La Corte di Cassazione sez. Tributaria con l’ordinanza n. 15495 del 20 giugno 2013 ha stabilito che qualora il contribuente si oppone alla variazione del classamento delle unità immobiliare l’Amministrazione è obbligata a dare concretamente conto delle ragioni attributive della rendita e della classe, mentre al giudice tributario spetta valutare, con motivazione adeguata, l’idoneità dei dati forniti dall’Ufficio a sostenere la pretesa.
La Corte Suprema ha ritenuto viziata la sentenza della Commissione Tributaria Regionale sotto il profilo motivazionale. Per cui secondo i giudici di legittimità l’onere della prova nel contraddittorio giurisdizionale ricada sull’Ufficio gli elementi di fatto giustificativi della propria pretesa nel quadro del parametro prescelto, salva la facoltà del contribuente di fornire la prova contraria. Pertanto nella sentenza impugnata i giudici di appello non si sono soffermarti a verificare se la categoria e la classe attribuita all’immobile – con conseguenziale fissazione della rendita – risultavano adeguatamente sostenute dai dati indicati nella motivazione dell’atto, della cui sussistenza l’Ufficio era onerato di dare prova in giudizio, nel contraddittorio con il contribuente.
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