Agenzia delle Entrate – Risposta n. 205 del 21 aprile 2022
Cessioni di beni facilitate dalle interfacce elettroniche – rimborso IVA sugli acquisti – articolo 2-bis del dPR n. 633 del 1972
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, e’ stato esposto il seguente
QUESITO
[ALFA], nel prosieguo istante, fa presente quanto qui di seguito sinteticamente riportato.
L’istante, stabile organizzazione in Italia di un’omonima società inglese, esercita «l’attività di commercio elettronico tramite l’intervento di un’interfaccia elettronica […]».
Richiamate le modifiche recate dal decreto legislativo 25 maggio 2021, n. 83 sul punto e la circostanza che l’«interfaccia elettronica assume i diritti e gli obblighi in materia iva del fornitore indiretto per la cessione effettuata nei confronti del consumatore finale», a parere dell’istante, essa «continuando a detrarre l’iva sull’acquisto dei beni oggetto di commercio elettronico on line, si trova in una situazione strutturale di credito iva verso l’erario che vorrebbe chiedere a rimborso secondo la soluzione di seguito prospettata».
Ai fini del corretto inquadramento della questione prospettata, rispondendo ad apposita richiesta di documentazione integrativa da parte della scrivente, l’istante ha ulteriormente precisato che:
- «I beni sono già presenti nel territorio dell’Unione Europa al momento della cessione all’interfaccia elettronica in quanto acquistati da fornitori italiani»;
- «Le vendite sono effettuate sia dalla Stabile Organizzazione Italiana (nel prosieguo S.O.) che direttamente dalla casa madre inglese. Quest’ultima vende in […]. In […] è direttamente identificata ai fini IVA. La merce è sempre acquistata dalla Stabile Organizzazione in Italia da fornitori italiani […]», mentre «gli acquirenti sono residenti sia in Italia che nella UE». In particolare gli «acquisti sono effettuati dalla S.O. in Italia. […]»;
- la cessione formale ex lgs. n. 83 del 2021 «avviene nei confronti di […]»; […].
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
In sintesi, l’istante «ritiene di rientrare nella fattispecie prevista dalla lett. a) del secondo comma dell’art. 30 de DPR 633/1972 […]. Nessun dubbio a parere della scrivente che le operazioni attive siano effettuate ad un’aliquota d’imposta (zero) inferiore a quella relativa agli acquisti (22%)».In conseguenza, l’istante reputa « anche di poter chiedere il rimborso trimestrale ai sensi di quanto disposto dall’art. 38 bis, secondo comma, del DPR 633/1972 ai sensi del quale il contribuente può ottenere il rimborso in relazione a periodi inferiori all’anno nell’ipotesi, tra le altre, di cui alla lettera a) del secondo comma dell’art.30».
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
Il decreto legislativo 25 maggio 2021, n. 83, nel recepire gli articoli 2 e 3 della direttiva (UE) 2017/2455 del Consiglio del 5 dicembre 2017 e la direttiva (UE) 2019/1995 del Consiglio del 21 novembre 2019, ha recato nel nostro ordinamento molteplici novità.
Tra di esse si annovera l’introduzione dell’articolo 2-bis nel decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA), rubricato “Cessioni di beni facilitate dalle interfacce elettroniche”, secondo cui «1. Le seguenti cessioni di beni si considerano effettuate dal soggetto passivo che facilita le stesse tramite l’uso di un’interfaccia elettronica, quale un mercato virtuale, una piattaforma, un portale o mezzi analoghi:
- le vendite a distanza intracomunitarie di beni di cui all’articolo 38-bis, commi 1 e 3, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e le cessioni di beni con partenza e arrivo della spedizione o del trasporto nel territorio dello stesso Stato membro a destinazione di non soggetti passivi, effettuate da soggetti passivi non stabiliti nell’Unione europea;
- le vendite a distanza di beni importati da territori terzi o da paesi terzi, di cui all’articolo 38-bis, commi 2 e 3, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, 427, in spedizioni di valore intrinseco non superiore a 150 euro.
- Il soggetto passivo che facilita tramite l’uso di un’interfaccia elettronica le cessioni di beni di cui al comma 1 si considera cessionario e rivenditore di detti beni.».
Al riguardo, va in primo luogo evidenziato che non costituisce oggetto diretto dell’interpello proposto la valutazione dell’attività svolta dall’istante in merito all’an della sua riconducibilità al citato articolo 2-bis del decreto IVA.
Tuttavia, le indicazioni fornite in sede di documentazione integrativa spingono a negare che le cessioni curate dall’istante – stabile organizzazione italiana di un soggetto extra-UE, la quale acquista beni in Italia e li cede a consumatori ivi residenti o ubicati nel territorio comunitario – rientrino nel perimetro della norma richiamata.
Non risultano infatti rispettate le condizioni di cui all’articolo 2-bis, comma 1, del decreto IVA, sia in riferimento alla lettera a) – il cedente è un soggetto stabilito nel territorio dell’Unione – sia alla lettera b) (i beni, per quanto precisato, al di là del loro valore intrinseco, prima della rivendita sono acquistati all’interno dell’Unione, non essendo quindi «importati da territori terzi o da paesi terzi»).
Le cessioni effettuate dall’istante rappresentano, dunque, “ordinarie” vendite poste in essere nell’ambito del commercio elettronico da qualificarsi, in assenza di precisa indicazione sui beni ceduti, ma sulla base dei documenti allegati all’interpello, come “indiretto”, con applicazione della relativa disciplina (in merito si vedano, ad esempio, tra le tante disponibili nell’apposita sezione del sito della scrivente, www.agenziaentrate.gov.it/portale/web/guest/normativa-e-prassi/risposte-agli- interpelli, la risposta ad interpello n. 416, pubblicata il 28 settembre 2020, o quella a consulenza giuridica n. 3, pubblicata il 14 febbraio 2022).
Non vi è, pertanto, alcuna fictio iuris né, in conseguenza, situazioni tali per cui, come supposto dall’istante, «le operazioni attive siano effettuate ad un’aliquota d’imposta (zero) inferiore a quella relativa agli acquisti (22%)».
Senza entrare ulteriormente nel merito del come l’istante abbia documentato le operazioni finora effettuate – la cui valutazione è rimessa agli organi deputati al controllo – in risposta al quesito posto, per eventuali rimborsi dell’imposta andranno seguite le regole fissate in via generale dagli articoli 30 e 38-bis del decreto IVA.
Chiarito quanto sopra, va comunque aggiunto che le modifiche normative recate dal decreto legislativo n. 83 del 2021 non hanno toccato gli articoli appena richiamati (30 e 38-bis del decreto IVA).
In astratto, dunque, resta per ciascun contribuente la possibilità di chiedere, tra l’altro, il rimborso dell’eccedenza di credito risultante dalla dichiarazione annuale IVA, se superiore a 2.582,28 euro, «a) quando esercita esclusivamente o prevalentemente attività che comportano l’effettuazione di operazioni soggette ad imposta con aliquote inferiori a quelle dell’imposta relativa agli acquisti e alle importazioni, computando a tal fine anche le operazioni effettuate a norma dell’articolo 17, quinto, sesto e settimo comma, nonché a norma dell’articolo 17-ter;» (così l’articolo 30, comma 2, del decreto IVA).
Va evidenziato, sul punto, che tra le operazioni attive da tenere in considerazione rientrano anche quelle esenti da imposta (normalmente escluse), qualora diano diritto a detrazione: «per la determinazione dell’aliquota media relativa alle operazioni di acquisto e di vendita registrate nell’anno d’imposta occorre tener conto non soltanto di tutte le operazioni assoggettate all’Iva ma anche di quelle ad aliquota “zero”, e cioè delle operazioni di cui all’art. 74, comma 6 […] e delle operazioni effettuate nei confronti dei soggetti colpiti dai terremoti del novembre 1980 e febbraio 1981; parimenti per l’anno 1989, nel calcolo dell’aliquota media, può tenersi conto anche delle operazioni esenti di cui all’art. 10, punti 6), 10) e 11) del D.P.R. n. 633/1972, in quanto per tali operazioni esenti è prevista la detrazione dell’Iva, in deroga alla regola generale di indetraibilità, ai sensi dell’art. 19, comma 4, dello stesso decreto. In altri termini, al fine di che trattasi può tenersi conto di tutte quelle operazioni, anche non soggette all’imposta, a condizione che risultino oggettivamente rilevabili dalla contabilità regolarmente tenuta, escluse quelle che conferiscono autonomo titolo di legittimazione al rimborso, quali quelle previste dagli artt. 7, 8, 8-bis e 9 del decreto n. 633/1972» (così già la circolare n. 13 del 5 marzo 1990).
Devono pertanto computarsi anche le operazioni legate alla fictio iuris voluta dal legislatore tra fornitore e facilitatore delle cessioni ai consumatori finali tramite l’uso di una interfaccia elettronica, come emergente dagli articoli del decreto IVA parimenti modificati dal d.lgs. n. 83 del 2021:
- «Sono, inoltre, esenti dall’imposta le cessioni di beni effettuate nei confronti di un soggetto passivo che si considera cessionario e rivenditore di detti beni ai sensi dell’articolo 2-bis, comma 1, lettera a)» (si veda l’articolo 10, comma 3);
- «La indetraibilità di cui al comma 2 non si applica se le operazioni ivi indicate sono costituite da:
[…] d-bis) le cessioni di beni di cui all’articolo 10, terzo comma;» (cfr. l’articolo 19, comma 3).
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