NORMA DI COMPORTAMENTO del 1° maggio 2021, n. 213
Coefficienti di ammortamento per beni concessi in uso a terzi
Dal punto di vista civilistico, l’ammortamento dei beni strumentali è determinato tenendo conto della loro residua vita utile, che varia anche in base alle effettive condizioni di utilizzo. I coefficienti di ammortamento rilevanti ai fini fiscali previsti dall’art. 102, c. 2 del D.P.R. n. 917/1986, sono determinati in base al normale periodo di deperimento e consumo dei beni nei diversi settori produttivi. Nel caso di beni materiali concessi in uso a terzi (in locazione, noleggio, comodato o ad altro titolo) per i quali persiste il requisito della strumentalità, il coefficiente di ammortamento applicabile dal concedente ai fini fiscali è quello del settore produttivo dell’impresa utilizzatrice.
Ai sensi dell’art. 2426, comma 1, n. 2, del Codice civile, il costo delle immobilizzazioni materiali la cui utilizzazione è limitata nel tempo deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione con la loro residua possibilità di utilizzazione. Il Principio contabile OIC 16, par 10, prevede che «L’ammortamento è la ripartizione del costo di un’immobilizzazione nel periodo della sua stimata vita utile con un metodo sistematico e razionale, indipendentemente dai risultati conseguiti nell’esercizio». Come precisato nella Sentenza della Corte di Cassazione, Sez. Unite, 24 aprile 2017, n. 10225, «l’ammortamento consiste nella ripartizione per competenza (con metodo sistematico e razionale) del costo di acquisizione di beni con riferimento alla loro «vita utile», negli anni in cui la loro utilità funzionale ed economica si connette al processo produttivo dell’impresa partecipando al risultato dei singoli esercizi, in rapporto al deperimento fisico o tecnologico o economico (e perciò giuridico) di essi». (NOTA 1) Nel determinare le quote di ammortamento si deve tenere conto della residua possibilità di utilizzazione del bene strumentale, in merito alla quale al paragrafo 63 del Principio contabile OIC 16 è affermato che la stessa non è legata alla «durata fisica» dell’immobilizzazione, bensì alla «durata economica», cioè al periodo in cui si prevede che il cespite sarà di utilità per l’impresa (vita utile). Tale periodo è normalmente inferiore alla «durata fisica» e deve essere ragionevolmente stimato tenendo conto, tra l’altro, dei seguenti fattori: deterioramento fisico legato al trascorrere del tempo, grado e condizioni di utilizzo, stime dei produttori del cespite, obsolescenza (sia del cespite, che del prodotto per cui viene adoperato), piani aziendali per la sostituzione dei cespiti, politiche di manutenzione e riparazione. Dal punto di vista fiscale l’ammortamento delle immobilizzazioni materiali è disciplinato dall’art. 102 del D.P.R. n. 917/1986 (“TUIR”), secondo il quale la deducibilità delle quote d’ammortamento dei beni materiali è ammessa soltanto per quei beni considerati strumentali per l’esercizio dell’impresa. La misura massima deducibile dell’ammortamento è stabilita dal secondo comma di tale art. 102, in base al quale la deduzione degli ammortamenti è ammessa in misura non superiore a quella risultante dall’applicazione al costo dei beni dei coefficienti stabiliti con decreto del Ministero delle finanze (D.M. 31 dicembre 1988). Tali coefficienti, in particolare, «sono stabiliti per categorie di beni omogenei in base al normale periodo di deperimento e consumo nei vari settori produttivi» (NOTA 2). Come è stato osservato in merito alle «ragioni di ordine sostanziale che presiedono alla diversificazione dei coefficienti di ammortamento dei beni ammortizzabili», tale diversificazione è «sicuramente incentrata sul variabile tasso di usura dei medesimi, determinato, questo, dagli impieghi cui essi sono singolarmente destinati», ed inoltre nel determinare il coefficiente di ammortamento fiscalmente applicabile quello che rileva, con riferimento a ciascun bene, è il «processo di usura cui è sottoposto» (Cass. Sez. 1, 12 maggio 1995, n. 5241). Con riferimento ai beni concessi in uso a terzi (in locazione, comodato o ad altro titolo) dal punto di vista fiscale è deducibile l’ammortamento degli stessi purché persista il requisito della strumentalità (NOTA 3). Ai fini della determinazione dei coefficienti di ammortamento applicabili, che variano al variare del settore produttivo, occorre, per rispettare i principi sopra espressi, fare riferimento all’attività esercitata dall’utilizzatore e non a quella esercitata dal proprietario del bene (NOTA 4). Ciò vale sia dal punto di vista civilistico, in quanto è l’effettivo utilizzo del bene che influisce sulla sua vita utile, sia dal punto di vista fiscale, in quanto nella individuazione dei gruppi previsti dal D.M. 31 dicembre 1988 occorre seguire un approccio non meramente formale bensì sostanziale, che è stato ritenuto dalla Suprema Corte «conforme allo spirito del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 67 (T.U.I.R.) [ora art. 102], attinente “al normale periodo di deperimento e consumo”» (Corte di Cassazione, Sez. trib, 11 giugno 2009, n. 13506). Si osserva, in particolare, che l’art. 102 TUIR in nessuna sua parte fa intendere che l’aliquota di ammortamento da applicare sia quella in cui opera il locatore o comodante, anzi al contrario la norma fa generico riferimento ai coefficienti stabiliti «in base al normale periodo di deperimento e consumo [del bene materiale] nei vari settori produttivi», per cui appare chiaro che il settore produttivo al quale si deve fare riferimento è necessariamente quello del soggetto che effettivamente utilizza il bene. Quanto sopra trova conforto in quanto affermato dalla Suprema Corte, secondo la quale «la disciplina fiscale dei diversi coefficienti di ammortamento tiene espressamente conto dell’effettivo “tasso di usura” a cui sono soggetti i beni strumentali in relazione all’ “impiego” a cui vengono singolarmente destinati» (Cass. 13 ottobre 2006, n. 22021) (NOTA 5). Il bene concesso in uso è impiegato dall’utilizzatore ed è da tale modalità di impiego che consegue la differente usura dello stesso. Tale criterio interpretativo trova inoltre indiretto conforto, nella logica della necessaria coerenza interna del corpo normativo, nei criteri applicati per determinare la percentuale di scorporo (20 o 30 per cento) del valore dell’area occupata dai fabbricati, dove in caso di locazione o comodato il proprietario dell’immobile deve tenere conto del concreto utilizzo dell’immobile da parte dell’utilizzatore (NOTA 6).
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(1) In senso conforme si vedano anche Cass. Sez. V, 22 gennaio 2013, n. 1404, dove è stato affermato che «l’ammortamento è il processo tecnico contabile diretto a calcolare il consumo subito dai beni strumentali destinati all’esercizio dell’impresa i cui costi vanno ripartiti in quote pluriennali» e Cass. Sez. V, 3 luglio 2013, n. 16690, dove è stato precisato che «l’ammortamento … è il processo tecnico contabile attraverso il quale si ripartisce nei vari esercizi l’onere del deperimento e del consumo relativo all’utilizzazione di beni strumentali, i cui costi vanno ripartiti in quote pluriennali».
(2) Nel caso in cui con riferimento ad un settore di attività non sia previsto il coefficiente di ammortamento per una certa tipologia di beni, «si deve fare riferimento ai coefficienti previsti per beni simili appartenenti ad altre categorie di imprese» (Risoluzione 20 dicembre 2010 n. 133).
(3) In tal senso si veda la Risoluzione 20 dicembre 2010, n. 133/E.
(4) In senso conforme vi sono numerosi pronunciamenti dell’Amministrazione finanziaria. Nella Risoluzione del Ministero delle Finanze 22 marzo 1980, n. 74, è stato affermato che «devesi necessariamente ammettere che uno stesso strumento produttivo, posto nelle stesse condizioni di impiego e di usura, va ammortizzato con lo stesso coefficiente». Si veda anche la Risoluzione del Ministero delle Finanze 9 luglio 1975, ove si da rilievo all’usura che consegue alle condizioni di impiego dei beni. Nella Risoluzione del Ministero delle Finanze 13 settembre 1984, n. 1740, con riferimento ad un caso in cui autoveicoli venivano concessi in usufrutto da una società ad un’altra, il Ministero ha affermato che «i beni concessi in usufrutto continuano a essere strumentali per l’impresa (…) [nuda proprietaria] secondo i coefficienti relativi all’attività esercitata dall’usufruttuario». Nella Risoluzione del Ministero delle Finanze 23 maggio 1996, n. 483, paragrafo 1.4.1, in un caso di leasing operativo (nel quale non trovavano applicazione le regole dettate in caso di leasing finanziario dal all’epoca vigente art. 67, c. 8, TUIR, ora art. 102) il Ministero ha espressamente affermato che «Tenuto conto della disposizione contenuta nell’art. 67, comma 2, del Tuir, la quale stabilisce che i coefficienti di ammortamento sono stabiliti per categorie di beni omogenei in base al normale periodo di deperimento e consumo nei vari settori produttivi, si ritiene che nel caso di locazione di un bene il coefficiente di ammortamento applicabile sia quello del settore produttivo dell’impresa utilizzatrice». Non condivisibili appaiono invece essere le conclusioni alla quale giunge l’Agenzia delle Entrate nella Risoluzione 9 aprile 2004 n. 56/E e nella Circolare 13 marzo 2006 n. 10/E che a tale risoluzione si richiama, con le quali si afferma che poiché gli immobili strumentali per natura sono considerati ex lege beni strumentali indipendentemente dalle modalità di utilizzo degli stessi, ne consegue che per essi è irrilevante che siano concessi in utilizzo a terzi in locazione o comodato e il proprietario deve ammortizzarli applicando i coefficienti di ammortamento stabiliti dal decreto ministeriale per il settore di attività in cui opera il possessore, non quindi l’utilizzatore; si ritengono tali conclusioni non condivisibili in quanto la presunzione di strumentalità che assiste gli immobili strumentali per natura comporta che l’ammortamento degli stessi è deducibile a prescindere dalle modalità del loro utilizzo, ma non rileva in alcun modo nella determinazione del coefficiente di ammortamento applicabile, valendo anche per essi la regola di cui all’art. 102, c. 2, TUIR, secondo la quale detti coefficienti «sono stabiliti (…) in base al normale periodo di deperimento e consumo nei vari settori produttivi». Con la più recente Risoluzione 20 dicembre 2010 n. 133/E l’Agenzia delle Entrate ha affermato, apparentemente con riferimento a qualunque tipologia di bene, che «Ai fini della corretta determinazione dei coefficienti di ammortamento applicabili, occorre far riferimento in linea di principio all’attività esercitata dal locatore o comodante e non al settore di attività in cui il locatario/comodatario utilizza il bene (cfr. R.M. del 05/01/1981 n.9/2320 e indirettamente Ris. del 09/04/2004 n. 56, Circolare del 13 marzo 2006 n. 10/E, Cass. dell’11/06/2009 n. 13506)» senza in alcun modo argomentare tale non condivisibile affermazione e portando a sostegno della stessa incongruenti citazioni, in quanto: i) la menzionata R.M. del 05/01/1981 n.9/2320 stabilisce solo che sono ammortizzabili anche i beni dell’impresa collocati presso terzi, senza nulla precisare in merito ai coefficienti applicabili; ii) la sentenza Cass. dell’11/06/2009 n. 13506, all’opposto di quanto ritenuto dall’Agenzia delle Entrate, afferma che il coefficiente di ammortamento deve essere determinato, ai sensi delle disposizioni del TUIR, avendo a riguardo il deperimento e consumo dei beni; iii) la Risoluzione 56/2004 e la Circolare 10/2006, sopra commentate, trattano solo degli immobili strumentali per natura. Tale Risoluzione 20 dicembre 2010 n. 133/E prosegue tuttavia incoerentemente (ma condivisibilmente) affermando che nel caso di imprese che operano nel settore del noleggio «il coefficiente di ammortamento deve essere ricercato nel gruppo di attività dell’utilizzatore in modo da dare una rappresentazione più realistica del deterioramento fisico dei beni».
(5) Con pronunciamenti identici si vedano anche Cass. 22 gennaio 2013, n. 1404 e Cass. 24 maggio 2013, n. 12924.
(6) In tal senso si vedano dell’Agenzia delle Entrate: Circolare 19 gennaio 2007, n. 1/E, par. 7.2; Circolare 16 febbraio 2007, n. 11/E, par. 9.6; Risoluzione 20 settembre 2007, n. 256/E.
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