Corte di Cassazione sentenza n. 9660 del 13 giugno 2012
SICUREZZA SUL LAVORO – INFORTUNIO SUL LAVORO – MALATTIE PROFESSIONALI: (SILICOSI E ASBESTOSI) – RISARCIMENTO DEL DANNO BIOLOGICO, MORALE E RELAZIONALE – PATOLOGIA RESPIRATORIA CONTRATTA A CAUSA DELL’ESPOSIZIONE AD AMIANTO
massima
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Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno biologico, morale e relazionale derivante dalla patologia respiratoria (asbestosi), da lui contratta a causa di esposizione ad amianto durante l’attività lavorativa prestata per l’azienda.
Il beneficio previdenziale di cui all’art. 13 della L. 257/1992, in favore dei lavoratori sottoposti ad esposizione ultradecennale e alla inalazione di polveri o fibre di amianto con valori superiori al limite sancito dal D. Lgs. 277/1991, presuppone l’iscrizione alla gestione assicurativa Inail per i pubblici dipendenti iscritti nel sistema assicurativo contro le malattie professionali derivanti dall’amianto, in quanto gli altri impiegati – Cass. civ., Sez. lavoro, 08/05/2007, n. 10441 – fruiscono di adeguati strumenti per l’eventualità di infermità contratta a causa di servizio, quali la pensione privilegiata, l’equo indennizzo, oltre al risarcimento del danno biologico derivato.
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Fatto
1.- Con ricorso al Tribunale di Torino, giudice del lavoro, (Omissis) domandava la condanna dell'(Omissis) s.p.a. e dell’ (Omissis) s.p.a., ai sensi dell’articolo 2087 c.c., al risarcimento del danno biologico, morale e relazionale derivante dalla patologia respiratoria (asbestosi pleuro-polmonare di grado medio, già riconosciuta dall’INAIL), da lui contratta a causa di esposizione ad amianto durante l’attività lavorativa prestata per tali società. Le convenute società si costituivano resistendo alla pretesa e chiamando in garanzia il Comune di Macerata, cui, eventualmente, doveva ascriversi la responsabilità per il danno dedotto dal (Omissis), in ragione della effettiva esposizione ad amianto che il rapporto di lavoro con tale ente aveva comportato. Indi, costituitosi anche il Comune di Macerata, che a sua volta contestava ogni sua responsabilità in ordine alla patologia del lavoratore, il Tribunale, con sentenza del 28 novembre 2003, respingeva la domanda attorea rilevando che, in base a quanto emerso dalle stesse dichiarazioni del (Omissis) e in base agli accertamenti compiuti dal c.t.u. nominato in giudizio, l’esposizione ad amianto nel periodo di lavoro alle dipendenze dell'(Omissis) era stata di brevissima durata e, peraltro, indiretta, mentre nessuna domanda era stata avanzata nei confronti del Comune di Macerata.
2.- La decisione veniva confermata dalla Corte d’appello di Torino, che, con la sentenza qui impugnata, respingeva il gravame proposto dal lavoratore. In particolare, la Corte di merito rilevava che la valutazione compiuta dal primo giudice trovava conferma nelle circostanze di fatto accertate in giudizio, con riguardo alla saltuarietà dell’attività di lavoro prestata dal (Omissis) nella zona dell’Amiantifera di (Omissis) (cui, secondo la prospettazione attorca, doveva riconnettersi la esposizione al rischio dell’amianto), nonchè nelle risultanze della c.t.u., là dove era stato precisato, con attendibile valutazione medico-scientifica, che la tipologia dell’affezione respiratoria riscontrata al (Omissis) era compatibile, non con la attività prestata per l'(Omissis), ma con quella prestata, in ambiente chiuso e senza protezioni, per il Comune di Macerata, presso la Centrale di (Omissis), per lavori di coibentazione con coppelle di amianto.
3.- Di questa sentenza il (Omissis) domanda la cassazione con ricorso articolato in due motivi. Resistono con unico controricorso le società (Omissis) ed (Omissis), mentre il Comune di Macerata non si è costituito in questa fase del giudizio. Il ricorrente e le società resistenti hanno depositato rispettive memorie ai sensi dell’articolo 378 c.p.c..
Diritto
1.- Il primo motivo di ricorso denuncia violazione degli articolo 115 e 420 c.p.c. e vizio di motivazione. Si lamenta che i giudici di merito non abbiano ammesso le prove articolate dal ricorrente in ordine alla eziologia della malattia dedotta in giudizio e alla conseguente responsabilità delle società convenute.
2.- Con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione di norme di diritto, si lamenta che la decisione impugnata si sia fondata su una c.t.u. puntualmente contestata sia negli accertamenti di fatto che nei profili diagnostici, in quanto in contrasto con altri accertamenti specialistici pure specificamente allegati dal ricorrente.
3.- L’esame congiunto di tali motivi, fra loro intimamente connessi, ne rivela la infondatezza.
3.1.- La valutazione dei giudici di merito in ordine alla inesistenza di una esposizione qualificata, per il periodo rilevante ai fini del risarcimento domandato nei confronti delle società resistenti, si basa sull’accertamento di fatto, desunto dalle stesse dichiarazioni del ricorrente, e dal giudizio medico-legale operato dal consulente d’ufficio concernente la sostanziale irrilevanza della esposizione dedotta in riferimento all’attività di lavoro prestata per l'(Omissis) nella zona della Amiantifera di (Omissis), riferita, specificamente, alla constatazione di un contatto soltanto episodico ed eventuale con materiale contenente amianto, ovvero con fibre di amianto contenute nell’aria. L’apprezzamento vale, da un lato, a escludere che la decisione impugnata abbia omesso di considerare, ai fini della verificazione delle condizioni di fatto per il riconoscimento della esposizione, le modalità di svolgimento della prestazione lavorativa per tutto l’arco temporale allegato in giudizio e, dall’altro, a privare di alcun rilievo decisivo la deduzione – valorizzata dal ricorrente – dell’omesso espletamento di prove riguardanti le modalità e le circostanze della prestazione lavorativa, stante l’accertamento di fatto del carattere eventuale e occasionale del contatto con l’amianto.
3.2.- A fronte di tale accertamento, la decisione impugnata ha dato anche conto delle specifiche contestazioni, di ordine fattuale e medico-legale, sollevate dal (Omissis), ritenendole peraltro inidonee a inficiare il rigetto della domanda. Specificamente, i giudici d’appello hanno evidenziato le modalità temporali del lavoro svolto nelle zone indicate dallo stesso ricorrente nel proprio atto introduttivo, ritenendo che, comunque, le stesse non erano idonee a ricollegare con certezza la malattia respiratoria con quell’attività; e tale risultato, d’altronde, trovava riscontro nella puntuale e analitica valutazione operata dal c.t.u., specialmente in riferimento alla acclarata incompatibilità con le mansioni svolte per le aziende elettriche, relative all’attività di disboscamento eseguita una volta all’anno e a quella di manutenzione della cabina elettrica presso l’Amiantifera, anch’essa del tutto limitata nel tempo, e alla compatibilità, invece, delle manifestazioni cliniche della malattia con l’attività svolta dal (Omissis) – in ambiente chiuso e per un periodo significativo di contatto con l’amianto – per il Comune di Macerata. Orbene, non reputa la Corte – nell’ambito del controllo della motivazione proprio del giudizio di legittimità – che la complessiva valutazione, così operata dai giudici di merito in coerenza con le risultanze istruttorie e con le approfondite considerazioni del consulente medico-legale (anche in relazione alla spiegazione scientifica delle differenti cause della malattia e della sua evoluzione), sia meritevole di censura sotto alcuno dei profili evidenziati dal ricorrente, la cui tesi difensiva in questa sede si compendia, essenzialmente, in una diversa configurazione dell’efficienza causale del lavoro prestato per l'(Omissis): secondo una tesi che, però, da un lato si risolve, inammissibilmente, in una divergenza rispetto alle conclusioni del consulente d’ufficio, condivise dai giudici di merito, dall’altro, comunque, presupporrebbe una dimostrazione – della certa, e non solo ipotetica, riconduzione della patologia a quell’attività – che le risultanze istruttorie hanno invece escluso secondo una ricostruzione, coerente e approfondita in ogni profilo, che rientra nel giudizio di fatto riservato al giudice di merito (non essendo consentito, in sede di legittimità, procedere a nuove valutazioni di merito, come anche alla rinnovazione di accertamenti già espletati nelle precedenti fasi di giudizio). In particolare, il ricorso insiste anche sulla esistenza di precisi accertamenti strumentali contrastanti con le conclusioni del c.t.u.; ma, in proposito, si prospettano ipotesi ricostruttive che contrastano con accertamenti di fatto compiutamente valutati e si evidenziano osservazioni medico-legali che hanno trovato nel giudizio di merito puntuali risposte sul piano fattuale – in base alle risultanze istruttorie acquisite – e sul piano medico-legale – in base a considerazioni approfondite e plausibili e, comunque, non inficiate da una dimostrata devianza da canoni fondamentali o da protocolli usualmente praticati per l’accertamento delle malattie professionali (cfr. Cass. n. 9890 del 2010; n. 18854 del 2010).
4. In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
5.- Il ricorrente va condannato, secondo soccombenza, alla rifusione delle spese del giudizio nei confronti delle resistenti, con liquidazione come da dispositivo, non occorrendo invece provvedere, al riguardo, nei confronti del Comune di Macerata, che non ha svolto difese in questa fase del processo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, nei confronti delle parti costituite, liquidate complessivamente in euro quaranta/00 per esborsi e in euro tremila/00 per onorari, oltre a spese generali, IVA e CPA come per legge.
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