Corte di Cassazione sentenza n. 9611 del 02 maggio 2011
LAVORO – LAVORO SUBORDINATO – LICENZIAMENTO COLLETTIVO – RIDUZIONE E CRITERI DI SCELTA DEL PERSONALE – RIDIMENSIONAMENTO DELL’ORGANICO DELL’INTERO COMPLESSO AZIENDALE – COMUNICAZIONE PREVENTIVA EX ART. 4, COMMA 3, DELLA LEGGE N. 223/1991 – CONTENUTO – INDICAZIONE DEL NUMERO COMPLESSIVO DEI LAVORATORI ECCEDENTI SUDDIVISO TRA I DIVERSI PROFILI PROFESSIONALI – SUFFICIENZA – INDICAZIONE DEGLI UFFICI O REPARTI CON ECCEDENZA NONCHÈ DELLE CONCRETE POSIZIONI LAVORATIVE O DELLE MANSIONI SVOLTE – NECESSITÀ – ESCLUSIONE – ACCORDO SINDACALE ALL’ESITO DELLA PROCEDURA ADOTTANTE IL CRITERIO DI SCELTA DEL POSSESSO DEI REQUISITI PER LA PENSIONE – RILEVANZA
massima
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In tema di verifica del rispetto delle regole procedurali per i licenziamenti collettivi per riduzione di personale, la sufficienza dei contenuti della comunicazione preventiva di cui all’art. 4, comma 3, della L. 23 luglio 1991, n. 223, deve essere valutata in relazione ai motivi della riduzione di personale, che restano sottratti al controllo giurisdizionale, cosicché, ove il progetto imprenditoriale sia diretto a ridimensionare l’organico dell’intero complesso aziendale al fine di diminuire il costo del lavoro, l’imprenditore può limitarsi all’indicazione del numero complessivo dei lavoratori eccedenti, suddiviso tra i diversi profili professionali previsti dalla classificazione del personale occupato nell’azienda, senza che occorra l’indicazione degli uffici o reparti con eccedenza, e ciò tanto più se si esclude qualsiasi limitazione del controllo sindacale e in presenza della conclusione di un accordo con i sindacati all’esito della procedura che, nell’ambito delle misure idonee a ridurre l’impatto sociale dei licenziamenti, adotti il criterio della scelta del possesso dei requisiti per l’accesso alla pensione.
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Fatto e diritto
1. P.I. con comunicazione del 25 giugno 2001, ai sensi degli artt. 4 e 24 della legge 223 del 1991, iniziò una procedura per il licenziamento collettivo nei confronti di 9.000 lavoratori in eccedenza rispetto alla proprie esigenze tecnico-produttive.
2. In tale comunicazione alle RSU, ai sensi del terzo comma dell’art. 4 su citato, venivano indicati: i motivi che determinano la situazione di eccedenza; i motivi per i quali si ritiene di non poter adottare misure dirette a porre rimedio alla situazione; numero, collocazione aziendale e profili professionali del personale in eccedenza e del personale abitualmente impiegato; tempi di attuazione del programma di mobilità; misure programmate per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale dell’attuazione del programma.
3. Alla comunicazione erano allegati l’organico dei dipendenti alla data del 1 maggio 2001, distinto per regioni e diverse aree di inquadramento, nonché le eccedenze, alla medesima data, ripartite per regione e con riferimento alle diverse aree di inquadramento, poi ulteriormente specificate con successive comunicazioni.
4. L’esame congiunto con i sindacati, protrattosi in vari incontri, si è esaurito con esito negativo. In seguito, però, presso il Ministero del lavoro, tra P.I. e sindacati venne raggiunto un accordo per la definizione della procedura.
“Nell’intento comune di ridurre le conseguenze sul piano sociale” derivanti dall’attuazione del piano di riorganizzazione e ristrutturazione, le parti concordarono la risoluzione del rapporto di lavoro del personale che alla data del 31 dicembre 2001 e del 31 dicembre 2002 fosse in possesso dei requisiti per il pensionamento. P.I. ha quindi comunicato ai lavoratori in tale condizione la cessazione dal lavoro.
5. Fra costoro vi era il G., il quale impugnò il licenziamento dinanzi al Tribunale di Palermo, che accolse il ricorso e dichiarò illegittimo l’atto di recesso, ritenendo sussistente una duplice violazione della procedura regolata dall’art. 4 della legge 233 del 1991 e specificamente del terzo comma e del nono comma di tale norma.
6. La Corte d’Appello di Palermo, con sentenza pubblicata il 1 aprile 2008, ha respinto l’impugnazione di P.I., articolata in relazione alle due distinte violazioni riscontrate dal giudice di primo grado.
7. Più specificamente, ha respinto il primo motivo, concernente la violazione relativa al terzo comma dell’art. 4, ed ha ritenuto assorbito il motivo relativo alla violazione del nono comma.
8. P.I. propone ricorso per cassazione, articolato in due motivi.
9. Il G. ha depositato controricorso.
10. La società ha depositato una memoria
11. Con il primo motivo P.I. denunzia la violazione del terzo comma dell’art. 4 della legge 223 del 1991, unitamente ai commi 2, 11 e 12, nonché al terzo comma dell’art. 5. Si chiede alla Corte di verificare se la comunicazione di avvio della procedura effettuata da P.I. alle RSU presenti i requisiti richiesti dal terzo comma dell’art. 4 cit.
12. Anche con il secondo motivo si denunzia omessa o insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia sempre in relazione al tema della sufficienza della comunicazione di avvio della procedura di licenziamento collettivo.
13. I due motivi devono essere valutati congiuntamente perché sono connessi.
14. Questa Corte ha già analiticamente esaminato i problemi posti con i motivi su richiamati, in più decisioni ed in particolare, tra le ultime, nella sentenza 12 agosto 2009, n. 18253, che si è occupata di una situazione del tutto sovrapponibile a quella in esame.
15. Si è affermato in tale decisione il seguente principio di diritto: “in tema di verifica del rispetto delle regole procedurali dettate per i licenziamenti collettivi per riduzione del personale dalla legge n. 223 del 1991, la sufficienza dei contenuti della comunicazione preventiva di cui all’art. 4, comma 3, deve essere valutata in relazione ai motivi della riduzione di personale, sottratti al controllo giurisdizionale, cosicché, nel caso di progetto imprenditoriale diretto a ridimensionare l’organico dell’intero complesso aziendale al fine di diminuire il costo del lavoro, l’imprenditore può limitarsi all’indicazione del numero complessivo dei lavoratori eccedenti suddiviso tra i diversi profili professionali contemplati dalla classificazione del personale occupato nell’azienda, tanto più se si esclude qualsiasi limitazione del controllo sindacale e in presenza della conclusione di un accordo con i sindacati all’esito della procedura, che, nell’ambito delle misure idonee a ridurre l’impatto sociale dei licenziamenti, adotti il criterio di scelta del possesso dei requisiti per l’accesso alla pensione”.
16. La motivazione della sentenza, alla quale si rinvia, spiega perché, in quel contesto specifico, le indicazioni fornite nella comunicazione del datore di lavoro siano conformi a quanto richiesto dall’art. 4, terzo comma, della legge 223 del 1991 e spiega, più in generale, perchè il criterio adottato per la individuazione dei lavoratori da licenziare sia conforme ai principi desumibili dagli artt. 1 e 24 della legge 223 del 1991 e dall’assetto complessivo dell’ordinamento (schematizzati al paragrafo n. 7).
17. Il criterio della prossimità al trattamento pensionistico è stato, inoltre, ritenuto da questa Corte conforme al principio di non discriminazione in ragione dell’anzianità, anche nella sua dimensione europea, nonché a criteri di razionalità ed equità (cfr, in particolare, 24 aprile 2007, n. 9866; e 21 settembre 2006, n. 20455, alla cui motivazioni si rinvia).
18. Il ricorso deve, pertanto, essere accolto. La sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altro giudice di merito, che dovrà valutare il secondo motivo di appello di P.I. (concernente la violazione del nono comma dell’art. 4 cit.) ritenuto assorbito dalla Corte d’appello a causa del rigetto del primo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa e rinvia alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 25 febbraio 2011.
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