La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 38016 depositata il 31 luglio 2017 intervenendo in tema di reato di cui all’articolo 4 del D.Lgs. n. 74/2000 ha statuito che nell’ipotesi in cui la cessione di quote societarie celi una cessione mascherata di immobili e che determini un’evasione di imposta superiore alla soglia penalmente rilevante configura il delitto di dichiarazione infedele. Inoltre la comprovata volontà di cedere gli immobili e non le quote societarie non consente di invocare la scriminante dell’abuso del diritto che deve caratterizzarsi per l’assenza di attività simulatorie e fraudolenti.
La vicenda ha riguardato il legale rappresentante di una società accusato del reato di dichiarazione infedele (articolo 4, decreto legislativo 74/2000) poichè veniva ipotizzato che dietro l’apparenza di una operazione di cessione di quote societarie, aveva occultato un trasferimento di beni immobili, riportando in dichiarazione dei redditi una plusvalenza con esenzione al 95%, invece che una plusvalenza ordinariamente tassabile e, quindi, determinante nella formazione del reddito ai fini Ires. Il Tribunale condannava l’imputato per il reato ascritto. Avverso la decisione del giudice di prime cure il condannato proponeva ricorso alla Corte di Appello. I giudici distrettuali confermavano la sentenza impugnata.
Avverso la decisione della Corte Territoriale l’imputato proponeva ricorso in cassazione fondato su sette motivi, ognuno dei quali composto da due censure. In particolare il ricorrente eccepiva la circostanza che l’operazione non costituiva reato dal momento che la censura di eventuali operazioni considerate abuso del diritto, non assumono alcuna rilevanza penale con l’introduzione dell’articolo 10-bis dello Statuto del contribuente.
Gli Ermellini respingono il ricorso dell’imputato. I giudici di legittimità precisano che l’abuso del diritto non esclude il reato e, quindi, la rilevanza penale delle condotte oggetto di contestazione, se c’è stato falso ideologico (in quanto l’imputato aveva adottato comportamenti simulatori preordinati ad evitare la tassazione delle somme risultanti dalla cessione). In particolare hanno affermato che l’articolo 10-bis, comma 13, dello Statuto del contribuente, introdotto dal Dlgs 128/2015, esclude che operazioni esistenti, anche se prive di sostanza economica e tali da realizzare vantaggi fiscali indebiti, possano integrare condotte penalmente rilevanti.
Per cui nella fattispecie esaminata viene a configura il reato di dichiarazione infedele la cessione di immobili mascherata da una cessione di quote, poiché tale operazione comporta un’evasione di imposta superiore alla soglia penalmente rilevante ed inoltre non può invocarsi la scriminante dell’abuso di diritto poichè per potersi configurare deve caratterizzarsi per l’assenza di attività simulatorie e fraudolenti, quanto piuttosto il reato più grave connotato da falsità ideologica (Cassazione 40272/2015).
Infatti la Corte Suprema chiarisce che, in presenza di comportamenti simulatori finalizzati ad alterare il contenuto della dichiarazione, l’istituto dell’abuso del diritto ha “applicazione solo residuale e non può venire in considerazione quando i fatti integrino gli elementi del delitto di dichiarazione infedele per la comprovata esistenza di una falsità ideologica che interessa, nella parte che connota il fatto evasivo, il contenuto della dichiarazione, inficiandone la veridicità, per avere come obiettivo principale l’occultamento totale o parziale della base imponibile“.
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