AGENZIA delle ENTRATE – Circolare n. 5/E del 24 febbraio 2023
Chiarimenti sulle modifiche alla disciplina del Patent Box – Articolo 6 del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146
Indice
PREMESSA
1. DEFINIZIONI
2. NUOVO REGIME PATENT BOX
3. AMBITO SOGGETTIVO
3.1 Cause di esclusione
3.2 Consorzi e reti di imprese
3.3 Modalità di accesso
3.4 Entrata in vigore e regime transitorio
4. AMBITO OGGETTIVO
4.1 Beni immateriali agevolabili
4.1.1 Software protetto da copyright
4.1.2 Brevetti industriali
4.1.3 Disegni e modelli giuridicamente tutelati
4.2 Attività rilevanti
4.3 Concetto di attività rilevanti ai fini del meccanismo premiale
4.4 Spese agevolabili
4.5 Spese agevolabili ai fini del meccanismo premiale
5. CALCOLO DELL’AGEVOLAZIONE
6. DOCUMENTAZIONE IDONEA
6.1 Sezione A
6.2 Sezione B
6.3 Documentazione idonea per le PMI
7. EFFICACIA DELLA DOCUMENTAZIONE
7.1 Giudizio di idoneità
7.2 Vizi di natura formale della documentazione – Tardività o assenza della marca temporale
8. DIRITTO DI INTERPELLO
9. RISPOSTE A QUESITI
PREMESSA
Con l’articolo 6 (NOTA 1) del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146 (nel seguito “D.L. 146/21”) (NOTA 2), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, è stato introdotto un nuovo regime agevolativo opzionale, collegato all’utilizzo nell’ambito di un’attività di impresa di specifici beni immateriali da parte del titolare del diritto al loro sfruttamento economico. Tale nuovo regime agevolativo ha sostituito quello disciplinato dall’articolo 1, commi da 37 a 45, della legge 23 dicembre 2014, n.190, che era stato novellato dall’articolo 4, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 28 giugno 2019, n. 58.
Successivamente, la legge 30 dicembre 2021, n. 234 (c.d. Legge di Bilancio 2022), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale Serie generale n. 310 del 31 dicembre 2021, ha apportato delle modifiche al predetto articolo 6 del D.L. n. 146/21.
Il regime agevolativo opzionale introdotto con la nuova norma consente, al soggetto titolare del diritto allo sfruttamento economico di alcune specifiche tipologie di beni immateriali impiegati nelle attività d’impresa, una deduzione fiscale maggiorata delle spese sostenute nello svolgimento di attività di ricerca e sviluppo agli stessi beni riferibili.
Con il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, protocollo n. 48243/2022 del 15 febbraio 2022 (di seguito il “Provvedimento”), emanato ai sensi dell’articolo 6 del D.L. n. 146/21, sono state adottate le disposizioni attuative della norma.
Il presente documento, dopo aver illustrato le finalità della norma e le caratteristiche del nuovo regime, fornisce chiarimenti in relazione ai seguenti aspetti:
a) impianto generale dell’istituto;
b) requisiti e modalità di accesso al regime, con riferimento all’ambito sia soggettivo sia oggettivo;
c) condizioni per beneficiare dell’esimente sanzionatoria, nel caso di rettifiche della maggiorazione dedotta da parte dell’Amministrazione finanziaria;
d) soluzioni interpretative adottate in relazione a questioni legate all’eventuale “transito” dal precedente al nuovo regime Patent box.
Si coglie l’occasione della emanazione della presente circolare per pubblicare le risposte a specifici quesiti aventi a oggetto l’agevolazione in oggetto, alcune delle quali sono state rese nel corso degli incontri con la stampa specializzata.
Il presente documento di prassi, infine, tiene conto dei contributi inviati dagli operatori in esito alla consultazione pubblica sullo schema di circolare conclusasi in data 3 febbraio 2023.
1. DEFINIZIONI
Ai fini dell’applicazione della presente circolare, valgono le seguenti definizioni:
i. per “articolo 6” si intende l’articolo 6 del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, successivamente modificato dalla legge 30 dicembre 2021, n. 234, con efficacia decorrente dal 31 dicembre 2021;
ii. per “Provvedimento” si intende il provvedimento emanato dal Direttore dell’Agenzia delle entrate il 15 febbraio 2022, protocollo n. 48243/2022, attuativo delle disposizioni contenute nell’articolo 6;
iii. per “nuovo regime Patent box” si intende il regime opzionale di cui all’articolo 6;
iv. per “maggiorazione del 110%” si intende il beneficio connesso al nuovo regime Patent box che si sostanzia in una maggiorazione, pari al 110%, da applicare ai costi relativi alle attività di ricerca e sviluppo, di cui ai commi 3 e 4 dell’articolo 6 e che consente al contribuente di operare una variazione in diminuzione rilevante ai fini della determinazione del reddito imponibile e del valore dellaproduzione netta, da assumersi secondo il loro trattamento fiscale;
v. per “opzione nuovo PB” si intende l’opzione disciplinata dai commi 1 e 8 dell’articolo 6;
vi. per “precedente regime Patent box” si intende il regime opzionale di tassazione agevolata, introdotto dall’articolo 1, commi da 37 a 45, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, e successive modificazioni, come disciplinato dai decreti attuativi interministeriali del 30 luglio 2015 e del 28 novembre 2017;
vii. per “opzione PB” (opzione Patent Box) si intende l’opzione di durata quinquennale prevista dal precedente regime Patent Box;
viii. per “regime OD” (regime Oneri Documentali), si intende il regime opzionale di tassazione agevolata introdotto con l’articolo 4 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, le cui disposizioni attuative sono state adottate con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 30 luglio 2019, prot. n. 658445;
ix. per “opzione OD” (opzione Oneri Documentali) si intende l’opzione di durata annuale prevista dal regime OD, esercitabile previo esercizio dell’opzione PB;
x. per “opzione OD nuovo PB” si intende l’esercizio della facoltà di predisporre la documentazione di cui al comma 6 dell’articolo 6;
xi. per “beni immateriali agevolabili” si intendono i beni ricompresi nel comma 3 dell’articolo 6, come specificati nel punto 2 del Provvedimento;
xii. per “attività rilevanti” si intendono le attività di cui ai commi 3 e 4 dell’articolo 6, come specificate nel punto 3 del Provvedimento;
xiii. per “meccanismo premiale” si intende il meccanismo applicativo previsto dal comma 10-bis dell’articolo 6, che consente, nel periodo di imposta in cui un bene immateriale agevolabile ottiene un titolo di privativa industriale, di applicare la maggiorazione del 110% ai costi di ricerca e sviluppo che hanno contribuito alla creazione del bene, purché detti costi siano sostenuti negli otto periodi di imposta precedenti a quello in cui viene rilasciato il suddetto titolo di privativa;
xiv. per “attività di ricerca e sviluppo rilevanti ai fini del meccanismo premiale” si intendono le attività di ricerca e sviluppo di cui al comma 10-bis dell’articolo 6, come specificate nel punto 5 del Provvedimento;
xv. per “TUIR” si intende il Testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;
xvi. per “documentazione idonea” si intende la documentazione di cui al comma 6 dell’articolo 6 che, al ricorrere delle condizioni dallo stesso previste, consente al contribuente di non essere assoggettato alla sanzione di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471;
xvii. per “imprese associate” si intendono le società, anche residenti, che, direttamente o indirettamente, controllano l’impresa, sono controllate da essa o dalla stessa società che controlla l’impresa;
xviii.per “investitore” si intende il soggetto titolare del diritto allo sfruttamento economico del bene immateriale agevolabile, il quale realizza gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo nell’ambito della sua attività d’impresa, sostiene i relativi costi, assumendo i rischi e avvalendosi degli eventuali risultati; non rientra nella definizione di investitore il soggetto che, pur essendo titolare del diritto allo sfruttamento economico del bene immateriale agevolabile, non resta inciso dai costi sostenuti nell’effettuazione dei suddetti investimenti in attività di ricerca e sviluppo o, comunque, non sopporta il rischio degli investimenti, né acquisisce i benefici dell’attività di ricerca e sviluppo svolta;
xix. per “assunzione del rischio” si intende l’effettivo svolgimento di attività che implicano il controllo del rischio, secondo i principi e i criteri di cui ai Capitoli I e VI delle Linee Guida emanate dall’OCSE in materia di prezzi di trasferimento per le amministrazioni fiscali e le imprese multinazionali;
xx. per “microimprese, piccole e medie imprese” o “PMI”, si intendono i soggetti qualificabili come tali ai sensi della Raccomandazione della Commissione delle Comunità europee 2003/361/CE”;
xxi. per “Ufficio competente”, si intende l’ufficio competente ad emettere il provvedimento impositivo di rettifica del reddito e di irrogazione delle relative sanzioni;
xxii. per “Decreto MISE” si intende il decreto 26 maggio 2020 del Ministero dello Sviluppo economico, recante le disposizioni applicative dei crediti d’imposta per le attività di ricerca e sviluppo, di innovazione tecnologica, di design e ideazione estetica.
2. NUOVO REGIME PATENT BOX
Il nuovo regime Patent box rientra nell’alveo dei regimi, introdotti anche in altri Stati, finalizzati a incentivare la creazione e lo sfruttamento economico di beni immateriali nell’esercizio di attività di impresa.
Tali incentivi valorizzano il ruolo dei beni immateriali nella creazione di valore aggiunto, in quanto fondamentali nello sviluppo della redditività delle imprese.
Le misure di tassazione agevolata correlate all’utilizzo di beni immateriali possono dare luogo a fenomeni di concorrenza fiscale dannosa, tuttavia le stesse sono accettate in ambito OCSE purché siano garantiti determinati requisiti sostanziali posti a tutela delle basi imponibili nazionali. Al fine di evitare artificiose delocalizzazioni del reddito imponibile dai Paesi dove è generato il valore a favore di Stati caratterizzati da una fiscalità agevolata, sono state fornite dall’OCSE raccomandazioni volte a garantire un allineamento degli elementi sostanziali (es. sostenimento dei costi e dei rischi connessi alla ricerca e sviluppo per l’ottenimento, il sostegno e il mantenimento dei beni immateriali) con quelli formali (es. titolarità dei beni immateriali e dei relativi redditi).
In linea con le raccomandazioni OCSE (“Countering Harmful Tax Practices More Effectively, Taking into Account Transparency and Substance”, Action 5, 2015 Final Report”), il nuovo regime Patent box non integra elementi di concorrenza fiscale dannosa, in quanto l’attribuzione dell’agevolazione fiscale è direttamente collegata al sostenimento delle spese per il potenziamento e la creazione dei beni immateriali che generano valore (trattasi in particolare dei cosiddetti regimi “front-end”).
Nello specifico, la novella legislativa ha l’obiettivo di introdurre un meccanismo agevolativo basato su elementi di forte semplificazione, così da rendere più celere e certa, rispetto al precedente regime Patent box, la fruizione di benefici fiscali collegati alla creazione e all’impiego di beni immateriali da parte del contribuente.
Le modifiche introdotte si collocano nell’ambito del processo di semplificazione che aveva interessato il precedente regime Patent box, con l’adozione del regime OD, in ragione della sua estrema complessità applicativa.
Il nuovo regime Patent box, pur mantenendo i principi di base e i requisiti sostanziali del precedente, modifica la struttura del meccanismo agevolativo.
In luogo della parziale detassazione del reddito di impresa derivante dall’impiego di beni intangibili – reddito da individuare con articolati criteri e metodi di calcolo, oltre che, in alcuni casi, a seguito di istruttorie finalizzate alla stipula di accordi conformi a quelli previsti ai sensi dell’articolo 31-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 – il nuovo beneficio si sostanzia in una deduzione fiscale maggiorata dei costi di ricerca e sviluppo riferibili a determinate tipologie di beni immateriali, da esporre nella dichiarazione dei redditi del periodo di imposta di riferimento; l’articolo 6, comma 3, prevede, infatti, che i costi di ricerca e sviluppo sostenuti dai soggetti che hanno esercitato l’opzione nuovo PB «in relazione a software protetto da copyright, brevetti industriali, disegni e modelli, che siano dagli stessi soggetti utilizzati direttamente o indirettamente nello svolgimento della propria attività d’impresa, sono maggiorati del 110 per cento».
Il contribuente, pertanto, beneficia direttamente e autonomamente dell’agevolazione, rinviando il confronto con l’Amministrazione finanziaria all’eventuale successiva fase di controllo che, tuttavia, potrà essere affrontata su un piano tecnicamente di gran lunga meno complesso rispetto al precedente regime. Al fine di non depotenziare le finalità agevolative della norma, è previsto un meccanismo “premiale” che consente ai contribuenti che ottengono, a partire dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2021, un titolo di privativa industriale riferibile a beni immateriali rientranti tra quelli di cui al comma 3 dell’articolo 6, di dedurre in maniera maggiorata anche i costi per le attività di ricerca e sviluppo riferibili a tali beni e sostenuti negli otto periodi di imposta precedenti a quello di ottenimento del predetto titolo di privativa. In assenza di una tale previsione, non sarebbero stati oggetto di agevolazione gli investimenti sostenuti in attività di ricerca e sviluppo da parte delle imprese relativamente a beni immateriali “realizzati” a decorrere dalla data di entrata in vigore dell’agevolazione.
In linea con le soluzioni già individuate nell’ambito del regime OD, anche nel nuovo regime Patent box è stata operata la scelta di prevedere un’esimente sanzionatoria per i contribuenti che forniscano, mediante idonea documentazione predisposta secondo quanto previsto dal Provvedimento, le informazioni necessarie alla determinazione della predetta maggiorazione.
In particolare, in caso di rettifica della maggiorazione da cui derivi una maggiore imposta o un minor credito, la sanzione di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, non si applica qualora nel corso di accessi, ispezioni, verifiche o altra attività istruttoria, il contribuente consegni all’Amministrazione finanziaria detta documentazione.
Analogamente a quanto previsto nell’ambito del regime OD, anche in questo caso il contribuente che detiene la documentazione in argomento ne dà comunicazione all’Amministrazione finanziaria nella dichiarazione relativa al periodo di imposta per il quale beneficia dell’agevolazione, in assenza della quale, come previsto espressamente dall’ultimo periodo del comma 6 dell’articolo 6 del decreto-legge n. 146 del 2021, viene meno l’esimente sanzionatoria.
Il possesso della documentazione idonea può essere comunicato in dichiarazione anche tardivamente, avvalendosi dell’istituto della remissione in bonis, sempre che la violazione non sia stata constatata o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore dell’inadempimento abbia avuto formale conoscenza, e sempreché ricorrano le ulteriori condizioni previste dall’articolo 2, comma 1, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 (nel seguito “D.L. n. 16 del 2012”).
3. AMBITO SOGGETTIVO
L’ambito soggettivo di applicazione del nuovo regime Patent box è individuato dal punto 1 del Provvedimento che, in attuazione dei commi 1 e 2 dell’articolo 6, ammette tra i beneficiari dell’agevolazione i soggetti titolari di reddito d’impresa:
a) le persone fisiche che esercitano imprese commerciali ai sensi dell’articolo 55 del TUIR;
b) i soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del TUIR;
c) i soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera c), del TUIR, relativamente all’attività commerciale eventualmente esercitata;
d) i soggetti di cui all’articolo 5, comma 1, del TUIR, ad eccezione delle società semplici;
e) i soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d), del TUIR residenti in Paesi con i quali sia in vigore un accordo per evitare la doppia imposizione e con i quali lo scambio di informazioni sia effettivo, con stabile organizzazione nel territorio dello Stato alla quale siano attribuibili i beni immateriali oggetto di agevolazione.
È inoltre necessario che i predetti soggetti assumano la veste di “investitori” e, quindi, procedano all’“assunzione del rischio”.
A tal riguardo, si precisa che per “investitori” debbono intendersi coloro che esercitano le attività di ricerca e sviluppo indicate al punto 3 del Provvedimento, e cioè coloro che hanno diritto allo sfruttamento economico del bene immateriale agevolabile – sempre che tale bene venga utilizzato direttamente o indirettamente nello svolgimento dell’attività di impresa e a prescindere dalla titolarità giuridica dello stesso – e che sostengono, rimanendone incisi, i costi relativi agli investimenti effettuati, assumendone i rischi e avvalendosi degli eventuali risultati. Restano, pertanto, esclusi dalla definizione di “investitori” coloro che – pur essendo titolari del diritto allo sfruttamento economico del bene immateriale agevolabile – non restano incisi dai costi sostenuti nell’effettuazione dei suddetti investimenti in attività rilevanti o, comunque, non sopportano il rischio degli investimenti, né acquisiscono i benefici delle attività rilevanti.
Con riferimento alla condizione richiesta dall’articolo 6 secondo la quale i beni agevolabili devono essere «utilizzati direttamente o indirettamente nello svolgimento della propria attività d’impresa», non si può considerare “utilizzato” un bene per il quale è stato ottenuto un titolo di privativa industriale, ma che non viene impiegato nei processi aziendali (ad esempio per ragioni collegate alla mera tutela di quote di mercato).
L’accesso al nuovo regime, come sopra precisato, presuppone lo svolgimento di attività di ricerca e sviluppo rilevanti che siano riferibili ai beni immateriali agevolabili; in tal modo risulta rispettato il principio OCSE c.d. “nexus approach”, secondo il quale, per fruire dell’agevolazione, occorre che colui che esercita l’opzione abbia diritto allo sfruttamento economico dei beni immateriali e svolga attività di ricerca e sviluppo. Ciò consente di collegare il godimento dell’agevolazione all’effettivo svolgimento di un’attività economica nell’ambito della quale venga svolta attività di ricerca che si sostanzia nello sviluppo, manutenzione, protezione e accrescimento del bene stesso.
Sulla base di quanto fin qui esplicitato, possono accedere al nuovo regime Patent box anche i contribuenti che utilizzano il bene immateriale in forza di un contratto di licenza o sub-licenza che conferisca loro il diritto allo sfruttamento economico del bene, fermo restando che devono sussistere tutti i requisiti, soggettivi e oggettivi, e ricorrere tutte le condizioni normativamente previste; il licenziatario o sub-licenziatario deve, dunque, assumere la veste di ‘investitore’, come definito dal Provvedimento, ed esercitare le attività di ricerca e sviluppo rilevanti, sostenendo e restando inciso dei relativi costi.
3.1 Cause di esclusione
Il punto 1.3 del Provvedimento esclude, in ogni caso, dalla possibilità di esercizio dell’opzione nuovo PB e, quindi, dalla fruizione del beneficio le imprese:
a) che determinano il reddito imponibile su base catastale o in modo forfettario;
b) in stato di liquidazione volontaria, fallimento, liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo senza continuità aziendale, o altra procedura concorsuale non finalizzata alla continuazione dell’attività economica prevista dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, dal codice di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, come modificato dal decreto legislativo 17 giugno 2022, n. 83, o da altre leggi speciali, ovvero che abbiano in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni.
Con riferimento alle imprese assoggettate ad amministrazione straordinaria e a concordato preventivo, si ritiene che l’opzione possa essere comunque esercitata qualora la procedura sia finalizzata alla continuazione dell’attività economica. La medesima soluzione si ritiene applicabile anche in ipotesi di concordato fallimentare, nel caso in cui lo stesso non sia finalizzato alla liquidazione dell’attività aziendale ma alla sua continuazione.
Il punto 1.4 del Provvedimento prevede che l’opzione per il nuovo regime Patent box non è efficace se le cause di esclusione previste dal punto 1.3 sopravvengono rispetto all’avvenuto esercizio della medesima opzione; tale perdita di efficacia opera a decorrere dall’inizio del periodo d’imposta in cui la causa di esclusione si verifica.
3.2 Consorzi e reti di imprese
Infine, si precisa che, analogamente a quanto previsto dalla circolare n. 13 del 2017, paragrafo 4.7.1, in tema di credito d’imposta ricerca e sviluppo, possono essere inclusi nel novero delle imprese beneficiarie anche i consorzi e le reti di imprese che riscontrino i requisiti previsti dalla disciplina agevolativa in commento.
Per quanto riguarda i consorzi, occorre distinguere il caso in cui essi effettuino direttamente gli investimenti nell’attività di ricerca e sviluppo dal caso in cui essi siano lo strumento attraverso il quale vengono effettuate, in comune, dette attività. Nel primo caso in cui il consorzio effettui la ricerca in qualità di soggetto “investitore”, sostenendone i costi, sopportando il rischio dell’attività svolta e ritraendone i benefici, l’agevolazione spetta all’ente stesso che ne beneficerà in modo autonomo, avendo riguardo ai costi sostenuti per le attività rilevanti e connessi ai beni immateriali oggetto di agevolazione, previa verifica della sussistenza di tutte le condizioni poste dalla disciplina agevolativa. Qualora, invece, il consorzio, pur svolgendo l’attività di ricerca e sviluppo, non assumesse la veste di soggetto “investitore”, in quanto opera secondo il meccanismo del riaddebito alle imprese consorziate dei costi sopportati, indipendentemente dal fatto che l’ente abbia o meno rilevanza esterna, il rischio dell’investimento grava sulle imprese partecipanti, in relazione alla quota di costi da ciascuna sostenuta attraverso il “ribaltamento” operato dal consorzio. In tale fattispecie, l’agevolazione spetterà a ciascuna impresa consorziata. Conseguentemente, ferma restando la sussistenza di tutte le condizioni poste dalla disciplina agevolativa, ogni impresa consorziata applicherà la maggiorazione del 110% avendo riguardo alla quota di costi di propria competenza.
Nella diversa ipotesi in cui le attività di ricerca e sviluppo siano effettuate da imprese che aderiscono a un “contratto di rete”, occorre distinguere se si tratta di “rete-contratto” o di “rete-soggetto” (cfr. circolare n. 4/E del 15 febbraio 2011 e circolare n. 20/E del 18 giugno 2013). Nel caso in cui la rete di imprese si configuri come “rete-contratto”, ovvero sia priva di autonoma soggettività giuridica (e conseguentemente di autonoma capacità tributaria), gli atti posti in essere in esecuzione del programma comune di rete producono i loro effetti direttamente in capo alle imprese partecipanti, sicché in relazione ai costi relativi ad attività di ricerca e sviluppo eleggibili, fatturati o “ribaltati” alle singole imprese, queste ultime hanno diritto all’agevolazione. In altri termini, nel caso di adozione di un modello contrattuale “puro” di rete di imprese, alla luce della configurazione che assumono i rapporti tra le imprese partecipanti e la “rete”, soggetti “investitori” – e, in quanto tali, beneficiari dell’agevolazione – sono le singole imprese aderenti alla rete. Di conseguenza, l’applicazione della maggiorazione del 110% e la verifica della sussistenza delle condizioni richieste per poter accedere al beneficio riguarderà in modo autonomo ciascuna delle imprese aderenti alla rete.
Nel caso in cui, invece, la rete di imprese si configuri come “rete-soggetto”, cioè, mediante l’iscrizione del contratto di rete nella sezione ordinaria del registro delle imprese, acquisisca autonoma soggettività giuridica (e conseguentemente una capacità giuridica tributaria autonoma rispetto alla capacità giuridica delle singole imprese partecipanti), gli atti posti in essere in esecuzione del programma comune di rete producono i loro effetti direttamente in capo alla “rete-soggetto”. Tale soggetto “distinto”, che diventa un autonomo soggetto passivo di imposta (con tutti i conseguenti obblighi tributari previsti ex lege in materia di imposte dirette e indirette), ai fini fiscali, rientra tra gli enti commerciali o non commerciali di cui all’articolo 73, comma 1, lettere b) e c) del Tuir (a seconda che svolga o meno attività commerciale in via principale o esclusiva). Alla luce di quanto precede e coerentemente con la diversa configurazione che nella “rete-soggetto” assumono i rapporti tra le imprese partecipanti e la “rete”, si può affermare che, nel caso in cui il programma di rete preveda lo svolgimento di attività di ricerca e sviluppo, tali attività e il rischio a esse connesso sono imputabili alla “rete-soggetto”, la quale, risultando essere un’“impresa”, può essere, al ricorrere di tutte le condizioni, il soggetto destinatario dell’agevolazione. La “rete-soggetto”, quindi, applicherà in modo autonomo la maggiorazione del 110%, avendo riguardo ai costi sostenuti per le attività di ricerca e sviluppo rilevanti, effettuate in esecuzione del programma comune di rete, connesse ai beni immateriali oggetto di agevolazione e ferma restando, in capo alla rete stessa, la sussistenza di tutte le condizioni previste dalla disciplina agevolativa in esame.
3.3 Modalità di accesso
L’accesso al nuovo regime Patent box è subordinato all’esercizio di un’opzione da comunicarsi, come previsto al punto 12.1 del Provvedimento, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta al quale la stessa si riferisce.
Tale opzione è irrevocabile, rinnovabile e di durata pari a cinque periodi di imposta. I modelli di dichiarazione dei redditi prevedono che l’opzione è esercitata nel quadro OP, mentre nel quadro RS devono essere fornite informazioni sulla tipologia e sul numero dei beni agevolabili.
Nel caso in cui, in periodi di imposta successivi all’esercizio di una prima opzione, l’impresa intenda richiedere l’agevolazione per un nuovo bene immateriale, ricompreso tra quelli individuati dal comma 3 dall’articolo 6, la stessa dovrà esercitare una nuova opzione nuovo PB, che avrà una durata pari a cinque periodi d’imposta a decorrere dal suo esercizio.
È necessario che il contribuente eserciti una ulteriore opzione nuovo PB anche nel caso in cui il “nuovo bene” che si intende agevolare presenti vincoli di complementarietà con un bene immateriale già agevolato con la precedente opzione. In tale ultima ipotesi, la nuova opzione avrà comunque una durata quinquennale, autonoma rispetto a quella dell’opzione relativa al bene complementare già precedentemente opzionato.
Si precisa che per “nuovo bene” si intende sia un bene venuto ad esistenza successivamente all’esercizio di una prima opzione per il nuovo PB, sia un bene già esistente che il contribuente aveva deciso, inizialmente, di escludere dal perimetro dell’agevolazione.
L’opzione per il nuovo regime Patent box può essere esercitata anche tardivamente, nella dichiarazione presentata entro novanta giorni dal termine ordinario, sia essa configurabile come “dichiarazione tardiva” oppure come “dichiarazione integrativa/sostitutiva” di quella già trasmessa nei termini (cfr. circolare 12 ottobre 2016, n. 42/E).
L’opzione nuovo PB può essere, inoltre, esercitata anche avvalendosi della c.d. “remissione in bonis”, sempre che la violazione non sia stata constatata o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento, delle quali l’autore dell’inadempimento abbia avuto formale conoscenza, e sempreché ricorrano le ulteriori condizioni previste dall’articolo 2, comma 1, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 (nel seguito “D.L. n. 16 del 2012”), ossia, con riferimento alle fattispecie in esame, che il contribuente:
a) abbia i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento;
b) effettui la comunicazione ovvero esegua l’adempimento richiesto entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile;
c) versi contestualmente l’importo pari alla misura minima della sanzione stabilita dall’articolo 11, comma 1, d.lgs. n. 471 del 1997.
Al ricorrere delle sopracitate condizioni, dunque, il contribuente può avvalersi della remissione in bonis sia in relazione all’opzione nuovo PB sia, come si è anticipato al paragrafo 2, all’opzione OD nuovo PB.
Al riguardo, nel richiamare quanto esplicitato nella circolare dell’Agenzia delle entrate n. 38/E del 28 settembre 2012, che ha fornito chiarimenti in merito ad alcune delle semplificazioni degli adempimenti tributari introdotte dall’articolo 2, comma 1, del D.L. n. 16 del 2012, è opportuno chiarire che la possibilità di esercizio tardivo dell’opzione nuovo PB è, in ogni caso, da intendersi subordinata alla circostanza che il contribuente versi in una condizione di “buona fede”. Tale condizione è da escludere qualora l’assolvimento tardivo dell’adempimento di natura formale, costituito dalla comunicazione in dichiarazione dell’opzione, «rappresenti un mero ripensamento, ovvero una scelta a posteriori basata su ragioni di opportunità».
L’esistenza della buona fede presuppone, piuttosto, che il contribuente abbia tenuto un comportamento coerente con il regime opzionale prescelto (c.d. comportamento concludente).
Valga l’esempio di un contribuente che in dichiarazione abbia dedotto in misura maggiorata i costi sostenuti per le attività di ricerca e sviluppo svolte in relazione ai beni immateriali agevolabili ma, per mera dimenticanza, non abbia compilato, in tutto o in parte, gli appositi righi del modello dichiarativo dedicati all’esercizio dell’opzione. In tali ipotesi, il contribuente, in presenza delle altre condizioni previste dalla normativa di riferimento, può porre rimedio al mancato esercizio dell’opzione avvalendosi dell’istituto della “remissione in bonis”.
In relazione all’opzione OD nuovo PB, ai fini dell’utilizzo della remissione in bonis è necessario che il contribuente – quale comportamento coerente con il regime opzionale prescelto – abbia predisposto la documentazione idonea, apponendo sulla stessa la firma elettronica con marca temporale, al più tardi entro il termine di novanta giorni dalla scadenza ordinaria di presentazione della dichiarazione annuale. Ai sensi del secondo periodo del punto 11.2 del Provvedimento, per il primo periodo d’imposta di applicazione del nuovo regime Patent box la firma elettronica con marca temporale può essere apposta entro 6 mesi dalla data di avvenuta presentazione della dichiarazione dei redditi, per tale intendendosi anche la data di avvenuta presentazione della dichiarazione tardiva o integrativa/sostitutiva.
3.4 Entrata in vigore e regime transitorio
L’articolo 6, comma 8, del D.L. 146/21 stabilisce che il nuovo regime Patent box si applica «alle opzioni esercitate con riguardo al periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto e ai successivi periodi d’imposta». Posto che l’articolo 18 del D.L. 146/21 prevede che «il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana» e che tale pubblicazione è avvenuta con la Gazzetta Ufficiale n. 252 del 21 ottobre 2021, il nuovo regime Patent box si applica a partire dal periodo d’imposta in corso al 22 ottobre 2021.
Il successivo comma 10 dell’articolo 6, a seguito delle modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio 2022, ha disposto che non sono più esercitabili le opzioni relative al precedente regime Patent box a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del D.L. 146/21, ossia, come sopra chiarito, a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data del 22 ottobre 2021.
Considerando per semplicità espositiva un contribuente con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, il nuovo regime Patent box si applica a partire dal periodo d’imposta 2021.
Anche i contribuenti con periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare (c.d. periodo d’imposta ‘a cavallo’) dovranno far riferimento al nuovo regime Patent box a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 22 ottobre 2021:
a titolo esemplificativo, in caso di periodo d’imposta che termina il 31 ottobre, sarà possibile esercitare l’opzione nuovo PB a partire dal periodo d’imposta 1° novembre 2020 – 31 ottobre 2021.
Il punto 12.5 del Provvedimento precisa che la preclusione all’esercizio di nuove opzioni per il precedente regime opera anche con riguardo a beni immateriali che presentano un vincolo di complementarietà rispetto a quelli per i quali sia stata già esercitata un’opzione in vigenza del precedente regime Patent box.
Sono, dunque, fatte salve le opzioni PB esercitate per i periodi d’imposta antecedenti a quello in corso alla data di entrata in vigore del citato decreto, ossia entro il periodo d’imposta 2020 (con riferimento all’esempio precedente, in caso di esercizio ‘a cavallo’, entro il periodo d’imposta 1° novembre 2019 – 31 ottobre 2020); conseguentemente, fino al periodo d’imposta 2024 è ammessa una fase transitoria di temporanea convivenza tra precedente e nuovo regime Patent box con riferimento a beni immateriali diversi Il punto 12 del Provvedimento, richiamando le disposizioni del citato comma 10 dell’articolo 6, oltre a disciplinare le modalità di esercizio della nuova opzione, fornisce anche indicazioni su alcune fattispecie che si possono configurare nell’arco di tale periodo, caratterizzato da una possibile sovrapposizione tra i diversi regimi Patent box.
Avuto sempre riguardo a contribuenti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, possono essere individuate le seguenti fattispecie più ricorrenti.
a) Contribuenti che intendono transitare nel nuovo regime Patent box Il punto 12.2 del Provvedimento consente ai contribuenti che, con riferimento al precedente regime Patent box, hanno presentato un’istanza di accesso alla procedura di accordo preventivo o un’istanza di rinnovo di un accordo preventivo già sottoscritto, di transitare, con riferimento ai medesimi beni immateriali oggetto dell’istanza di accesso o di rinnovo, nel nuovo regime Patent box, previa comunicazione di rinuncia alla procedura pendente. Il richiamato punto 12.2 si riferisce ai soggetti che, in vigenza del precedente regime Patent box, hanno presentato istanza di accesso alla procedura di cui all’articolo 31-ter del D.P.R. n. 600 del 1973, in quanto effettuavano un utilizzo diretto, oppure un utilizzo indiretto con imprese associate, dei beni immateriali.
La comunicazione di rinuncia alla prosecuzione della procedura attivata in vigenza del precedente regime PB va trasmessa tramite PEC, o con raccomandata a/r, all’Ufficio presso il quale tale procedura è pendente e deve contenerel’espressa e irrevocabile volontà di rinunciare alla prosecuzione della stessa.
Al riguardo, si ricorda che il nuovo regime Patent box è applicabile a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del DL n. 146/2021. Pertanto, la nuova opzione produce i suoi effetti a partire dal periodo di imposta di esercizio della stessa, con conseguente decadenza del diritto a fruire del beneficio previsto dal precedente regime Patent box.
A titolo esemplificativo, si consideri il caso di un contribuente che voglia rinunciare a una procedura di accordo preventivo in corso, attivata con un’istanza presentata nell’anno 2018 cui ha fatto seguito l’opzione PB esercitata nel 2019 (con la dichiarazione relativa al periodo d’imposta 2018); in tal caso, il contribuente che, nel corso del 2022, intenda transitare nel nuovo regime Patent box dovrà innanzitutto manifestare la propria volontà di rinunciare alla procedura attivata nel 2018 – mediante comunicazione trasmessa, tramite PEC o con raccomandata a/r, all’Ufficio presso il quale è pendente la procedura relativa al precedente regime Patent box – e successivamente esercitare un’opzione nuovo PB nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta 2022 (da presentare nel 2023). Tale nuova opzione produrrà i suoi effetti a partire dal periodo di imposta di esercizio della stessa (nell’esempio, periodo di imposta 2022), mentre l’opzione esercitata con riguardo al periodo di imposta nel 2018 non produrrà alcun effetto.
Si osserva che la facoltà di transitare nel nuovo regime è riconosciuta purché non sia stato ancora sottoscritto con l’Agenzia un accordo a conclusione della “procedura pendente”, intendendosi, per tale, una procedura per la quale non sia stato adottato un provvedimento di formale chiusura per mancato accordo o quella per la quale l’istanza di accesso non sia decaduta per mancata integrazione della documentazione nei termini previsti dalla relativa disciplina.
Inoltre, non si considera pendente una procedura dichiarata dall’Ufficio inammissibile o improcedibile in via definitiva.
La rinuncia al precedente regime Patent box deve essere comunicata anche barrando le apposite caselle contenute nei modelli di dichiarazione.
Qualora sia pendente una procedura di accordo occorrerà, altresì, indicare i riferimenti utili per l’individuazione dell’istanza in questione, vale a dire il numero di protocollo della stessa.
La comunicazione di rinuncia al precedente regime Patent box va effettuata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in corso alla data in cui viene comunicata la rinuncia all’Ufficio, nei termini ordinariamente previsti o, in caso di dichiarazione tardiva o sostitutiva/integrativa, entro il maggior termine di 90 giorni.
Il punto 12.4 del Provvedimento prevede un’ulteriore ipotesi in cui è possibile transitare dal vecchio al nuovo regime e riguarda coloro che hanno esercitato l’opzione PB ma non ricadono né nella previsione di cui al punto 12.2 – vale a dire i contribuenti che hanno presentato l’istanza di ruling per l’utilizzo diretto o per l’utilizzo indiretto con imprese associate – né in quella di cui al punto 12.3 – vale a dire i contribuenti che in caso di utilizzo diretto hanno esercitato l’opzione OD, che possono solo permanere nel precedente regime.
I soggetti che ricadono nel punto 12.4 sono dunque coloro che, in vigenza del precedente regime Patent box, effettuavano un utilizzo indiretto dei beni immateriali e autoliquidavano l’agevolazione, sia per scelta in caso di utilizzo con imprese associate, sia come regime naturale in caso di utilizzo con parti terze: in entrambi i casi, il mero esercizio dell’opzione nuovo PB, secondo le modalità previste dal punto 12.1 del Provvedimento, ha come effetto la tacita revoca dell’opzione per il precedente regime Patent box e l’ingresso nel nuovo regime.
A titolo esemplificativo, si consideri il caso di un contribuente che con la dichiarazione dei redditi 2020, relativa al periodo di imposta 2019, ha esercitato l’opzione per il precedente regime Patent box in quanto effettuava un utilizzo indiretto dei beni immateriali autoliquidando la relativa agevolazione; se nel corso del 2022 tale contribuente intende transitare nel nuovo regime Patent box, è sufficiente che manifesti detta volontà mediante esercizio dell’opzione nuovo PB nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta 2022 (da presentare nel 2023). Tale nuova opzione produrrà i suoi effetti a partire dal periodo di imposta di esercizio della stessa (nell’esempio periodo di imposta 2022), fermo restando l’agevolazione fruita per i periodi di imposta 2019, 2020 e 2021.
La volontà di rinunciare a precedenti opzioni PB opera con riferimento a tutti i beni immateriali cui si riferiscono le opzioni esercitate in vigenza del precedente regime.
b) Contribuenti che permangono nel precedente regime Patent box Come già accennato, il comma 10 dell’articolo 6, nel consentire di aderire al nuovo regime Patent box a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del D.L. 146/21, previa rinuncia ad un’eventuale procedura pendente, ammette anche la possibilità di permanere nel precedente regime Patent box, a condizione che sia stata validamente esercitata un’opzione PB relativa ai periodi d’imposta antecedenti al 2021; resta, dunque, ferma la possibilità, per coloro che intendano addivenire ad un accordo preventivo con l’Amministrazione finanziaria, di concludere una procedura già avviata.
Si ritiene inoltre possibile presentare una nuova istanza di accesso alla procedura di accordo con riferimento a un’opzione PB già validamente esercitata entro il periodo d’imposta 2020. Occorre, tuttavia, precisare che il periodo di vigenza di eventuali accordi, che vengano sottoscritti con riferimento al quinquennio di validità dell’opzione PB, non potrà andare oltre il termine che risulta dal combinato disposto della previsione contenuta nell’articolo 1, comma 37, della Legge di stabilità 2015, che ha sancito la valenza quinquennale dell’opzione PB, e di quanto previsto nel primo periodo del comma 10 dell’articolo 6 in merito al divieto di esercizio di una nuova opzione PB e di una nuova opzione OD, con riferimento al periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del D.L. 146/2021.
Esemplificando, in ipotesi di periodo di imposta coincidente con l’anno solare, considerato che la novella legislativa si applica a partire dal 2021, il termine ultimo di vigenza di un accordo preventivo stipulato secondo le disposizioni del precedente regime Patent box è il periodo di imposta 2024 (considerato che l’ultima opzione può essere stata esercitata entro il periodo di imposta 2020).
Nell’ipotesi in cui il contribuente, in presenza dell’opzione PB esercitata con riferimento al periodo di imposta 2020, non abbia presentato alcuna istanza di accordo ha la possibilità di presentare, nel corso del quinquennio di validità dell’opzione PB, un’istanza di accordo la cui efficacia non può protrarsi oltre il 2024 (a nulla rilevando la data della sua presentazione nel corso del quinquennio).
Con particolare riguardo ai contribuenti che, con riferimento ai periodi d’imposta antecedenti al periodo 2021, abbiano esercitato sia una valida opzione PB che una valida opzione OD, vale a dire i soggetti che operavano un utilizzo diretto dell’intangibile e hanno optato per il regime di autoliquidazione OD, l’articolo 6, comma 10, terzo periodo non consente di transitare nel nuovo regime Patent box dovendo questi soggetti permanere nel precedente regime Patent box per tutta la durata del periodo di riferimento dell’opzione PB.
In tal caso, poiché il periodo di efficacia dell’opzione OD segue quello dell’opzione PB, il punto 12.3 del Provvedimento prevede che, a decorrere dal periodo d’imposta 2021, non sarà più necessario esercitare annualmente una nuova opzione OD, in quanto l’opzione esercitata entro il periodo d’imposta 2020 si considera efficace per i residui anni del quinquennio.
A titolo esemplificativo, nel caso di esercizio di un’opzione PB e un’opzione OD con riferimento al periodo di imposta 2020, il contribuente – in considerazione della valenza quinquennale dell’opzione PB – deve continuare ad autoliquidare l’agevolazione beneficiando del regime OD sino al periodo di imposta 2024.
Resta inteso che il contribuente sarà ad ogni modo tenuto a predisporre per ciascun anno la documentazione idonea prevista dal regime OD, giacché tale onere, in caso di utilizzo diretto del bene agevolabile, rappresenta una condizione di accesso allo stesso regime OD; a tal riguardo si ricorda che in caso di utilizzo indiretto la predisposizione della documentazione idonea consente solo di fruire di un’esimente sanzionatoria.
Analogamente a quanto previsto per l’opzione OD, anche la comunicazione del possesso della documentazione idonea nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta 2020 si considererà valida fino allo scadere del quinquennio cui si riferisce l’opzione PB.
In sintesi, si ribadisce che l’ultimo periodo del comma 10 dell’art. 6 escludedalla possibilità di transitare al nuovo regime Patent box i soggetti che abbiano aderito al regime OD, nonché i soggetti che abbiano presentato istanza di accesso alla procedura di cui all’art. 31-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, ovvero istanza di rinnovo, e abbiano sottoscritto un accordo preventivo a conclusione di dette procedure.
Nel primo caso, il contribuente dovrà permanere nel precedente regime Patent box, ma potrà scegliere di continuare ad autoliquidare il beneficio fino alla naturale scadenza del quinquennio, così come chiarito al punto 12.3 del Provvedimento o, in alternativa, di presentare un’istanza di accesso alla procedura di accordo per i residui anni del quinquennio di validità dell’opzione PB.
Nel secondo caso, il contribuente potrà solo fruire del precedente regime Patent box secondo le regole e i criteri definiti nell’ambito dell’accordo preventivo sottoscritto.
Si chiarisce, inoltre, che per ‘istanze di rinnovo’ ci si riferisce alle istanze presentate al fine di rinnovare gli accordi già sottoscritti, il cui quinquennio di vigenza termina nel periodo d’imposta 2019. Infatti, gli accordi già sottoscritti per i quali il termine della vigenza quinquennale termina nel 2020 non sono più rinnovabili, non essendo possibile esercitare l’opzione PB per il precedente regime a partire dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del D.L. 146/2021. A nulla rileva la circostanza che tali istanze siano state dichiarate ammissibili nel periodo antecedente all’entrata in vigore del citato decreto, giacché anche la fruizione del precedente regime Patent box per gli accordi da rinnovare era subordinata all’esercizio di una valida opzione PB, non più esercitabile a partire dal 2021.
4. AMBITO OGGETTIVO
4.1 Beni immateriali agevolabili
Il comma 3 dell’articolo 6 definisce l’ambito oggettivo del nuovo regime Patent box ricomprendendovi tre tipologie di beni immateriali. Tale ambito è stato ulteriormente delineato nel punto 2.1 del Provvedimento, ove si precisa che i beni immateriali agevolabili sono i seguenti:
a) software protetto da copyright;
b) brevetti industriali – ivi inclusi i brevetti per invenzione, le invenzioni biotecnologiche e i relativi certificati complementari di protezione – i brevetti per modello d’utilità, nonché i brevetti e certificati per varietà vegetali e le topografie di prodotti a semiconduttori;
c) disegni e modelli, giuridicamente tutelati;
d) due o più beni immateriali tra quelli indicati nelle precedenti lettere da
a) a c), collegati tra loro da un vincolo di complementarietà, tale per cui la realizzazione di un prodotto o di una famiglia di prodotti, o di un processo, o di un gruppo di processi, sia subordinata all’uso congiunto degli stessi.
Le definizioni dei beni immateriali agevolabili sono coerenti con quelle già illustrate nella Circolare n. 11/E del 2016.
Analogamente a quanto previsto nel precedente regime Patent box (nonché nel regime OD), il Provvedimento conferma che, per la definizione dei beni immateriali di cui al punto 2.1 e dei requisiti richiesti per la loro esistenza e protezione, occorre fare riferimento alle norme nazionali, dell’Unione europea ed internazionali e a quelle contenute in regolamenti dell’Unione europea, trattati e convenzioni internazionali in materia di proprietà industriale e intellettuale applicabili nel relativo territorio di protezione.
È utile ricordare, come precisato in diversi documenti di prassi (cfr. Circolare 9/E del 2016 e, per quanto di maggiore interesse, Circolare 31/E del 2020) che non rientrano nell’ambito applicativo delle istanze di interpello di cui all’articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212, quelle volte a ottenere un parere in ordine alla circostanza che un determinato bene rientri tra quelli immateriali agevolabili, in quanto tale indagine presuppone l’esperimento di attività di natura “tecnica” che non rientrano nella competenza dell’Agenzia delle entrate bensì in quella del Ministero delle Imprese e del made in Italy.
Ciò posto, sulla scorta della prassi interpretativa che si è consolidata in vigenza del precedente regime PB, si forniscono di seguito alcuni chiarimenti di carattere generale.
4.1.1 Software protetto da copyright
Per “software protetto da copyright”, la cui tutela è garantita dalla Legge 22 aprile 1941, n. 633 (c.d. legge sul diritto di autore), si intendono i programmi per elaboratore, in qualunque forma espressi, purché originali e quale risultato di creazione intellettuale dell’autore.
Restano esclusi dalla tutela accordata dalla legge sul diritto di autore le idee e i principi che stanno alla base di qualsiasi elemento di un programma, compresi quelli alla base delle sue interfacce. Il termine programma comprende anche il materiale preparatorio per la progettazione del programma stesso.
La prova della esistenza del software può risultare da una dichiarazione sostitutiva, resa ai sensi del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, da detenere e consegnare all’Amministrazione Finanziaria nel corso di accessi, ispezioni o verifiche o di altra attività istruttoria; tale dichiarazione, resa nella consapevolezza delle sanzioni penali applicabili nel caso di dichiarazioni non veritiere, di formazione o uso di atti falsi, richiamate dall’articolo 76 del d.P.R. citato, attesta la titolarità dei diritti esclusivi su di esso in capo al richiedente, a titolo originario o derivativo (in questo secondo caso specificando il negozio da cui deriva l’acquisto), e la sussistenza dei requisiti di tutela sopra individuati di originalità e creatività tali da poter essere identificati come opere dell’ingegno.
La dichiarazione deve altresì contenere la descrizione del programma per elaboratore a cui può essere allegata copia del programma su supporto ottico non modificabile, conformemente alle previsioni dell’articolo 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 gennaio 1994, n. 244 in materia di registro pubblico speciale per i programmi per elaboratore.
4.1.2 Brevetti industriali
Per “brevetti industriali” si intendono:
a) i brevetti per invenzione;
b) i brevetti per modello di utilità;
c) i brevetti per nuove varietà vegetali;
d) le topografie di prodotti a semiconduttori;
e) il certificato complementare per prodotti medicinali;
f) il certificato complementare per prodotti fitosanitari.
I predetti titoli di proprietà industriale sono concessi dai competenti Uffici nazionali per la proprietà industriale dei diversi Stati, da uffici comunitari o Organismi internazionali, variamente denominati.
Nel caso di avvenuta concessione del titolo di proprietà industriale (in qualunque modo denominato), rilasciato dall’Ufficio competente, la prova è costituita dal relativo attestato; devono inoltre essere forniti i riferimenti delle eventuali banche dati da cui è possibile desumere le predette informazioni o estrarre i relativi documenti.
A differenza di quanto previsto dal precedente regime Patent box (e nel regime OD) e, in particolare, di quanto indicato nei relativi decreti attuativi, nel regime in commento non rientrano i brevetti “in corso di concessione”, ovvero quelli per i quali sia depositata presso i competenti Uffici la domanda di rilascio del brevetto, ma non sia stato ancora emesso il relativo titolo di privativa industriale. Per converso, l’ottenimento della privativa industriale – a partire dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del D.L. 146/2021 (2021, se il periodo d’imposta coincide con l’anno solare) – consente di beneficiare del meccanismo premiale rendendo agevolabili i costi sostenuti negli otto periodi di imposta precedenti per realizzare il brevetto industriale.
4.1.3 Disegni e modelli giuridicamente tutelati
Per disegni e modelli “giuridicamente tutelati”, si intendono:
a) i disegni e modelli registrati;
b) i disegni e modelli comunitari non registrati che possiedano i requisiti di registrabilità, la cui tutela dura per un periodo di tre anni decorrente dalla data in cui il disegno o modello è stato divulgato al pubblico per la prima volta nella Comunità (di cui all’articolo 11 del Regolamento CE n. 6/2002 del Consiglio, del 12 dicembre 2001, su disegni e modelli comunitari);
c) il disegno industriale che presenti di per sé carattere creativo e valore artistico (ai sensi dell’articolo 2, comma 1, n. 10, della legge 22 aprile 1941, n. 633 in materia di diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio).
Nel caso di cui alla lettera a), la prova di avvenuta registrazione è costituita dal relativo attestato (in qualunque modo denominato), rilasciato dall’Ufficio competente. In sede di controllo, devono essere forniti i riferimenti delle eventuali banche dati da cui è possibile desumere le predette informazioni o estrarre i relativi documenti.
Negli altri casi – lett. b) e c) – la prova dell’esistenza del bene può risultare da una dichiarazione sostitutiva, resa ai sensi del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, da detenere e consegnare all’Amministrazione Finanziaria nel corso di accessi, ispezioni o verifiche o di altra attività istruttoria; tale dichiarazione, resa nella consapevolezza delle sanzioni penali applicabili nel caso di dichiarazioni non veritiere, di formazione o uso di atti falsi, richiamate dall’articolo 76 del d.P.R. citato, attesta la titolarità dei diritti esclusivi sul bene in capo al richiedente, a titolo originario o derivativo (in questo secondo caso specificando il negozio da cui deriva l’acquisto), e la sussistenza dei rispettivi requisiti di tutela sopra descritti in relazione al regolamento (CE) n. 6/2002 sui disegni e modelli comunitari e alla legge sul diritto d’autore e indica inoltre: (i) per il disegno e modello comunitario non registrato, la data e l’evento in cui il disegno o modello è stato divulgato al pubblico per la prima volta nella Comunità; e (ii) per il disegno industriale protetto dal diritto d’autore, il nome dell’autore e, se questi non è vivente, la data della morte.
4.2 Attività rilevanti
Le attività rilevanti sono quelle da cui derivano i costi che possono essere oggetto della maggiorazione del 110%.
Il Provvedimento, nell’attuare la disposizione normativa, richiama il contenuto del Decreto MISE (oggi MIMIT) e definisce, al punto 3, quali “attività rilevanti”:
a) le attività classificabili come ricerca industriale e sviluppo sperimentale ai sensi dell’articolo 2 del Decreto MISE;
b) le attività classificabili come innovazione tecnologica ai sensi dell’articolo 3 del Decreto MISE;
c) le attività classificabili come design e ideazione estetica ai sensi dell’articolo 4 del Decreto MISE;
d) le attività di tutela legale dei diritti sui beni immateriali.
Si ricorda che le predette definizioni si ispirano, sul piano tecnico, ai principi generali e ai criteri elaborati dal c.d. Manuale di Frascati dell’OCSE per le rilevazioni statistiche nazionali delle spese per ricerca e sviluppo in relazione alle attività di cui alla lettera a) e dal c.d. Manuale di Oslo dell’OCSE per l’innovazione tecnologica.
Con riferimento alle attività classificabili come “design e ideazione estetica”, il sopracitato articolo 4 del Decreto MISE effettua un richiamo generale ai medesimi concetti valevoli nell’ambito del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, per la registrazione di disegni e modelli.
Il riferimento al Decreto Mise ai fini della qualificazione delle attività rilevanti non esaurisce l’ambito di applicazione del nuovo regime Patent box, essendo l’agevolazione rivolta anche ai soggetti che esercitano attività finalizzate alla protezione e alla tutela legale dei beni immateriali, come previsto al punto d) dell’articolo 3 del Provvedimento.
Ai sensi del successivo punto 3.2 del Provvedimento, rientrano tra le attività rilevanti anche «quelle svolte mediante contratti di ricerca stipulati con università, enti di ricerca e organismi equiparati, nonché con società diverse da quelle che, direttamente o indirettamente, controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa».
Per la sussistenza del requisito del controllo, il Provvedimento specifica che si debba tenere conto anche delle partecipazioni, dei titoli o dei diritti posseduti dai familiari individuati ai sensi dell’articolo 5, comma 5, del TUIR. Viene precisato inoltre che, nello svolgimento delle attività commissionate, i commissionari indipendenti non possono avvalersi di imprese appartenenti al medesimo gruppo dell’impresa committente.
A tale riguardo, si rammenta che con la risposta n. 159 del 24 gennaio 2023 è stato chiarito che, in linea con le raccomandazioni dell’OCSE (“Countering Harmful Tax Practices More Effectively, Taking into Account Transparency and Substance”, Action 5, 2015 Final Report”) e con il precedente regime Patent box, i costi sostenuti da parte di una società del gruppo per prestazioni rese da soggetti terzi, inerenti ad attività di ricerca e sviluppo rilevanti, e meramente riaddebitati all’investitore (c.d. costi pass-through), sono agevolabili fino a concorrenza dell’ammontare degli stessi, purché ricorrano tutte le altre condizioni per godere dell’agevolazione e, in particolare, i requisiti di cui al punto 3.3 del Provvedimento.
Nel caso di ricerca commissionata a soggetti terzi, è previsto comunque che le attività di ricerca e sviluppo debbano essere svolte sotto la direzione tecnica dell’investitore, utilizzando il personale di quest’ultimo. In particolare, il contratto stipulato per lo svolgimento delle attività di ricerca e sviluppo deve prevedere che il rischio, tecnico e finanziario, di insuccesso sia posto a carico dell’investitore, con la conseguenza che non risultano – in linea di principio – agevolabili le spese derivanti da contratti aventi ad oggetto un obbligo di risultato.
Il Provvedimento stabilisce inoltre che le attività da cui originano le spese di ricerca e sviluppo debbano essere effettuate in laboratori, o strutture, situati nel territorio dello Stato italiano, in Stati appartenenti all’Unione europea, in Stati aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, ovvero in Paesi che consentano un adeguato scambio di informazioni ai sensi del DM 4 settembre 1996.
Come precisato dal punto 3.4 del Provvedimento, qualora l’attività di ricerca e sviluppo sia svolta da un commissionario, quest’ultimo, nonché qualsiasi eventuale sub-commissionario, deve essere fiscalmente residente negli Stati di cui al precedente periodo.
Come già indicato al precedente paragrafo 3, il Provvedimento, in linea con la ratio sottesa alla norma agevolativa, richiede, tra i requisiti soggettivi che devono sussistere in capo al contribuente per poter fruire della maggiorazione del 110%, il possesso della natura di “investitore”. Tale requisito presuppone che il contribuente che intende beneficiare dell’agevolazione in esame, oltre ad essere titolare del diritto allo sfruttamento economico del bene immateriale agevolabile, realizzi gli investimenti in “attività rilevanti” nell’ambito della sua attività d’impresa, sostenga i relativi costi e assuma i rischi di tali investimento, beneficiando degli eventuali risultati. Per converso, non può assume la qualifica di “investitore”, il soggetto che, pur essendo titolare del diritto allo sfruttamento economico del bene immateriale agevolabile, non resti inciso dai costi sostenuti nell’effettuazione dei suddetti investimenti in attività rilevanti o, comunque, non sopporti il rischio degli investimenti e non acquisisca i benefici dell’attività di ricerca e sviluppo svolta.
La novella legislativa, infatti, indipendentemente dalla circostanza che le attività di ricerca e sviluppo siano svolte direttamente all’interno dell’azienda o siano in tutto o in parte esternalizzate a terzi indipendenti, presuppone l’effettuazione di investimenti, volti a creare e potenziare alcune tipologie di beni intangibili da impiegare nelle attività di impresa, in relazione ai quali l’investitore deve gestire e mantenere la piena assunzione dei rischi tecnici e finanziari, cui è collegato il godimento degli eventuali futuri benefici, compresi quelli di natura fiscale.
La qualità di investitore, come previsto dal romanino xii) delle definizioni recate dal Provvedimento, assume una peculiare rilevanza laddove il contribuente rivesta anche il ruolo di committente, che demanda in tutto o in parte a terzi indipendenti lo svolgimento delle attività di ricerca volte alla creazione e/o al mantenimento dei beni immateriali agevolabili. In tali ipotesi, è fondamentale la dimostrazione, in capo al committente, della direzione tecnica e dell’assunzione di tutti i rischi, di tipo tecnico, operativo e finanziario connessi all’investimento effettuato, nonché il sostenimento dei relativi costi, di cui lo stesso committente deve restare definitivamente inciso. L’assunzione e il pieno controllo di tali rischi da parte del contribuente e quindi la sua natura di investitore è, in linea di principio, solitamente riscontrabile nei casi di attività di ricerca e sviluppo svolta intra muros.
Resta inteso che, ai fini della fruizione dell’agevolazione, le attività di ricerca e sviluppo, comunque siano svolte, devono essere non solo pertinenti all’attività d’impresa esercitata dal contribuente, ma anche direttamente ed effettivamente correlate ai progetti e ai piani di investimento volti al potenziamento, sviluppo, mantenimento e sfruttamento dei beni immateriali agevolabili.
4.3 Concetto di attività rilevanti ai fini del meccanismo premiale
Ai sensi del comma 10-bis dell’articolo 6 «Qualora in uno o più periodi d’imposta le spese di cui ai commi 3 e 4 siano sostenute in vista della creazione di una o più immobilizzazioni immateriali rientranti tra quelle di cui al comma 3, il contribuente può usufruire della maggiorazione del 110 per cento di dette spese a decorrere dal periodo d’imposta in cui l’immobilizzazione immateriale ottiene un titolo di privativa industriale. La maggiorazione del 110 per cento non può essere applicata alle spese sostenute prima dell’ottavo periodo d’imposta antecedente a quello nel quale l’immobilizzazione immateriale ottiene un titolo di privativa industriale».
In attuazione della previsione normativa, il Provvedimento definisce il “meccanismo premiale” riprendendo il disposto del predetto comma 10-bis precisando, altresì, che in relazione a tale meccanismo, rientrano tra le attività rilevanti oltre a quelle già riportate nel paragrafo precedente anche quelle:
– di ricerca fondamentale indicate all’articolo 2, lettera a), del Decreto MISE;
– di ideazione e realizzazione del software protetto da copyright.
Per la puntualizzazione dei criteri per la corretta applicazione, sul piano tecnico, delle definizioni di cui sopra si rinvia alle previsioni del decreto MISE.
L’ampliamento delle attività rilevanti in relazione al “meccanismo premiale” – coerentemente con la ratio della norma – è funzionale al recupero di quelle attività di ricerca, e di conseguenza dei costi, svolte al fine della creazione del bene immateriale e dell’ottenimento del titolo di privativa industriale.
Si precisa, al riguardo, come chiarito anche al paragrafo 2, che il comma 10-bis consente la fruizione del meccanismo premiale a decorrere dal periodo d’imposta in cui il contribuente ha ottenuto il titolo di privativa industriale.
Pertanto, con riferimento ai disegni e modelli non registrati – agevolabili a partire dal periodo d’imposta in corso alla data di prima divulgazione al pubblico – è possibile procedere al recupero dei costi precedentemente sostenuti soltanto dal momento in cui viene ottenuto il titolo di privativa industriale, mediante registrazione. In tali casi, resta fermo che, in sede di applicazione del meccanismo premiale, non è possibile agevolare spese per le quali il beneficio è stato già fruito nel periodo d’imposta in cui è avvenuta la divulgazione al pubblico.
Per quel che concerne le attività di ideazione e realizzazione del software, ancorché per tale bene non sia possibile ottenere un titolo di privativa industriale, requisito espressamente richiesto dal comma 10-bis dell’articolo 6, in quanto la protezione è garantita dalla legge sul diritto d’autore a partire dal momento della creazione dell’opera, si ritiene che tali attività possano considerarsi rilevanti ai fini del meccanismo premiale nel caso in cui il bene sia stato registrato presso l’apposito pubblico ufficio istituito presso la SIAE.
In riferimento al software, dunque, si potrà beneficiare del meccanismo premiale a partire dal periodo di imposta in corso alla data di registrazione del bene presso la SIAE. Pur non rappresentando tale adempimento un obbligo ai fini della protezione e tutela del bene, lo stesso presuppone la sussistenza dei requisiti di tutela sopra individuati di originalità e creatività tali da poter qualificare il bene tra le opere dell’ingegno. Resta ferma la possibilità di dimostrare la sussistenza dei requisiti oggettivi anche provando l’avvenuta registrazione presso altri enti o organismi pubblici, purché la stessa produca effetti equivalenti a quella effettuata presso la SIAE.
Per quanto attiene alla fruizione dell’agevolazione in via ‘ordinaria’, si rinvia quanto precisato al paragrafo 4.1.1.
Infine, si chiarisce, per quel che concerne la concreta attuazione delle disposizioni dell’articolo 5 del Provvedimento, che, in linea di principio, il comma 10-bis dell’articolo 6 non disciplina espressamente la cumulabilità o meno ai fini del “meccanismo premiale” delle spese sostenute in relazione allo svolgimento di attività rilevanti per la creazione di una o più delle immobilizzazioni immateriali previste dal comma 3 del citato articolo 6, che abbiano già contribuito alla determinazione dell’agevolazione prevista dal precedente regime Patent box.
Tuttavia, al fine di evitare effetti duplicativi connessi alla circostanza che le medesime spese assumano rilevanza sia ai fini della determinazione dell’agevolazione prevista dal precedente regime Patent box, sia nell’ambito del meccanismo premiale previsto dal citato comma 10-bis, l’articolo 5 del Provvedimento di attuazione ha chiarito che non sono ricomprese tra le attività rilevanti che hanno contribuito alla creazione del bene per cui spetta la maggiorazione del 110 per cento «quelle che hanno concorso alla formazione del numeratore del rapporto di cui all’articolo 1, comma 42, della legge 23 dicembre 2014, n. 190».
Pertanto, nel derogare al principio generale di cui al comma 10-bis dell’articolo 6, la richiamata previsione di cui all’articolo 5 del Provvedimento intende evitare che – nel passaggio dal precedente regime Patent box alla nuova agevolazione – la medesima attività rilevante possa consentire allo stesso contribuente di fruire di più agevolazioni.
Ne consegue che, tenuto conto che il fenomeno che l’articolo 5 del Provvedimento intende contrastare è quello della duplicazione di agevolazioni, si ritiene che la sterilizzazione dei costi, ivi prevista, non si applichi nelle ipotesi in cui tale duplicazione non si sia, in concreto, verificata, come, ad esempio, laddove, nell’ambito del precedente regime Patent box», il contributo economico relativo ai beni cui si riferiscono le attività rilevanti sia stato sempre negativo.
Il punto 5.4 del Provvedimento stabilisce, altresì, che in caso di operazioni straordinarie – anche fiscalmente realizzative (cessioni di azienda o di suoi rami) che comportano il trasferimento dell’azienda, o del ramo di azienda, cui sono riferibili le spese oggetto del meccanismo premiale – il soggetto che acquisisce la titolarità dell’azienda o del ramo di azienda (avente causa nell’operazione straordinaria), ha il diritto, nel periodo di imposta in cui viene ottenuto il titolo di privativa industriale, di beneficiare del meccanismo premiale e, quindi, di apportare la variazione in diminuzione pari al 110% dell’importo delle predette spese anche se sostenute dal dante causa, purché ricorrano le condizioni previste dalla normativa e sussistano i requisiti soggettivi e oggettivi in capo al soggetto titolare dell’azienda. In definitiva, in base alla previsione di cui al punto 5.4 del Provvedimento, i costi, ai quali si applica la maggiorazione al verificarsi delle condizioni per l’applicazione del meccanismo premiale, si qualificano, ai sensi dell’articolo 173, comma 4, del TUIR, quali posizioni soggettive specificamente connesse all’azienda o al ramo di azienda che ha svolto le attività rilevanti. Ai fini dell’individuazione delle operazioni straordinarie rilevanti ai fini del punto 5.4 del Provvedimento, si rinvia ai chiarimenti resi con la circolare dell’Agenzia delle entrate n. 10 del 16 maggio 2018.
Per quanto attiene al momento di fruizione del meccanismo premiale: il comma 10-bis introduce quale condizione necessaria per la fruizione di questa ulteriore maggiorazione l’ottenimento del titolo di privativa industriale («[…] a decorrere dal periodo d’imposta in cui l’immobilizzazione immateriale ottiene un titolo di privativa industriale»). In merito occorre precisare che, in termini generali, il primo periodo d’imposta nel quale è possibile usufruire dell’agevolazione (come già precisato al paragrafo 3) è quello di effettivo utilizzo del bene immateriale, che potrebbe anche avvenire in un periodo d’imposta successivo a quello in cui è stato ottenuto il titolo di privativa industriale. Resta inteso che, ai fini del meccanismo premiale, la maggiorazione si applica ai costi sostenuti negli otto periodi d’imposta precedenti a quello in cui viene ottenuto il titolo di privativa industriale.
4.4 Spese agevolabili
Il punto 4.1 del Provvedimento, riprendendo testualmente la previsione di cui all’articolo 6, comma 4, del DL n. 146 del 2021, indica le spese che rilevano ai fini della determinazione della base di calcolo cui applicare la maggiorazione del 110%; dette spese sono rilevanti a condizione che non siano state generate nell’ambito di relazioni commerciali intrattenute con società che, direttamente o indirettamente, controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa.
Analogamente a quanto previsto per le correlate “attività rilevanti”, fermo restando il rispetto dei principi generali di effettività, inerenza e congruità delle spese, anche per l’individuazione dei criteri per l’identificazione e quantificazione di tali spese si applicano le regole previste dal Decreto MISE; in particolare, trova applicazione, come espressamente indicato al punto 4.5 del Provvedimento, anche la previsione di cui al comma 6 dell’articolo 6 del citato decreto, in relazione alle prestazioni lavorative direttamente riferibili alle attività ammissibili al credito d’imposta rese da amministratori o soci di società o enti.
Come già chiarito in tema di attività rilevanti, la disciplina del nuovo Patent box, in linea con il precedente regime, intende agevolare anche le spese sostenute per la tutela e la protezione dei beni immateriali, nonché per la prevenzione di possibili attività di contraffazione e per la gestione di contenziosi finalizzati alla tutela dei diritti sui beni (cfr. lettera e) dell’articolo 4.1 del Provvedimento).
I costi oggetto di maggiorazione – assunti al netto di eventuali contributi ricevuti dall’impresa per il loro finanziamento – rilevano nel loro ammontare fiscalmente deducibile e sono imputati, ai fini del calcolo della maggiorazione del 110%, a ciascun periodo di imposta in applicazione del principio di competenza di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 109 del TUIR, indipendentemente dai regimi e dai principi contabili adottati dall’impresa, nonché dall’eventuale capitalizzazione degli stessi costi.
Il punto 4.1 del Provvedimento prevede, inoltre, l’irrilevanza, nella quantificazione delle spese ammissibili alla maggiorazione, di eventuali effetti riconducibili a operazioni di rivalutazione o riallineamento.
Resta inteso che possono essere oggetto della deduzione maggiorata solo le spese per attività rilevanti correlabili al bene agevolabile; quando tali spese si riferiscono solo in parte alle attività rilevanti, le stesse potranno essere maggiorate limitatamente alla quota riferibile a tale utilizzo, ad eccezione delle spese indicate alla lettera e) del punto 4.1 del Provvedimento. Allo stesso modo, qualora le spese riferibili alle attività rilevanti siano correlate a più beni immateriali (cc.dd. spese promiscue) e l’investitore intenda chiedere l’agevolazione Patent box soltanto per uno, o alcuni di tali beni, oggetto di deduzione maggiorata sarà solo la parte di tali spese riferibile al bene o ai beni agevolati. A tale proposito, il Provvedimento, al punto 7.4, romanino i), lett. b) prevede che il contribuente sia tenuto a predisporre una dichiarazione, sottoscritta dal rappresentante legale ed eventualmente dal prestatore di lavoro, che individui il criterio di ripartizione, oggettivo e verificabile, dei citati costi tra le diverse attività. Non sono dunque ammessi criteri meramente forfetari, ma richiede che, alla base della costruzione dei driver in questione, vi siano elementi oggettivi e riscontrabili, coerenti con la specifica realtà aziendale del contribuente.
A ulteriore chiarimento della tipologia delle spese riferibili ad attività rilevanti, si precisa che non possono rientrare tra le stesse quelle di tipo amministrativo, le spese generali o comunque i costi sostenuti a beneficio dell’intera struttura aziendale e non, quindi, riferibili direttamente alle attività rilevanti collegate ai beni immateriali agevolabili.
4.5 Spese agevolabili ai fini del meccanismo premiale
Il Provvedimento individua la natura delle spese riferibili alle attività rilevanti e specifica quelle agevolabili ai fini del meccanismo premiale.
Al riguardo, il punto 6.1 del Provvedimento prevede che «Ai fini della determinazione della base di calcolo cui applicare, in caso di attivazione del meccanismo premiale, la maggiorazione del 110%, rilevano le spese di cui al punto 4 – fatta eccezione per quelli di cui al punto 4.1 lettera e) – e le spese necessarie all’ottenimento del titolo di privativa».
Ad esclusione, pertanto, delle spese connesse al mantenimento, al rinnovo alla scadenza e alla protezione dei diritti su beni immateriali agevolati, che sono collegate a beni intangibili già esistenti, le spese da maggiorare ai fini del meccanismo premiale hanno la stessa natura di quelle di cui al paragrafo precedente, cui si aggiungono le spese necessarie all’ottenimento del titolo di privativa industriale.
In linea con la risposte fornite dall’Agenzia delle entrate in occasione di incontri con la stampa specializzata, riprese nel paragrafo 9, si chiarisce inoltre che, essendo il nuovo regime agevolativo fruibile a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del D.L. 146/2021, il meccanismo premiale trova applicazione in relazione ai beni il cui titolo di privativa è stato conseguito a partire dal periodo d’imposta 2021 (in caso di periodo d’imposta coincidente con l’anno solare).
Conseguentemente, se il diritto di privativa è stato acquisito nel 2020 o in anni precedenti (il riferimento è da intendersi sempre a periodi di imposta coincidenti con l’anno solare), il meccanismo premiale non sarà fruibile e il contribuente, nel periodo d’imposta 2021, potrà maggiorare esclusivamente le spese agevolabili ai sensi del punto 4 del Provvedimento, sostenute nel medesimo anno.
È utile, inoltre, precisare che assumono rilevanza nell’ambito del meccanismo premiale le spese agevolabili se e nella misura in cui sia possibile dimostrare il loro collegamento con lo specifico bene immateriale che ottiene il titolo di privativa.
Per quel che concerne, infine, eventuali spese connesse a beni immateriali oggetto di registrazione in diversi Paesi, ai fini dell’applicazione del meccanismo premiale la privativa industriale si considera conseguita nell’anno della prima registrazione del bene. In coerenza con quanto previsto dal punto 2.2 del Provvedimento – secondo cui «per la definizione dei beni immateriali di cui al punto 2.1 e dei requisiti richiesti per la loro esistenza e protezione si fa riferimento alle norme nazionali, dell’Unione europea ed internazionali e a quelle contenute in regolamenti dell’Unione europea, trattati e convenzioni internazionali in materia di proprietà industriale e intellettuale applicabili nel relativo territorio di protezione» – si precisa che la registrazione rileva ai fini della disciplina in commento se eseguita in Paesi dell’Unione europea o in Paesi con i quali sono in vigore i predetti trattati e convenzioni internazionali.
Il tema del meccanismo premiale impone di coordinare la disciplina del nuovo regime Patent box con quella del credito d’imposta ricerca e sviluppo contenuta nell’articolo 1, commi da 199 a 206, della legge 27 dicembre 2019, n. 160.
In particolare, occorre considerare che il comma 203 prevede che «per le attività di ricerca e sviluppo previste dal comma 200, il credito d’imposta è riconosciuto […] in misura pari al 20 per cento della relativa base di calcolo, assunta al netto delle altre sovvenzioni o dei contributi a qualunque titolo ricevuti per le stesse spese ammissibili».
Al riguardo, si ritiene che il nuovo Patent box rientri nel novero «delle altre sovvenzioni o dei contributi a qualunque titolo ricevuti», analogamente a quanto già sostenuto nella Circolare n. 13 del 13 maggio 2022, ove è stato precisato che per «sussidio deve interventi qualsiasi beneficio economico (fiscale e non fiscale)». Pertanto, ove i medesimi costi considerati ammissibili ai fini della maturazione del credito d’imposta in questione, siano riferibili anche ad una delle attività rilevanti ai fini del riconoscimento del nuovo Patent box e, sempreché in relazione agli stessi, il contribuente decida di avvalersi del meccanismo premiale, si ritiene che, in tali ipotesi, i costi, sui quali è stata applicata la maggiorazione prevista dalla nuova agevolazione, debbano essere riconsiderati ai fini della determinazione del credito d’imposta in questione. A tal fine, i predetti costi devono esseri assunti al netto dell’imposta sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive riferibili alla variazione in diminuzione derivante dalla maggiorazione del 110% del costo ammesso al nuovo regime Patent box.
L’applicazione di tale interpretazione ai periodi d’imposta interessati dal meccanismo premiale comporta la restituzione del credito d’imposta disciplinato dalla richiamata legge n. 160 del 2019, eventualmente già fruito; tale restituzione deve avvenire senza applicazione di sanzioni e interessi in quanto al momento della fruizione del credito d’imposta il contribuente si è conformato alle disposizioni contenute nella disciplina del credito d’imposta al momento applicabili.
Per completezza di trattazione, si rileva che il medesimo obbligo di restituzione del credito d’imposta ricerca e sviluppo debba essere effettuato anche quando il contribuente fruisce della maggiorazione “ordinaria” prevista dall’articolo 6.
5. CALCOLO DELL’AGEVOLAZIONE
Il nuovo regime Patent box consiste in una variazione in diminuzione – operabile ai fini IRPEF o IRES, nonché ai fini IRAP – per la cui determinazione, in termini generali, occorre maggiorare del 110% le spese agevolabili, come definite al paragrafo 4.4 del presente documento e riconducibili alle attività rilevanti individuate al precedente paragrafo 4.2.
Più in particolare, come già accennato, il Provvedimento, al punto 4.3 dispone che, fermo restando i principi generali di effettività, inerenza e congruità, le spese agevolabili, oggetto di maggiorazione, devono essere individuate applicando quale regola generale i principi sanciti dall’art. 109, commi 1 e 2 del TUIR, indipendentemente dai regimi contabili e principi contabili adottati, nonché dall’eventuale capitalizzazione di dette spese.
Valgano i seguenti esempi di calcolo:
Esempio n.1:
Si ipotizzi il caso di un contribuente che, sulla base della stima della vita utile di un bene strumentale, utilizzato nell’ambito dell’attività di ricerca, stia ammortizzando il relativo costo di acquisizione pari a euro 1.000, applicando un coefficiente di ammortamento civilistico del 25%. Si ipotizzi inoltre che, in relazione a tale bene, i coefficienti previsti dal decreto ministeriale 31 dicembre 1988, cui fa riferimento l’art. 102 del TUIR, prevedano un coefficiente del 20%.
Il contribuente, nel caso di specie, prescindendo dal comportamento civilistico assunto sulla base delle disposizioni dei principi contabili adottati, potrà maggiorare la quota d’ammortamento nei limiti massimi consentiti fiscalmente, ossia euro 200 (20% di 1000), anziché euro 250 (25% di 1.000), imputati a conto economico. Di conseguenza in dichiarazione dei redditi potrà operare una variazione in diminuzione di euro 220 (110% della quota di ammortamento fiscalmente deducibile pari a 200). Resta inteso che nel periodo di imposta in cui l’ammortamento civilistico risulta concluso, ma prosegue l’ammortamento fiscale, il contribuente potrà continuare a maggiorare la quota di ammortamento fiscalmente dedotta fino a esaurimento del costo fiscalmente riconosciuto.
Nell’ipotesi in cui invece la quota di ammortamento civilistico dovesse risultare inferiore a quella massima consentita ai fini fiscali in applicazione dei coefficienti previsti dal richiamato decreto ministeriale, si ritiene che la maggiorazione si applichi sulla quota di ammortamento civilistico, fiscalmente rilevante in base al principio di derivazione di cui all’articolo 83 del TUIR.
Esempio n.2:
Si ipotizzi un secondo caso in cui il contribuente, in ossequio ai principi contabili adottati, abbia capitalizzato, sussistendone tutte le condizioni normativamente previste, i costi sostenuti di € 1.000 in ciascuno anno compreso nel periodo dal 2012 al 2021 per la creazione di un bene immateriale, decidendo di ammortizzarli nel momento in cui detto bene sia disponibile per l’utilizzo. Il contribuente, nel caso di specie, sarà tenuto, ai fini di una corretta tracciatura e successiva maggiorazione delle spese agevolabili, ad imputare temporalmente detti costi, ai fini dell’applicazione del meccanismo premiale, applicando i principi sanciti dall’articolo 109, commi 1 e 2 del TUIR, non rilevando, a tali fini, come precisato dal punto 4.3 del Provvedimento, la loro capitalizzazione A titolo esemplificativo, se i costi si riferiscono a prestazioni di servizi, gli stessi si considerano sostenuti alla data in cui tali prestazioni, secondo quanto disposto dall’art. 109, c. 2, lett. b) del TUIR, sono ultimate, a nulla rilevando la circostanza che il contribuente abbia capitalizzato e sottoposto successivamente ad ammortamento dette spese.
Al fine di chiarire ulteriormente come opera il meccanismo premiale previsto al comma 10-bis dell’articolo 6, si precisa che se, come nel caso esemplificato, il contribuente in questione ha sostenuto tali costi nel periodo dal 2012 al 2020, per un importo pari a € 1.000 per ciascun anno, e ha ottenuto il titolo di privativa, relativo al bene sviluppato, nel 2021, in tale ultimo anno potranno essere maggiorate le spese imputabili temporalmente ai periodi d’imposta dal 2013 al 2020, in applicazione delle regole di competenza disposte dall’articolo 109 del TUIR. Non potranno, pertanto, essere oggetto di maggiorazione le spese per servizi ultimati nell’anno 2012, indipendentemente dal fatto che dette spese siano state capitalizzate e ammortizzate a partire dal 2021. Più specificamente, rileveranno ai fini della maggiorazione € 8.000, sostenuti dal 2013 al 2020, che genereranno una variazione in diminuzione di € 8.800, da operare nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta 2021, mentre non assumerà alcun rilievo l’importo capitalizzato in applicazione dei principi contabili di € 9.000 sostenuto dal 2012 al 2020.
Resta inteso che, in base al punto 4.4 del Provvedimento, le quote di ammortamento relative alle spese capitalizzate, nei limiti in cui queste ultime abbiano beneficiato della maggiorazione derivante dall’applicazione del meccanismo premiale, non potranno più rilevare ai fini dell’applicazione delle agevolazioni previste dal nuovo PB e, ciò al fine di evitare fenomeni di duplicazione.
6. DOCUMENTAZIONE IDONEA
Il comma 6 dell’articolo 6 prevede la possibilità di predisporre idonea documentazione, contenente tutte le informazioni necessarie alla corretta determinazione e calcolo della maggiorazione del 110%, al fine di godere di un’esimente sanzionatoria in caso di rettifiche da cui derivi una maggiore imposta o un minor credito.
Il punto 7 del Provvedimento detta le disposizioni attuative di tale previsione. In particolare, il punto 7.1 del Provvedimento dispone che «Nel caso di recupero a tassazione in tutto o in parte della maggiorazione dedotta, non è applicabile la sanzione prevista dall’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, qualora il contribuente abbia predisposto la documentazione idonea relativa alle attività rilevanti e alle spese sostenute per il loro svolgimento».
La predisposizione della documentazione idonea si configura come mera facoltà del contribuente, alla quale si riconduce la possibilità per lo stesso di fruire dell’esimente sanzionatoria, nei casi e alle condizioni normativamente previste. La mancata predisposizione della documentazione idonea, di contro, non comporta la preclusione all’accesso al nuovo regime Patent box, ma in caso di recupero a tassazione, in tutto o in parte, della maggiorazione dedotta dal contribuente non trova applicazione l’esimente sanzionatoria.
La documentazione deve essere articolata in due sezioni, la Sezione A e la Sezione B, che esprimono le fasi in cui, idealmente, è articolato il processo di valutazione della sussistenza di requisiti e condizioni richiesti per la fruizione del nuovo regime Patent box e per la relativa quantificazione.
Le due sezioni hanno contenuti correlati, sia pure di diversa natura:
a) un primo insieme di informazioni, presenti nella Sezione A, è volto a delineare e descrivere il contesto operativo e funzionale dell’azienda, con particolare riguardo alla tipologia e alle modalità di svolgimento delle attività rilevanti;
b) un secondo gruppo di informazioni, inserito nella Sezione B, mira a validare, supportare e giustificare, sotto il profilo contabile e fiscale, quanto rilevato nella precedente sezione e, di conseguenza, permette di effettuare il riscontro del processo di quantificazione del beneficio.
Nel seguito si forniscono chiarimenti in merito ad alcuni dei contenuti informativi indicati nelle predette sezioni.
6.1 Sezione A
Il punto 7.3 del Provvedimento specifica il contenuto della Sezione A. Il set informativo presente in tale sezione è finalizzato a ricostruire, in primo luogo, il contesto organizzativo, funzionale e di rischio del contribuente attraverso note, organigrammi e schede tecniche. Tale ricostruzione avviene mediante l’esame delle informazioni riportate nei romanini i), iv) e vi) del predetto punto 7.3.
Un secondo gruppo di informazioni, invece, e segnatamente quelle riportate nei romanini ii), iii) e v), è maggiormente focalizzato sui presupposti e sugli elementi di base del meccanismo agevolativo.
Si precisa che il contribuente, al fine di identificare e provare la sussistenza dei requisiti oggettivi, può inserire in tale sezione le dichiarazioni sostitutive ai sensi del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, illustrate ai paragrafi 4.1.1 e 4.1.3 della presente circolare.
Nel complesso, comunque, le informazioni riportate nella Sezione A sono volte a dimostrare, con il supporto di documentazione oggettivamente riscontrabile, la qualifica di investitore del contribuente, lo svolgimento di attività rilevanti in relazione alle quali ricorre l’assunzione del rischio e la specifica riferibilità e riconducibilità delle predette attività rilevanti ai beni immateriali oggetto di agevolazione.
6.2 Sezione B
Il punto 7.4 del Provvedimento individua il contenuto della Sezione B. Le informazioni da fornire in tale sezione attengono più specificamente alla rilevazione delle componenti di calcolo dell’agevolazione. In particolare, la predisposizione di schede intestate ai beni immateriali, anche desunte dalla contabilità analitica, di prospetti contabili, di fogli presenza, di dichiarazioni ufficiali di responsabili d’azienda, etc., consente di ricostruire in relazione all’investitore il processo di quantificazione dell’agevolazione.
Tra le informazioni da riportare in tale sezione, assumono particolare rilevanza le schede intestate ai singoli beni immateriali, di cui al romanino i) del punto 7.4 del Provvedimento, che riportano le spese agevolabili sostenute in relazione ad attività rilevanti riconducibili a tali beni; tali schede sono predisposte, in particolare, per consentire il riscontro dell’esistenza di un collegamento diretto tra le spese agevolabili e il bene immateriale, a prescindere dalla circostanza che si tratti di costi direttamente riferibili al bene immateriale o di costi di natura promiscua, in quanto riconducibili anche ad altri beni immateriali.
Inoltre, sempre nell’ambito delle informazioni da indicare nella sezione B, il contribuente è tenuto a predisporre un prospetto di calcolo che, con riferimento alla variazione in diminuzione indicata in dichiarazione, dia evidenza del processo di quantificazione del beneficio, distintamente per ciascun bene immateriale.
Resta inteso che, nel caso in cui il contribuente si sia avvalso anche del meccanismo premiale previsto dal comma 10-bis dell’articolo 6, va redatto uno specifico prospetto che illustri il processo di determinazione della corrispondente quota della variazione in diminuzione.
In ogni caso, il contribuente è tenuto a conservare, con riferimento ai costi sulla base dei quali è stata calcolata la variazione in diminuzione, tutta la documentazione contabile ed extracontabile utile a dimostrare l’effettività, l’inerenza e la congruità degli stessi.
In ultimo, analogamente a quanto previsto in tema di costi promiscui e sempre solo con riferimento ai periodi d’imposta dal 2013 al 2020, eventualmente interessati dal meccanismo premiale, si considera ammissibile una ulteriore semplificazione con riguardo alla predisposizione dei fogli presenza nominativi di cui al punto i) lett. a) dell’articolo 7.4 del Provvedimento, già prevista nella disciplina sul credito d’imposta ricerca e sviluppo, che si sostanzia nella possibilità di sostituire i predetti fogli con un documento riepilogativo, con cadenza mensile, che riporti le ore impiegate nell’attività di ricerca e sviluppo, firmato anche solo dal rappresentante legale ovvero dal responsabile dell’attività di ricerca.
Anche in merito ai costi promiscui di cui al punto i. lettera b) del medesimo articolo 7.4 del Provvedimento, la dichiarazione potrà essere sottoscritta solo dal rappresentante legale ovvero dal responsabile dell’attività di ricerca.
6.3 Documentazione idonea per le PMI
Il punto 8 del Provvedimento, in linea di continuità con quanto previsto dal precedente regime Patent box e dal regime OD, conferma l’ammissibilità di un approccio semplificato, nella predisposizione del corredo informativo, per le micro, piccole e medie imprese (PMI).
In particolare, il citato punto del Provvedimento prescrive che «Le micro-50 imprese e le piccole e medie imprese possono predisporre le Sezioni A e B di cui al punto 7 in forma semplificata, fornendo informazioni equipollenti a quelle ivi indicate, coerentemente con le dimensioni della propria struttura organizzativa e operativa».
In termini generali, le PMI, pur dovendo comunque fornire, nella documentazione eventualmente predisposta, le informazioni necessarie a ricostruire in maniera analitica il percorso logico e di calcolo seguito nella determinazione della maggiorazione del 110%, possono predisporre un set informativo più “leggero”, in considerazione delle ridotte dimensioni della struttura aziendale, sotto il profilo contabile, organizzativo e funzionale.
Ad ulteriore chiarimento delle disposizioni attuative del Provvedimento, si precisa che l’approccio semplificato potrà essere più evidente qualora la PMI sia autonoma, ovvero qualora, secondo la definizione fornita nella raccomandazione della Commissione Europea 200/361/CE, non sia classificabile quale impresa collegata o associata ad altre imprese in termini di partecipazioni e, quindi, svincolata da logiche di gruppo nello svolgimento della propria attività di impresa.
Resta inteso, pertanto, che le PMI possono modulare e adattare il set informativo, costituente la documentazione idonea, alle specifiche caratteristiche contabili e dimensionali dell’azienda, purché vengano fornite informazioni equipollenti a quelle previste dal punto 7 del Provvedimento.
Il concetto di equipollenza, in continuità con quanto previsto nel regime OD, va inteso in un’ottica sostanziale, avendo come riferimento la finalità ultima delle informazioni richieste nelle Sezioni A e B, ovvero consentire agli addetti al controllo di riscontrare la correttezza delle modalità seguite nella determinazione dell’agevolazione e, nello specifico, della variazione in diminuzione effettuata dal contribuente.
7. EFFICACIA DELLA DOCUMENTAZIONE
Il punto 11 del Provvedimento disciplina “forma, estensione e condizioni di efficacia della Documentazione idonea”. Particolare rilevanza rivestono le ipotesi di inefficacia della documentazione che comportano, in caso di rettifiche della deduzione maggiorata operata dagli organi di controllo, l’applicazione della sanzione prevista dalla normativa di riferimento.
In termini generali, è previsto che la documentazione sia redatta in lingua italiana; è tuttavia ammesso che eventuali elementi conoscitivi e dati che si riferiscono ad operazioni con imprese associate estere, o parti terze estere, possano essere presentati in lingua inglese.
Il corredo documentale, inoltre, va predisposto per ciascun periodo di imposta per il quale è stata esercitata l’opzione OD nuovo PB e produce i suoi effetti esclusivamente con riferimento a tale periodo. Inoltre, la documentazione deve essere conservata fino allo scadere del termine di decadenza per l’accertamento disciplinato dall’articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.
Ad ulteriore chiarimento delle disposizioni attuative del Provvedimento, si precisa che la documentazione può essere esibita anche in formato cartaceo, in occasione dello svolgimento di attività di controllo; tale circostanza non pregiudica l’applicazione dell’esimente sanzionatoria prevista dal comma 6 dell’articolo 6, a condizione che la stessa sia resa disponibile in formato elettronico entro un termine congruo assegnato dagli incaricati all’attività di controllo.
Il Provvedimento prevede, inoltre, che la documentazione debba essere firmata dal legale rappresentante del contribuente o da un suo delegato mediante firma elettronica con marca temporale, da apporre entro la data di presentazione della dichiarazione dei redditi.
In caso di presentazione di una dichiarazione integrativa a norma dell’articolo 2, comma 8 del d.P.R. n. 322 del 1998, rettificativa della variazione in diminuzione calcolata ai fini dell’agevolazione, è consentito anche integrare o modificare la documentazione idonea predisposta con riferimento alla predetta variazione. In tal caso, la documentazione, così come modificata o integrata, dovrà essere firmata dal legale rappresentante, o da un suo delegato, mediante firma elettronica con marca temporale da apporre entro la data di presentazione della dichiarazione integrativa.
La seconda parte del punto 11 del Provvedimento e, in particolare, i punti da 11.4 in poi, disciplinano più specificamente le ipotesi di inefficacia della documentazione, in esito alle pertinenti valutazioni effettuate degli organi di controllo.
La maggiorazione fiscale di costi riferibili a beni immateriali utilizzati nelle attività di impresa, in luogo della ricostruzione del reddito riconducibile allo sfruttamento economico del bene o dei beni immateriali agevolabili, fa sì che, nella determinazione dell’agevolazione, ci si concentri in modo specifico sulle informazioni fornite dal contribuente in merito alle componenti negative di reddito, qualificabili come agevolabili ai sensi del nuovo regime Patent box.
L’approccio da adottare, pertanto, seppur maggiormente analitico, perché direttamente volto a riscontrare l’esistenza e la riferibilità dei costi ai singoli beni immateriali agevolabili, consente di prescindere dalle tecniche valutative tipiche della normativa sui prezzi di trasferimento, che dovevano essere utilizzate nel precedente regime Patent box.
I successivi paragrafi 7.1 e 7.2 forniscono alcuni chiarimenti in relazione alle disposizioni attuative del Provvedimento relative al rilascio del giudizio di idoneità e all’apposizione della marca temporale.
7.1 Giudizio di idoneità
Come precisato nel precedente paragrafo, il punto 11 del Provvedimento delinea le ipotesi di inefficacia della documentazione, che possono essere, sostanzialmente, raggruppate in due tipologie: a) ipotesi di inefficacia formale, riconducibile alla mancata apposizione da parte del legale rappresentante del contribuente o da un suo delegato della firma elettronica con marca temporale da apporre entro la data di presentazione della dichiarazione dei redditi; b) ipotesi di inefficacia sostanziale, che presuppone un’attività di riscontro e un conseguente giudizio formulato dagli organi di controllo.
Per quanto riguarda le ipotesi di cui alla precedente lettera a) si rimanda ai chiarimenti riportati nel successivo paragrafo 7.2; nel presente paragrafo, invece, si riportano alcune indicazioni relative alle ipotesi di cui alla precedente lettera b).
Al riguardo, occorre precisare che i punti 11.5 e 11.6 del Provvedimento forniscono alcune fondamentali indicazioni da utilizzare come criterio guida per la valutazione del giudizio di idoneità. In particolare, il punto 11.5 prevede che la presentazione, nel corso di attività di controllo, della documentazione non vincola gli organi di controllo alla disapplicazione delle sanzioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, quando gli elementi presenti in tale documentazione, pur se coerenti con le singole previsioni del Provvedimento, non forniscano, nel complesso, un’informazione chiara, completa e conforme alle disposizioni contenute nel Provvedimento medesimo.
Il successivo punto 11.6, aggiunge che «Salvo quanto previsto dai paragrafi 11.4 e 11.5, la documentazione è considerata idonea in tutti i casi in cui la stessa fornisca agli organi di controllo i dati e gli elementi necessari per riscontrare la corretta determinazione della maggiorazione».
Tale ultima indicazione, in particolare, funge da criterio guida nella valutazione del giudizio di idoneità e, infatti, nel successivo punto 11.7 è previsto che eventuali ipotesi di omissioni o inesattezze parziali presenti nella documentazione, non suscettibili di compromettere l’analisi degli organi di controllo nel suo complesso, non costituiscono causa ostativa alla disapplicazione delle predette sanzioni.
Si precisa che, qualora le imprese si siano dotate, ai fini della fruizione del credito d’imposta ricerca e sviluppo, delle certificazioni di cui all’articolo 23 del decreto legge 21 giugno 2022, n. 73, tali documenti non possono considerarsi sostitutivi delle informazioni da indicare nella documentazione idonea, fermo restando che gli organi di controllo potranno tenerne conto ai fini della complessiva attività di controllo e del giudizio di idoneità.
Qualora la documentazione venga consegnata in sede di accesso, ispezione o verifica, il giudizio di idoneità deve essere formulato dagli organi di controllo e, in caso di giudizio negativo, adeguatamente motivato.
Nel caso di controlli da cui emergano situazioni di particolare complessità o nel caso in cui l’Ufficio competente territorialmente ritenga inidonea la documentazione predisposta dal contribuente e tale giudizio negativo sia, da quest’ultimo, motivatamente non condiviso, l’Ufficio procedente deve tempestivamente interessare, inoltrando un’apposita relazione, la competente Direzione Regionale per lo svolgimento di ulteriori attività istruttorie riguardanti l’idoneità o meno della documentazione predisposta dal contribuente ai fini della disapplicazione delle sanzioni per infedele dichiarazione.
In riferimento alla previsione recata dal punto 11.4 del Provvedimento, si ribadisce che la predisposizione della documentazione idonea non costituisce condizione essenziale per l’adesione al nuovo regime Patent box e per il godimento del beneficio, bensì rappresenta una facoltà del contribuente finalizzata a consentirgli di avvalersi dell’esimente sanzionatoria in caso di rettifiche della maggiorazione.
La previsione recata dal citato punto 11.4, invero, si riferisce alle ipotesi in cui, anche in presenza dell’adesione da parte del contribuente al regime degli oneri documentali previsto espressamente dal comma 6 dell’articolo 6, non sia comunque possibile, per gli organi di controllo, procedere ad un riscontro delle condizioni per accedere al regime e verificare la correttezza della quantificazione del beneficio, in ragione della completa assenza di ogni tipologia di documentazione a supporto del beneficio fiscale goduto dal contribuente.
In tali circostanze, si procederà direttamente al recupero integrale della maggiorazione, con conseguente applicazione degli interessi e irrogazione delle sanzioni.
7.2 Vizi di natura formale della documentazione – Tardività o assenza della marca temporale
Oltre alle ipotesi di inidoneità sostanziale, esaminate nel precedente paragrafo, il Provvedimento prescrive anche delle ipotesi di inidoneità della documentazione caratterizzate da vizi di natura formale.
In particolare, il punto 11.2 del Provvedimento prevede che «La documentazione deve essere firmata dal legale rappresentante del contribuente o da un suo delegato mediante firma elettronica con marca temporale da apporre entro la data di presentazione della dichiarazione dei redditi».
L’esigenza sottesa alla tempestiva apposizione della marca temporale sulla documentazione è quella di conferire data certa ai documenti posti a base della determinazione, da parte del contribuente, della maggiorazione del 110%.
La mancata tempestiva apposizione della marca temporale sulla documentazione comporta l’inefficacia dell’esimente sanzionatoria, con conseguente applicazione della sanzione in proporzione all’ammontare della maggiore imposta, o del minor credito, derivante dal disconoscimento, totale o parziale, dell’agevolazione.
A ulteriore chiarimento delle disposizioni attuative del Provvedimento, si precisa che la firma elettronica, con marca temporale, deve essere apposta sulla documentazione entro il termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta cui si riferisce la maggiorazione del 110% o, in caso di dichiarazione presentata entro novanta giorni dal termine per la presentazione della dichiarazione – sia essa tardiva oppure integrativa/sostitutiva di quella già presentata nei termini (cfr. circolare 12 ottobre 2016, n. 42/E) – entro la data di effettiva presentazione della dichiarazione tardiva o integrativa/sostitutiva.
8. DIRITTO DI INTERPELLO
Il punto 13 del Provvedimento conferma la possibilità per il contribuente di ricorrere all’istituto dell’interpello ordinario ai sensi dell’articolo 11, comma 1, letta. a), della legge 27 luglio 2000, n. 212, qualora sussistano obiettive condizioni di incertezza riguardanti l’interpretazione e/o l’applicazione della disposizione normativa in argomento.
Come è stato chiarito dall’Agenzia con le circolari n. 9 del 2016 e n. 31 del 2020 e, come precisato anche nel precedente par. 4.1, nel caso in cui la risposta all’istanza di interpello presupponga l’ammissibilità del bene immateriale all’agevolazione o anche la qualificazione delle attività svolte come di ricerca e sviluppo, resta ferma la necessità di allegare all’istanza il parere tecnico rilasciato dall’autorità competente.
Tali considerazioni, come evidenziato dalla Circolare 31/E sopra richiamata, restano valide anche per le istanze di interpello sui Nuovi investimenti presentate ai sensi dell’articolo 2 del decreto legislativo 147 del 2015, nonché dalle istanze prodotte dai soggetti aderenti al regime dell’adempimento collaborativo di cui agli artt. 3 e seguenti del decreto legislativo 128 del 2015.
Alla luce dei chiarimenti generali resi in ordine alle attività esperibili in sede di istruttoria alle istanze di interpello, si ritiene che non rientrino tra le questioni interpretative e/o qualificatorie proponibili con istanza di interpello quelle riferite, ad esempio, alla:
– qualificazione degli investimenti effettuati come attività di ricerca e sviluppo, di innovazione tecnologica o di design e innovazione estetica;
– definizione di beni immateriali agevolabili;
– riconducibilità di un determinato bene al novero di quelli ammissibili;
– individuazione del momento a partire dal quale i beni immateriali agevolabili si considerano giuridicamente tutelabili.
Restano in generale escluse dall’ambito applicativo dell’interpello tutte le istanze che, come sopra ricordato, presuppongono l’espletamento di attività di carattere tecnico non di competenza dell’Agenzia delle entrate.
In definitiva, coerentemente ai chiarimenti resi al par. 2.1. della Circolare 31/E del 2020, qualora si intenda sottoporre al vaglio dell’Agenzia delle entrate l’esame di fattispecie concrete e personali concernenti l’applicazione di disposizioni tributarie che richiedono preventivi chiarimenti riguardanti le questioni sopra evidenziate, il contribuente dovrà autonomamente acquisire il parere tecnico rilasciato dalle competenti autorità, parere da allegare all’istanza di interpello. In assenza del parere tecnico, la risposta sarà resa esclusivamente in relazione ai profili di competenza dell’Agenzia delle entrate, assumendo acriticamente quanto asserito dal contribuente in ordine ai restanti profili, fermo restando ogni potere di controllo nelle opportune sedi.
9. RISPOSTE A QUESITI
D.1 Se un’immobilizzazione immateriale agevolabile ottiene un titolo di privativa industriale nel 2021, si applica il nuovo meccanismo previsto dal comma 10-bis dell’articolo 6 del DL 146/2021. Quindi l’impresa può recuperare la maggiorazione per i costi sostenuti a partire dal 2013 (ottavo periodo di imposta precedente)?
R. Si, nel caso in cui, per un’immobilizzazione immateriale agevolabile, si ottenga il titolo di privativa industriale nel 2021, ai sensi del comma 10-bis dell’articolo 6 del decreto-legge n. 146/2021, è possibile usufruire della maggiorazione del 110 per cento delle spese sostenute in periodi d’imposta precedenti, in vista della creazione dell’immobilizzazione immateriale agevolabile, purché si tratti di spese sostenute non oltre l’ottavo periodo d’imposta antecedente a quello in cui sia stato ottenuto il titolo di privativa industriale. Pertanto, nel caso prospettato, si potrà applicare il meccanismo premiale dei costi sostenuti a partire dal 2013.
D.2 Nell’ipotesi di rinnovo del precedente regime di Patent Box e opzione OD (quinquennio 2020-2024) per il quale sia già stata esercitata l’opzione per l’utilizzo diretto, è possibile integrare negli anni 2021-2022-2023-2024 i beni immateriali oggetto di agevolazione complementari a quelli esistenti nel 2020, rendendo valevole pertanto l’opzione esercitata nel 2020? Qualora la risposta fosse negativa, considerando quanto previsto nel Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 15 febbraio 2020 (par. 12.5: I contribuenti non possono esercitare l’opzione PB, neanche relativamente a beni complementari, a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 22 ottobre 2021”), si chiede se, per i nuovi brevetti e software protetto da copyright tutelati dal 2021, sia possibile attivare il nuovo regime di Patent Box e far coesistere quindi due regimi di Patent Box.
R. Il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 15 febbraio 2020 al par. 12.5 prevede che: «I contribuenti non possono esercitare l’opzione PB, neanche relativamente a beni complementari, a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 22 ottobre 2021»”.
Esiste, pertanto, una preclusione alla possibilità di esercitare, «a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 22 ottobre 2021», un’opzione secondo il vecchio regime di Patent Box avente ad oggetto nuovi beni immateriali che presentano un vincolo di complementarietà rispetto a quelli per i quali esiste già un’opzione valida.
In tale ultimo caso, il contribuente, con riguardo ai nuovi beni complementari per i quali intende fruire dell’agevolazione Patent Box «a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 22 ottobre 2021», può solo esercitare l’opzione per il nuovo regime Patent Box.
Non sussiste, infatti, alcuna preclusione all’esercizio dell’opzione per il nuovo Patent Box in relazione a beni diversi, seppur eventualmente complementari, da quelli già oggetto di una precedente opzione per il precedente regime di Patent Box; ciò fermo restando la sussistenza di tutti i requisiti previsti dalla nuova normativa.
D.3 Con specifico riferimento ai brevetti industriali, si chiede se per identificare il momento di ottenimento della privativa debba essere presa in considerazione: a) la data di deposito della domanda di brevetto; b) la data di concessione del brevetto. Laddove il momento rilevante fosse identificato nella data di concessione del brevetto si chiede di esplicitare le modalità di coordinamento con la previgente disciplina Patent Box con riferimento alla quale la presentazione della domanda di concessione rappresentava titolo idoneo a far accedere la privativa al regime.
R. A differenza di quanto previsto dal precedente regime Patent Box, nel nuovo regime Patent Box non rientrano i brevetti “in corso di concessione”, ovvero quelli per i quali sia stata depositata, presso i competenti Uffici, la domanda di rilascio del brevetto, ma non sia stato ancora emesso il relativo titolo di privativa industriale.
La prova di avvenuta concessione del titolo di proprietà industriale (in qualunque modo denominato), rilasciato dall’Ufficio competente, è costituita dal relativo attestato.
L’ottenimento della privativa industriale – a partire dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del D.L. 146/2021 (vale a dire il 2021, se il periodo d’imposta coincide con l’anno solare) – consente di beneficiare del meccanismo premiale rendendo agevolabili i costi sostenuti negli otto periodi di imposta precedenti per realizzare il medesimo brevetto industriale.
Onde evitare eventuali possibili effetti di duplicazione del beneficio già goduto in vigenza del precedente regime di Patent Box, che “agevolava” anche alcuni beni immateriali il cui titolo di privativa era in corso di ottenimento, nell’ambito di applicazione del meccanismo premiale non possono essere ricomprese, tra le attività rilevanti ai fini del nuovo regime, quelle i cui costi hanno concorso alla formazione del numeratore del c.d. nexus ratio rilevante ai fini del precedente regime Patent box.
D.4 Nell’ipotesi di contributo negativo ai fini del vecchio regime, nel momento in cui la società opta per il nuovo regime, è corretto ritenere che, nel determinare l’agevolazione, non dovrà tenere in considerazione le perdite generate nel quinquennio di vigenza del Patent Box essendo i due regimi differenti?
R. Si conferma la correttezza dell’affermazione. I due regimi sono differenti e non è possibile estendere al nuovo regime la valenza delle perdite generate nel vecchio, che presenta modalità applicative differenti dal primo.
D.5 Si chiede conferma che, a seguito del cumulo tra il credito d’imposta ricerca e sviluppo (art. 1, commi 198-209 della L. 160/2019 e successive modifiche) e la deduzione maggiorata del 110% dei costi su alcuni beni intangibili (DL 146/2021, art. 6), la documentazione idonea ad attivare la penalty protection per la deduzione del 110% (art. 6, comma 6 del DL 146/2021) abbia rilievo anche in relazione ai controlli relativi al credito d’imposta ricerca e sviluppo.
R. La documentazione idonea ad attivare l’esimente sanzionatoria in caso di rettifica della maggiorazione del 110%, esimente prevista dall’art. 6, comma 6 del DL 146/2021, non ha rilievo anche in relazione ai controlli relativi al credito d’imposta ricerca e sviluppo. Ciò in quanto il menzionato articolo 6, al comma 6, fa esclusivo riferimento alle ipotesi di rettifica della maggiorazione determinata dai soggetti indicati al comma 1 del medesimo articolo, vale a dire i soggetti che abbiano optato per il nuovo regime PB.
Per tale motivo, in virtù del principio di legalità che caratterizza il sistema sanzionatorio, si ritiene che non sia possibile estendere l’esimente sanzionatoria a fattispecie non espressamente previste.
D.5 Si chiede di confermare che qualora i costi relativi alle attività di ricerca fondamentale o di ideazione e realizzazione del software siano sostenute nello stesso periodo d’imposta di ottenimento del titolo di privativa industriale, il contribuente potrà godere dell’agevolazione, in relazione alle predette spese, in via “ordinaria”.
R. La risposta è affermativa: nell’ipotesi in cui le attività di ricerca fondamentale o di ideazione e realizzazione del software siano sostenute nello stesso periodo d’imposta di ottenimento della privativa industriale, il contribuente potrà godere dell’agevolazione, in relazione alle predette spese, in via “ordinaria”.