Dimissioni/Licenziamento
Il rapporto di lavoro può cessare per libera volontà del lavoratore e del datore di lavoro, a condizione che si dia regolare preavviso all’altra parte.
In caso di licenziamento, per il rapporto di lavoro con impegno superiore a 24 ore settimanali il preavviso dovrà essere:
- 15 giorni di calendario, fino a cinque anni di anzianità presso lo stesso datore di lavoro;
- 30 giorni di calendario, oltre i cinque anni di anzianità presso lo stesso datore di lavoro.
Per il rapporto di lavoro con impegno fino a 24 ore settimanali il preavviso dovrà essere:
- 8 giorni di calendario, fino a due anni di anzianità;
- 15 giorni di calendario, oltre i due anni di anzianità.
Tali termini sono ridotti del 50% nel caso di dimissioni da parte del lavoratore.
In caso di mancato preavviso da parte del datore di lavoro è dovuta al lavoratore un’indennità pari alla retribuzione corrispondente al periodo di preavviso spettante.
In caso di dimissioni invece, al lavoratore che non effettua la prestazione nel periodo di preavviso viene trattenuta dalla liquidazione l’importo che gli sarebbe spettato in tale periodo.
Nuova procedura di risoluzione consensuale e dimissioni
La Legge 28 giugno 2012, n. 92 (Riforma del mercato del lavoro), in vigore dal 18 luglio 2012, definisce all’art. 4, comma 17 e seguenti, le procedure da seguire ai fini della convalida della risoluzione consensuale o delle dimissioni volontarie dei lavoratori dipendenti, ivi compresi i lavoratori domestici.
Le modalità da seguire sono due, l’una alternativa dell’altra:
- Convalida del lavoratore presso la Direzione Territoriale del Lavoro o il Centro per l’Impiego territorialmente competenti, ovvero presso le sedi individuate dai contratti collettivi nazionali stipulati dalla organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale (comma 17)
- Sottoscrizione da parte del lavoratore di apposita dichiarazione in calce alla ricevuta della comunicazione di cessazione inoltrata all’INPS (comma 18).
In mancanza della convalida presso gli enti previsti dalla norma o di sottoscrizione della ricevuta di trasmissione della comunicazione di cessazione, il datore di lavoro, entro 30 giorni dalla data della cessazione, deve spedire al lavoratore un invito scritto (raccomandata r.r. o a mano) contenente l’indicazione di presentarsi presso le sedi deputate per convalidare l’atto o, in alternativa, a sottoscrivere la comunicazione di cessazione trasmessa all’Inps.
Se il datore di lavoro non provvede all’invito nei termini indicati, le dimissioni si
considerano prive di effetto (comma 22).
Il lavoratore, entro 7 giorni dalla ricezione, può:
- aderire all’invito e convalidare le dimissioni o la risoluzione consensuale;
- non aderire all’invito, ma il rapporto si intende comunque risolto (comma 19);
- revocare le dimissioni o la risoluzione consensuale (comma 21) in forma scritta; in questo caso il contratto di lavoro torna ad avere corso normale dal giorno successivo alla comunicazione di revoca.
Comunicazioni obbligatorie
A partire dal 29 gennaio 2009 tutte le comunicazioni relative alla modifica o alla cessazione del rapporto di lavoro domestico devono essere presentate all’Inps entro cinque giorni dall’evento. Da aprile 2011 tali comunicazioni devono essere effettuate esclusivamente utilizzando il nuovo servizio online per la Comunicazione di Variazione e Cessazione, accessibile – tramite Pin – dal Menu Servizionline/Servizi al cittadino/Lavoratori domestici del portale Inps oppure al Contact Center , numero 803164 gratuito da rete fissa o al numero 06164164 da rete mobile a pagamento secondo la tariffa del proprio gestore telefonico.
La comunicazione di cessazione a causa di decesso del datore di lavoro deve essere effettuata rivolgendosi al Contact Center . Il soggetto comunicante deve disporre del proprio Pin e deve fornire all’operatore il codice fiscale del datore e il codice del rapporto di lavoro.
La comunicazione ha efficacia anche nei confronti dei Servizi competenti, del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail), nonché della Prefettura-Ufficio Territoriale del Governo.
Trattamento di fine rapporto
Quando cessa il rapporto di lavoro, per licenziamento o per dimissioni, il lavoratore domestico ha sempre diritto alla liquidazione, anche se il lavoro è precario, saltuario e di poche ore a settimana. Ciò anche nel caso di risoluzione del rapporto di lavoro durante il periodo di prova, se superiore ai 15 giorni.
Per calcolare le somme dovute a titolo di trattamento di fine rapporto, bisogna tenere conto della retribuzione mensile, della tredicesima e, per il lavoratore che consuma due pasti al giorno e dorme in casa, dell’indennità sostitutiva del vitto e dell’alloggio.
I calcoli variano a seconda del periodo a cui si riferisce il servizio. Occorre distinguere tre periodi, ai quali corrispondono tre diverse modalità di calcolo del trattamento di fine rapporto (TFR):
- Il primo periodo arriva fino al 31 maggio 1982;
- il secondo periodo va dal 1° giugno 1982 al 31 dicembre 1989;
- il terzo periodo dal 1° gennaio 1990 in poi.
La liquidazione frazionata
La legge consente che il TFR sia pagato ogni anno, se richiesto dal lavoratore o dal datore di lavoro con il consenso dell’altro.
In ogni caso, la legge prevede che dopo otto anni di servizio il lavoratore abbia diritto ad un anticipo pari al 70 % del TFR maturato.
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