AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 05 ottobre 2018, n. 28
Chiarimenti sull’applicazione dell’articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 – Articolo 11, comma 1, lett.a), legge 27 luglio 2000, n. 212
Con l’interpello specificato in oggetto è stato esposto il seguente
Quesito
La società ALFA, in qualità di committente ed esportatore abituale, nell’anno 2014 ha inviato al proprio fornitore e cedente una dichiarazione di intento per la non applicazione dell’IVA, ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
L’Agenzia delle entrate, nel 2017, ha emesso un avviso di accertamento con il quale ha contestato la violazione del citato articolo 8, comma 1, lettera c), del D.P.R. n. 633 del 1972 e le parti hanno sottoscritto un accordo conciliativo ai sensi dell’articolo 48 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, con conseguente pagamento dell’IVA accertata.
Tanto premesso, l’istante chiede se sia possibile portare in detrazione l’imposta versata, ai sensi dell’articolo 60 del D.P.R. n. 633 del 1972.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’istante ritiene di poter detrarre quanto corrisposto per effetto della conciliazione, nel rispetto del principio di neutralità dell’IVA. A sostegno di tale tesi richiama la circolare del 17 dicembre 2013, n. 35/E, ove si precisa che, nel caso di splafonamento, assumendo il cessionario la veste di debitore d’imposta, lo stesso ha diritto alla detrazione di quanto versato a seguito di avviso di accertamento e sua definizione, secondo quanto previsto dall’articolo 60 del D.P.R. n. 633 del 1972. L’istante è dell’avviso che la possibilità di emettere un’autofattura riportante i dati dell’avviso di accertamento e del pagamento effettuato, da registrare sul registro IVA acquisti usufruendo, così, di una detrazione pari all’importo versato per sola IVA, sia consentita ogni volta che ci sia un errato utilizzo del plafond.
Parere dell’Agenzia delle Entrate
Ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera c), del D.P.R. n. 633 del 1972, nell’ambito delle cessioni all’esportazione, è consentito all’esportatore abituale di acquistare o importare beni e servizi senza applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, nei limiti del plafond disponibile.
Tale meccanismo consente di evitare o di ridurre il fisiologico costituirsi di una strutturale posizione di credito IVA per i soggetti che effettuano sistematicamente operazioni con l’estero, i quali si troverebbero permanentemente nella situazione di chiedere a rimborso l’IVA assolta sugli acquisti non avendo la possibilità di addebitare l’imposta nei confronti del cessionario.
Per poter usufruire del beneficio dell’utilizzo del plafond, l’esportatore abituale è tenuto a trasmettere telematicamente all’Agenzia delle entrate un’apposita dichiarazione attestante la volontà di avvalersi di tale facoltà (c.d. “dichiarazione di intento”) e, successivamente, a curarne la consegna al fornitore o in dogana.
Quanto al fornitore, lo stesso può effettuare operazioni senza applicazione dell’IVA una volta ricevuta la dichiarazione di intento corredata della citata ricevuta e acquisita la prova dell’intervenuta trasmissione della medesima all’Agenzia delle entrate da parte dell’esportatore.
L’articolo 60, settimo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, introdotto dall’articolo 93, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, prevede che “Il contribuente ha diritto di rivalersi dell’imposta o della maggiore imposta relativa ad avvisi di accertamento o rettifica nei confronti dei cessionari dei beni o dei committenti dei servizi soltanto a seguito del pagamento dell’imposta o della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi. In tal caso, il cessionario o il committente può esercitare il diritto alla detrazione, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui ha corrisposto l’imposta o la maggiore imposta addebitata in via di rivalsa ed alle condizioni esistenti al momento di effettuazione della originaria operazione”.
Come già chiarito con la risoluzione del 14 settembre 2016, n. 75/E, la citata disposizione, introdotta per “garantire la conformità delle disposizioni interne ai principi di neutralità e di detrazione, previsti dalla normativa comunitaria in termini di caratteristiche immanenti all’intero sistema dell’IVA”, consente al contribuente, che ha subito un accertamento ai fini IVA, di riaddebitare a titolo di rivalsa al cessionario/committente la maggiore imposta accertata e versata.
Con la circolare del 17 dicembre 2013, n. 35/E, sono stati già forniti chiarimenti in merito alla modalità con cui esercitare la rivalsa e la detrazione dell’IVA pagata a seguito di accertamento.
Con riferimento all’ipotesi in cui siano stati contestati acquisti senza il pagamento dell’imposta oltre il limite del plafond disponibile, la citata circolare n. 35/E del 2013 ha riconosciuto all’esportatore abituale la possibilità di esercitare direttamente il diritto alla detrazione dell’IVA pagata a seguito di accertamento. Ciò in quanto, “la responsabilità dell’esportatore abituale costituisce una deroga al principio, delineato dall’articolo 17 del DPR n. 633 del 1972, secondo cui l’IVA è dovuta dal cedente/prestatore, previo addebito dell’imposta alla controparte a titolo di rivalsa, ed è detraibile, ai sensi dell’articolo 19, del DPR n. 633 del 1972, dal cessionario/committente”. Di conseguenza, “sebbene l’articolo 60, settimo comma, del DPR 26 ottobre 1972, n. 633 preveda l’esercizio della detrazione da parte del cessionario o del committente a seguito della rivalsa operata in fattura dal cedente o dal prestatore, la tutela del principio di neutralità del tributo impone che la facoltà di detrarre l’IVA pagata in sede di accertamento, sia riconosciuta anche nelle ipotesi in cui, in deroga alle comuni regole di funzionamento del tributo, sia debitore d’imposta il cessionario/committente in luogo del cedente/prestatore”.
Tanto premesso, poiché il cessionario/committente, in esito alla conciliazione conclusa ai sensi dell’articolo 48 del D.Lgs. n. 546 del 1992, ha versato l’intero ammontare dell’IVA dovuta in qualità di debitore d’imposta, nonché delle sanzioni e degli interessi, tornano applicabili i chiarimenti resi con la circolare n. 35/E del 2013 sopra richiamati.
La società istante può, dunque, operare la detrazione dell’imposta versata – in assenza di limitazioni al suo esercizio e nei termini e con le modalità di cui al citato articolo 60, settimo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972 – prescindendo dall’emissione dell’autofattura.
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