanza del permesso di soggiorno di uno dei soci.
Svolgimento del processo
1. Con sentenza 18 gennaio 2002, il Tribunale di Saluzzo condannò la signora M.G.B. al pagamento della somma di £ 80.000.000, oltre agli accessori, a favore del signor G.F. M., a titolo di corrispettivo per la cessione della sua quota del 50% della società di fatto esistente tra le parti, e avente a oggetto la gestione di un esercizio commerciale di somministrazione di alimenti e bevande denominato Pizzeria M.. Il tribunale accolse la tesi dell’attore, signor M., che solo a causa della sua nazionalità straniera, che impediva l’intestazione dell’esercizio a entrambi, le parti avevano stipulato formalmente un contratto di associazione in partecipazione, e ritenne simulato tale contratto.
2. La decisione è stata confermata dalla Corte d’appello di Torino con sentenza 8 agosto 2005. Condividendo la ricostruzione del fatto accolta dal primo giudice, la corte ha ritenuto che l’esercizio commerciale fosse originariamente gestito da una società di fatto costituita dallo stesso M. e dal socio B.; e che quest’ultimo avesse trasferito la sua quota del 50% della società di fatto alla signora B..
La corte ha respinto la tesi di quest’ultima, della nullità dell’atto senza data, stipulato tra le parti in causa, con il quale anche il M. aveva poi a sua volta venduto la sua quota del 50% della società alla B. per il corrispettivo di £ 80.000.000.
3. Per la cassazione della sentenza, non notificata, ricorre la signora B. con atto notificato il 26 ottobre 2006, per cinque motivi.
Il signor M. non ha svolto difese.
Motivi della decisione
4. Con il primo motivo si denuncia la violazione dell’art. 2247 c.c., che assume come elemento costitutivo della società il conferimento di beni o servizi. Erroneamente la corte territoriale avrebbe affermato che l’esistenza di un conto corrente bancario cointestato costituisce prova dell’esistenza di fondo comune, in mancanza di prova della provenienza del denaro depositato in conto.
5. Con il secondo motivo del ricorso si denuncia il vizio di motivazione, avendo la corte territoriale ritenuto provata la società di fatto tra le parti sulla base dei soli elementi costituiti dall’esistenza di un conto corrente cointestato alle parti e dalla registrazione di una società di fatto tra il M. e il B.. Il M. era receduto da quel contratto sei anni dopo la verificazione dei fatti di causa, sicché la società era sopravvissuta alla vendita dell’azienda. Questa, pertanto, era stata trasferita per l’intero dal solo B..
6. Con il quinto motivo – la cui trattazione è qui anticipata per le ragioni che si vedranno – si denuncia il vizio di motivazione sulla supposta dissimulazione del contratto di società nel contratto simulato di associazione in partecipazione. Si richiama la giurisprudenza per la quale elementi caratteristici della società, e differenziali rispetto all’associazione in partecipazione sono il potere di gestione e la manifestazione esteriore dell’attività sociale di fronte ai terzi. Sul punto era assente ogni motivazione nella sentenza impugnata.
7. I tre motivi possono essere esaminati insieme, perché investono nel loro complesso la ricostruzione del fatto. Ciò è vero anche per il primo motivo, sebbene con esso apparentemente si denunci sotto la rubrica della violazione di legge l’errore di diritto, in cui il giudice di merito sarebbe incorso motivando il suo convincimento sull’esistenza di una società di fatto tra le parti.
I motivi sono peraltro inammissibili, perché tendono sostanzialmente ad una rivalutazione del fatto in questa sede di legittimità. Per ciò che concerne specificamente il valore attribuito alla cointestazione di un conto corrente, la lettura della sentenza non consente dubbi sul fatto che, indipendentemente dalla improprietà delle espressioni adoperate, la corte territoriale ha considerato il conto corrente cointestato uno strumento di gestione di liquidità utilizzate nello svolgimento dell’impresa comune, o conseguite attraverso di esso, e ne ha apprezzato il valore indiziario in un contesto ricco di altri elementi.
8. Con il terzo motivo si denuncia la violazione degli artt. 2556 e 1414 c.c.. La validità del supposto contratto dissimulato, per cui il trasferimento dal B. alla B. avrebbe avuto ad oggetto solo il 50% dell’esercizio (lasciando al M. la residua quota del 50%, poi trasferita alla B. con l’atto senza data che è al fondamento della richiesta di pagamento del prezzo), richiedeva la forma scritta, secondo quanto richiede ad probationem l’art. 2556 c.c.
9. Il motivo è infondato. Il giudice di merito, infatti, ha accertato che il trasferimento a favore della B. aveva avuto per oggetto la quota della società di fatto spettante al cedente, e non l’azienda sociale; e poiché il trasferimento delle quote sociali non è soggetto a limiti di forma, non ricorrevano i presupposti di fatto per l’applicazione della norma invocata, che riguarda esclusivamente l’azienda.
10. Con il quarto motivo si denuncia la violazione degli artt. 1418, 1343 e 1344 c.c., che sanciscono la nullità del contratto avente causa illecita o in frode alla legge. Il giudice di merito, infatti, aveva ritenuto che la simulazione contrattuale avesse lo scopo di aggirare la normativa italiana che impedisce ai soggetti privi del regolare permesso di soggiorno di diventare titolari di esercizi commerciali.
11. Il motivo è infondato. La violazione delle regole amministrative sui requisiti per lo svolgimento di attività commerciali, pur potendo dar luogo all’irrogazione di sanzioni, non incide sulla validità dei contratti di società stipulati dai privati.
12. In conclusione il ricorso è respinto. In mancanza di difese svolte dalla controparte non v’è luogo a pronuncia sulle spese.
P.Q.M.
Rigetta ilo ricorso.
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