AGENZIA DELLE ENTRATE – Circolare 07 novembre 2017, n. 27/E

IVA. Modifiche alla disciplina della scissione dei pagamenti – Art. 1 del D.L. 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, nella legge 21 giugno 2017, n. 96

Premessa

1. Ambito soggettivo di applicazione dell’imposta

1.1 Individuazione delle Pubbliche Amministrazioni

1.2 Individuazione delle Società

1.3 Soggetti esclusi

1.4 Attestazione delle PA e Società acquirenti

2. Ambito oggettivo di applicazione

2.1 Operazioni rese in favore dei dipendenti

3. Adempimenti dei soggetti passivi fornitori

4. Esigibilità dell’imposta

5. Adempimenti delle PA e Società soggetti passivi dell’IVA

6. Regolarizzazione e note di variazione

7. Acconto IVA

8. Rimborsi

9. Efficacia temporale

10. Sanzioni

Premessa

L’art. 1 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, nella legge 21 giugno 2017, n. 96, ha modificato la disciplina della scissione dei pagamenti (c.d. “split payment”) di cui all’art. 17-ter del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. Per effetto della novella legislativa, il predetto art. 17-ter dispone che:

1. Per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi effettuate nei confronti di amministrazioni pubbliche, come definite dall’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni e integrazioni, per le quali i cessionari o committenti non sono debitori d’imposta ai sensi delle disposizioni in materia d’imposta sul valore aggiunto, l’imposta è in ogni caso versata dai medesimi secondo modalità e termini fissati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.

1-bis. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche alle operazioni effettuate nei confronti dei seguenti soggetti:

a) società controllate, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, nn. 1) e 2), del codice civile, direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dai Ministeri;

b) società controllate, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, n. 1), del codice civile, direttamente dalle regioni, province, città metropolitane, comuni, unioni di comuni;

c) società controllate direttamente o indirettamente, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, n. 1), del codice civile, dalle società di cui alle lettere a) e b), ancorché queste ultime rientrino fra le società di cui alla lettera d) ovvero fra i soggetti di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196;

d) società quotate inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana;

(…)”.

Per l’attuazione della nuova disciplina della scissione dei pagamenti, si è reso necessario modificare il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 23 gennaio 2015 (di seguito il “DM”), recante modalità e termini per il versamento dell’imposta nell’ambito della scissione dei pagamenti. Al riguardo, è stato, dapprima, emanato il DM del 27 giugno 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 151 del 30 giugno 2017, che, nel definire le modalità di applicazione della scissione dei pagamenti, riconduceva nell’ambito soggettivo di applicazione della predetta disciplina, unitamente alle Società controllate dalle strutture centrali della PA e dagli enti locali e alle principali società quotate, le pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato individuate dall’Istat ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.

Successivamente, è stato emanato il DM del 13 luglio 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 171 del 24 luglio 2017, che, con riguardo all’individuazione delle pubbliche amministrazioni, ha specificato che sono riconducibili nell’ambito soggettivo di applicazione della disciplina della scissione dei pagamenti le pubbliche amministrazioni destinatarie delle norma in materia di fatturazione elettronica obbligatoria di cui all’art. 1, commi da 209 a 214, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.

Per effetto delle suddette modifiche, la nuova disciplina della scissione dei pagamenti si caratterizza per:

– l’estensione dell’ambito di applicazione del meccanismo della scissione dei pagamenti alle operazioni effettuate nei confronti di tutte le pubbliche amministrazioni destinatarie delle norme in materia di fatturazione elettronica obbligatoria di cui all’art. 1, commi da 209 a 214 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, nonché delle società controllate da pubbliche amministrazioni centrali e locali, nonché delle società quotate incluse nell’indice FTSE MIB (di seguito “PA e Società”);

– l’applicazione della scissione dei pagamenti ai compensi per prestazioni di servizi assoggettati a ritenute ai fini delle imposte sul reddito (i c.d. professionisti);

– la possibilità per le PA e Società acquirenti di beni e servizi di anticipare l’esigibilità dell’imposta al momento della ricezione ovvero al momento della registrazione della fattura di acquisto;

– la possibilità per le PA e Società acquirenti di beni e servizi di effettuare il versamento diretto dell’imposta dovuta con modello F24 entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui l’imposta diviene esigibile, senza possibilità di compensazione e utilizzando un codice tributo che sarà appositamente istituito.

Ciò, in alternativa, all’annotazione delle fatture di acquisto, oltre che nel registro degli acquisti di cui all’art. 25 del DPR n. 633 del 1972, anche nel registro di cui agli artt. 23 o 24 del predetto DPR, al fine di far confluire l’imposta dovuta nella liquidazione periodica.

La nuova disciplina della scissione dei pagamenti è applicabile – a norma dell’art. 1, comma 4, del DL n. 50 del 2017 – alle operazioni per le quali è emessa fattura a partire dal 1° luglio 2017. Tale disciplina, che costituisce una deroga agli articoli 206 e 226 della direttiva del Consiglio del 28 novembre 2006 n. 2006/112/CE in relazione alle modalità di pagamento e di fatturazione dell’IVA, ha necessitato di apposita autorizzazione da parte del Consiglio UE, che è stata concessa, fino al 30 giugno 2020, con la decisione di esecuzione (UE) 2017/784 del 25 aprile 2017, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea L118 del 6 maggio 2017. Si tratta, sostanzialmente, di una proroga della precedente decisione di esecuzione (UE) 2015/1401 del Consiglio, al fine di contrastare l’evasione fiscale derivante dal mancato pagamento dell’IVA da parte dei fornitori di PA e Società.

Nel predetto quadro normativo, da ultimo, è intervenuto l’art. 3 del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, che modificando, con effetto dal 1° gennaio 2018, l’art. 17-ter del DPR n. 633 del 1972, dispone l’estensione della scissione dei pagamenti a tutte le Società controllate, in misura non inferiore al 70 per cento, dalla PA. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze saranno stabilite le modalità di attuazione della disciplina che, pertanto, dal 1° gennaio 2018 riguarderà, sostanzialmente, anche le società controllate, direttamente o indirettamente, dalle Pubbliche Amministrazioni centrali diverse dalla Presidenza del Consiglio e dai Ministeri, dalle Pubbliche Amministrazioni locali diverse da Regioni, Province, Comuni e Unioni di Comuni, nonché gli enti di previdenza, le aziende speciali, gli enti pubblici economici, le fondazioni partecipate da amministrazioni pubbliche per una percentuale complessiva del fondo di dotazione non inferiore al 70 per cento e le società, partecipate in misura non inferiore al 70 per cento, dalle Amministrazioni pubbliche, dalle Autorità indipendenti e dalle Amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché dalle loro controllate.

La presente circolare si sofferma esclusivamente sulla disciplina della scissione dei pagamenti applicabile dal 1° luglio 2017. Tale disciplina si pone in continuità con la precedente, prevedendo, con finalità di contrasto all’evasione, che in relazione agli acquisti di beni e servizi effettuati dalle PA e Società, per i quali queste non siano debitori d’imposta (ossia per le operazioni non assoggettate al regime di inversione contabile), l’IVA addebitata dal fornitore nelle relative fatture dovrà essere versata dalla PA e Società direttamente all’Erario, anziché allo stesso fornitore, scindendo quindi il pagamento del corrispettivo dal pagamento della relativa imposta. Ne consegue che, fermo restando gli aspetti di novità contenuti nella presente circolare, restano valide, in linea generale, le indicazioni fornite con la circolare n. 15/E del 13 aprile 2015.

1. Ambito soggettivo di applicazione della norma

Con il testo previgente dell’art. 17-ter del DPR n. 633 del 1972, il meccanismo della scissione dei pagamenti trovava applicazione in relazione alle operazioni fatturate esclusivamente nei confronti “dello Stato, degli organi dello Stato ancorché dotati di personalità giuridica, degli enti pubblici territoriali e dei consorzi tra essi costituiti ai sensi dell’articolo 31 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, degli istituti universitari, delle aziende sanitarie locali, degli enti ospedalieri, degli enti pubblici di ricovero e cura aventi prevalente carattere scientifico, degli enti pubblici di assistenza e beneficenza e di quelli di previdenza”.

In sostanza, per l’individuazione dell’ambito soggettivo di applicazione del meccanismo della scissione dei pagamenti si faceva riferimento alla platea dei destinatari dell’esigibilità differita di cui all’art. 6, quinto comma, del DPR n. 633 del 1972, effettuando valutazioni di ordine più generale che tenevano conto della ratio della norma.

La modifica normativa è intervenuta sul citato art. 17-ter del DPR n. 633 del 1972, operando, in primo luogo, un ampliamento, sotto il profilo soggettivo, dell’ambito applicativo del meccanismo della scissione dei pagamenti, che può essere, di fatto, individuato in due macro categorie, quella dei soggetti rientranti nella nozione di Pubblica Amministrazione e quella delle società controllate dalle PA e delle principali società quotate.

Con riferimento all’ambito soggettivo di applicazione della norma, devono, quindi, intendersi superati i chiarimenti forniti con le circolari n. 1/E del 9 febbraio 2015 e n. 15/E del 13 aprile 2015.

1.1 Individuazione delle Pubbliche Amministrazioni

Ai sensi dell’art. 17-ter, comma 1, del DPR n. 633 del 1972, la disciplina della scissione dei pagamenti si applica a tutti gli enti e i soggetti della Pubblica Amministrazione di cui all’art. 1, comma 2, della legge n. 196 del 2009.

Al fine di individuare le PA destinatarie della nuova disciplina l’art. 5-bis del DM 23 gennaio 2015, nel testo introdotto dal DM 27 giugno 2017, stabiliva che dovesse farsi riferimento alle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato, individuate annualmente dall’ISTAT.

Successivamente, il DM 13 luglio 2017 ha modificato il citato art. 5-bis del DM, stabilendo che l’anzidetta disciplina si applica “alle pubbliche amministrazioni destinatarie delle norme in materia di fatturazione elettronica obbligatoria di cui all’articolo 1, commi da 209 a 214, della legge 24 dicembre 2007, n. 244”, il quale annovera “le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196”, nonché “le amministrazioni autonome” .

Il citato art. 1, comma 2, della legge n. 196 del 2009 menziona, a sua volta, espressamente “gli enti e i soggetti indicati a fini statistici nell’elenco oggetto del comunicato dell’Istituto nazionale di Statistica (…)” nonché “le Autorità indipendenti e, comunque, le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni”.

Per quanto riguarda il citato elenco ISTAT – pubblicato annualmente nella Gazzetta Ufficiale entro il 30 settembre – si evidenzia che esso comprende le unità istituzionali inserite nel conto economico consolidato che fanno parte del settore delle Amministrazioni Pubbliche (Settore S13 nel Sistema Europeo dei Conti – SEC), qualunque veste giuridica rivestano. Più specificatamente, sulla base di norme classificatorie e definitorie proprie del sistema statistico nazionale e comunitario, una unità istituzionale è classificata nel settore delle Amministrazioni Pubbliche, indipendentemente dal regime giuridico (pubblico o privato) che la regola, se:

– è di proprietà o amministrata o controllata da Amministrazioni Pubbliche;

– non deve vendere sul mercato o, in caso contrario, deve vendere a prezzi non economicamente rilevanti (cioè i ricavi non devono eccedere il 50% dei costi di produzione dei servizi). Diversamente, nel caso in cui i ricavi fossero superiori al 50% dei costi di produzione si sarebbe in presenza di enti “market” (che operano a condizioni di mercato) e non di Amministrazioni Pubbliche.

Per quanto concerne, poi, il riferimento alle amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d. lgs. n. 165 del 2001, recante “norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”, si rileva che detta norma annovera “tutte le Amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di Commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN), le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300”, nonché, fino alla revisione organica della disciplina di settore, il “CONI”.

In forza di quanto sopra rappresentato, la platea delle PA destinatarie della scissione dei pagamenti corrisponde a quella dei soggetti nei cui confronti i fornitori hanno l’obbligo di emettere fatture in modalità elettronica. In proposito, si evidenzia che l’ambito soggettivo di applicazione delle norme in materia di fatturazione elettronica è stato oggetto di chiarimenti con la circolare n. 1 del 9 marzo 2015 emanata dal Dipartimento delle finanze del Ministero dell’economia e finanze, e risulta così individuato:

Soggetti di cui all’art.1, comma 2, del d. lgs. n. 165 del 2001
Soggetti indicati a fini statistici dall’ISTAT ai sensi dell’art.1, comma 2, della legge n. 196 del 2009 e le Autorità indipendenti
Amministrazioni autonome annoverate dall’art. 1, comma 209, della legge n. 244 del 2007

Si tratta, evidentemente, di una nozione ampia di PA, risultante dall’unione delle categorie indicate dalle norme sopra richiamate, che presentano ampie aree di sovrapposizione, ma non coincidono. L’elenco ISTAT, infatti, comprende, ad esempio, enti economici e società a controllo pubblico non rientranti tra le PA di cui all’art. 1, comma 2, del d. lgs. n. 165 del 2001 e, a sua volta, all’elencazione di PA fornita da tale ultima disposizione sono riconducibili anche taluni enti pubblici non economici non inclusi nell’elenco ISTAT.

In forza di quanto rappresentato, si osserva, ad esempio, che gli Ordini professionali, ancorché non menzionati nel citato elenco ISTAT, rientrano tra i destinatari della scissione dei pagamenti, in quanto, come già precisato con nota n. 1858/DF del 27 ottobre 2014, sono riconducibili nell’art. 1, comma 2, del d. lgs. n. 165 del 2001.

Ai fini dell’esatta individuazione delle PA tenute ad applicare la scissione dei pagamenti occorre fare riferimento all’elenco pubblicato sul sito dell’Indice delle Pubbliche Amministrazioni, www.indicepa.gov.it (di seguito IPA), senza considerare, tuttavia, i soggetti classificati nella categoria dei “Gestori di pubblici servizi”, che, pur essendo inclusi nell’anzidetto elenco, non sono destinatari dell’obbligo di fatturazione elettronica.

Si evidenzia che l’accreditamento all’IPA, ancorché obbligatorio per i soggetti destinatari della fatturazione elettronica, discende dall’iniziativa degli stessi soggetti. Pertanto, la PA acquirente, che sulla base delle norme sopra richiamate rientri nell’alveo di applicazione della scissione dei pagamenti, laddove non abbia richiesto l’anzidetto accreditamento e non abbia comunicato al fornitore l’applicabilità alla stessa del meccanismo di cui trattasi, sarà comunque soggetta all’applicazione delle specifiche sanzioni.

Si precisa, infine, che l’IPA annovera anche talune aziende speciali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, le quali risultano ricomprese nel sopra richiamato elenco ISTAT, rispettandone i requisiti previsti dal sistema statistico nazionale e comunitario. Conseguentemente, le aziende speciali, qualora puntualmente individuate dall’anzidetto elenco, risultano essere destinatarie della disciplina sulla fatturazione elettronica obbligatoria nonché, di conseguenza, del meccanismo della scissione dei pagamenti.

1.2 Individuazione delle Società

In base all’art. 17-ter del DPR n. 633 del 1972 (nel testo in vigore prima del DL n. 148 del 2017) il meccanismo della scissione dei pagamenti si applica anche alle operazioni effettuate nei confronti delle società controllate dalla PA centrale e locale, nonché delle principali società quotate nella Borsa italiana.

In particolare, la lettera a) del citato art. 17-ter, comma 1-bis, fa riferimento alle società controllate direttamente dallo Stato, e più specificatamente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dai Ministeri, rilevando, a tal fine, il controllo esercitato ai sensi dell’art. 2359 del c.c., primo comma, nn. 1) e 2). Si tratta, quindi, di società in cui i predetti enti hanno il controllo di diritto o di fatto, disponendo, rispettivamente, “della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria” (n. 1) o comunque “di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante” nella stessa (n. 2), ossia tale da orientare le decisioni.

La lettera b) del medesimo comma 1-bis menziona le società controllate direttamente da Regioni, Province, Città Metropolitane, Comuni e Unioni di Comuni. In tal caso, per la nozione di controllo viene richiamato solo il n. 1) dell’art. 2359, primo comma, del c.c.. Si tratta, in sostanza, delle società in cui gli anzidetti enti hanno il controllo di diritto, disponendo della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria.

La successiva lettera c) annovera le società controllate, sia direttamente che indirettamente, ai sensi dell’art. 2359, primo comma, n. 1), del c.c., dalle società sopra descritte. Si tratta, quindi, di società in cui le anzidette società controllate direttamente dalle PA centrali o locali hanno a loro volta, direttamente o indirettamente, il controllo di diritto, disponendo della maggioranza dei voti. In ordine alla sussistenza del controllo indiretto, è opportuno richiamare il secondo comma dell’art. 2359 c.c., ai sensi del quale “si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta; non si computano i voti spettanti per conto di terzi”. In tale categoria si possono trovare anche società già ricomprese in altre tipologie di soggetti destinatari della scissione dei pagamenti, quali le società quotate di cui alla successiva lettera d) e i soggetti inclusi nell’elenco ISTAT delle PA. Inoltre, l’art. 5-ter del DM prevede che, nell’ambito delle società controllate di cui alle citate lettere a), b) e c), sono incluse le società il cui controllo è esercitato congiuntamente dalle pubbliche amministrazioni centrali di cui alla citata lettera a) (ossia Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministeri) e/o da società controllate da queste ultime e/o dalle pubbliche amministrazioni locali di cui alla lettera b) (quali Regioni, Province, Città metropolitane, Comuni e Unioni di Comuni) e/o da società controllate da queste ultime. A tal fine, si precisa che il controllo congiunto di diritto, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, sussiste nel caso in cui, in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo; detto requisito non sussiste, invece, nella differente ipotesi di controllo analogo congiunto, di cui all’art. 2, comma 1, lettera d), del richiamato decreto legislativo n. 175 del 2016. Non rientrano in tale categoria, quindi, come chiarito dal comunicato del Dipartimento delle finanze del Ministero dell’economia e delle finanze pubblicato sul sito istituzionale dello stesso il 14 luglio 2017, le società per le quali sussistono solo partecipazioni minoritarie che, sommate, superano la percentuale del 50 per cento.

Infine, la lettera d) del comma 1-bis comprende le società quotate inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa Italiana, che sono società di primaria importanza ad elevata affidabilità fiscale. Il Ministro dell’Economia e finanze ha comunque la facoltà di individuare, con Decreto, un indice alternativo rispetto a quello FTSE MIB, attualmente previsto.

In ordine alla specifica individuazione delle Società per le quali trova applicazione la scissione dei pagamenti, l’art. 5-ter, comma 1, del DM prevede che “in sede di prima applicazione, per le operazioni per le quali è emessa fattura a partire dal 1° luglio 2017 fino al 31 dicembre 2017, le disposizioni dell’articolo 17-ter del decreto n. 633 del 1972 si applicano alle società controllate o incluse nell’indice FTSE MIB (…) che risultano tali alla data di entrata in vigore del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, come individuate nell’elenco pubblicato sul sito istituzionale del Dipartimento delle finanze del Ministero dell’economia e delle finanze”.

Il successivo comma 2 dispone che, “per le operazioni per le quali è emessa fattura nell’anno 2018 e negli anni successivi, le disposizioni dell’articolo 17-ter del decreto n. 633 del 1972 si applicano alle società controllate o incluse nell’indice FTSE MIB (…) che risultano tali alla data del 30 settembre precedente. Tali società sono individuate a seguito della pubblicazione entro il 20 ottobre di ciascun anno, da parte del Dipartimento delle finanze del Ministero dell’economia e delle finanze, del relativo elenco. Le società interessate possono, entro quindici giorni dalla pubblicazione dell’elenco, segnalare eventuali incongruenze o errori al suddetto Dipartimento.

L’elenco definitivo è pubblicato a cura dello stesso Dipartimento delle finanze entro il 15 novembre di ciascun anno con effetti a valere per l’anno successivo”.

In considerazione, quindi, dell’allargamento dell’ambito applicativo del meccanismo della scissione dei pagamenti, per assicurare certezza giuridica ai soggetti coinvolti nelle anzidette operazioni, l’espressa individuazione dei soggetti per i cui acquisti trova applicazione tale meccanismo viene effettuata dal Dipartimento delle finanze del Ministero dell’economia e delle finanze con appositi elenchi, l’inclusione nei quali determina un effetto costitutivo.

In particolare, in sede di prima applicazione occorre fare riferimento agli elenchi pubblicati, nella loro versione definitiva e corretta, in data 31 ottobre 2017 e reperibili al seguente link http://www.finanze.it/opencms/it/fiscalitanazionale/ Manovra-di-Bilancio/Manovra-di-Bilancio-2017/Scissione-dei-pagamenti-d.l.-n.50_2017-3-Rettifica-elenchi-definitivi/.

Si tratta di quattro elenchi comprendenti, rispettivamente:

– le società controllate di diritto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dai Ministeri e le società controllate da queste ultime;

– le società controllate di fatto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dai Ministeri e le società controllate da queste ultime;

– le società controllate di diritto da Regioni, Province, Città metropolitane, Comuni, Unioni di Comuni e le società controllate da queste ultime;

– le società quotate inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana.

Al riguardo, si rileva che tali elenchi non comprendono:

– le società per le quali non ricorre il controllo di diritto da parte di una specifica pubblica amministrazione; in linea generale non sono state incluse, quindi, le società per le quali si è in presenza di partecipazioni minoritarie, possedute da pubbliche amministrazioni centrali o locali o da loro controllate, ancorché nel complesso superano la percentuale del 50 per cento;

– le società per le quali sussiste in capo agli enti partecipanti un mero controllo analogo congiunto, di cui all’articolo 2, comma 1, lettera d), del d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175, ancorché fondato su apposita convenzione parasociale, posto che tale circostanza non implica, di per sé, l’esistenza di un controllo congiunto di diritto ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, n. 1), del codice civile;

– le società controllate, direttamente o indirettamente, da enti diversi dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dai Ministeri, dalle Regioni, Province, Città metropolitane, Comuni, Unioni di Comuni;

– gli enti pubblici economici e le fondazioni, dato che non rivestono forma societaria;

– le società controllate da quelle di cui ai punti precedenti.

Ai sensi del comma 3 del citato art. 5-ter del DM, poi, “nel caso in cui il controllo o l’inclusione nell’indice FTSE MIB si verifichi in corso d’anno entro il 30 settembre, le nuove società controllate o incluse nell’indice applicano le disposizioni dell’articolo 17-ter del decreto n. 633 del 1972 alle operazioni per le quali è emessa fattura a partire dal 1° gennaio dell’anno successivo. Nel caso in cui il controllo o l’inclusione nell’indice FTSE MIB si verifichi in corso d’anno dopo il 30 settembre, le nuove società controllate o incluse nell’indice applicano (…)” la scissione dei pagamenti “alle operazioni per le quali è emessa fattura a partire dal 1° gennaio del secondo anno successivo”.

Analogamente, in base al successivo comma 4, “nel caso in cui il controllo o l’inclusione nell’indice FTSE MIB venga a mancare in corso d’anno entro il 30 settembre, le società non più controllate o incluse nell’indice continuano ad applicare le disposizioni dell’articolo 17-ter del decreto n. 633 del 1972 alle operazioni per le quali è emessa fattura fino al 31 dicembre dell’anno. Nel caso in cui il controllo o l’inclusione dell’indice FTSE MIB venga a mancare in corso d’anno dopo il 30 settembre, le società non più controllate o incluse nell’indice continuano ad applicare (…)” la scissione dei pagamenti “alle operazioni per le quali è emessa fattura fino al 31 dicembre dell’anno successivo”.

A tal fine, ciò che rileva per la decorrenza dell’applicazione del meccanismo della scissione dei pagamenti, è la presenza delle Società in parola negli elenchi pubblicati dal Dipartimento delle finanze del Ministero dell’economia e finanze.

Si precisa, inoltre, che l’ampliamento dell’ambito di applicazione della scissione dei pagamenti non influenza l’ambito di applicazione della fattura elettronica di cui all’art. 1, commi da 209 a 214 della legge n. 244 del 2007.

Pertanto, anche se con riguardo alle forniture nei confronti delle PA l’ambito soggettivo di applicazione del meccanismo della scissione dei pagamenti, di fatto, coincide con l’ambito di applicazione della fattura elettronica nei rapporti con la PA, le due discipline restano autonome, in quanto differenti per finalità.

Riguardo alle Società controllate da pubbliche amministrazioni centrali e locali, nonché delle società quotate incluse nell’indice FTSE MIB, che dal 1° luglio 2017 sono riconducibili nell’ambito soggettivo della scissione dei pagamenti, restano, pertanto, applicabili le ordinarie modalità di fatturazione.

Come chiarito dal comunicato del Dipartimento delle finanze del Ministero dell’economia e delle finanze pubblicato sul sito istituzionale dello stesso il 26 luglio 2017, quindi, le società controllate da PA centrali o locali, ancorché non iscritte nell’Indice delle Pubbliche Amministrazioni, ovvero ancorché iscritte nella categoria dei “Gestori di pubblici servizi”, sono in ogni caso tenute all’applicazione della disciplina sulla scissione dei pagamenti, qualora risultino incluse negli elenchi pubblicati sul sito istituzionale del Dipartimento delle finanze del Ministero dell’economia e delle finanze.

Parimenti, le società incluse in detti elenchi non sono tenute all’applicazione della normativa sulla fatturazione elettronica obbligatoria se non rientrano tra i soggetti di cui all’articolo 1, comma 209, della legge n. 244 del 2007 e, conseguentemente, se non sono iscritte nell’IPA.

1.3 Soggetti esclusi

La disciplina della scissione dei pagamenti non si applica, ai sensi del nuovo comma 1-quinquies dell’art. 17-ter del DPR n. 633 del 1972, “agli enti pubblici gestori di demanio collettivo, limitatamente alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi afferenti alla gestione dei diritti collettivi di uso civico” (quali diritti di pascolo, legna, funghi, caccia, pesca, acqua, sassi e semina).

Si tratta di quelle strutture organizzative preposte dall’ordinamento giuridico all’amministrazione di beni demaniali collettivi, ossia di beni soggetti a forme di proprietà collettiva di diritto pubblico destinati al godimento in modo indiviso e caratterizzati da un particolare regime giuridico consistente, in via generale, nell’inalienabilità, imprescrittibilità, inespropriabilità, inusucapibilità e nella perpetuità del vincolo a favore di collettività. Tali collettività esercitano sui beni in questione diritti civici perpetui di godimento di natura civilistica per cui la loro disciplina è equiparata al regime della demanialità (cfr. risoluzione n. 69/E del 7 luglio 2010).

1.4 Attestazione delle PA e Società acquirenti

Ai fini della corretta esecuzione degli adempimenti da parte dei fornitori, il comma 1-quater dell’art. 17-ter del DPR n. 633 del 1972, introdotto dal comma 1 del DL n. 50 del 2017, ha previsto che “A richiesta dei cedenti o prestatori, i cessionari o i committenti di cui ai commi 1 e 1-bis devono rilasciare un documento attestante la loro riconducibilità a soggetti per i quali si applicano le disposizioni del presente articolo. I cedenti e prestatori in possesso di tale attestazione sono tenuti all’applicazione del regime (…)”. Al riguardo, stante la puntuale individuazione dei soggetti riconducibili nell’ambito di applicazione della scissione dei pagamenti con la pubblicazione sul sito del Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento delle finanze dell’elenco delle Società nonché con il riferimento all’IPA per le PA, si è dell’avviso che la previsione di cui al citato comma 1-quater sia stata rilevante solo in sede di prima applicazione della nuova disciplina fino alla emissione degli elenchi definitivi.

A seguito della pubblicazione definitiva degli elenchi contenenti l’indicazione puntuale dei soggetti riconducibili nell’ambito di applicazione della scissione dei pagamenti non è più utile per il fornitore, richiedere la predetta attestazione. Dopo la pubblicazione degli elenchi definitivi, infatti, l’eventuale attestazione resa dalla PA o Società dovrà trovare corrispondenza con quanto indicato negli stessi elenchi. L’eventuale rilascio dell’attestazione da parte del cessionario/committente in contrasto con il contenuto degli elenchi definitivi è da ritenersi priva di effetti giuridici.

2. Ambito oggettivo di applicazione

Con riguardo all’ambito oggettivo di applicazione della nuova disciplina della scissione dei pagamenti, una delle novità è rappresentata dalla riconducibilità nel predetto ambito dei compensi per prestazioni di servizi assoggettati a ritenute alla fonte a titolo di acconto o d’imposta sul reddito. Ciò, per effetto dell’abrogazione della disposizione di cui al comma 2 dell’art. 17-ter del DPR n. 633 del 1972 che escludeva, fino al 30 giugno 2017, le predette fattispecie dall’ambito di applicazione della scissione dei pagamenti.

Conseguentemente, la scissione dei pagamenti è applicabile anche ai compensi per prestazioni di servizi fatturate dal 1° luglio 2017 la cui imposta diviene esigibile a partire dalla medesima data.

Ciò detto, giova richiamare la circolare n. 15/E del 2015 per rammentare che “Il meccanismo della scissione dei pagamenti si applica alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi di cui agli artt. 2 e 3 del DPR n. 633 del 1972 (compresi, pertanto, in via generale, gli appalti di lavori, in quanto prestazioni di servizi) effettuate, nel territorio dello Stato” nei confronti delle PA e Società di cui al par.1.

In particolare, “…la scissione dei pagamenti riguarda le operazioni sopra dette, purché documentate mediante fattura emessa dai fornitori, ai sensi dell’art. 21 del DPR n. 633 del 1972, che indichi, tra l’altro, l’imposta addebitata (…). Rientrano, altresì, le operazioni per le quali trovano applicazione le modalità di fatturazione e i termini di registrazione speciali di cui all’art. 73 del citato DPR n. 633”.

Stante l’ampliamento dell’ambito soggettivo di applicazione della nuova disciplina della scissione dei pagamenti si ritiene, altresì, di precisare che in relazione alle operazioni riconducibili nella predetta disciplina non si applicano le disposizioni concernenti la liquidazione dell’IVA secondo la contabilità di cassa, ai sensi dell’art. 32-bis del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134. Ciò, in quanto, attesa la finalità antifrode si ritiene che l’applicazione della scissione dei pagamenti costituisca la regola prioritaria. Tali operazioni, pertanto, dovranno essere fatturate ai sensi dell’art. 17-ter del DPR n. 633 del 1972.

Giova rammentare che, come chiarito dal citato documento di prassi, sono esclusi dall’ambito applicativo della scissione dei pagamenti, per espressa previsione normativa, gli acquisti per i quali i cessionari o committenti sono debitori d’imposta ai sensi delle disposizioni in materia d’imposta sul valore aggiunto. Si tratta delle fattispecie di c.d. reverse charge in cui la veste di debitore d’imposta non è attribuita, come di regola, a colui che cede il bene o presta il servizio, bensì al cessionario o al committente, ai quali, dunque, non viene addebitata (in rivalsa) alcuna imposta, da parte di colui che ha compiuto l’operazione imponibile. In tali casi, sorge un debito IVA direttamente in capo alla PA, soggetto passivo acquirente, per i beni o servizi destinati alla sfera commerciale.

Si tratta, a titolo esemplificativo:

– degli acquisti, effettuati nell’esercizio d’impresa, soggetti al meccanismo dell’inversione contabile di cui all’art. 17 del DPR n. 633 del 1972 (beni o servizi acquisiti da fornitori non stabiliti nel territorio dello Stato, prestazioni di subappalto nel settore edile, servizi di pulizia, ecc.);

– degli acquisti, effettuati nell’esercizio di impresa, di rottami di ferro, ai quali si applica il meccanismo dell’inversione contabile ai sensi dell’art. 74, settimo comma, del DPR n. 633 del 1972;

– degli acquisti intra-Ue di beni effettuati, oltre la soglia di euro 10.000 annui, dall’amministrazione che non sia soggetto passivo dell’IVA ma che sia identificato agli effetti della stessa imposta, ai sensi degli artt. 47, comma 3, e 49 del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito con modificazioni dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427.

Come chiarito dalla medesima circolare n. 15/E del 2015, la scissione dei pagamenti non trova applicazione per le operazioni effettuate da fornitori nell’ambito di regimi IVA c.d. speciali, che non prevedono l’evidenza dell’imposta in fattura e che ne dispongono l’assolvimento secondo regole proprie.

Si tratta, ad esempio:

– dei c.d. regimi monofase disciplinati dall’art. 74 del DPR n. 633 del 1972 (editoria, generi di Monopolio e fiammiferi, tabacchi lavorati, telefoni pubblici e utilizzo mezzi tecnici, documenti viaggio, documenti di sosta nei parcheggi);

– del regime del margine di cui all’art. 36 e ss. del D.L. 23 febbraio 1995, n. 41.

– del regime speciale applicato dalle agenzie di viaggio di cui all’art. 74-ter del DPR n. 633 del 1972.

Si conferma, poi, l’esclusione dalla scissione dei pagamenti per le operazioni rese da fornitori che applicano regimi speciali che, pur prevedendo l’addebito dell’imposta in fattura, sono caratterizzati da un particolare meccanismo forfetario di determinazione della detrazione spettante.

Si tratta ad esempio:

– del regime speciale di cui agli articoli 34 e 34-bis del DPR n. 633 del 1972;

– del regime di cui alla legge n. 398 del 1991;

– del regime relativo all’attività di intrattenimento di cui alla tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640 cui si applicano, agli effetti dell’IVA, le disposizioni di cui all’articolo 74, sesto comma, del DPR n. 633 del 1972;

– del regime applicabile agli spettacoli viaggianti, nonché alle altre attività di cui alla tabella C allegata al DPR n. 633 del 1972.

Come già chiarito dalla citata circolare n. 15/E del 2015, la scissione dei pagamenti non si applica, inoltre, alle operazioni certificate dal fornitore mediante rilascio della ricevuta fiscale di cui all’art. 8 della legge 10 maggio 1976, n. 249, o dello scontrino fiscale di cui alla legge 26 gennaio 1983, n. 18, e successive modificazioni (cfr. art. 12, comma 1, della legge 30 dicembre 1991, n. 413), ovvero non fiscale per i soggetti che si avvalgono della trasmissione telematica dei corrispettivi ai sensi dell’art. 1, commi 429 e ss. della legge 30 dicembre 2004, n. 311. Nella predetta ipotesi devono ricondursi anche le operazioni certificate mediante fattura semplificata ai sensi dell’articolo 21-bis del DPR n. 633 del 1972. In proposito, si precisa che l’esclusione dall’ambito di applicazione della scissione dei pagamenti opera anche per le fattispecie, esonerate dall’obbligo di certificazione fiscale, in relazione alle quali i corrispettivi sono annotati nel registro dei corrispettivi di cui all’art. 24 del DPR n. 633 del 1972. Si tratta, ad esempio, delle operazioni rese nell’ambito dei contratti c.d. di netting tra gestori distributori e Compagnia petrolifere. Nelle predette ipotesi, la scissione dei pagamenti non trova applicazione in quanto l’operazione risulta già fiscalmente certificata, ancorché senza l’emissione di una fattura ai sensi dell’art. 21 del DPR n. 633 del 1972. E’, pertanto, irrilevante, ai fini dell’applicazione della scissione dei pagamenti, la circostanza che successivamente alla certificazione fiscale con le modalità semplificate di cui sopra, sia emessa, comunque, una fattura funzionale alla sola documentazione del costo e dell’IVA assolta in relazione al bene o servizio acquistato.

Diversamente, l’operazione va ricondotta nella scissione dei pagamenti quando sia emessa la fattura, su richiesta del cliente, in luogo dello scontrino o della ricevuta fiscale. Stante l’ampliamento dell’ambito soggettivo di applicazione della nuova disciplina della scissione dei pagamenti si ritiene, altresì, di precisare che il meccanismo della scissione dei pagamenti non è applicabile nelle ipotesi in cui il soggetto passivo acquirente intende avvalersi, sussistendone i requisiti, della disciplina relativa agli acquisti senza pagamento dell’imposta, di cui all’articolo 8, comma 1, lettera c), del DPR n. 633 del 1972.

In tali casi, per effetto della lettera di intento inviata dall’esportatore abituale, gli acquisti beneficiano del trattamento di non imponibilità e, pertanto, con riguardo ai medesimi acquisti non è applicabile la disciplina della scissione dei pagamenti.

In tal modo, i soggetti c.d. esportatori abituali che già, in considerazione dell’attività posta in essere, si trovano in una posizione creditoria IVA, potranno utilizzare il cd. plafond disponibile e conseguentemente il fornitore dovrà emettere la fattura in regime di non imponibilità ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. c) del DPR n. 633 del 1972, conformemente alla lettera d’intento del cliente esportatore abituale, senza l’annotazione “scissione dei pagamenti”.

Con riguardo alle fattispecie escluse dalla scissione di pagamenti la citata circolare n. 15/E del 2015 ha, altresì, precisato che la disciplina della scissione dei pagamenti non è applicabile alle fattispecie nelle quali la PA non effettua alcun pagamento del corrispettivo nei confronti del fornitore. Trattasi, in particolare, delle operazioni rese alla PA (ad esempio servizi di riscossione delle entrate e altri proventi) in relazione alle quali il fornitore ha già nella propria disponibilità il corrispettivo spettantegli e – in forza di una disciplina speciale contenuta in una norma primaria o secondaria – trattiene lo stesso riversando alla PA committente un importo netto.

Tale deroga si giustifica in quanto l’applicazione della scissione dei pagamenti nelle predette ipotesi comporterebbe l’onere per il fornitore, che ha già nella propria disponibilità l’Iva relativa all’operazione resa, di riversare tale importo al cessionario/committente. Quest’ultimo, a sua volta, dovrebbe versare tale importo all’Erario, nell’ambito della scissione dei pagamenti. Tale doppio versamento, oltre a costituire un aggravio degli adempimenti, sarebbe contrastante con la stessa ratio della scissione dei pagamenti che, come è noto, intende contrastare il rischio di inadempimento dell’obbligo di versamento all’Erario dell’IVA a debito da parte dei fornitori.

Le medesime ragioni giustificano la non applicazione della disciplina della scissione dei pagamenti anche nelle fattispecie in cui il fornitore abbia già nella propria disponibilità il corrispettivo spettantegli, in forza di un provvedimento giudiziale (ad esempio, le prestazioni rese dal professionista delegato dall’Autorità Giudiziaria alla procedura di esecuzione immobiliare, in relazione alla fatturazione del compenso).

Si è dell’avviso, inoltre, che la disciplina della scissione dei pagamenti non sia applicabile nelle operazioni svolte tra PA e Società – entrambe destinatarie del meccanismo della scissione dei pagamenti – ogni qual volta l’assenza di pagamento del corrispettivo nei confronti del fornitore trovi la sua giustificazione nella compensazione tra contrapposti rapporti di credito. Anche in questo caso, pur in assenza di una disciplina speciale contenuta in una norma primaria o secondaria, il fornitore (PA e Società) ha già nella propria disponibilità il corrispettivo spettantegli e, considerata l’affidabilità fiscale delle Parti (entrambe riconducibili all’ambito soggettivo della scissione dei pagamenti), l’esclusione dell’applicazione della scissione dei pagamenti appare in linea alla logica della semplificazione degli adempimenti, in assenza di concreti rischi di inadempimento degli obblighi di versamento.

Le medesime esigenze di semplificazione fanno ritenere, inoltre, che la scissione dei pagamenti non sia applicabile ai rapporti tra fornitori e PA e Società che siano riconducibili nell’ambito di operazioni permutative di cui all’art. 11 del DPR n. 633 del 1972 secondo cui “Le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in corrispettivo di altre cessioni di beni o prestazioni di servizi, o per estinguere precedenti obbligazioni, sono soggette all’imposta separatamente da quelle in corrispondenza delle quali sono effettuate”.

In tali ipotesi, nonostante le singole prestazioni di servizi o cessioni di beni debbano essere valorizzate separatamente ai fini della disciplina IVA, si è del parere che la disciplina della scissione dei pagamenti non sia conciliabile con il negozio permutativo in ragione delle peculiarità e della disciplina speciale che lo caratterizzano, e ciò avendo a riguardo il disposto dell’art. 1552 del Codice Civile (in base al quale “La permuta è il contratto che ha per oggetto il reciproco trasferimento della proprietà di cose, o di altri diritti, da un contraente all’altro”). È, infatti, evidente che l’applicazione del meccanismo di scissione dei pagamenti porterebbe a sminuire e a vanificare la scelta del negozio permutativo, contratto bilaterale, in via generale, ad effetto reale, con attribuzioni corrispettive. Invero, l’applicazione della scissione dei pagamenti comporterebbe obbligatoriamente un’attribuzione di denaro, sia pure a titolo di IVA, attribuzione non connaturale al negozio permutativo, salvo le ipotesi di conguaglio, che in base alle disposizioni di diritto comune, ha per ordinario oggetto il reciproco trasferimento della proprietà di cose o di altri diritti da un contraente all’altro.

Per le suesposte ragioni, si ritiene che le operazioni permutative siano da escludere dall’ambito di applicazione della scissione dei pagamenti, rilevando, ai fini del meccanismo in parola, solo gli eventuali conguagli.

2.1 Operazioni rese in favore dei dipendenti

Con riguardo alle cessioni di beni o prestazioni di servizi rese in favore dei dipendenti (ad esempio: vitto e alloggio per trasferta dipendenti) nell’interesse del datore di lavoro (PA e Società) riconducibile nell’ambito soggettivo di applicazione della scissione dei pagamenti, si ritiene di dovere escludere l’applicazione della scissione dei pagamenti quando la fattura sia stata emessa ed intestata nei confronti del dipendente della PA o Società, in quanto la stessa si riferisce ad operazioni rese in favore del dipendente ancorché nell’interesse della PA o Società.

Nelle predette ipotesi quando la fattura sia stata, invece, emessa ed intestata nei confronti della PA o Società torna applicabile la disciplina della scissione dei pagamenti. In tali casi, pertanto, non dovrà essere pagata al fornitore l’IVA relativa all’operazione resa in favore del dipendente. La PA e Società, infatti, dovrà versare tale imposta all’Erario in luogo del  fornitore secondo le modalità prescritte dalla disciplina della scissione dei pagamenti.

3. Adempimenti dei soggetti passivi fornitori

Come è noto, il meccanismo della scissione dei pagamenti non fa venire meno in capo al fornitore la qualifica di debitore dell’imposta in relazione all’operazione effettuata nei confronti della PA e Società. Il fornitore, pertanto, è tenuto all’osservanza degli obblighi di cui al DPR n. 633 del 1972 connessi all’applicazione dell’imposta nei modi ordinari compatibilmente con la disciplina speciale della scissione dei pagamenti.

La circostanza che, in relazione all’operazione effettuata nei confronti delle PA e Società, il fornitore non incassa l’IVA addebitata ed evidenziata in fattura, influenza l’esecuzione degli obblighi cui è tenuto il medesimo fornitore.

Al riguardo, l’art. 2, comma 1, del DM stabilisce che i fornitori “emettono la fattura secondo quanto previsto dall’articolo 21 del decreto n. 633 del 1972 con l’annotazione scissione dei pagamenti” ovvero split payment ai sensi dell’art. 17-ter del DPR n. 633 del 1972. Il successivo comma 2, dispone che “I soggetti passivi dell’IVA che effettuano le operazioni di cui all’articolo 1 non sono tenuti al pagamento dell’imposta ed operano la registrazione delle fatture emesse ai sensi degli articoli 23 e 24 del decreto n. 633 del 1972 senza computare l’imposta ivi indicata nella liquidazione periodica”.

I fornitori, quindi, non devono computare nella liquidazione di periodo l’IVA a debito indicata in fattura, ancorché occorra registrare nel registro “IVA vendite” le operazioni effettuate e la relativa IVA non incassata. Al riguardo, si osserva che il fornitore dovrà provvedere ad annotare in modo distinto la fattura emessa in regime di scissione contabile (ad es. in un’apposita colonna ovvero mediante appositi codici nel registro di cui all’art. 23 del DPR n. 633 del 1972), riportando, altresì, l’aliquota applicata e l’ammontare dell’imposta, ma senza far concorrere la medesima nella liquidazione di periodo.

4. Esigibilità dell’imposta

La nuova disciplina della scissione dei pagamenti presenta, rispetto alla precedente disciplina, alcune novità sotto il profilo dell’esigibilità dell’imposta. Analogamente alla precedente disciplina, l’art. 3, comma 1, del DM stabilisce che “L’imposta relativa alle cessioni di beni ed alle prestazioni di servizi di cui all’art. 1 diviene esigibile al momento del pagamento dei corrispettivi”.

Il successivo comma 2 dispone, tuttavia, che “Le pubbliche amministrazioni e società possono comunque optare per l’esigibilità dell’imposta anticipata al momento della ricezione della fattura ovvero al momento della registrazione della medesima”. La novità rispetto alla precedente disciplina è rappresentata dal riferimento, nel predetto comma 2, alla registrazione della fattura.

La scelta per l’esigibilità anticipata potrà essere fatta con riguardo a ciascuna fattura ricevuta/registrata. A tal fine, rileva il comportamento concludente del contribuente.

Nell’ipotesi di esigibilità anticipata, ai fini dell’imposta da versare all’Erario nell’ambito della scissione dei pagamenti, non rileverà il pagamento del corrispettivo al fornitore, ma sarà possibile dare rilevanza, alternativamente, al momento della ricezione della fattura di acquisto ovvero al momento della registrazione della medesima. Registrazione che dovrà avvenire ai sensi dell’art. 25, comma 1, del DPR n. 633 del 1972 “… anteriormente alla liquidazione periodica nella quale è esercitato il diritto alla detrazione della relativa imposta e comunque entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa all’anno di ricezione della fattura e con riferimento al medesimo anno”.

Si precisa che, in ogni caso, qualora, nelle more della registrazione, sia effettuato il pagamento del corrispettivo, l’esigibilità non potrà più essere riferita alla registrazione, e l’imposta sarà comunque dovuta con riferimento al momento del pagamento della fattura, ai sensi dell’art. 3, comma 1, del DM.

Si osserva, infine, che l’esigibilità dell’imposta, come sopra individuata, rileva ai sensi dell’art. 5, comma 2-bis del DM, anche ai fini della determinazione del versamento del c.d. acconto IVA di cui all’art. 6, comma 2, della legge 29 dicembre 1990, n. 405.

5. Adempimenti delle PA e Società soggetti passivi dell’IVA

Una novità che caratterizza la nuova disciplina della scissione dei pagamenti riguarda la modalità di versamento dell’IVA all’Erario da parte di PA e Società che effettuano acquisti di beni e servizi nell’esercizio di attività commerciali.

Al riguardo, l’art. 5, comma 01, del DM dispone che “Le pubbliche amministrazioni e le società che effettuano acquisti di beni e servizi nell’esercizio di attività commerciali, in relazione alle quali sono identificate agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, effettuano il versamento dell’imposta dovuta ai sensi dell’articolo 17-ter del decreto n. 633 del 1972 con modello F24 entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui l’imposta diviene esigibile, senza possibilità di compensazione e utilizzando un apposito codice tributo”.

La predetta modalità era già prevista nella precedente disciplina, per gli acquisti c.d. istituzionali delle PA in relazione ai quali non vi sono modifiche (cfr. risoluzione n. 15/E del 2015 e circolare n. 15/E del 2015).

Circa le nuove modalità di versamento per le PA e Società che effettuano acquisti di beni e servizi nell’esercizio di attività commerciali, si ritiene che le stesse – dandone evidenza nei registri IVA – possano effettuare il versamento dell’IVA dovuta entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui l’imposta diviene esigibile ovvero possono, in ogni caso, effettuare distinti versamenti per l’IVA dovuta:

– in ciascun giorno del mese, relativamente al complesso delle fatture per le quali l’imposta è divenuta esigibile in tale giorno;

– relativamente a ciascuna fattura la cui imposta è divenuta esigibile.

In alternativa a quanto sopra previsto, il comma 1 dell’art. 5 del DM consente di avvalersi della possibilità, già prevista nella precedente disciplina, di annotare le fatture di acquisto nel registro di cui agli art. 23 o 24 del DPR n. 633 del 1972 entro il giorno 15 del mese successivo a quello in cui l’imposta è divenuta esigibile, con riferimento al mese precedente. In tali casi, l’imposta dovuta partecipa alla liquidazione periodica del mese dell’esigibilità od, eventualmente, del relativo trimestre.

Resta fermo, ovviamente, l’obbligo, in capo alla Società e PA soggetto passivo, di registrare le fatture nel registro degli acquisti di cui all’art. 25 del DPR n. 633 del 1972, ai fini dell’esercizio del diritto alla detrazione della relativa imposta.

Pertanto, dal 1° luglio 2017, con riguardo alle singole operazioni di acquisto, fatturate dalla predetta data e la cui imposta diviene esigibile a partire dalla medesima data, le PA e Società potranno effettuare il versamento all’Erario dell’imposta dovuta nell’ambito della scissione dei pagamenti, con una delle modalità sopra indicate. Ragioni di semplificazione, tuttavia, fanno ritenere che, con riguardo alle PA che già applicavano la disciplina della scissione dei pagamenti, nell’esercizio della propria attività commerciale, l’alternatività delle predette modalità trovi applicazione anche con riguardo alle operazioni di acquisto fatturate antecedentemente al 30 giugno 2017 la cui imposta sia divenuta esigibile entro la medesima data, qualora la PA non abbia ancora provveduto ad effettuare il versamento all’Erario dell’IVA relativa agli acquisti.

Il meccanismo della scissione dei pagamenti, giova rammentare, non fa venire meno in capo al fornitore la qualifica di debitore dell’imposta in relazione all’operazione effettuata nei confronti della PA e Società. Quest’ultime, infatti, hanno solo l’onere di versare all’Erario l’IVA relativa agli acquisti, in luogo del fornitore. Laddove non vi fosse alcuna imposta da versare nell’ambito della scissione dei pagamenti, in quanto, ad esempio, trattasi di acquisto non imponibile ovvero esente, nessun adempimento connesso alla scissione dei pagamenti dovrà essere effettuato dalle PA Società acquirenti.

Sotto il profilo degli adempimenti, si ritiene di dover precisare le regole da seguire con riferimento agli acquisti di beni e servizi destinati ad essere utilizzati promiscuamente sia nell’ambito di attività non commerciali sia nell’esercizio d’impresa. In tali casi, secondo la circolare n. 15/E del 2015, “la PA, non debitore d’imposta, dovrà preventivamente individuare, con criteri oggettivi, la parte della relativa imposta da imputare rispettivamente alle due differenti attività, per le quali l’ente è tenuto ad eseguire separatamente i relativi adempimenti” (versamento diretto per la parte istituzionale; doppia annotazione nei registri di cui agli artt. 23 e 24 nonché art. 25 per la parte commerciale).

Per effetto delle novità introdotte con la nuova disciplina della scissione dei pagamenti, si ritiene che nel caso di acquisti promiscui, i soggetti acquirenti, laddove effettuino il versamento diretto dell’imposta ai sensi del comma 01 dell’art. 5 del DM, non dovranno eseguire separati adempimenti, ai fini del versamento dell’imposta dovuta all’Erario nell’ambito della scissione dei pagamenti. Resta ferma l’esigenza di individuare, con criteri oggettivi, la parte della relativa imposta da imputare rispettivamente alle due differenti attività (istituzionale e commerciale) ai fini del corretto esercizio del diritto di detrazione dell’IVA assolta sugli acquisti.

Giova, infine, evidenziare che le operazioni di acquisto da indicare nelle dichiarazioni IVA e nelle comunicazioni dei dati delle liquidazioni periodiche, effettuate dalle PA e Società acquirenti, sono soltanto quelle di natura commerciale, a prescindere dal metodo di versamento dell’imposta all’Erario prescelto dal soggetto acquirente (art. 5 del DM).

Il successivo comma 2-ter dell’art. 5 del DM stabilisce, infine, che “Resta fermo quanto previsto per le banche dal regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 12 febbraio 2004, n. 75, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 70 del 24 marzo 2004, nonché, per le società assicurative, dal decreto del Ministro delle finanze del 30 maggio 1989, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 129 del 5 giugno 1989”. Si tratta, come è noto, di decreti che prevedono adempimenti semplificati nella rilevazione contabile delle operazioni attive e passive dei soggetti interessati. Per quanto concerne, pertanto, gli acquisti di beni e servizi dei predetti soggetti, fermo restando l’applicabilità della scissione dei pagamenti e, pertanto, l’onere di versare all’Erario, in luogo del fornitore, l’IVA relativa agli acquisti, continuano ad applicarsi le speciali modalità di cui ai citati decreti.

6. Regolarizzazione e note di variazione

Con la circolare n. 15/E del 2015 sono stati chiariti i comportamenti da adottare in caso di regolarizzazione delle fatture emesse dai fornitori in modo errato ovvero omesse, nonché in caso di emissione da parte del fornitore di una nota di variazione ai sensi dell’art. 26 del DPR n. 633 del 1972.

In particolare, con riguardo alle note di variazione, il predetto documento di prassi ha precisato che, nell’ipotesi in cui il fornitore emetta una nota di variazione in aumento, torna sempre applicabile il meccanismo della scissione dei pagamenti e, pertanto, la stessa dovrà essere numerata, indicare l’ammontare della variazione e della relativa imposta e fare esplicito riferimento alla fattura originaria emessa. Diversamente, quando il fornitore emette una nota di variazione in diminuzione, che si riferisce a fatture originarie emesse prima dell’entrata in vigore della scissione dei pagamenti, alla stessa si applicheranno le regole ordinarie. Tuttavia, in considerazione di esigenze di semplificazione degli adempimenti, la predetta circolare n. 15/E del 2015 precisava che ai fornitori che avevano già implementato i propri sistemi di fatturazione e contabilità alla disciplina della scissione dei pagamenti, era consentito applicare la predetta disciplina anche per le note di variazione emesse (successivamente all’entrata in vigore della nuova disciplina) che si riferivano ad una fattura originaria emessa antecedentemente all’introduzione della disciplina della scissione dei pagamenti.

Ciò posto, nel confermare i chiarimenti già resi con la predetta circolare n. 15/E del 2015, si ritiene di precisare che nell’ipotesi in cui il fornitore abbia emesso una nota di variazione in diminuzione, la PA e Società che, ai sensi del comma 01 dell’art. 5 del DM, abbia già eseguito il versamento diretto all’Erario dell’imposta indicata nella fattura originaria, potrà scomputare il maggior versamento eseguito dai successivi versamenti da effettuare nell’ambito della disciplina della scissione dei pagamenti.

7. Acconto IVA

Con riferimento all’acconto IVA, l’art. 5, comma 2-bis del DM stabilisce che “I soggetti di cui al comma 01 effettuano il versamento di cui all’art. 6, comma 2, della legge 29 dicembre 1990, n. 405, secondo le modalità ivi previste tenendo conto anche dell’imposta divenuta esigibile ai sensi del presente decreto”. Tale disposizione, come chiarito dalla relazione illustrativa al Decreto del 27 giugno 2017, dispone che i soggetti tenuti all’applicazione della scissione dei pagamenti che risultino identificati agli effetti dell’IVA, nell’effettuazione del versamento del c.d. acconto IVA “devono tener conto dell’imposta assolta sugli acquisti che è dovuta direttamente all’erario per effetto di quanto previsto dall’articolo 17-ter del d.P.R. n. 633/1972. In particolare, i soggetti che versano l’imposta separatamente ai sensi del comma 01 dovranno effettuare un ulteriore versamento per tener conto anche dell’imposta assoggettata al meccanismo dello split payment. Altresì, per i soggetti che annotano le fatture ai sensi del comma 1, l’acconto IVA va calcolato su un dato complessivo che comprende l’imposta assoggettata allo stesso meccanismo”.

Pertanto, ai fini dell’acconto IVA, che dovrà essere determinato secondo uno dei metodi (storico, previsionale o effettivo) previsti dalla specifica disciplina, le PA e Società soggetti passivi IVA dovranno tenere conto dell’imposta versata all’Erario nell’ambito della scissione dei pagamenti.

Infine, l’art. 2, quarto comma, del DM 27 giugno 2017 stabilisce che “per l’anno 2017 i soggetti di cui all’art. 5, comma 01, effettuano il versamento di cui all’art. 6, comma 2, della legge 29 dicembre 1990, n. 405, tenendo conto, nel caso in cui sia determinato sulla base del versamento effettuato nell’anno precedente, dell’ammontare dell’imposta divenuta esigibile, ai sensi del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 23 gennaio 2015, nel mese di novembre 2017, ovvero, nell’ipotesi di liquidazione trimestrale, nel terzo trimestre del 2017”.

Pertanto, come chiarito nella relazione illustrativa al Decreto, in caso di applicazione del metodo storico:

 – le PA e Società che versano separatamente con il comma 01 l’imposta dovuta ai sensi dell’art. 17-ter del DPR n. 633 del 1972, dovranno operare un ulteriore versamento di acconto, determinato sulla base dell’ammontare dell’imposta da scissione dei pagamenti divenuta esigibile nel mese di novembre 2017, ovvero, in caso di liquidazione trimestrale, nel terzo trimestre del 2017.

– le PA e Società che, invece, annotano le fatture nel registro di cui agli artt. 23 o 24 del DPR n. 633 del 1972, ai sensi del comma 1 dell’art. 5 del DM, dovranno determinare l’acconto sulla base di calcolo come definito per la categoria di contribuenti cui appartengono (mensile, trimestrale, etc.); a tale base dovrà essere aggiunto l’ammontare dell’imposta divenuta esigibile secondo le disposizioni sulla scissione dei pagamenti nel mese di novembre 2017 per i contribuenti con liquidazione mensile, ovvero, in caso di liquidazione trimestrale, nel terzo trimestre del 2017.

8. Rimborsi

Al fine di limitare gli effetti finanziari negativi per i fornitori della PA che, a seguito della disposizione in commento, non incasseranno l’IVA dovuta sulle operazioni rese agli enti pubblici, la lettera c) del comma 629, art. 1, della legge di stabilità 2015 ha modificato la disciplina dei rimborsi di cui all’art. 30, secondo comma, lettera a), del DPR n. 633 del 1972, che nell’individuare i contribuenti che possono chiedere in tutto o in parte il rimborso dell’eccedenza detraibile (se di importo superiore a 2.582,28 euro) all’atto della presentazione della dichiarazione, include l’ipotesi in cui questi esercitino esclusivamente o prevalentemente attività che comportano l’effettuazione di operazioni soggette ad imposta con aliquote inferiori a quelle dell’imposta relativa agli acquisti e alle importazioni, computando a tal fine anche le operazioni effettuate a norma dell’art. 17, quinto, sesto e settimo comma, “nonché”, nella nuova formulazione, “a norma dell’articolo 17-ter”.

Ciò al fine di consentire ai fornitori della PA, in sede di richiesta di rimborso avanzata nella dichiarazione annuale o nell’istanza trimestrale, di computare nel calcolo dell’aliquota media, tra le operazioni c.d. ad aliquota zero, le operazioni effettuate nei confronti della PA.

La medesima esigenza si pone a fondamento della nuova disposizione, di carattere generale, di cui al comma 4-bis dell’art. 1 del DL n. 50 del 2017 secondo cui “a decorrere dal 1º gennaio 2018 i rimborsi da conto fiscale di cui all’articolo 78 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, sono pagati direttamente ai contribuenti dalla struttura di gestione prevista dall’articolo 22, comma 3, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, a valere sulle risorse finanziarie disponibili sulla contabilità speciale n. 1778 “Agenzia delle entrate – Fondi di bilancio”.

Ai sensi del successivo comma 4-ter con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di prossima emanazione, “sono disciplinate le modalità di attuazione del comma 4-bis”.

Le predette disposizioni intendono accelerare i rimborsi da conto fiscale per i soggetti a cui si applica il regime della scissione dei pagamenti. Ciò, al fine di limitare ulteriormente gli effetti finanziari negativi per i fornitori della PA e Società che non incasseranno l’IVA dovuta sulle operazioni rese alle predette PA e Società. In tal modo, si dà attuazione alla decisione di esecuzione (UE) 2017/784 del Consiglio del 25 aprile 2017 che, nell’autorizzare l’Italia ad adottare il nuovo meccanismo della scissione dei pagamenti, ha evidenziato la necessità di un sistema di rimborsi che funzioni correttamente.

9. Efficacia temporale

L’art. 1, comma 4, del DL n. 50 del 2017 stabilisce che le nuove disposizioni sull’applicazione della scissione dei pagamenti “si applicano alle operazioni per le quali è emessa fattura a partire dal 1° luglio 2017”.

Il comma 1-ter dell’art. 17-ter del DPR n. 633 del 1972, introdotto dall’art. 1, comma 1, del citato DL n. 50, stabilisce che la nuova disciplina della scissione dei pagamenti si applica “fino al termine di scadenza della misura speciale di deroga rilasciata dal Consiglio dell’Unione europea ai sensi dell’articolo 395 della direttiva 2006/112/CE”, ossia fino al 30 giugno 2020.

Pertanto il nuovo meccanismo della scissione dei pagamenti si applica alle operazioni in relazione alle quali la fattura sia stata emessa, e la cui imposta sia divenuta esigibile, dopo il 30 giugno 2017.

Così, ad esempio, un’operazione che si considera “effettuata” entro il 30 giugno e la cui imposta sia divenuta, pertanto, esigibile entro la predetta data, non rientra nell’ambito di applicazione della nuova disciplina, ancorché la relativa fattura sia ricevuta dalla PA e Società acquirente in data successiva.

Come già evidenziato precedentemente, in merito all’ambito soggettivo di applicazione della nuova disciplina della scissione dei pagamenti, l’art. 5-bis del DM 23 gennaio 2015, nel testo introdotto dal DM 27 giugno 2017, prevedeva che dovesse farsi riferimento alle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato, individuate annualmente dall’ISTAT. Pertanto, tali soggetti, dal 1° luglio 2017 hanno applicato la disciplina della scissione dei pagamenti in relazione agli acquisti per i quali è emessa fattura a partire dal 1° luglio 2017.

Successivamente, il DM 13 luglio 2017 ha modificato il citato art. 5-bis del DM, stabilendo che l’anzidetta disciplina si applica “alle pubbliche amministrazioni destinatarie delle norme in materia di fatturazione elettronica obbligatoria di cui all’articolo 1, commi da 209 a 214, della legge 24 dicembre 2007, n. 244”, il quale annovera “le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196”, nonché “le amministrazioni autonome”. Tale modifica è entrata in vigore dal giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dello stesso DM, quindi a partire dal giorno 25 luglio 2017. In proposito, si evidenzia che ai sensi dell’articolo 2, comma 2, del citato DM del 13 luglio, pubblicato nella GU del 24 luglio, “Sono fatti salvi i comportamenti dei soggetti che hanno applicato l’articolo 17-ter del decreto n. 633 del 1972 alle fatture per le quali l’esigibilità si è verificata dal 1° luglio 2017 fino alla data di pubblicazione del presente decreto” e , pertanto, fino al 24 luglio.

L’art. 2, comma 2, del DM 27 giugno 2017 ha precisato che, in sede di prima applicazione, con lo scopo di agevolare l’adeguamento dei processi e dei sistemi informativi relativi alla gestione amministrativo-contabile e, comunque, non oltre il 31 ottobre 2017, “le pubbliche amministrazioni che applicano le disposizioni dell’art. 17-ter del decreto n. 633 del 1972, per effetto delle modifiche apportate dall’art. 1 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, accantonano le somme occorrenti per il successivo versamento dell’imposta, da effettuarsi in ogni caso entro il 16 novembre 2017.”

Analogamente, per gli stessi motivi, l’art. 2, comma 3, del DM 27 giugno 2017 prevede che le Società tenute all’applicazione della scissione dei pagamenti, “in deroga a quanto previsto dall’art. 5, commi 1 e 2, del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 23 gennaio 2015, possono annotare le fatture, per le quali l’esigibilità si verifica dal 1° luglio 2017 al 30 novembre 2017, ed effettuare il relativo versamento dell’imposta, entro il 18 dicembre 2017” (posto che la scadenza del 16 dicembre cade in un giorno festivo per le aziende di credito).

Il differimento del versamento dell’IVA da scissione dei pagamenti, tuttavia, non è applicabile alle pubbliche amministrazioni che già applicavano tale meccanismo a partire dal 1° gennaio 2015, in relazione alle quali la disciplina della scissione dei pagamenti si applica senza soluzione di continuità con la precedente disciplina.

10. Sanzioni

Come già chiarito in precedenza, per le forniture di beni e servizi effettuate nei confronti delle PA e Società, i fornitori devono emettere fattura con l’indicazione “scissione dei pagamenti” o “split payment”.

Si ricorda che, nel caso in cui la fattura non contenga la predetta indicazione, è applicabile la sanzione amministrativa di cui all’art. 9, comma 1, del D. Lgs. n. 471 del 18 dicembre 1997.

Si ritiene, inoltre, che non sia applicabile la sanzione nei confronti dei fornitori che si siano attenuti alle comunicazioni fornite dalle PA, relative agli acquisti promiscui di prestazioni soggette a reverse charge. Si ricorda, infatti, che, nel caso in cui il fornitore debba emettere una fattura nei confronti di pubbliche amministrazioni per un’operazione soggetta al regime del reverse charge, deve preoccuparsi di acquisire l’informazione se tale prestazione è ricevuta dalla PA nell’ambito dell’attività istituzionale o commerciale, oppure è promiscua.

In relazione all’imposta addebitata dai fornitori, le PA e Società sono responsabili del versamento all’Erario dell’imposta.

L’omesso o ritardato adempimento del versamento all’Erario (per conto del fornitore) da parte delle PA e Società è sanzionato ai sensi dell’art. 13 del D. Lgs. n. 471 del 1997.

Si precisa, tuttavia, in ossequio ai principi dello Statuto del contribuente, che in considerazione dell’incertezza in materia in sede di prima applicazione, sono fatti salvi i comportamenti finora adottati dai contribuenti anteriormente all’emanazione del presente documento di prassi, sempre che l’imposta sia stata assolta, ancorché in modo irregolare.

Pertanto, qualora, dopo il 1° luglio 2017, siano state emesse fatture nei confronti di soggetti inclusi in detti elenchi con IVA erroneamente addebitata con il regime ordinario, non occorrerà effettuare alcuna variazione. In tali casi, infatti, l’imposta potrà essere assolta secondo le modalità ordinarie. Analogamente, si ritiene non sanzionabile l’ipotesi in cui siano state emesse fatture, entro la data di pubblicazione degli elenchi definitivi, erroneamente in regime di scissione dei pagamenti nei confronti di soggetti non inclusi in detti elenchi; in questi casi la PA o Società acquirente può ottemperare agli adempimenti previsti dal DM per la liquidazione del tributo, dandone evidenza al fornitore, anche cumulativamente.

Laddove, invece, dopo la pubblicazione del presente documento di prassi siano state emesse fatture con erronea applicazione dell’IVA ordinaria o erronea indicazione della scissione dei pagamenti, il fornitore dovrà procedere a “regolarizzare” tale comportamento con l’emissione di apposita nota di variazione ex art. 26, terzo comma, del DPR n. 633 del 1972 e l’emissione corretta di un nuovo documento contabile. In alternativa, si ritiene possibile l’emissione di un’unica nota di variazione che, facendo riferimento puntuale a tutte le fatture erroneamente emesse, le integri al fine di segnalare alla PA o Società acquirente il corretto trattamento da riservare all’imposta ivi indicata.

Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente circolare vengano puntualmente osservati dalle Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.