AGENZIA delle ENTRATE – Risposta n. 473 dell’ 11 dicembre 2023
Cessione di ramo di azienda ai sensi dell’articolo 2, comma 3, lettera b), del Decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972, n. 633 e ai fini delle altre imposte indirette
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
ALFA S.r.l. (di seguito, ”Istante” o ”Società”) riferisce di essere partecipata da diversi Comuni e di aver gestito, in house providing, il Servizio Idrico Integrato (in breve, ”SII”), ”inteso come l’insieme dei Servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue, compresi i servizi di captazione adduzione a usi multipli e i servizi di depurazione ad usi misti civili e industriali”.
La Società afferma che, oltre a condurre la normale gestione ordinaria del SII, ”ha realizzato investimenti in nuove reti e impianti diventando unica proprietaria delle reti, impianti e delle dotazioni idriche, fognarie e depurative, precisamente di quelle costruite nei territori dei dodici Comuni, investimenti realizzati nell’ambito di una logica di gestione organica sovra comunale interconnessa con creazione di impianti centralizzati a servizio di un’area vasta (vedi impianto di depurazione, collettori fognari, reti adduzione idriche, serbatoi ecc.)”.
A seguito della riforma del servizio idrico, la propria Regione ha provveduto alla riorganizzazione territoriale del SII, delimitandolo negli Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) in base a criteri di rispetto dell’unità di bacino idrografico, di superamento della frammentazione delle gestioni e di conseguimento di adeguate dimensioni gestionali.
La gestione del SII è stata dunque affidata, a livello provinciale, dall’Autorità d’Ambito a un altro gestore, BETA S.p.A., interamente partecipato dagli Enti Locali rientranti nell’Ambito stesso.
L’Istante ha quindi messo a disposizione del Gestore Unico (BETA S.p.A.), in concessione d’uso onerosa, le reti, gli impianti e le dotazioni idriche di sua proprietà.
Nell’ambito di un generale progetto di riassetto aziendale, la Società afferma che è sua intenzione retrocedere, in assenza di corrispettivo, la proprietà delle reti, degli impianti e delle dotazioni idriche ai suoi Comuni soci, cui seguirà la riduzione proporzionale del suo capitale sociale.
L’Istante chiede di sapere se:
1. la prospettata operazione possa essere qualificata mera assegnazione di beni rilevante ai fini IVA, oppure come cessione di azienda, non soggetta a IVA ai sensi dell’articolo 2, comma 3, lettera b), del Decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972, n. 633 (di seguito, ”Decreto IVA”);
2. ”possa essere applicabile la disciplina stabilita per gli atti di successione e donazione, estesa anche agli atti di cessione a titolo gratuito ai sensi dell’articolo 2, comma 47, del Decreto-legge n. 262/2006, convertito dalla legge n. 286/2006”, non essendo previsto alcun pagamento di corrispettivo per la riassegnazione del ramo di azienda;
3. con riferimento all’applicazione delle Imposte Ipotecaria e Catastale, per i soli immobili rientranti nel ramo di azienda da riassegnare ai Comuni soci, la presente operazione ”non debba essere assoggettata alle stesse”
4. con riferimento all’atto notarile di vendita con cui verrà effettuata la riassegnazione ai Comuni soci, ”lo stesso sia da assoggettare all’imposta fissa di registro a norma dell’art. 4, lettera d), n. 2) e lettera a) n. 3) della Tariffa, parte prima del Dpr. n. 131/1986”.
Con riferimento al Servizio Idrico Integrato, in sede di integrazione documentale la Società ha precisato che ha convenuto di procedere alla ”retrocessione del ramo aziendale ai… Comuni soci (…) procedendo alla contestuale riduzione volontaria del capitale sociale in proporzione alle proprie quote di partecipazione possedute dai soci” ed ha prodotto una bozza di atto notarile denominato ”ASSEGNAZIONE DI RAMO D’AZIENDA”.
La Società ha precisato, inoltre, che verrà stipulato un unico atto di assegnazione del ramo aziendale verso tutti i Comuni soci.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
La Società ritiene che l’operazione de qua debba essere qualificata come cessione del ramo di azienda, essendo la fattispecie simile a quella oggetto della risposta n. 142 del 2018.
Oggetto di cessione sono infatti infrastrutture che, per le loro peculiarità, costituiscono elementi necessari per la gestione del SII, in quanto composte da beni strumentali per natura. Secondo l’Istante, pertanto:
l’operazione è esclusa dal campo di applicazione dell’IVA ai sensi dell’articolo 2, comma 3, lettera b), del Decreto IVA;
non essendo previsto alcun corrispettivo per la riassegnazione del ramo di azienda (effettuata mediante contestuale riduzione volontaria del capitale sociale dell’Istante), si applica la disciplina in materia di imposta di successione e donazione, valevole anche in caso di trasferimento di beni e diritti mediante atti a titolo gratuito.
Sul punto la Società rileva che, poiché la riassegnazione del ramo di azienda avviene a favore dei Comuni soci non dovrebbe essere assoggettata all’imposta in questione ai sensi dell’articolo 3 del Decreto Legislativo n. 346 del 31 ottobre 1990.
In merito all’applicazione delle imposte ipotecaria e catastale, l’Istante osserva altresì che dette imposte non si applicano alle operazioni coinvolgenti i beni immobili, rientranti nel ramo di azienda oggetto di riassegnazione ai Comuni soci, in forza dell’articolo 3, comma 1 del Decreto Legislativo n. 346 del 31 ottobre 1990.
In ultimo, secondo la Società, l’atto notarile di vendita con cui verrà deliberata l’assegnazione dell’azienda ai Comuni soci sconta l’imposta fissa di registro anche in presenza di beni immobili, purché questi facciano parte del complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa ai sensi dell’articolo 2555 del codice civile.
Parere dell’Agenzia delle Entrate
L’articolo 2555 del codice civile qualifica l’azienda come ”il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”.
Con riferimento alla nozione di azienda, questa Amministrazione ha avuto modo di chiarire che la stessa deve essere intesa in senso ampio, comprensiva anche delle cessioni di complessi aziendali costituenti singoli rami d’impresa. Va precisato, comunque, che la cessione deve riguardare l’azienda o il complesso aziendale nel suo insieme, intesa quale universitas di beni materiali, immateriali e di rapporti giuridico-economici suscettibili di consentire l’esercizio dell’attività di impresa e non i singoli beni che compongono l’azienda stessa (cfr. circolare del 19 dicembre 1997, n. 320).
Anche la giurisprudenza di legittimità, nell’evidenziare che l’azienda è un complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa, individua nell’organizzazione di tale complesso la sua connotazione essenziale (cfr. Corte di Cassazione, SS.UU., n. 5087 del 5 marzo 2014). Nell’ambito della cessione d’azienda, la suprema Corte ha avuto modo di precisare che si deve trattare di un insieme organicamente finalizzato ex ante all’esercizio dell’attività d’impresa, di per sé, idoneo a consentire l’inizio o la prosecuzione di quella determinata attività. Ne deriva che, se non è necessaria la cessione di tutti gli elementi che normalmente costituiscono l’azienda, deve tuttavia potere essere rilevato che, nel complesso di quelli ceduti, permanga un residuo di organizzazione che ne dimostri l’attitudine all’esercizio dell’impresa, sia pure mediante la successiva integrazione da parte del cessionario (così, da ultimo, anche Corte di Cassazione, n. 9575 del 11 maggio 2016, che ha confermato Corte di Cassazione n. 21481 del 9 ottobre 2009; Corte di Cassazione n.1913 del 30 gennaio 2007).
Alla luce di ciò, i fattori rivelatori dell’esistenza dell’azienda o del ramo d’azienda possono individuarsi nella ”organizzazione”, nei ”beni” e nel loro fine, ossia ”per l’esercizio dell’impresa”. Questi elementi devono essere funzionalmente legati da un rapporto di complementarietà strumentale tale da costituire un ”unicum” destinato all’esercizio dell’impresa.
Resta inteso che non si possono fissare a priori e in via generale e astratta, quali e quanti beni e rapporti sono necessari per contraddistinguere un’azienda, poiché non assume esaustiva rilevanza il semplice complesso di ”beni”, in sé e per sé stesso considerato: vanno obbligatoriamente considerati anche i ”legami” giuridici e di fatto tra gli stessi, nonché la destinazione funzionale del loro insieme.
Con riferimento al caso di specie, per stabilire se l’operazione ha per oggetto un’azienda, occorre valutare se le infrastrutture che l’Istante intende retrocedere ai Comuni suoi soci costituiscono ”un insieme organicamente finalizzato all’esercizio dell’attività d’impresa e autonomamente idoneo a consentire l’inizio o la continuazione di quella determinata attività da parte dei Comuni soci” (cfr. anche risposta n. 15 del 2022).
In sede di documentazione integrativa, la Società rappresenta che è sua intenzione retrocedere ai Comuni soci due rami d’azienda, cioè la Piscina comprensoriale e il Servizio Idrico Integrato.
In merito al trattamento IVA del trasferimento del Servizio Idrico Integrato, unico aspetto oggetto del presente quesito, si osserva che secondo quanto rappresentato comprende ”reti, impianti e dotazioni idriche che la Società possiede in proprietà quali beni strumentali per natura”, dalla stessa realizzati quando era Gestore del SII e ”il cui nucleo fondante e qualificante n.d.r. a parere dell’Istante, risiede proprio nella rete idrica”.
L’asserita strumentalità per natura di tali infrastrutture, unita alla circostanza che per quanto è possibile desumere le stesse sono utilizzate in concessione d’uso esclusiva dal nuovo Gestore Unico, inducono a ritenere che la prospettata ”assegnazione” ha per oggetto un’azienda.
Il subentro dal vecchio (i.e. l’Istante) al nuovo Gestore Unico è infatti disciplinato ex lege con il dichiarato obiettivo primario di assicurare la continuità del servizio, evitandone l’interruzione. Pertanto, il contratto di concessione d’uso onerosa tra la Società e il nuovo Gestore Unico non può che riguardare un’azienda, ossia beni senza i quali quest’ultimo non sarebbe in grado di continuare la gestione del SII, senza interruzioni.
Si rilevano dunque gli elementi che contraddistinguono un trasferimento d’azienda o di un ramo d’azienda, nel senso chiarito dalla Corte di Giustizia UE, come, tra l’altro, commentato da questa Agenzia nella risposta n. 546 del 2020, cui si rimanda per ogni ulteriore dettaglio.
In base a tale risposta. in particolare, ”Ciò che effettivamente rileva ai fini della applicazione dell’IVA, secondo l’interpretazione della Corte di Giustizia, è (…):
la possibile prosecuzione dell’attività d’impresa da parte del cessionario con un complesso di beni materiali e immateriali che permetta di svolgere un’attività economica autonoma e attuale (n.d.r. cfr. Corte di Giustizia dell’Unione Europea, causa n. C497/01 del 27 novembre 2003, punti 40 e 44);
e che (n.d.r. questo complesso di beni) mantenga la sua identità funzionale anche successivamente al suo trasferimento (n.d.r. cfr. Corte di Giustizia dell’Unione Europea, causa n. C444/10 del 10 novembre 2011, punto 25)”.
Nel caso di specie risultano soddisfatti entrambi i requisiti sovraesposti, posto che la proprietà delle reti, impianti e dotazioni idriche è ”assegnata” dall’Istante ai Comuni soci ancorché la relativa gestione prosegua autonomamente in capo al Gestore Unico (BETA S.p.A.), in virtù del contratto di concessione d’uso onerosa in essere.
Alla luce di quanto detto tenuto conto dei fatti, dei dati e degli elementi rappresentati, assunti acriticamente così come esposti nell’istanza di interpello si ritiene che la prospettata operazione non sia soggetta a IVA ai sensi dell’articolo 2, comma 3, lettera b), del Decreto IVA.
Con riferimento all’applicazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale alla fattispecie in esame, si osserva quanto segue.
Considerato che l’operazione rappresentata non rileva ai fini dell’IVA, ne consegue che, in ossequio al principio di alternatività IVA/registro di cui all’articolo 40 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, l”’assegnazione” del ramo di azienda rientra nell’ambito applicativo dell’imposta di registro.
In particolare, dalla bozza dell’atto notarile denominato ”Assegnazione di ramo d’azienda”, inviato in sede di documentazione integrativa, risulta che l’Assemblea dei soci della società istante ha deliberato di «assegnare il ramo aziendale di cui sopra ai dodici Comuni soci e di attuare tale assegnazione all’esito di una riduzione volontaria del capitale sociale da Euro …… ad Euro……, in conformità a quanto deliberato da ciascun ente nelle rispettive sedi».
Dall’articolo 1 del citato atto di assegnazione, risulta che «La società […] assegna il ramo d’azienda di cui è titolare […] ai propri soci che, in proporzione alla rispettiva partecipazione al capitale della società, così accettano ed acquistano […]», all’articolo 3 che «le parti contraenti […] dichiarano […] che, trattandosi di assegnazione, non è stato corrisposto alcun corrispettivo in denaro».
Al riguardo, si ritiene che l’operazione in esame, con cui la società istante attribuisce la titolarità del complesso aziendale ai soci, i quali lo ricevono a titolo di rimborso in natura dei propri conferimenti in sede di riduzione del capitale sociale, non configuri un atto a titolo gratuito, pur non essendo previsto un corrispettivo in denaro.
Tanto premesso, come chiarito nella circolare 29 maggio 2013, n. 18, ”l’atto con cui viene deliberata l’assegnazione dell’azienda ai soci è assoggettato all’imposta fissa di registro a norma dell’art. 4, lettera d), n. 2) e lettera a) n. 3) della Tariffa, Parte prima del d.P.R. n. 131 del 1986. Ciò anche in presenza di beni immobili, purché gli stessi facciano parte del complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa ai sensi dell’art. 2555 del codice civile (cfr. Risoluzione 3 luglio 2001, n. 99, e Risoluzione n. 47/E del 3 aprile 2006)”.
Pertanto, per effetto del combinato disposto delle norme sopra richiamate, si ritiene che all’atto di assegnazione del ramo di azienda in esame, sia applicabile l’imposta di registro nella misura fissa di euro 200.
In caso di assegnazione di azienda comprensiva di immobili, l’imposta catastale si applica nella misura proporzionale dell’1 per cento sul valore degli immobili compresi nell’azienda, ai sensi degli articoli 2, comma 2 e 10 del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347 (cfr. Circolare n. 18 del 2013 par. 6.36; Circolare 30 maggio 2005 n. 25; Risoluzione 3 aprile 2006 n. 47).
Per quanto riguarda, infine, l’imposta ipotecaria, nel caso in esame rileva la circostanza che l’operazione di assegnazione in questione avviene a favore di Comuni (soci). In tale ipotesi, come previsto dall’articolo 2 della Tariffa, allegata al citato decreto legislativo n. 347 del 1990, con riferimento alla trascrizione di atti a titolo oneroso a favore di Regioni, Province e Comuni, l’imposta ipotecaria si applica nella misura fissa di euro 200.
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