AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 03 agosto 2020, n. 238
Articolo 11, comma 1, lett.a), legge 27 luglio 2000, n.212 – Cessione di beni on line previa esportazione doganale e stoccaggio degli stessi in un deposito fiscale extra-UE – Successiva cessione – Commercio elettronico indiretto – Trattamento IVA
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
ALFA (di seguito, “Società”, “Istante” o “Contribuente”) intende commercializzare beni di sua produzione su un mercato extra-UE.
A tal fine ha optato per la commercializzazione attraverso la piattaforma BETA che applica una forma di tassazione forfetizzata al momento dell’immissione in commercio.
Il Contribuente precisa che BETA è una piattaforma online del gruppo GAMMA che permette ad aziende internazionali di vendere i propri prodotti tramite “ecommerce” a privati consumatori dello Stato Omega.
L’Istante chiarisce altresì che le aziende internazionali, nelle operatività relative alla gestione del proprio store e delle attività di marketing/promozione ad esso connesso, possono avvalersi dei servizi di un Trade Partner, agenzia di servizi, revisionata periodicamente dal gruppo GAMMA, che offre un supporto a 360° gradi dietro pagamento di una fee fissa annuale e di commissioni variabili mensili, come concordato nel contratto di servizio. La Società dichiara di essersi avvalsa di tale strumento.
Dal punto di vista logistico ed amministrativo, la merce parte dall’Italia per essere trasferita in un magazzino di proprietà di terzi situato in una zona franca dello Stato Omega extra-UE, in attesa di essere venduta a privati consumatori di questo Stato. L’Istante precisa che la merce rimane di sua proprietà fino a quando non verrà venduta al cliente privato.
All’uscita della merce dal magazzino italiano, i prodotti sono accompagnati da una fattura proforma, idonea a connotare un’esportazione definitiva solo dal punto di vista doganale. In questo documento la merce sarà valorizzata al presumibile valore di vendita, che corrisponde al prezzo che sarà praticato per la cessione degli integratori.
Quando perviene l’ordine sul portale BETA, la merce è ceduta al privato e l’incasso del corrispettivo di vendita accreditato sulla piattaforma DELTA (portale dei pagamenti del gruppo GAMMA).
La somma accreditata sul conto DELTA è decurtata sia della tassazione del 9,10%, applicata dalle autorità locali al momento dello sdoganamento, ossia all’immissione dei beni sul mercato interno, sia delle seguenti commissioni contrattualmente pattuite:
i. DELTA 1%
ii. BETA 3%
La merce è sdoganata dalla società che gestisce il deposito fiscale in zona franca (EPSILON) solo al momento dell’uscita dal deposito per essere consegnata al privato consumatore.
Il portale BETA non emette alcuna fattura al privato, ma solo una sorta di scontrino che viene inviato in automatico una volta confermato l’ordine.
L’istante chiede il parere della scrivente in merito alla corretta applicazione dell’Imposta sul Valore Aggiunto alla fattispecie rappresentata.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’Istante sottolinea che, come tutte le aziende aderenti al sistema BETA, non riceverà (né può ricevere) i dati anagrafici dei privati consumatori dello Stato Omega, ma solo un file riassuntivo in excel con il riepilogo delle transazioni effettuate.
Il Contribuente ritiene quindi tale operazione non inquadrabile nell’ambito dell’e-commerce in senso tecnico: qualora ricorresse l’ipotesi dell’e- commerce, si determinerebbe la duplice conseguenza che l’operazione non sarebbe soggetta ad IVA per extraterritorialità e parimenti non soggetta all’obbligo di emettere fattura (come previsto per l’ipotesi di cessioni B2C).
Se non si ritenesse sussistente la natura di attività di e- commerce, a parere della Società, sarebbe invece obbligatoria l’emissione della fattura (adempimento teoricamente assai gravoso nel caso di specie, considerato che ogni singola cessione sarà attuata per un importo modesto).
La fattispecie sarebbe regolata dall’articolo 7- bis del decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972, n. 633 (in seguito “Decreto IVA”), secondo cui l’operazione non è territorialmente rilevante, pur dovendo transitare nella dichiarazione annuale IVA. In tal caso, l’Istante rappresenta il problema insuperabile costituito dalla mancata possibilità di accedere ai dati anagrafici dei singoli clienti privati esteri.
L’unico modo di per assolvere l’obbligo sarebbe l’emissione di un’autofattura non imponibile ai sensi dell’articolo 7- bis del Decreto IVA che consenta di documentare i ricavi conseguiti da tale attività, con periodicità mensile.
Parere dell’agenzia delle entrate
Il presente parere è circoscritto al trattamento IVA della cessione dei beni in commento sul mercato extra-UE prescelto, senza pertanto entrare nel merito delle diverse fee che l’Istante è e sarà tenuto a pagare in forza dei diversi contratti che stipula, con riferimento ai quali resta impregiudicato ogni potere di controllo da parte della scrivente, anche ai fini delle imposte dirette.
Ciò premesso, si fa presente di non concordare con la soluzione prospettata dal Contribuente per le seguenti motivazioni.
L’operazione di vendita di beni materiali proposta dall’Istante si configura come commercio elettronico indiretto in quanto la transazione commerciale avviene in via telematica ma il cliente riceve la consegna fisica della merce a domicilio secondo i canali tradizionali, ossia tramite vettore o spedizioniere (cfr. risoluzione 21 luglio 2008, n. 312/E, risoluzione 15 novembre 2004, n. 133/E). In altri termini, la stipula e il perfezionamento del contratto di vendita avvengono on-line, come il pagamento del corrispettivo, mentre la consegna del bene avviene “fisicamente”, ossia mediante mezzi ordinari.
Ai fini IVA, le operazioni di commercio elettronico indiretto sono assimilabili alle vendite per corrispondenza e, pertanto, non sono soggette all’obbligo di emissione della fattura (se non richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell’operazione), come previsto dall’articolo 22 del Decreto IVA, né all’obbligo di certificazione mediante emissione dello scontrino o della ricevuta fiscale ai sensi dell’articolo 2, lettera oo), del d.P.R. 21 dicembre 1996, n. 696.
I corrispettivi delle vendite devono, tuttavia, essere annotati nel registro previsto dall’articolo 24 del Decreto IVA (cfr. risoluzione 5 novembre 2009, n. 274/E e risposta all’interpello n. 198 del 2019).
Nella fattispecie in esame, secondo quanto riferito dall’Istante, i beni prodotti dalla Società sono venduti a consumatori privati dello Stato Omega extra UE mediante un sito locale, previa importazione di questi beni nello Stato Omega e stoccaggio degli stessi in un deposito fiscale locale in attesa di essere ivi venduti. Solo a seguito della vendita avverrà lo sdoganamento della merce da parte di un operatore locale. Il previo invio dei beni all’estero, nei termini descritti dal Contribuente, costituisce una mera esportazione ” franco valuta” in cui manca uno degli elementi caratterizzanti le “cessioni all’esportazione” di cui all’articolo 8 del Decreto IVA e cioè il trasferimento del diritto di proprietà sui beni stessi.
Tale operazione non costituendo “cessione all’esportazione” ai sensi del citato articolo 8 non concorrerà alla formazione del plafond, né alla qualifica di esportatore abituale in capo all’Istante (cfr. risoluzioni 21 luglio 2008, n. 306/E e 13 dicembre 2013, n. 94/E) .
Con la risoluzione n. 94/E del 2013, la scrivente ha ritenuto assimilabile la fattispecie descritta dalla Società al consignment stock, trattandosi anch’esso di un contratto in cui il requisito del trasferimento della proprietà assume un ruolo importante nell’ambito di una cessione all’esportazione.
Se infatti, in esecuzione di un contratto di consignment stock, la merce è inviata dall’Italia in un Paese extra-UE, presso un deposito fiscale di proprietà dell’acquirente estero o di un terzo cui quest’ultimo possa accedere, all’atto del prelievo dei beni dal deposito da parte dell’acquirente, si dà esecuzione alla compravendita e si realizzano i presupposti per inquadrare l’operazione come cessione all’esportazione non imponibile ai sensi dell’articolo 8, primo comma, lettera a), del Decreto IVA.
Si dà atto quindi dell’esistenza di un’unitaria cessione a titolo oneroso delle merci in uscita, secondo un procedimento che si perfezionerà solo in un secondo momento, all’atto del prelievo delle merci dal deposito. In tale fattispecie, l’effetto traslativo della proprietà dei beni esportati, ancorché differito, non esclude che l’operazione, unitariamente considerata, possa considerarsi una cessione all’esportazione non imponibile ai sensi dell’articolo 8, primo comma, del Decreto IVA.
D’altra parte nell’articolo 8 in commento ” non si riscontra disposizione, né esigenza sistematica che imponga una sequenza temporale vincolata degli effetti della transazione nel senso della necessaria anteriorità dell’effetto traslativo del diritto reale rispetto a quello dell’uscita della merce dal territorio comunitario. Atteso, peraltro, che, a fini IVA, assume rilievo la nozione di “operazione” piuttosto che quella di “atto” (…), l’accezione “cessione all’esportazione”, utilizzata dalla disposizione, appare, infatti, denunciare la necessaria ricorrenza di un vincolo finalistico tra trasferimento della proprietà e esportazione, ma non anche quella di un’obbligata successione temporale tra i due termini dell’operazione.
Sul piano sistematico, poi, l’osservanza del richiamato principio della tassazione dei beni nel luogo di consumazione richiede solo il carattere definitivo dell’operazione, sicché ciò che risulta essenziale, e che la norma persegue al fine di evitare iniziative fraudolente, è la prova (il cui onere grava sul contribuente) che l’operazione, fin dalla sua origine e nella relativa rappresentazione documentale, sia stata concepita in vista del definitivo trasferimento e cessione della merce all’estero” (Corte di Cassazione, sentenza n. 23588 del 20 dicembre 2012, nonché sentenza 8 marzo 2013, n. 5894).
Con il prelievo dunque dei beni prodotti dalla Società dal deposito per la consegna al cliente estero si darà esecuzione alla compravendita e si realizzeranno i presupposti per inquadrare l’operazione come cessione all’esportazione non imponibile ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera a), del Decreto IVA.
Il plafond di cui a successivo comma 2, dello stesso articolo, si andrà a costituire solo nel momento e nella misura in cui le merci risulteranno prelevate e debitamente certificate dall’Istante.
Ciò nel presupposto, affermato dalla predetta pronuncia della Suprema Corte di Cassazione, che sussista “il carattere definitivo dell’operazione, sicché ciò che risulta essenziale (…) al fine di evitare iniziative fraudolente, è la prova (il cui onere grava sul contribuente) che l’operazione, fin dalla sua origine, e nella relativa rappresentazione documentale, sia stata concepita in vista del definiti definitivo trasferimento e cessione della merce all’estero”.
In merito alla prova (il cui onere grava sul Contribuente) che l’operazione, fin dalla sua origine, e nella relativa rappresentazione documentale, sia stata concepita in vista del definitivo trasferimento e cessione della merce all’estero, il collegamento tra i beni inviati all’estero in franco valuta (per specie, qualità e quantità) e quelli ceduti secondo gli accordi contrattuali può essere dimostrato mediante:
– annotazione in un apposito registro delle spedizioni dei beni all’estero, tenuto ai sensi dell’articolo 39 del Decreto IVA, dove riportare per ciascuna annotazione gli estremi del documento di esportazione doganale;
– indicazione nella fattura di vendita, emessa al momento della consegna dei beni all’acquirente, della corrispondente annotazione del registro relativa ai medesimi prodotti (cfr, risoluzione 4 dicembre 1975 n. 520657).
In merito infine a quest’ultimo aspetto, come già ricordato in premessa, le operazioni di commercio elettronico indiretto essendo assimilate alle vendite per corrispondenza sono esonerate da qualunque obbligo di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei corrispettivi e anche dalla certificazione dei corrispettivi, salvo l’obbligo di emissione della fattura se richiesta dal cliente. Pertanto, i corrispettivi percepiti dalla Società e derivanti dal commercio elettronico dovranno essere annotati nel registro previsto dall’articolo 24 del Decreto IVA, ferma l’istituzione, insieme allo stesso, di quello di cui al precedente articolo 23 per le fatture eventualmente emesse (cfr. risposta 198 del 2019).
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