COMMISSIONE TRIBUTARIA DI I GRADO DI TRENTO – Ordinanza 11 settembre 2020

IRPEF – Detrazioni per le erogazioni in denaro effettuate a favore di partiti politici – Previsione della detraibilità delle erogazioni anche quando i relativi versamenti sono effettuati, anche in forma di donazione, dai candidati e dagli eletti alle cariche pubbliche in conformità a previsioni regolamentari o statutarie deliberate dai partiti o movimenti politici beneficiari delle erogazioni – Art. 11, co. 4-bis del Decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, come modificato dall’art. 1, comma 141, della legge 23 dicembre 2014, n. 190

Rilevato in fatto

Con reclamo ex art. 17-bis, commi 1 – 7, decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (che nel prosieguo ha prodotto, in virtù del successivo comma 9, gli effetti del ricorso ex art. 18 stesso decreto legislativo), il signor D. S. impugna l’avviso con cui l’Agenzia delle entrate – Direzione provinciale di Trento ha accertato, in relazione all’anno d’imposta 2008, una maggiore imposta IRPEF di euro 8.622,00, per effetto del disconoscimento della natura di «erogazioni» e quindi della detraibilità dall’imposta nella misura del 19%, ai sensi dell’art. 15, comma 1-bis, decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (che, nel testo vigente all’epoca dei fatti, disponeva: «1-bis. Dall’imposta lorda si detrae un importo pari al 19 per cento per le erogazioni liberali in denaro in favore dei partiti e movimenti politici per importi compresi tra 100.000 e 200 milioni di lire effettuate mediante versamento bancario o postale» delle somme di denaro versate in quell’anno di imposta dal ricorrente, in favore del partito politico «Lega Nord», per un importo complessivo di euro 45.379,00. 

a) In via preliminare il ricorrente eccepisce la nullità dell’avviso impugnato per violazione del precetto ex art. 7, comma 1, ult. parte, legge 27 luglio 2000, n. 212 («Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto  che lo richiama»), stante la mancata allegazione ad esso della segnalazione della Direzione centrale dell’Agenzia delle entrate e dell’accertamento compiuto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Forlì, con conseguente difetto di motivazione. 

b) Sempre in via preliminare il ricorrente eccepisce la nullità dell’avviso impugnato per violazione del precetto ex art. 12, commi 1 e 7, legge n. 212/2000 («1. Tutti gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali sono effettuati sulla base di esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo.

Essi si svolgono, salvo casi eccezionali e urgenti adeguatamente documentati, durante l’orario ordinario di esercizio delle attività e con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività stesse nonché alle relazioni commerciali o professionali del contribuente …

 7. Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il  contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e  richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza …»), essendo stati omessi la redazione ed il successivo rilascio al contribuente del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, con conseguente privazione del termine di sessanta giorni durante i quali il contribuente può esercitare la facoltà di presentare ai verificatori osservazioni e richieste.

 c) Nel merito contesta l’assunto dell’Ufficio, secondo cui si sarebbe costituito un rapporto sinallagmatico tra il partito politico «Lega Nord» ed il ricorrente in forza del quale, a fronte della disponibilità del partito di offrire al ricorrente la possibilità di essere candidato alle elezioni politiche del 13-14 aprile 2008, il ricorrente aveva – con contratto di donazione stipulato in data 7 marzo 2008, presso la sede del partito politico «Lega Nord», in Milano, via Bellerio – assunto l’obbligo di donare allo stesso partito, in caso di elezione, la somma complessiva di euro 145.000,00, da versare in rate mensili consecutive costanti di euro 2.416,67 ciascuna, nel periodo 31 maggio 2008 – 30 aprile 2013, con la pattuizione che i versamenti sarebbero cessati solo in caso di morte del donante.

 Sostiene che comunque la detraibilità dall’imposta, nella misura del 19%, delle somme, per complessivi euro 45.379,00, versate dal ricorrente in favore del partito politico «Lega Nord» nel 2008, prescinde dalla natura di atto di liberalità, delle erogazioni; ciò grazie al disposto ex art. 11, comma 4-bis, decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito con legge 21 febbraio 2014, n. 13, secondo cui: «A partire dall’anno di imposta 2007 le erogazioni in denaro effettuate a favore di partiti politici, esclusivamente tramite bonifico bancario o postale e tracciabili secondo la vigente normativa antiriciclaggio, devono comunque considerarsi detraibili ai sensi dell’art. 15, comma 1-bis, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.». 

Costituendosi in giudizio, l’Ufficio resistente replica ai motivi del ricorso nei termine che seguono.

ad a) – Insta per il rigetto dell’eccezione preliminare di nullità dell’avviso impugnato per violazione del precetto ex art. 7, comma 1, ult. parte, legge n. 212/2000 e per il conseguente difetto di motivazione, adducendo di aver riprodotto nell’atto impositivo il contenuto essenziale delle risultanze istruttorie e delle informazioni assunte in sede penale (il che, secondo la Suprema Corte – Cassazione 23 ottobre 2013, n. 24020; Cassazione 15 aprile 2013, n. 9032 – esclude l’onere di allegazione), con conseguente adeguata esplicazione delle ragioni di fatto su cui si fonda la pretesa, tant’è vero che il ricorrente ha dimostrato di aver ben compreso il contenuto dell’atto impositivo, presentando un ricorso particolarmente articolato.

a b) – Chiede il rigetto anche dell’eccezione di nullità dell’avviso impugnato per violazione del precetto ex art. 12, comma 1 e 7, legge n. 212/2000, asserendo che, alla luce del più recente indirizzo giurisprudenziale (Cassazione S.U. 20 luglio 2013, n. 18184; Cassazione 13 giugno 2014, n. 13588; Cassazione 5 aprile 2013, n. 8399; Cassazione 2 aprile 2014, n. 7598;), nel caso in esame, non essendo stati effettuati accessi, ispezioni e verifiche nei locali del contribuente, non era necessaria la redazione del processo verbale di chiusura delle indagini.

 a c) – Nel merito allega ulteriormente che di solito, oltre all’atto di donazione, il candidato ed il partito Lega Nord stipulavano un accordo in cui si affermava espressamente che il versamento delle somme dal candidato al partito avveniva in correlazione con «le obbligazioni assunte dalla Lega Nord», il che  esclude in radice lo spirito di liberalità (inteso come mera e spontanea elargizione fine a se stessa) e la detraibilità ai sensi dell’art. 15, comma 1-bis, decreto legislativo n. 917/1986. Nega l’applicabilità, in difetto del carattere di liberalità dell’erogazione al partito, del disposto ex art. 11, comma 4-bis, decreto-legge n. 149/2013: in proposito rileva che la norma è inserita in un articolo  la cui epigrafe recita: «detrazioni per le erogazioni liberali in denaro a favore di partiti politici»;

 inoltre sostiene che ricomprendere nella sfera di applicazione della norma de qua le erogazioni prive dello spirito di liberalità «porterebbe a conseguenze del tutto irrazionali in quanto significherebbe ammettere che il legislatore … avrebbe introdotto  una sorta di sanatoria rispetto alle erogazioni non connotate da spirito di liberalità (il che si tradurrebbe in un’evidente violazione dei principi di eguaglianza, capacità contributiva e certezza del diritto)».

Ritenuto in diritto

Viene sollevata d’ufficio la questione di legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 4-bis, decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito con legge 21 febbraio 2014, n. 13, come modificato dall’art. 1, comma 141, legge 23 dicembre 2014, n. 190 («A partire dall’anno di imposta 2007 le erogazioni in denaro effettuate a favore di partiti politici, esclusivamente tramite bonifico bancario o postale e tracciabili secondo la vigente normativa antiriciclaggio, devono comunque considerarsi detraibili ai sensi dell’art. 15, comma 1-bis, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Le medesime erogazioni continuano a considerarsi detraibili ai sensi del citato art. 15, comma 1-bis, ovvero ai sensi del presente articolo, anche quando i relativi versamenti sono effettuati, anche in forma di donazione, dai candidati e dagli eletti alle cariche pubbliche in conformità a previsioni regolamentari o statutarie deliberate dai partiti o movimenti politici beneficiari delle erogazioni medesime»), nella parte in cui – in violazione dell’art. 67 Cost. – consente ai  membri del Parlamento di detrarre dall’imposta lorda sui redditi un importo pari al 19 per cento per le erogazioni in denaro nel concreto non realmente e pienamente liberali effettuate in favore di partiti e movimenti politici per importi compresi tra 100.000 e 200 milioni di lire (ossia tra 51,65 e 103.291,38 euro).

Sulla rilevanza nel giudizio a quo.

 Il giudizio in corso non può essere definito indipendentemente dalla soluzione della suddetta questione di legittimità costituzionale in quanto, applicando la norma oggetto dello scrutinio richiesto, meriterebbe accoglimento il ricorso proposto da D. S. avverso l’avviso con cui l’Agenzia delle entrate – Direzione provinciale di Trento ha accertato, in relazione all’anno d’imposta 2008, una maggiore imposta IRPEF di euro 8.622,00. 

Infatti l’Amministrazione finanziaria disconosce la natura di «erogazioni liberali» ai versamenti in denaro effettuati dal ricorrente, nel 2008, durante lo svolgimento del suo mandato parlamentare, in favore del partito politico «Lega Nord», per un importo complessivo di euro 45.379,00.

 Conseguentemente nega, in riferimento a tale importo, la detraibilità dall’imposta, nella misura del 19%, che l’art. 15, comma 1-bis, decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, riserva solamente a quelle erogazioni in denaro (in favore dei partiti e movimenti politici per importi compresi tra 100.000 e 200 milioni di lire) che siano «liberali».

 Tuttavia la disposizione ex art. 11, comma 4-bis, decreto-legge n. 149/2013 (oggetto del richiesto scrutinio), ponendosi in evidente rapporto di specialità con l’art. 15, comma 1-bis, decreto del Presidente della Repubblica n. 917/1986, consente, a partire dall’anno di imposta 2007, la detraibilità prevista da quest’ultima norma nel primo periodo in riferimento alle erogazioni in denaro effettuate da chiunque a favore di partiti politici tramite bonifico bancario o postale e nel secondo periodo in ordine alle erogazioni eseguite dai candidati e dagli eletti alle cariche pubbliche in conformità a previsioni regolamentari o statutarie deliberate dai partiti o movimenti politici beneficiari delle erogazioni medesime.

In proposito non può essere condiviso l’assunto dell’Amministrazione finanziaria, secondo cui anche il disposto ex art. 11, comma 4-bis, decreto-legge n. 149/2013 richiederebbe il caratterè di liberalità dell’erogazione (in favore del partito politico).

Infatti, seguendo questa interpretazione, la norma si presenterebbe del tutto superflua, limitandosi a ribadire il contenuto precettivo dell’art. 15, comma 1-bis, decreto del Presidente della Repubblica n. 1986/917 (rimasto in vigore fino al 31  dicembre 2013, secondo la previsione ex art. 14, comma 5, decreto-legge n. 149/2013), in evidente contrasto con la volontà del legislatore, il quale – come si evince chiaramente sia dalla mancanza apposizione al sostantivo «erogazioni» dell’aggettivo «liberale», sia dalla locuzione «devono comunque considerarsi detraibili», contenuta nel primo periodo dell’art. 11, comma 4-bis, decreto-legge n. 149/2013, sia dalla precisazione «anche in forma di donazione», contenuta nel secondo periodo della stessa norma – invece ha inteso estendere la sfera di applicazione (in origine limitata alle «erogazioni liberali») dell’art. 15, comma 1-bis, decreto del Presidente della Repubblica n. 917/1986.

 Inoltre il fatto, rilevato dall’Amministrazione finanziaria, che la norma ex art. 11, comma 4-bis, decreto-legge n. 149/2013, sia inserita in un articolo la cui epigrafe recita: «detrazioni per le erogazioni liberali in denaro a favore di partiti politici», non sembra rivestire un apprezzabile valore ermeneutico, anche considerando che quella norma è frutto di una novella ad opera della legge di conversione (legge n. 13/2014).

 Infine l’affermazione dell’Ufficio, secondo cui ricomprendere nella sfera di applicazione della norma de qua le erogazioni prive dello spirito di liberalità «porterebbe a conseguenze del tutto  irrazionali in quanto significherebbe ammettere che il legislatore … avrebbe introdotto una sorta di sanatoria rispetto alle erogazioni non connotate da spirito di liberalità (il che si tradurrebbe in un’evidente violazione dei principi di eguaglianza, capacità contributiva e certezza del diritto)», costituisce una valutazione normogenetica (secondo espressione cara ad autorevole dottrina), inidonea a smentire i risultati dell’interpretazione (potendo però assumere rilievo in punto di non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità, su cui infra).

D’altra parte non sembra potersi dubitare dell’infondatezza delle difese svolte dal contribuente:

 a) in ordine alla nullità dell’avviso impugnato per violazione del precetto ex art. 7, comma 1, ult. parte, legge 27 luglio 2000, n. 212 e per difetto di motivazione. 

Merita di essere condivisa la replica dell’Ufficio, secondo cui la riproduzione nell’atto impositivo del contenuto essenziale delle risultanze istruttorie e delle informazioni assunte in sede penale esclude l’onere di allegazione dell’atto richiamato (Cassazione 6 febbraio 2019, n. 3388; Cassazione 23 febbraio 2018, n. 4396;) e garantisce un’adeguata esplicazione delle ragioni di fatto su cui si fonda la pretesa;

 b) in ordine alla nullità dell’avviso impugnato per violazione del precetto ex art. 12, commi 1 e 7, legge n. 212/2000.

 Nel caso in esame non sono stati effettuati accessi, ispezioni e verifiche nei locali del contribuente, di talché, alla luce del più recente indirizzo giurisprudenziale (Cassazione S.U. 9 dicembre 2015, n. 24823; Cassazione 11 maggio 2018, n. 11560;), non era necessaria la redazione del processo verbale di chiusura delle indagini. 

c) in ordine alla natura liberale delle erogazioni in denaro effettuate dal contribuente nel 2008 in favore del partito politico  «Lega Nord» (il che consentirebbe la detrazione ex art. 15, comma 1-bis, decreto del Presidente della Repubblica n. 917/1986, senza dover ricorrere all’applicazione della norma ex art. 11, comma 4-bis, decreto-legge n. 149/2013). 

Appare incontestato che il ricorrente D. S. ha stipulato con il partito politico «Lega Nord», presso la sede di quel partito, in Milano, via Bellerio, in data 7 marzo 2008, ossia in epoca prossima alla scadenza del termine per la presentazione delle liste per le elezioni politiche del 13 – 14 aprile 2008, un contratto di donazione mediante il quale ha assunto, quale donatario, l’obbligo di donare al partito politico «Lega Nord» una somma di denaro per complessivi euro 145.000,00, da versarsi in rate mensili consecutive costanti di euro 2.416,67 ciascuna, nel periodo 31 maggio 2008 – 30 aprile 2013 (corrispondente alla durata dell’eventuale mandato parlamentare, nel caso di elezione del contribuente).

 Orbene, l’art. 771, comma 1, prescrive: «La donazione non può comprendere che i beni presenti del donante. Se comprende ben futuri, è nulla rispetto a questi …».

 Dalla pattuizione, per cui il pagamento della somma donata doveva avvenire in rate mensili costanti nell’arco di cinque anni (e quindi mediante sessanta versamenti frazionati), si evince, con verosimile plausibilità, che il denaro oggetto di donazione ed effettivamente versato non era presente nel patrimonio del donante all’epoca della stipulazione del contratto. 

E’ vero che l’art. 772 del codice civile consente la «donazioni di prestazioni periodiche», ma la dottrina ritiene che tale disposizione, dovendo essere interpretata in armonia con il divieto di donazione di beni futuri ex art. 771 del codice civile, possa riguardare solamente le prestazioni alimentari e di soccorso. 

Vi è però un ben più rilevante elemento che impone di escludere, contrariamente all’apparenza, che il contratto di donazione, stipulato dal contribuente con il partito «Lega Nord», abbia effettivamente natura di atto di liberalità:  è noto che lo spirito di liberalità, il quale costituisce un elemento essenziale della causa del contratto di donazione (art. 769 del codice civile), consiste nella coscienza (da parte del donante) di compiere (in favore del donatario) un’attribuzione patrimoniale nullo iure cogente, vale a dire nella consapevolezza di attribuire ad altri un vantaggio patrimoniale senza esservi in alcun modo costretti (Cassazione S.U. 15 marzo 2016, n. 5068; Cassazione 13 aprile 2016, n. 7335; Cassazione 24 giugno 2015, n. 13087; Cassazione 8 maggio 2015, n. 9399; Cassazione 21 maggio 2012, n. 8018;);

 nel caso in esame lo spirito di liberalità di D. S. (donante) verso il partito politico «Lega Nord» (donatario) trovava fondamento nelle relazioni scaturenti dall’adesione del D. ai programmi ed agli obiettivi della «Lega Nord», nonché nella condizione del primo di candidato designato dal secondo per le imminenti elezioni politiche del 13 – 14 aprile 2008 e, quindi, di (possibile) futuro parlamentare in rappresentanza di quel partito; 

risulta, quindi, evidente che, se questi erano i fondamenti dello spirito di liberalità che animava D. verso il partito «Lega Nord», del tutto superflua risultava la stipulazione di un contratto di donazione che obbligasse anche sotto il profilo giuridico il D. a versare mensilmente, per i successivi cinque anni, la somma di euro 2.416,67;

 anzi, a ben vedere, il contratto stipulato da D. S. ed il partito «Lega Nord» era diretto a realizzare uno scopo diametralmente opposto a quello, essenziale alla causa della donazione, dell’attribuzione di un vantaggio patrimoniale per spirito di liberalità;

 infatti, ipotizzando la persistenza dello spirito di liberalità durante l’intero quinquennio, non era certo necessario costituire in capo al donante una serie di obblighi di natura giuridica aventi per oggetto il pagamento mensile di somme di denaro in favore del partito Lega Nord;

 di contro, proprio ipotizzando, al contrario, il venir meno, durante lo stesso quinquennio, dello spirito di liberalità del parlamentare, la precostituzione, attraverso il contratto di (apparente) donazione, di obbligazioni a suo carico si rivelava assolutamente utile al partito «Lega Nord», il quale così acquisiva il diritto di agire in giudizio per la condanna del parlamentare al pagamento delle somme pattuite. 

In definitiva le somme versate da D. S. a favore del partito Lega Nord, in attuazione del contratto di donazione stipulato in data 7 marzo 2008, non possono essere considerate «erogazioni secondo l’accezione ex art. 15, comma 1-bis, decreto del Presidente della Repubblica n. 917/1986.

Sulla non manifesta infondatezza. 

L’art. 67 Cost. dispone: «Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato». 

Secondo consolidati orientamenti (Corte Costituzionale 4 luglio 1977, n. 125; Corte costituzionale 7 marzo 1964, n. 14) il divieto di mandato imperativo persegue la finalità di garantire l’assoluta indipendenza dei membri del Parlamento da influenza, da qualunque parte provenga (quindi anche dai partiti politici di appartenenza che costituiscono una sorta di organo intermedio, previsto dall’art. 49 Cost., tra popolo e rappresentanti), suscettibile, come ha osservato autorevole dottrina, «di compromettere l’esercizio della funzione equilibratrice, di composizione e sintesi degli interessi sezionali nel modo che meglio si adegui all’interesse generale». 

Infatti il rapporto rappresentativo che si instaura tra i membri del Parlamento, da un lato, e gli elettori nonché i partiti politici, dall’altro, non è riconducibile al tipo della «rappresentanza di volontà» in quanto gli eletti sono titolari di poteri loro attribuiti in proprio conferite e da nessun altro esercitabili.

 La norma oggetto dello scrutinio richiesto (art. 11, comma 4-bis, decreto-legge n. 149/2013), consentendo la detraibilità dall’imposta sui redditi, nel primo periodo di una quota delle erogazioni in denaro effettuate da chiunque a favore di partiti politici tramite bonifico bancario o postale e nel secondo periodo di una quota delle erogazioni eseguite da candidati e da eletti alle cariche pubbliche in conformità a previsioni regolamentari o statutarie deliberate dai partiti o movimenti politici beneficiari delle erogazioni medesime, anche in assenza dello spirito di liberalità, presuppone e comunque favorisce, mediante l’attribuzione di vantaggi di natura fiscale, l’instaurazione di rapporti giuridici di credito tra i partiti  politici e i membri del Parlamento (come in effetti accaduto nella vicenda oggetto del presente giudizio a quo).

 Tale evenienza, tuttavia, costituisce fonte di possibili condizionamenti dell’indipendenza del parlamentare nell’espletamento  delle sue funzioni, con conseguente violazione del divieto di mandato imperativo ex art. 67 Cost.:  l’esistenza a carico del parlamentare di debiti di natura giuridica nei confronti di un partito politico, con la conseguente responsabilità patrimoniale di natura personale e l’assoggettamento a possibili azioni di esecuzione forzata, introduce nelle relazioni tra parlamentare e partito politico fattori potenzialmente distorsivi in quanto estranei al rapporto rappresentativo; inoltre il fatto di trovarsi vincolato per l’intera durata della legislatura ad un obbligo di pagamento mensile di una somma predeterminata può indurre il parlamentare ad una fedeltà forzata verso il partito politico creditore, dissuadendolo dal compiere  scelte diverse nel corso dell’espletamento del suo mandato, dato che, in caso contrario, si troverebbe nella situazione paradossale di dover sostenere finanziariamente un partito politico dal quale si è dissociato.

 Il pericolo di condizionamenti dell’indipendenza del parlamentare nell’espletamento delle sue funzioni non verrebbe meno neppure se si  ritenesse che il secondo periodo dell’art. 11, comma 4-bis, decreto-legge n. 149/2013 introduca, in via generale e astratta, una presunzione (assoluta) di liberalità delle erogazioni effettuate da candidati o eletti in conformità ai regolamenti o agli statuti dei partiti beneficiari; ciò in particolare quando nel caso specifico e concreto l’assunzione, da parte del candidato o dell’eletto, dell’obbligo di eseguire in futuro versamenti in denaro a favore del partito rappresenti il corrispettivo di vantaggi a lui attribuiti da quest’ultimo.

P.Q.M.

Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 4-bis, decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito con legge 21 febbraio 2014, n. 13, come modificato dall’art. 1, comma 141, legge 23 dicembre 2014, n. 190, nella parte in cui – in violazione dell’art. 67 Cost. – consente ai membri del Parlamento, a partire dall’anno di imposta 2007, di detrarre dall’imposta lorda sui redditi un importo pari al 19 per cento per le erogazioni in denaro nel concreto non realmente e pienamente liberali effettuate in favore di partiti e movimenti politici per importi compresi tra 100.000 e 200 milioni di lire (ossia tra 51,65 e 103.291,38 euro);

 Dispone l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;

 Sospende il giudizio in corso;

 Dispone che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei ministri, nonché comunicata ai presidenti delle due Camere del Parlamento.