AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 03 marzo 2021, n. 141
Cessioni dei beni intracomunitarie, prova del trasporto o della spedizione del bene: articolo 45-bis del Regolamento UE di esecuzione n. 282/2011
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
ALFA (la “Società” o l'”Istante”), sviluppa soluzioni tecnologiche avanzate (…).
Nell’ambito della propria attività, la Società effettua cessioni intraunionali di beni a clienti stabiliti in altri Paesi membri dell’Unione Europea utilizzando diverse modalità di trasporto della merce ed avvalendosi di differenti soggetti trasportatori.
Il trasporto dei beni in parola può essere effettuato dalla società stessa o dal proprio cliente intraunionale, o da terzi per loro conto; pertanto, dette cessioni possono essere sia “franco fabbrica” che “franco destino”.
Attualmente, ai fini della tenuta di una regolare contabilità, l’Istante conserva tutta la documentazione contabile ed extra contabile necessaria a dimostrare la natura intraunionale delle cessioni effettuate, emettendo correttamente le fatture, procedendo alla loro registrazione nei registri IVA e presentando regolarmente gli elenchi Intrastat.
In particolare, nel caso in cui il trasporto venga effettuato dalla Società Istante, o da un terzo per suo conto, per provare l’effettiva movimentazione dei beni dall’Italia ad un altro Stato Membro, la stessa ha implementato – in ossequio alle indicazioni di prassi dell’Agenzia delle Entrate sul punto – una procedura volta alla raccolta e conservazione della seguente documentazione fiscale e contabile:
– la fattura di vendita emessa nei confronti del cliente unionale;
– gli elenchi riepilogativi relativi alle cessioni intraunionali effettuate;
– la rimessa bancaria dell’acquirente relativa al pagamento della merce;
– copia del contratto o dell’ordine/conferma di vendita o di acquisto relativi agli impegni assunti con il cliente o accordi presi per corrispondenza con indicazione della destinazione dei beni;
– la fattura del vettore incaricato con evidenza delle consegne effettuate e documentazione attestante il pagamento di detta fattura;
– DDT emesso dalla Società con indicazione della destinazione dei beni, normalmente firmato dal trasportatore per presa in carico della merce;
– un documento di trasporto “CMR” firmato dal trasportatore per presa in carico della merce e dal destinatario per ricevuta.
Laddove, invece, il trasporto venga curato dal cessionario unionale, o da un terzo per suo conto, la Società, per provare l’effettiva movimentazione dei beni dall’Italia ad un altro Stato Membro, ha implementato una procedura volta alla raccolta e conservazione della seguente documentazione fiscale e contabile:
– la fattura di vendita emessa nei confronti del cliente unionale;
– gli elenchi riepilogativi relativi alle cessioni intraunionali effettuate;
– la rimessa bancaria dell’acquirente relativa al pagamento della merce;
– copia del contratto o dell’ordine/conferma di vendita o di acquisto relativi agli impegni assunti con il cliente o accordi presi per corrispondenza con indicazione della destinazione dei beni;
– DDT emesso dalla Società con indicazione della destinazione dei beni, normalmente firmato dal trasportatore per presa in carico della merce;
– un documento di trasporto “CMR” firmato dal trasportatore per presa in carico della merce e dal destinatario per ricevuta.
Considerate le difficoltà nel recupero del “CMR” firmato anche dal destinatario dei beni per ricezione, la Società ha implementato una procedura di recupero e conservazione – in conformità alle indicazioni fornite dall’Amministrazione finanziaria con (tra le altre) la Risoluzione n. 19/E del 2013 e con la risposta ad interpello n. 100 del 2019 – di una attestazione del cliente che conferma l’avvenuta ricezione della merce nell’altro Stato Membro.
Detta attestazione, controfirmata e timbrata dal cessionario, reca anche:
– l’identificativo del cessionario,
– il numero di partita IVA del cessionario,
– il numero della fattura di vendita,
– la data della fattura di vendita,
– l’importo della fattura di vendita,
– indicazione del peso del materiale venduto oggetto della fattura di vendita,
– la seguente dichiarazione da parte del cliente “Il sottoscritto conferma la ricezione e la consegna dei beni relativi alla sopra menzionata fattura”;
– timbro e firma del cessionario.
Premesso quanto sopra, la Società chiede di conoscere:
– se il “set documentale” attualmente raccolto – in conformità alle indicazioni fornite dall’Amministrazione finanziaria con (tra le altre) la risoluzione n. 19/E del 2013 e con la risposta ad interpello n. 100 del 2019 – sia utilizzabile anche a partire dal 1° gennaio 2020 (entrata in vigore dell’art. 45- del Regolamento (UE) n. 282/2011) per provare l’avvenuta effettuazione delle cessioni intracomunitarie;
– se detto “set documentale” possa continuare ad essere recuperato secondo le indicazioni fornite dalla menzionata Risoluzione n. 19/E del 2013, ovvero “senza indugio (…) non appena la prassi commerciale lo renda possibile”.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’istante osserva che recentemente, con la risposta a interpello n. 100 del 2019, è stato esaminato il caso di una società che effettua cessioni intracomunitarie di beni sia “franco destino” che “franco fabbrica”.
Nell’interpello citato, l’istante evidenziava che all’atto della spedizione dei beni emetteva un documento di trasporto (DDT), con indicazione della destinazione dei beni, normalmente firmato dal trasportatore per presa in carico; quando il trasporto era a cura della società, la stessa riceveva la fattura del trasportatore con l’indicazione dei trasporti effettuati.
Oltre al DDT, la società predisponeva un documento recante:
– l’identificativo del committente (ossia il cessionario in fattura);
– il riferimento della fattura di vendita;
– il riferimento della fattura logistica (documento interno);
– la data della fattura;
– la data del DDT;
– la destinazione delle merci, il paese di destinazione e l’anno di ricezione delle merci stesse;
– dichiarazione da parte del cessionario comunitario che «le merci relative alle fatture sopra indicate sono regolarmente pervenute presso il nostro terzista, il nostro deposito oppure presso i nostri negozi… nel mese di…».
Detta dichiarazione, timbrata, datata, sottoscritta dal cessionario, era spedita alla società cedente, la quale ne tratteneva copia al fine di dare prova dell’avvenuto trasporto in altro Stato Ue.
In merito, l’Agenzia delle Entrate, confermando la validità delle indicazioni contenute nelle precedenti risoluzioni 28 novembre 2007, n. 345/E, 15 dicembre 2008, n. 477/E, nonché 25 marzo 2013, n. 19/E, ha riconosciuto che la documentazione descritta può costituire prova dell’avvenuta cessione a condizione che:
1) dai descritti documenti siano individuabili i soggetti coinvolti (ovvero cedente, vettore e cessionario) e tutti i dati utili a definire l’operazione a cui si riferiscono;
2) si provveda a conservare le relative fatture di vendita, la documentazione bancaria attestante le somme riscosse in relazione alle precedenti cessioni, la documentazione relativa agli impegni contrattuali assunti e gli elenchi Intrastat.
L’Agenzia ha dunque nuovamente confermato la bontà della “dichiarazione del cessionario” quale prova dell’uscita dei beni dal territorio dello Stato purché sia compilata con tutti i dati utili ad individuare i soggetti coinvolti e l’operazione effettuata e che, al contempo, si conservi la fattura di vendita, gli elenchi Intrastat, la documentazione bancaria e quella relativa agli impegni contrattuali.
Nella stessa sede l’Agenzia ha inoltre evidenziato che l’indirizzo interpretativo ivi accolto risulta “conforme a quanto previsto dal Regolamento di Esecuzione del 4 dicembre 2018, n. 2018/1912/UE”.
In definitiva, si è ritenuto in tale sede che la procedura implementata dal contribuente per la raccolta e conservazione di una serie di documenti (tra cui la dichiarazione del cessionario a conferma della ricezione della merce), analoghi a quelli già menzionati nelle pronunce di prassi precedenti, tra cui soprattutto la risoluzione n. 19/E del 2013, fosse conforme alle nuove regole disciplinate nel Regolamento UE n. 1912/2018.
Ciò posto, la Società istante ritiene, pertanto, che i documenti sinora abitualmente recuperati e conservati possano comprovare l’avvenuto trasporto e, dunque, l’avvenuta ricezione delle merci in un altro Stato UE diverso dall’Italia anche a seguito dell’entrata in vigore del Regolamento UE in esame, in quanto compatibili con lo stesso, come peraltro già espressamente confermato dall’ Agenzia delle entrate nel mese di aprile 2019 con la risposta ad interpello n. 100.
Parere dell’Agenzia delle entrate
Con il Regolamento UE 2018/1912 del 4 dicembre 2018, applicabile dal 1° gennaio 2020, è stato introdotto l’articolo 45-bis nel Regolamento UE di esecuzione n. 282/2011 del 15 marzo 2011 “recante disposizioni di applicazione della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto”.
Con tale disposizione è stato affrontato il tema dell’onere documentale riguardante le cessioni intracomunitarie di beni di cui all’articolo 138 della direttiva 2006/112/CE. In particolare, con il paragrafo 1, lettere a) e b), dell’articolo 45-bis del Regolamento UE di esecuzione n. 282/2011 è stata introdotta una presunzione relativa circa l’avvenuto trasporto di beni in ambito comunitario. La Commissione ha fornito alcuni chiarimenti in merito a tale disposizione con le Note Esplicative sui “quick fixes 2020”, pubblicate a dicembre 2019. Il paragrafo 1, alla lettera a), disciplina l’ipotesi nella quale i beni siano stati spediti o trasportati dal venditore o da un terzo per suo conto e, alla lettera b), quella in cui i beni siano stati trasportati dall’acquirente o da un terzo per suo conto.
Nella prima fattispecie (di cui alla lettera a) il venditore, oltre a dichiarare che i beni sono stati spediti o trasportati da lui o da terzi per suo conto, dovrà produrre almeno due documenti, non contraddittori e provenienti da soggetti diversi tra loro e indipendenti sia dal venditore che dall’acquirente.
Tali documenti sono indicati al paragrafo 3, lettera a) dell’articolo 45-bis: si tratta dei documenti relativi al trasporto o alla spedizione dei beni, ad esempio un documento o una lettera CMR riportante la firma del trasportatore, una polizza di carico, una fattura di trasporto aereo, oppure una fattura emessa dallo spedizioniere.
In alternativa, il venditore potrà presentare, oltre alla dichiarazione che i beni sono stati spediti o trasportati da lui o da terzi per proprio conto, un documento di cui al citato paragrafo 3, lettera a) ed uno qualsiasi dei documenti indicati alla successiva lettera b) del medesimo paragrafo 3:
“i) una polizza assicurativa relativa alla spedizione o al trasporto dei beni o i documenti bancari attestanti il pagamento per la spedizione o il trasporto dei beni;
ii) documenti ufficiali rilasciati da una pubblica autorità, ad esempio da un notaio, che confermano l’arrivo dei beni nello Stato membro di destinazione;
iii) una ricevuta rilasciata da un depositario nello Stato membro di destinazione che confermi il deposito dei beni in tale Stato membro”.
Nella seconda fattispecie (di cui alla lettera b), in cui il trasporto venga effettuato dall’acquirente oppure da un terzo per suo conto, l’acquirente deve fornire al venditore, entro il decimo giorno del mese successivo alla cessione, una dichiarazione scritta che certifichi che i beni sono stati trasportati o spediti dall’acquirente o da un terzo per suo conto, e dalla quale dovranno risultare lo Stato membro di destinazione dei beni, la data del rilascio, il nome e l’indirizzo dell’acquirente, la quantità e la natura dei beni ceduti, la data e il luogo del loro arrivo, l’identificazione della persona che ha accettato i beni per conto dell’acquirente e, qualora si tratti di mezzi di trasporto, il numero di identificazione del mezzo. Oltre che di tale dichiarazione, l’acquirente dovrà essere in possesso di almeno due dei documenti relativi al trasporto delle merci, di cui alla lettera a) del paragrafo 3 dell’articolo 45-Bis, rilasciati da due diverse parti indipendenti, l’una dall’altra, dal venditore e dall’acquirente oppure di un documento di trasporto di cui alla lettera a) citata insieme ad un documento relativo agli altri mezzi di prova indicati nella lettera b) del medesimo paragrafo 3.
Come chiarito nelle Note esplicative della Commissione Ue quick fixes 2020, è esclusa l’applicazione della presunzione che le merci siano state trasportate o spedite in altro Stato membro, qualora il trasporto o la spedizione siano stati effettuati dal cedente o dal cessionario con propri mezzi senza l’intervento di altri soggetti come, ad esempio, lo spedizioniere o il trasportatore (par. 5.3.5.).
La presunzione contenuta nell’articolo 45-bis del Regolamento n. 282 del 2011 è applicabile solo qualora la documentazione in possesso del contribuente risponda ai requisiti ivi previsti. Tuttavia, le Autorità fiscali dei Paesi UE conservano comunque la facoltà di superare la presunzione dell’avvenuto trasporto o spedizione intracomunitaria (cfr. par. 2 del citato articolo 45-Bis).
Allo stesso modo, il contribuente conserva la possibilità di dimostrare, qualora non sia in possesso della documentazione specificamente richiesta dalla disposizione unionale ai fini dell’applicazione della presunzione, con altri elementi oggettivi di prova, che l’operazione sia realmente avvenuta (cfr. anche par. 5.3.3. delle Note esplicative).
L’articolo 45-bis in commento, infatti, non preclude agli Stati membri l’applicazione di norme o prassi nazionali ulteriori in materia di prova delle cessioni intracomunitarie, eventualmente più flessibili della presunzione prevista dal Regolamento IVA (cfr. par. 5.3.2).
Così ricostruito il vigente quadro normativo comunitario, si fa presente che la recente circolare n. 12/E del 12 maggio 2020 ha fornito chiarimenti al riguardo; in particolare, nel citato documento di prassi si precisa che “allo stato, in tutti i casi in cui non si renda applicabile la presunzione di cui all’articolo 45-bis, possa continuare a trovare applicazione la prassi nazionale, anche adottata prima dell’entrata in vigore del medesimo articolo in tema di prova del trasporto intracomunitario dei beni. Resta inteso, ad ogni modo, che detta prassi nazionale individua documenti, la cui idoneità a provare l’avvenuto trasporto comunitario è comunque soggetta alla valutazione, caso per caso, dell’amministrazione finanziaria (cfr. Note esplicative, par 5.3.3.).
Prima dell’entrata in vigore dell’articolo 45-bis del Regolamento 282/2011, la scrivente aveva fornito alcuni chiarimenti in materia; anche a tal fine, si rinvia alle indicazioni contenute nella citata circolare n. 12/E del 2020 .
Per quanto concerne, infine, il quesito relativo alla attualità delle indicazioni fornite nella risoluzione n. 19/E del 2013 in merito alla conservazione della documentazione che attesti la prova del trasporto o della spedizione del bene da parte del fornitore, sulla sua esibizione nonché sulla tempistica dell’acquisizione della stessa, si ritengono ancora valide le richiamate indicazioni.