AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 03 settembre 2020, n. 305
Cessioni intracomunitarie: prova del trasferimento del bene
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
Alfa (di seguito la Società o l’istante) è attiva in Italia nel settore della grande distribuzione organizzata di vendita al dettaglio di prodotti non alimentari.
Nell’ambito della sua attività, …, la società avrebbe aperto un nuovo punto di vendita nella città di ….
La Società effettuerebbe cessioni intracomunitarie di beni ex articolo 41 del Decreto Legge n. 331 del 1993, con clausola “franco fabbrica,” a soggetti passivi stabiliti in altri Stati membri che ne curano il trasporto a partire dal predetto punto vendita. L’istante precisa che le cessioni in commento, vista talvolta l’esiguità dell’importo, potrebbero essere anche pagate tramite sistemi di pagamento non tracciabili (ad esempio, tramite denaro contante, entro i limiti di legge).
Con riferimento alla prova del trasferimento fisico del bene dal cedente al cessionario, per quanto concerne le cessioni intracomunitarie “franco fabbrica”, l’istante osserva che si sarebbe consolidato tanto nella prassi quanto nella giurisprudenza il principio secondo cui la prova del trasferimento può essere fornita con qualsiasi documento idoneo a dimostrare che le merci sono state inviate in altro Stato membro (l’istante cita la risoluzione n. 477/E del 15 dicembre 2008 e la risoluzione n. 19/E del 2013).
Con il Regolamento UE n. 1912 del 4 dicembre 2018 (in vigore dal 1 gennaio 2020) il legislatore comunitario avrebbe introdotto una presunzione relativa di avvenuta spedizione o trasporto del bene sulla base di specifici documenti indicati dallo stesso Regolamento (articolo 45-bis del Regolamento UE di esecuzione n. 282/2011 del 15 marzo 2011).
Nello specifico, l’articolo 45-bis disciplinerebbe due diverse situazioni:
1) i beni sono stati spediti/trasportati dal cedente, direttamente o tramite terzi che agiscono per suo conto;
2) i beni sono stati spediti/trasportati dal cessionario o da terzi per suo conto.
Con riferimento al caso 1), il venditore certifica la cessione intra-UE con il possesso di almeno due dei seguenti documenti (non contraddittori), rilasciati da due diverse parti indipendenti l’una dall’altra, dal venditore e dall’acquirente:
A. documento o lettera CMR sottoscritta dal cedente, dal cessionario o dal vettore;
B. polizza di carico;
C. fattura di trasporto aereo;
D. fattura emessa dallo spedizioniere;
In alternativa, il cedente potrebbe produrre uno qualsiasi dei predetti elementi in combinazione con uno dei seguenti documenti, sempre rilasciati da due diverse parti indipendenti l’una dall’altra, dal venditore e dall’acquirente:
i. polizza assicurativa relativa alla spedizione o al trasporto dei beni;
ii. documenti bancari attestanti l’avvenuto pagamento del servizio di spedizione o trasporto dei beni;
iii. documenti ufficiali rilasciati da una pubblica autorità (es. notaio) che confermano l’arrivo dei beni nello Stato UE di destinazione;
iv. attestazione rilasciata dal depositario nello Stato UE di destinazione a conferma che i beni sono stati ivi ricevuti.
Con riferimento al caso 2), il venditore certificherebbe la cessione intra-UE con il possesso della medesima documentazione sopra descritta e con una dichiarazione rilasciata dall’acquirente entro il decimo giorno del mese successivo a quello di effettuazione della cessione che:
– certifica che i beni sono stati trasportati o spediti dall’acquirente, o da un terzo per conto dello stesso acquirente; e
– identifica lo Stato membro di destinazione dei beni.
L’istante evidenzia che l’unico documento che sarebbe in grado di produrre in base a quelli individuati dall’articolo 45-bis è rappresentato dal documento ufficiale rilasciato da una Pubblica autorità locale: tuttavia, secondo l’istante il reperimento del documento sarebbe comunque di difficile realizzazione, determinando un onere eccessivo in capo ai cessionari.
Tanto premesso, l’istante chiede alla scrivente chiarimenti circa la possibilità di documentare la prova del trasporto o della spedizione del bene con modalità documentali alternative rispetto a quelle indicate dall’art. 45-bis del Regolamento UE di esecuzione n. 282/2011 del 15 marzo 2011, in vigore dal 1° gennaio 2020.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’istante ritiene possibile produrre elementi di prova alternativi a quelli indicati nell’articolo 45-bis del Regolamento UE di esecuzione n. 282/2011 del 15 marzo 2011 in grado di certificare la fuoriuscita del bene dal territorio italiano.
In particolare, la Società intenderebbe procedere nel seguente modo (Soluzione A):
– acquisire, contestualmente alla consegna della merce, una dichiarazione sostitutiva di atto notorio (fac-simile in Allegato 1 alla istanza), nella quale il cliente estero dichiara di :
1. essere soggetto passivo IVA nella giurisdizione di destinazione finale dei beni acquistati (che deve naturalmente essere uno Stato membro UE);
2. essere in grado di provvedere con mezzi propri al trasferimento fisico di tali beni indicando la loro destinazione;
– emettere fattura non imponibile ex articolo 41 DL 331/1993;
– conservare la documentazione descritta, unitamente agli elenchi Intrastat che la Società provvede ad inviare secondo le scadenze di legge e alla documentazione bancaria di pagamento, ove disponibile.
L’istante osserva che il comportamento sopra descritto sarebbe coerente con le indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate con la risposta n. 100 del 2019. L’istante, inoltre, specifica che la soluzione proposta sarebbe applicabile limitatamente ai punti vendita che si trovino in prossimità dei confini nazionali e con riferimento alle sole transazioni di valore contenuto, indicativamente, entro Euro 2.000,00.
In alternativa alla Soluzione A, l’istante chiede conferma di poter adottare il seguente comportamento (Soluzione B):
– emettere fattura imponibile ex articolo 2 del DPR 633/1972;
– acquisire la conferma dell’avvenuto trasferimento tramite dichiarazione scritta da parte del cessionario, nella quale si chiederà di indicare espressamente che le merci relative alle fatture [x] sono regolarmente pervenute presso il deposito/negozio/sede in [Stato UE] in data [xx/xx/xxxx];
– a seguito dell’acquisizione della conferma, procedere allo storno della fattura imponibile iva con nota di credito ex articolo 26 del DPR 633/1972 e all’emissione di una nuova fattura, ex articolo 41 del DL 331/1993, in riferimento alla documentazione ricevuta;
– conservare la documentazione acquisita unitamente agli elenchi Intrastat che la Società provvede ad inviare secondo le scadenze di legge e alla documentazione bancaria di pagamento, ove disponibile.
La Soluzione B a parere dell’istante consentirebbe di non rimanere incisa dell’ammontare dell’IVA dovuta, qualora non riuscisse a ricevere la dichiarazione da parte del cessionario circa l’effettivo trasferimento della merce, conservando così la marginalità sui prodotti. Tuttavia, tale modus operandi non sarebbe comunque coerente con la genesi dell’operazione che, su dichiarazione del cessionario, risulterebbe qualificabile come operazione intracomunitaria già al momento della sua effettuazione.
Parere dell’agenzia delle entrate
Con il Regolamento UE 2018/1912 del 4 dicembre 2018, applicabile dal 1° gennaio 2020, è stato introdotto l’articolo 45-bis nel Regolamento UE di esecuzione n. 282/2011 del 15 marzo 2011 recante “disposizioni di applicazione della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto”. Il citato articolo tratta degli oneri documentali riguardanti le cessioni intracomunitarie di beni di cui all’articolo 138 della direttiva 2006/112/CE. In particolare, con il paragrafo 1, lettere a) e b), dell’articolo 45-bis del Regolamento UE di esecuzione n. 282/2011 è stata introdotta una presunzione relativa circa l’avvenuto trasporto di beni in ambito comunitario. La Commissione ha fornito alcuni chiarimenti in merito a tale disposizione con le Note Esplicative sui “quick fixes 2020″, pubblicate a dicembre 2019. Il paragrafo 1, alla lettera a), disciplina l’ipotesi nella quale i beni siano stati spediti o trasportati dal venditore o da un terzo per suo conto e, alla lettera b), quella in cui i beni siano stati trasportati dall’acquirente o da un terzo per suo conto. Nella prima fattispecie (quella di cui alla lettera a)) il venditore, oltre a dichiarare che i beni sono stati spediti o trasportati da lui o da terzi per suo conto, dovrà produrre almeno due documenti, non contraddittori e provenienti da soggetti diversi tra loro e indipendenti sia dal venditore che dall’acquirente.
Tali documenti sono indicati al paragrafo 3, lettera a) dell’articolo 45-bis: si tratta dei documenti relativi al trasporto o alla spedizione dei beni, ad esempio un documento o una lettera CMR riportante la firma del trasportatore, una polizza di carico, una fattura di trasporto aereo, oppure una fattura emessa dallo spedizioniere.
In alternativa, il venditore potrà presentare, oltre alla dichiarazione che i beni sono stati spediti o trasportati da lui o da terzi per proprio conto, un documento di cui al citato paragrafo 3, lettera a) ed uno qualsiasi dei documenti indicati alla successiva lettera b) del medesimo paragrafo 3:
“i) una polizza assicurativa relativa alla spedizione o al trasporto dei beni o i documenti bancari attestanti il pagamento per la spedizione o il trasporto dei beni;
ii) documenti ufficiali rilasciati da una pubblica autorità, ad esempio da un notaio, che confermano l’arrivo dei beni nello Stato membro di destinazione;
iii) una ricevuta rilasciata da un depositario nello Stato membro di destinazione che confermi il deposito dei beni in tale Stato membro”.
Nella seconda fattispecie (di cui alla lettera b), in cui il trasporto venga effettuato dall’acquirente oppure da un terzo per suo conto, l’acquirente deve fornire al venditore, entro il decimo giorno del mese successivo alla cessione, una dichiarazione scritta che certifichi che i beni sono stati trasportati o spediti dall’acquirente o da un terzo per suo conto, e dalla quale dovranno risultare lo Stato membro di destinazione dei beni, la data del rilascio, il nome e l’indirizzo dell’acquirente, la quantità e la natura dei beni ceduti, la data e il luogo del loro arrivo, l’identificazione della persona che ha accettato i beni per conto dell’acquirente e, qualora si tratti di mezzi di trasporto, il numero di identificazione del mezzo. Oltre che di tale dichiarazione, l’acquirente dovrà essere in possesso di almeno due dei documenti relativi al trasporto delle merci, di cui alla lettera a) del paragrafo 3 dell’articolo 45-bis, rilasciati da due diverse parti indipendenti, l’una dall’altra, dal venditore e dall’acquirente oppure di un documento di trasporto di cui alla lettera a) citata insieme ad un documento relativo agli altri mezzi di prova indicati nella lettera b) del medesimo paragrafo 3.
Come chiarito nelle Note esplicative della Commissione Ue quick fixes 2020, è esclusa l’applicazione della presunzione che le merci siano state trasportate o spedite in altro Stato membro, qualora il trasporto o la spedizione siano stati effettuati dal cedente o dal cessionario con propri mezzi senza l’intervento di altri soggetti come, ad esempio, lo spedizioniere o il trasportatore (par. 5.3.5.).
La presunzione contenuta nell’articolo 45-bis del Regolamento n. 282 del 2011 è applicabile solo qualora la documentazione in possesso del contribuente risponda ai requisiti ivi previsti. Tuttavia, le Autorità fiscali dei Paesi UE conservano comunque la facoltà di superare la presunzione dell’avvenuto trasporto o spedizione intracomunitaria (cfr. par. 2 del citato articolo 45-bis).
Allo stesso modo, il contribuente conserva la possibilità di dimostrare, qualora non sia in possesso della documentazione specificamente richiesta dalla disposizione unionale ai fini dell’applicazione della presunzione, con altri elementi oggettivi di prova, che l’operazione sia realmente avvenuta (cfr. anche par. 5.3.3. delle Note esplicative).
L’articolo 45-bis in commento, infatti, non preclude agli Stati membri l’applicazione di norme o prassi nazionali ulteriori in materia di prova delle cessioni intracomunitarie, eventualmente più flessibili della presunzione prevista dal Regolamento IVA (cfr. par. 5.3.2).
Così ricostruito il vigente quadro normativo comunitario, si fa presente che la recente circolare n. 12/E del 12 maggio 2020 ha fornito chiarimenti al riguardo; in particolare, nel citato documento di prassi si legge che “allo stato, in tutti i casi in cui non si renda applicabile la presunzione di cui all’articolo 45-bis, possa continuare a trovare applicazione la prassi nazionale, anche adottata prima dell’entrata in vigore del medesimo articolo in tema di prova del trasporto intracomunitario dei beni. Resta inteso, ad ogni modo, che detta prassi nazionale individua documenti, la cui idoneità a provare l’avvenuto trasporto comunitario è comunque soggetta alla valutazione, caso per caso, dell’amministrazione finanziaria (cfr. Note esplicative, par. 5.3.3.).
Prima dell’entrata in vigore dell’articolo 45-bis del Regolamento 282/2011, la scrivente aveva fornito alcuni chiarimenti in materia; anche a tal fine, si rinvia alle indicazioni contenute nella citata circolare n. 12/E del 2020.
Ciò premesso, i mezzi di prova proposti dall’istante non appaiono coerenti con le indicazioni fornite dall’Amministrazione nei precedenti documenti di prassi, in quanto dagli stessi non sembra ricavarsi, con sufficiente evidenza, che il bene è stato trasferito dallo Stato del cedente a quello dell’acquirente (cfr. risoluzione 24 luglio 2014, n. 71/E). Resta impregiudicata, ad ogni modo, ogni valutazione dell’effettivo set documentale in possesso del contribuente, che potrà essere effettuata in concreto nell’ambito dell’attività di controllo.
Con specifico riferimento alla Soluzione B), inoltre, non si condivide quanto prospettato, atteso, come anche rilevato dall’istante, che l’incertezza attiene, sin dall’origine, alla validità dei mezzi di prova della cessione e non alla sussistenza dei requisiti astratti cui è subordinata la qualificazione dell’operazione come cessione intracomunitaria. In tale circostanza, pertanto, l’istante non può avvalersi dell’emissione della nota di variazione in diminuzione, a cui si ricorre solo nei casi espressamente previsti dal legislatore, tra i quali non rientra l’ipotesi prospettata.
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