AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 28 ottobre 2019, n. 436
Interpello – Articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n. 212 – Chiarimenti sulla fatturazione nei confronti della pubblica amministrazione
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, e’ stato esposto il seguente
Quesito
[ALFA] (di seguito istante), in riferimento a contratti per la fornitura di beni e/o per la prestazione di servizi, chiede quanto qui di seguito sinteticamente riportato:
I. se nel caso in cui, successivamente all’emissione della fattura, si verifica una riduzione dell’imponibile, a seguito dell’accertamento di una prestazione di valore inferiore a quella contrattualmente prevista, il cedente/prestatore ha l’obbligo o ha la facoltà di emettere la nota di credito prevista dall’articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA);
II. se le somme trattenute al cedente/prestatore in applicazione di penalità per inadempienze o per irregolare prestazione o per trattenute sul prezzo in luogo della cauzione incidono sull’imponibile esposto in fattura;
III. se la fattura nella quale il cedente/prestatore ha omesso di indicare il CIG(codice identificativo di gara) o ha indicato un numero errato è fiscalmente corretta e,quindi, pagabile da parte dell’istante;
IV. se in esecuzione di contratti e/o appalti, è corretto dar corso al pagamento delle fatture senza effettuare alcun controllo sull’aliquota IVA applicata dal cedente/prestatore, rimettendo tale verifica agli organi dell’Amministrazione finanziaria nelle competenti sedi.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
In sintesi, l’istante ritiene:
I. di poter pagare la somma al netto della trattenuta, anche in assenza della nota di credito;
II. di dover trattenere le somme dovute dal cedente/prestatore a titolo di penalità ed inadempienze o ritenuta sul prezzo in luogo della cauzione, riducendo il solo imponibile ma non anche l’IVA da versare in regime di split payment, calcolata sull’intero imponibile;
III. che la fattura priva del numero CIG è fiscalmente corretta, dal momento che detto dato non rientra tra gli elementi obbligatori indicati dall’articolo 21 del decreto IVA. La stessa fattura sarebbe, inoltre, idonea a supportare il pagamento attraverso l’indicazione nel mandato di pagamento del CIG acquisito, soddisfacendo così i criteri stabiliti dalle disposizioni sulla tracciabilità dei pagamenti;
IV. che, in sede di pagamento delle fatture in esecuzione di contratti, non deve effettuare controlli sull’aliquota IVA applicata dal cedente/prestatore, rimettendo tale verifica agli organi dell’Amministrazione finanziaria nelle competenti sedi.
Parere dell’agenzia delle entrate
In relazione ai quesiti posti la scrivente osserva quanto segue.
Con riferimento al punto I l’articolo 1, comma 629, lettera b), della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (“legge di stabilità 2015”), ha inserito, nel decreto IVA, il nuovo articolo 17-ter, che disciplina la scissione dei pagamenti (split payment).
In base a tale meccanismo, le amministrazioni pubbliche, come definite dall’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e i soggetti indicati nell’articolo 17-ter, comma 1-bis, che acquistano beni e/o servizi nel territorio dello Stato (sia nella loro veste istituzionale che nell’esercizio dell’attività d’impresa), pagano ai propri fornitori il corrispettivo al netto dell’IVA che deve essere versata, in deroga al regime ordinario, direttamente all’erario anziché al cedente/prestatore.
Come chiarito con la circolare n. 1/E del 9 febbraio 2015, lo scopo della norma è quello di arginare l’evasione da riscossione dell’IVA, preservando, da un lato,l’Amministrazione finanziaria dal rischio di inadempimento dell’obbligo di pagamento dei fornitori che addebitano in fattura l’imposta, e dall’altro, gli stessi acquirenti dal pericolo di coinvolgimento nelle frodi commesse da propri fornitori o da terzi. A differenza del sistema dell’inversione contabile, lo split payment non incide nella fase dell’applicazione dell’imposta, ma solo in quella della sua riscossione. Ne consegue che tale meccanismo “non fa venire meno in capo al fornitore la qualifica di debitore dell’imposta in relazione all’operazione effettuata nei confronti dell’ente pubblico”(cfr. circolare n. 15/E del 13 aprile 2015). Pertanto, il cessionario o committente,destinatario di una fattura emessa ai sensi dell’articolo 17-ter del decreto IVA, in relazione alla quale opera, appunto, la scissione dei pagamenti, non assumendo la qualifica di debitore d’imposta, non ha facoltà di operare le variazioni in diminuzione in base all’articolo 26 del decreto IVA, restando tale facoltà in capo al cedente/prestatore.
Ciò posto, si osserva che ai sensi dell’articolo 17-ter, comma 1, del decreto IVA,le amministrazioni pubbliche e gli altri soggetti di cui al successivo comma 1-bis, versano l’imposta “secondo modalità e termini fissati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze”. In base al combinato disposto dell’articolo 1, comma 2,e dell’articolo 3, commi 1 e 2, del decreto ministeriale 23 gennaio 2015, l’IVA è versata con effetto dalla data in cui essa diviene esigibile, ossia al momento del pagamento dei corrispettivi, salvo opzione per l’esigibilità dell’imposta anticipata al momento della ricezione della fattura ovvero al momento della registrazione della medesima.
Nel caso concreto tornano utili i chiarimenti forniti con la risoluzione n. 75/E del5 marzo 2002, in relazione all’esigibilità dell’imposta all’atto del pagamento del corrispettivo ai sensi dell’articolo 6, comma 5, del decreto IVA (cosiddetta “esigibilità differita”). In particolare, secondo il sopra citato documento di prassi, “l’esigibilità differita dell’imposta collegata al pagamento del corrispettivo comporta che, in caso di mancato pagamento in tutto o in parte del corrispettivo (…) l’imposta non diviene esigibile in tutto o in parte, benché l’operazione sia stata fatturata (…) in tale ipotesi occorre effettuare nei registri Iva opportune rettifiche, apportando le necessarie annotazioni in diminuzione”.
In altri termini, data l’esigibilità dell’IVA al momento del pagamento, non trova applicazione, nella fattispecie, il cosiddetto principio di cartolarità dell’imposta secondo cui “se il cedente o prestatore (…) indica nella fattura i corrispettivi delle operazioni o le imposte relative in misura superiore a quella reale, l’imposta è dovuta per l’intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura” (cfr.articolo 21, comma 7, del decreto IVA). In conclusione, si ritiene corretto che l’istante,responsabile del pagamento dell’imposta, in applicazione della scissione dei pagamenti, versi l’IVA dovuta per gli importi effettivamente pagati e non per quelli indicati in fattura.
Con riferimento al punto II, in generale, l’articolo 15 del decreto IVA elenca una serie di somme o importi che, pur essendo addebitati alla controparte, non hanno natura di controprestazione per la cessione del bene o per la prestazione del servizio cui si riferiscono e, pertanto, vengono considerati esclusi dalla base imponibile. Ad esempio, non concorrono a formare la base imponibile le somme addebitate ai clienti a titolo di interessi moratori, penalità, ritardi o altre irregolarità commesse dagli stessi nell’adempimento degli obblighi contrattuali. Ai sensi del comma 2, del citato articolo 15, le somme addebitate al cedente/prestatore da parte dell’acquirente o committente a causa di ritardi o di penalità nell’esecuzione del contratto (ad esempio penalità per ritardata esecuzione di un’opera) non riducono il corrispettivo della cessione o della prestazione che resta inalterato.
Pertanto, nel caso di decurtazione del pagamento per l’applicazione di penalità a carico del fornitore, l’IVA va calcolata sulla base imponibile al lordo della penalità.
Con riferimento al punto III si osserva che, sebbene il codice identificativo di gara (CIG) non rientri tra gli elementi indicati dall’articolo 21 del DPR n. 633 del 1972, l’obbligo di indicare tale codice nella fattura elettronica emessa verso la pubblica amministrazione è previsto dall’articolo 25, comma 2, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, secondo cui “Al fine di assicurare l’effettiva tracciabilità dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, le fatture elettroniche emesse verso le stesse pubbliche amministrazioni riportano il Codice identificativo di gara (CIG), tranne i casi di esclusione dell’indicazione dello stesso nelle transazioni finanziarie così come previsto dalla determinazione dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture 7 luglio 2011, n. 4, e i casi di esclusione dall’obbligo di tracciabilità di cui alla legge 13 agosto 2010, n. 136”. Il successivo comma 3 del citato articolo 25 dispone, inoltre, che “Le pubbliche amministrazioni non possono procedere al pagamento delle fatture elettroniche che non riportano i codici Cig e Cup ai sensi del comma 2”. Tanto premesso, l’omissione in fattura di elementi che non pregiudicano la validità fiscale della stessa (CIG errato o mancante) può essere sanata mediante l’invio di un nuovo documento utile ad integrare i dati mancanti nel documento originario.
Con riferimento al punto IV, si sottolinea preliminarmente che il meccanismo della scissione dei pagamenti non fa venir meno in capo al cedente/prestatore la qualifica di debitore dell’IVA in relazione all’operazione effettuata nei confronti della pubblica amministrazione. Quindi, la responsabilità in merito alla corretta aliquota IVA da applicare nelle cessioni di beni o nelle prestazioni di servizi resta in capo al cedente/prestatore. Ciò nondimeno, il cessionario o committente è tenuto ad esperire i controlli in suo potere sulla correttezza dell’operato del cedente o prestatore, posto che l’articolo 6, comma 8, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 prevede che “Il cessionario o il committente che, nell’esercizio di imprese, arti o professioni, abbia acquistato beni o servizi senza che sia stata emessa fattura nei termini di legge o con emissione di fattura irregolare da parte dell’altro contraente, è punito, salva la responsabilità del cedente o del commissionario, con sanzione amministrativa pari al cento per cento dell’imposta, con un minimo di euro 250, sempreché non provveda a regolarizzare l’operazione (…)”.
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