AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 25 giugno 2019, n. 203
Chiarimenti in materia di residenza fiscale. Interpello articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n. 212
Con l’interpello specificato in oggetto è stato esposto il seguente
Quesito
“ALFA” (di seguito, istante) dichiara che, per motivi di lavoro, nel 2016 si è trasferita da …….., dove era residente in a Copenaghen, dove ha sottoscritto un contratto di locazione con decorrenza….
L’stante rappresenta, inoltre, di aver stipulato, con decorrenza ….2017, un contratto di lavoro a tempo indeterminato con una società di diritto danese che prevede come luogo di lavoro la medesima Copenaghen e di essere stata alle dipendenze di una società di diritto italiano fino al …..2017.
Infine, l’istante evidenzia che in data ….. 2017 ha trasmesso al Consolato italiano istanza per l’iscrizione all’AIRE e che per meri motivi burocratici dal certificato anagrafico risulta che l’iscrizione all’AIRE abbia decorrenza dal …..2017.
Pertanto, l’istante, reputando che sussistano oggettive condizioni di incertezza, chiede di sapere per l’anno 2017 in quale Paese sia la propria residenza fiscale.
Soluzione prospettata dal contribuente
L’istante ritiene che, seppur sia vero che ai fini dell’individuazione della residenza fiscale l’articolo 2, comma 2, del TUIR stabilisca che sono residenti in Italia le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente, ritiene che per l’anno di imposta 2017 debba essere considerata quale residente fiscale esclusivamente in Danimarca, per i seguenti motivi:
1. la decorrenza dell’iscrizione all’AIRE dal ……..2017 dipende esclusivamente da motivi burocratici dell’apparato consolare e/o comunale ma l’istanza è stata presentata il ………..2017 (180° giorno);
2. la contribuente è considerata fiscalmente residente anche in Danimarca. Infatti, nella dichiarazione dei redditi danese presentata è stato dichiarato che i giorni lavorativi danesi sono stati pari a 245 ………..
Secondo l’istante, inoltre, nella denegata ipotesi in cui dovesse esser considerata, ai sensi dell’articolo 2 del TUIR, residente anche in Italia, ritiene che si debbano applicare le cosiddette “tie breaker rules” previste dalla Convenzione tra Italia e Danimarca per evitare le doppie imposizioni, ratificata con Legge 11 luglio 2002, n. 745 (ndr: Legge 11 luglio 2002, n. 170) (di seguito la Convenzione o il Trattato internazionale).
In particolare, l’articolo 2 della Convenzione stabilisce che qualora una persona fisica sia considerata residente in entrambi gli Stati, la sua situazione viene determinata nel modo seguente:
a) è considerata residente solamente nello Stato in cui ha un’abitazione permanente; quando dispone di un’abitazione permanente in entrambi gli Stati, è residente nello Stato in cui sono più strette le sue relazioni personali ed economiche;
b) se quanto al punto a) non è determinante, è considerata residente nello Stato in cui soggiorna abitualmente;
c) se quanto al punto b) non è determinante, è considerata residente nello Stato in cui ha la nazionalità;
d) se quanto al punto c) non è determinante, la residenza è determinata dalle autorità competenti degli Stati contraenti.
Secondo l’istante, senza ombra di dubbio, il suo “centro degli interessi vitali” è da collocarsi per tutto il 2017 in Danimarca, ai sensi della lettera a), considerato che:
– l’istante dimorava, lavorava e soggiornava abitualmente in Danimarca, già dal secondo semestre 2016;
– l’istante ha avuto dimora in Italia solo per i primi tre mesi del 2017 (la risoluzione del contratto aveva data termine il ….. 2017) e per tutto il resto dell’anno no ha avuto alcuna abitazione permanente di alcun tipo in Italia;
– la scrivente era ed è nubile e senza figli.
Parere dell’agenzia delle entrate
In via preliminare, si evidenzia che l’accertamento dei presupposti per stabilire l’effettiva residenza fiscale costituisce una questione di fatto che non può essere oggetto di istanza di interpello, ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 212 del 2000 (cfr. circolare n. 9/E del 1° aprile 2016). Nel seguito, quindi, si forniscono indicazioni di carattere interpretativo sulle disposizioni applicabili al caso prospettato.
Si rappresenta innanzitutto che l’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (di seguito TUIR) prevede che per le persone residenti in Italia l’imposta si applica sull’insieme dei redditi percepiti, indipendentemente da dove questi siano prodotti, mentre per i soggetti non residenti l’imposta si applica solo sui redditi qui prodotti.
Per individuare la nozione di residenza fiscale valida ai fini dell’applicazione delle disposizioni delle Convenzioni contro le doppie imposizioni è necessario fare riferimento alla legislazione interna degli Stati contraenti.
L’articolo 2, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (di seguito TUIR) dispone che sono soggetti passivi d’imposta tutte le persone fisiche residenti e non residenti nel territorio dello Stato, indipendentemente dalla cittadinanza.
Il comma 2 del medesimo articolo considera residenti in Italia “le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile”.
Le tre condizioni sopra citate sono tra loro alternative, essendo sufficiente che sia verificato, per la maggior parte del periodo d’imposta, uno solo dei predetti requisiti affinché una persona fisica venga considerata fiscalmente residente in Italia e, viceversa, solo quando i tre presupposti della residenza sono contestualmente assenti nel periodo d’imposta di riferimento tale persona può essere ritenuta non residente nel nostro Paese.
Con riferimento al caso di specie, tenuto conto del fatto che, da quanto dichiarato nell’istanza di interpello e dall’allegato certificato rilasciato dal Comune, “ALFA” avrebbe perfezionato il trasferimento di residenza in Danimarca con decorrenza dal ……2017, la suddetta contribuente deve essere identificata come soggetto fiscalmente residente nel nostro Paese per il periodo d’imposta 2017, sussistendo una delle tre condizioni previste dal citato articolo 2, comma 2, del TUIR (iscrizione nelle anagrafi della popolazione residente per la maggior parte del periodo d’imposta).
Ne consegue che, ai sensi del citato articolo 3, comma 1, del TUIR, per l’annualità 2017, tutti i redditi percepiti dall’istante, dovunque siano stati prodotti, dovevano essere dichiarati ai fini dell’imposizione nel nostro Paese.
Ciò posto, per quel che concerne la vigente normativa interna, si rileva che, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, della Convenzione, il reddito percepito a fronte di un’attività di lavoro dipendente, prestata, per la maggior parte dell’anno 2017, in Danimarca alle dipendenze di una società di tale Stato, è assoggettato ad imposizione concorrente nei due Paesi contraenti il citato Trattato internazionale (ossia in Italia, Stato di residenza ed in Danimarca, Stato di svolgimento dell’attività lavorativa).
La conseguente doppia imposizione sul reddito in esame viene eliminata sulla base di quanto previsto dall’articolo 24, paragrafo 2, della Convezione a tal fine stipulata con la Danimarca, ratificata dalla legge 11 luglio 2002, n. 170 (di seguito Convenzione), che prevede che “Se un residente dell’Italia possiede elementi di reddito che sono imponibili in Danimarca, l’Italia, nel calcolare le proprie imposte sul reddito … può includere nella base imponibile di tali imposte detti elementi di reddito, a meno che espresse disposizioni della presente Convenzione non stabiliscano diversamente. In tal caso, l’Italia deve detrarre dalle imposte così calcolate l’imposta sui redditi pagata in Danimarca, ma l’ammontare della detrazione non può eccedere la quota di imposta italiana attribuibile ai predetti elementi di reddito nella proporzione in cui gli stessi concorrono alla formazione del reddito complessivo”.
Nel caso in cui l’istante, in base alla normativa interna della Danimarca, potesse qualificarsi per il periodo d’imposta 2017 come soggetto ivi residente si configurerebbe un conflitto normativo che dovrebbe essere risolto secondo i criteri stabiliti nel paragrafo 2 dell’articolo 4 della citata Convenzione (cosiddette Tie- Breaker Rules).
Si osserva, infatti, che la Convenzione stabilisce, all’articolo 4, paragrafo 1, che l’espressione “residente di uno Stato contraente” “designa ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, è ivi assoggettata ad imposta, a motivo del suo domicilio, della sua residenza(…) o di ogni altro criterio di natura analoga”.
La stessa Convenzione precisa poi, all’articolo 4, paragrafo 2, che, nel caso in cui, in base alle disposizioni del citato paragrafo 1, una persona fisica sia residente di entrambi gli Stati contraenti, il contribuente è considerato, innanzitutto, residente nello Stato in cui dispone di un’abitazione permanente e, in subordine (laddove disponga di un’abitazione permanente in entrambi gli Stati), la residenza di una persona fisica è determinata secondo i seguenti criteri residuali disposti in ordine decrescente:
– ubicazione del centro degli interessi vitali (la persona fisica che dispone di un’abitazione principale in entrambi gli Stati sarà considerata residente nel Paese nel quale le sue relazioni personali ed economiche sono più strette);
– dimora abituale (ove non sia possibile individuare la residenza del contribuente in base ai due criteri sopra citati, una persona fisica sarà considerata residente dello Stato in cui soggiorna abitualmente);
– nazionalità della persona fisica (quando i primi tre criteri non sono dirimenti, il contribuente sarà considerato residente dello Stato contraente la Convenzione di cui possiede la nazionalità);
– quando, infine, una persona fisica ha la nazionalità di entrambi i Paesi o di nessuno di essi, gli Stati contraenti la Convenzione risolveranno la questione di comune accordo.
Nell’ipotesi in cui, in base alle normative interne di Italia e Danimarca, l’istante possa qualificarsi come residente di entrambi i Paesi, solo nel caso in cui fosse in grado di dimostrare all’Amministrazione fiscale italiana la prevalenza per l’annualità 2017 della residenza fiscale in Danimarca, in base ai sopra citati criteri (in virtù di accertamenti di fatto non esercitabili dalla scrivente in questa sede), potrebbe ipotizzarsi la correttezza degli adempimenti fiscali posti in essere in Italia, essendo in tal caso, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, della citata Convenzione per evitare le doppie imposizioni, assoggettati ad imposizione esclusiva in Danimarca (che, in tale eventualità, risulterebbe sia lo Stato di residenza dell’istante che il Paese in cui ha svolto la propria attività lavorativa) gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe che l’istante ha percepito per il lavoro subordinato ivi svolto.
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