AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 28 ottobre 2019, n. 438
Interpello articolo 11, comma 1, lettera a), legge 27 luglio 2000, n. 212 – chiusura procedura concorsuale – termine per l’emissione della nota di variazione
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, e’ stato esposto il seguente
Quesito
[ALFA] (di seguito istante) ha esposto la questione qui sinteticamente riportata.
L’istante è creditrice della [BETA], dichiarata fallita dal Tribunale di […] in data[…] 2006.
A seguito della conclusione della procedura fallimentare, il Collegio del Tribunale ha dichiarato la chiusura del fallimento in data […] 2013.
Nelle more della procedura, l’istante ha affidato alla società [GAMMA] il mandato di informarla della data di chiusura del fallimento, onde poter poi procedere all’emissione della nota di variazione ai sensi dell’articolo 26, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (di seguito decreto IVA).
In data […] 2019, la società [GAMMA] ha inviato una nota all’istante nella quale ha evidenziato che la chiusura del fallimento[…] è stata dichiarata in data […] 2013,ma la sua annotazione presso il registro delle imprese è stata eseguita solamente in data […] 2019.
Ciò posto, l’istante chiede se il termine per l’emissione della nota di variazione decorra dal deposito del decreto di chiusura ovvero dall’annotazione dello stesso presso il registro delle imprese.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
In sintesi, l’istante ritiene che il termine per l’emissione della nota di variazione di cui all’articolo 26, comma 2, del decreto IVA decorra dall’annotazione del decreto di chiusura presso il registro delle imprese, in quanto la predetta annotazione costituisce per i terzi l’unico strumento per venire a conoscenza dell’avvenuta chiusura del fallimento.
Soltanto con l’annotazione del decreto di chiusura presso il registro delle imprese decorrerebbero, in particolare, i termini legali per la cristallizzazione del provvedimento nei riguardi del creditore insinuato al passivo che non abbia presentato istanza di fallimento e che non faccia parte del comitato dei creditori (fattispecie che parrebbe ricorrere nel caso in esame), mentre per tali ultimi soggetti il legislatore ha previsto specifici obblighi di comunicazione della sentenza.
Parere dell’agenzia delle entrate
L’articolo 26, comma 2, del decreto IVA dispone che “Se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile, inconseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione,rescissione e simili o per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose o a seguito di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ovvero di un piano attestato ai sensi dell’articolo 67, terzo comma, lettera d), del medesimo regio decreto n. 267 del 1942, pubblicato nel registro delle imprese o in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente, il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’articolo 19 l’imposta corrispondente alla variazione,registrandola a norma dell’articolo 25”.
Il diritto alla variazione è subordinato alla “infruttuosità” delle procedure concorsuali o esecutive.
Con diversi documenti di prassi, (cfr. per tutti la circolare n. 77/E del 17 aprile2000 e la circolare n. 8/E del 7 aprile 2017) è stato chiarito che la condizione di infruttuosità della procedura concorsuale si realizza alla scadenza del termine per le osservazioni al piano di riparto finale ovvero, in assenza, alla scadenza del termine per opporre reclamo contro il decreto di chiusura del fallimento.
Nel caso in esame, posto che, dal tenore dell’istanza, non pare esserci stato un piano di riparto finale, l’esercizio del diritto alla variazione risulta subordinato alla scadenza del termine per opporre reclamo contro il decreto di chiusura del fallimento.
Al riguardo, l’articolo 26 L.F. prevede al terzo comma che il reclamo al decreto di chiusura del fallimento possa essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni, decorrente dalla comunicazione o dalla notificazione del provvedimento per il curatore, per il fallito, per il comitato dei creditori e per chi ha chiesto o nei cui confronti è stato chiesto il provvedimento; per gli altri interessati il termine decorre,invece, dall’esecuzione delle formalità pubblicitarie disposte dal giudice delegato o dal tribunale, se quest’ultimo ha emesso il provvedimento.
Tuttavia il successivo quarto comma della citata norma dispone che “Indipendentemente dalla previsione di cui al terzo comma, il reclamo non può più proporsi decorso il termine perentorio di novanta giorni dal deposito del provvedimento in cancelleria”.
Posto che, nel caso di specie, il deposito del provvedimento ha avuto luogo nel 2013, ne consegue che, agli effetti della norma da ultimo citata, i termini per proporre reclamo al decreto risultano ormai scaduti e con essi, per quanto sopra esposto,risultano in conclusione scaduti anche i termini per l’emissione della nota di variazione di cui all’articolo 26, comma 2 del decreto IVA.
Stante il rinvio all’articolo 19 del medesimo decreto IVA, contenuto nel citato articolo 26, il diritto alla detrazione poteva essere esercitato, ratione temporis, al più tardi con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo.
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