AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 07 ottobre 2019, n. 396
Interpello articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n. 212 – Certificazione ai fini IVA del servizio di bike sharing
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La società [ALFA] (di seguito istante) fa presente quanto qui di seguito sinteticamente riportato.
L’istante riferisce di aver commissionato la realizzazione di una App per smartphone e tablet denominata […] che permette all’utente – una volta installata nel dispositivo elettronico e previa iscrizione – di usufruire di un servizio di bike sharing. All’atto dell’iscrizione l’utente, quasi sempre persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività d’impresa o di lavoro autonomo eventualmente esercitata, comunicai dati della propria carta di credito per il pagamento del servizio stesso.
L’istante, inoltre, riferisce che l’applicazione è integrata con un servizio che,grazie ad un GPS presente all’interno del dispositivo utilizzato, si aggiorna durante gli spostamenti del cliente e fornisce lungo il percorso informazioni storiche, culturali e naturalistiche.
Il servizio di bike sharing è strutturato nel modo seguente:
– le biciclette sono chiuse con dei lucchetti elettronici e l’apertura degli stessi è possibile previa scansione dei QR Code presenti sulle biciclette;
– una volta scansionato il QR Code l’utente procede con il pagamento che può avvenire esclusivamente tramite PayPal oppure carta di credito;
– nel momento in cui il sistema informatico rileva l’avvenuto pagamento,l’applicazione invia un impulso elettronico al lucchetto precedentemente scansionato che si sblocca automaticamente.
Il periodo di noleggio termina automaticamente quando il cliente richiude il lucchetto della bicicletta presso uno dei totem segnalati all’interno dell’applicazione. Qualora l’utente non richiuda il lucchetto della bicicletta entro le ore 24:00 del giorno in cui è stato effettuato il prelievo, il servizio addebita, in via automatizzata, sul plafond della carta di credito del cliente, un’ulteriore importo pari a quello corrisposto all’atto del prelievo della bicicletta.
Tanto premesso l’istante chiede di sapere se possa essere esentato dall’obbligo di emettere, per ciascuna operazione, la fattura, lo scontrino o la ricevuta fiscale, in quanto sia il servizio che il relativo pagamento vengono resi in maniera automatizzata nonché attraverso sistemi di pagamento tracciabili.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
In sintesi, l’istante ritiene che i servizi resi possano essere ricompresi tra i”servizi elettronici resi a committenti che agiscono al di fuori dell’esercizio d’impresa,arte o professione” di cui all’articolo 22, comma 6-ter, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, per i quali l’articolo 1 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 27 ottobre 2015 ha disposto l’esonero da qualunque obbligo di certificazione. Pertanto, l’istante ritiene di dover adottare il seguente comportamento:
a) nel caso in cui il cliente agisca come privato:
1. incasso tramite carta di credito o PayPal;
2. compilazione del registro dei corrispettivi ai sensi dell’articolo 24 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;
b) nel caso in cui il cliente che agisce come privato richieda l’emissione della fattura oppure lo stesso sia un soggetto IVA:
1. incasso tramite carta di credito o PayPal;
2. consegna della fattura al cliente a mezzo mail e trasmissione della fattura elettronica allo SDI, sia che si tratti di un cliente privato residente o meno, sia che si tratti di un soggetto passivo residente, comunitario ed extracomunitario.
Parere dell’agenzia delle entrate
In via preliminare si evidenzia che il parere della scrivente viene reso unicamente sulla fattispecie concreta così come descritta dall’istante.
Al riguardo, si rammenta che qualora in sede di attività di controllo dovessero emergere fatti e circostanze idonei a modificare lo scenario sopra descritto, il presente parere non esplicherebbe effetti.
L’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, prevede che”A decorrere dal 1° gennaio 2020 i soggetti che effettuano le operazioni di cui all’articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633,memorizzano elettronicamente e trasmettono telematicamente all’Agenzia delle entrate i dati relativi ai corrispettivi giornalieri. La memorizzazione elettronica e la connessa trasmissione dei dati dei corrispettivi sostituiscono gli obblighi di registrazione di cui all’articolo 24, primo comma, del suddetto decreto n. 633 del 1972. Le disposizioni di cui ai periodi precedenti si applicano a decorrere dal 1° luglio 2019 ai soggetti con un volume d’affari superiore ad euro 400.000. Per il periodo d’imposta 2019 restano valide le opzioni per la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi esercitate entro il 31 dicembre 2018. Con decreto del Ministro
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dell’economia e delle finanze, possono essere previsti specifici esoneri dagli adempimenti di cui al presente comma in ragione della tipologia di attività esercitata”.
In attuazione di tale previsione, il Direttore dell’Agenzia delle entrate ha emanato i provvedimenti n. 182017 del 28 ottobre 2016, n. 99297 del 18 aprile 2019 e n.236086 del 4 luglio 2019, con i quali sono state definite le informazioni da trasmettere,le regole tecniche, gli strumenti tecnologici ed i termini per la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri,predisponendo al riguardo apposite specifiche tecniche.
Quindi, i soggetti che effettuano le operazioni individuate nell’articolo 22 del DPR n. 633 del 1972 – fatta eccezione per le operazioni esonerate con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 10 maggio 2019, tra le quali sono ricompresi anche i servizi elettronici resi a committenti privati – memorizzano elettronicamente e trasmettono telematicamente all’Agenzia delle entrate i dati relativi ai propri corrispettivi giornalieri, mediante strumenti tecnologici che garantiscano l’inalterabilità e la sicurezza dei dati (cfr. articolo 2, comma 3 del decreto legislativo n.127 del 2015).
Ciò premesso, si osserva che il servizio di bike sharing non è riconducibile tra i servizi elettronici resi a committenti che agiscono al di fuori dell’esercizio d’impresa,arte o professione. Invero, l’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento 15 marzo 2011, n.282/2011 (recante disposizioni di applicazione della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto), dispone che i servizi prestati tramite mezzi elettronici “comprendono i servizi forniti attraverso Internet o una rete elettronica e la cui natura rende la prestazione essenzialmente automatizzata,corredata da un intervento umano minimo, e impossibile da garantire in assenza della tecnologia dell’informazione”.
Rientrano tra i servizi elettronici:
1. fornitura di siti web e web-hosting, gestione a distanza di programmi e attrezzature;
2. fornitura di software e relativo aggiornamento;
3. fornitura di immagini, testi e informazioni e messa a disposizione di basi di dati;
4. fornitura di musica, film, giochi, compresi i giochi di sorte o d’azzardo,programmi o manifestazioni politici, culturali, artistici, sportivi, scientifici o di intrattenimento;
5. fornitura di prestazioni di insegnamento a distanza.
Alla luce del quadro normativo richiamato non è condivisibile la soluzione prospettata dall’istante. Invero, con la risoluzione n. 478/E del 16 dicembre 2008 è stato chiarito che il servizio di bike sharing è riconducibile alla locazione onerosa di cosa mobile cui si sommano “gli ulteriori servizi di manutenzione, collegamenti telematici, gestione dei parchi biciclette ecc.”, realizzando di fatto un “servizio complesso”.
Ne deriva, quindi, che l’istante ha l’onere di certificare il servizio di bike sharing mediante scontrino o ricevuta fiscale, ovvero a partire dal 2020 mediante memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei corrispettivi ed emissione del documento commerciale.
Si aggiunge che l’istante, qualora in possesso del codice fiscale del cliente,potrebbe sempre procedere alla certificazione del corrispettivo mediante fattura elettronica indipendentemente dalla preventiva richiesta del cliente stesso.
Ciò detto, con la risposta ad interpello n. 96, pubblicata sul sito dell’Agenzia delle entrate, il 4 dicembre 2018 è già stato chiarito che “laddove si volesse comunque documentare l’operazione con lo strumento ipotizzato nel quesito (ricevuta fiscale),occorre rammentare – in forza del decreto ministeriale 30 marzo 1992, (…) – che lo stesso deve essere dotato di requisiti (ad esempio, utilizzo di stampati sostanzialmente conformi a quelli allegati allo D.M. appena citato, numerazione progressiva prestampata, predisposizione da parte delle tipografie autorizzate dal Ministero dell’economia e delle finanze a norma dell’articolo 11 del decreto ministeriale 29novembre 1978) tali da non consentirne una emissione elettronica. Ciò non significa,tuttavia, che la consegna di copia del documento, imposta dall’articolo 1 del D.M. 30marzo 1992 come contestuale «all’atto del pagamento del corrispettivo», non possa avvenire via e-mail, laddove la copia in questione – in ipotesi la «copia per immagine su supporto informatico di documento analogico» ossia, ex articolo 1, comma 1,lettera i-ter) del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, c.d. Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD), «il documento informatico avente contenuto e forma identici a quelli del documento analogico da cui è tratto» – sia realizzata nel rispetto dello stesso CAD e del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 17giugno 2014,(…)”.
Per ciò che riguarda, infine, il documento da utilizzare a partire dal 2020, con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, del 7 dicembre 2016 è stata individuata la tipologia di documentazione idonea a rappresentare, anche ai fini commerciali, le operazioni oggetto di trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi. In particolare, i commercianti al minuto e gli esercenti attività equiparate che memorizzano elettronicamente e trasmettono telematicamente all’Agenzia delle entrate dei dati dei corrispettivi giornalieri documentano le cessioni di beni e le prestazioni di servizi mediante un documento commerciale, salvo nei casi di emissione della fattura. Tale documento commerciale deve essere emesso tramite strumenti tecnologici che garantiscono l’inalterabilità e la sicurezza dei dati e su un idoneo supporto cartaceo avente dimensioni tali da assicurare al destinatario leggibilità, gestione e conservazione nel tempo.
L’articolo 1, comma 4, del citato decreto prevede, altresì, che “Previo accordo con il destinatario, il documento commerciale può essere emesso in forma elettronica garantendone l’autenticità e l’integrità”.
Ne consegue la possibilità di inviare, previo accordo con il destinatario, il titolo che certifica la prestazione in parola anche in formato elettronico.
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