La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 45803 depositata il 13 dicembre 2024, intervenendo in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali, ha ribadito il principio di diritto secondo cui ” la condotta ha riguardato l’omesso versamento di somme che costituiscono parte integrante della retribuzione lorda o del compenso dovuto al sostituito e, in quanto retribuzione/compenso, voce di costo per l’impresa deducibile, come spesa o componente negativo di reddito, ai sensi degli artt. 95 e 109, d.P.R. n.917 del ,; si tratta di somme che sono nella piena disponibilità del sostituto di imposta.
Di fronte, dunque, alla contestualità e della indefettibilità del sorgere dell’obbligazione di versamento con il fatto stesso del pagamento della retribuzione, manca ogni presupposto per invocare la circostanza scriminante dello stato di necessità posto che la punibilità della condotta, deve essere individuata proprio nel mancato accantonamento delle somme dovute all’Istituto (in nome e per conto del quale tali somme sono state trattenute), di guisa che non può ipotizzarsi l’impossibilità di versamento per fatti sopravvenuti, come appunto una pretesa situazione di illiquidità della società rappresentata (cfr., sia pure con riferimento all’omesso versamento di ritenute da parte del sostituto d’imposta, Sez. 3, n. 11459 del 19/09/1995, Rossi, Rv. 203018). “
La vicenda ha riguardato il legale rappresentate di una società, accusato di aver omesso il versamento all’INPS delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei dipendenti. Il Tribunale riconosceva l’imputato colpevole del reato ascrittogli. L’imputato appellava la sentenza di primo grado. La Corte d’Appello confermava la condanna inflitta dalla sentenza impugnata. Il condannato, avverso la sentenza di appello proponeva ricorso per cassazione fondato su quattro motivi.
I giudici di legittimità dichiaravano inammissibile il ricorso.
Per gli Ermellini ” … il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori, siccome è a dolo generico, è integrato al solo ricorrere della consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti.
Si è, conseguentemente, reputata non rilevante la circostanza che il datore di lavoro attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte a debiti ritenuti urgenti (Sez. 3, n. 3705 del 19/12/2013, PG in proc Casella, Rv. 258056 – 01; Sez. 3, n. 13100 del 19/01/2011, Biglia, Rv. 249917 – 01). “
Il Supremo consesso evidenzia come si è ripetutamente precisato che “il reato è configurabile anche nel caso in cui si accerti l’esistenza del successivo stato di insolvenza dell’imprenditore, in quanto è onere di quest’ultimo ripartire le risorse esistenti al momento di corrispondere le retribuzioni ai lavoratori dipendenti in modo da poter adempiere all’obbligo del versamento delle ritenute, anche se ciò possa riflettersi sull’integrale pagamento delle retribuzioni medesime (Sez. 3, n. 38269 del 25/09/2007, Tafuro, Rv. 237827; Sez. 3, n. 33945 del 05/07/2001, Castellotti, Rv. 219989).
Invero la legge affida al datore di lavoro, in quanto debitore delle retribuzioni nei confronti dei prestatori di lavoro dipendenti, il compito di detrarre dalle stesse l’importo delle ritenute assistenziali e previdenziali da quelli dovute e di corrisponderlo all’Erario quale sostituto del soggetto obbligato. In questo senso il sostituto adempie contemporaneamente a un obbligo proprio e a un obbligo altrui: di qui la conseguenza di ritenerlo vincolato al pagamento delle ritenute allo stesso titolo per cui è vincolato al pagamento delle retribuzioni. La conclusione che se ne trae è che lo stato di insolvenza non libera il sostituto, dovendo questi adempiere al proprio obbligo di corrispondere le ritenute all’Inps, così come adempie a quello di pagare le retribuzioni di cui le ritenute stesse sono, del resto, parte. “
Inoltre, i giudici di piazza Cavour hanno ritenuto che ” … quando l’imprenditore, in presenza di una situazione economica difficile, decida di dare la preferenza al pagamento degli emolumenti ai dipendenti e di pretermettere il versamento delle ritenute, non può addurre a propria discolpa l’assenza dell’elemento psicologico del reato, ricorrendo in ogni caso il dolo generico (cfr. Sez. 3, n. 43811 del 10/04/2017, Agazzino, Rv. 271189 – 01, Sez. 3, n. 38269 del 25/09/2007, Tafuro, Rv. 237827 – 01; tra le tante, con riferimento all’omesso versamento di ritenute d’acconto, Sez. 3, n. 7099 del 05/05/1994, Serafini, Rv. 198155; Sez. 3, n. 3512 del 17/01/1994, D’Anna, Rv. 196977; Sez. 3, n. 11032 del 21/10/1993, Parrotto, Rv. 195938; Sez. 3, n. 11608 del 11/11/1993, Annibal, Rv. 195904; Sez. 3, n. 10579 del 06/10/1993, P.M. in proc. Dini, Rv. 195872; Sez. 3, n. 2605 del 19/01/1991, Bacchi, Rv. 186488; Sez. 3, n. 942/91 del 26/11/1990, Bergamo, Rv. 186257).
Questa Corte ha escluso il dolo solo in considerazione del modesto importo delle somme non versate o della discontinuità ed episodicità delle inadempienze (cfr. Cass. sez. 3 n.3663 del 8/1/2014, Rv.259097).“