COMMISSIONE TRIBUTARIA DI I GRADO TRENTO – Sentenza 22 luglio 2013, n. 79
Tributi – Accertamento catastale – Fabbricati rurali di pertinenza del fondo – Immobili privi di servizi igienici, acqua corrente ed energia elettrica – Accatastamento – Esclusione – Lite temeraria da parte dell’ufficio – Sussiste – Risarcimento danni – Necessità di danno effettivo
In fatto ed in diritto
Con atto – apparentemente – formulato personalmente in presenza delle condizioni previste dal rito, (…) depositava in data 17.5.2011 ricorso (notificato tempestivamente a controparte il 19.4.2011 a seguito di avviso di irrogazione sanzione notificata/comunicata (?) con racc. a.r. del 17.2.2011) avverso due provvedimenti di irrogazione sanzioni (n. 102390 e n. 102422) a lei notificati dal Servizio Catasto della Provincia Autonoma di Trento in relazione al preteso mancato accatastamento di fabbricati di proprietà della ricorrente ubicati in (…)
In particolare con gli avvisi di irrogazione sanzione si contestava l’avvenuto mancato accatastamento che sarebbe dovuto avvenire per i due fabbricati in argomento entro il 31.1.1973 ed entro il 31.1.1930.
Le argomentazioni svolte dalla ricorrente attenevano essenzialmente: 1) alla insussistenza del presupposto impositivo o meglio del dovere di accatastamento in quanto si trattava di fabbricati rurali per i quali mai era stata chiesta variazione di destinazione d’uso o concessione o altra autorizzazione per ristrutturazione; 2) si trattava di fabbricati destinati alla coltivazione e privi di servizi igienici, acqua corrente ed energia elettrica; 3) la ricorrente era, fino a pochi anni prima del ricorso, coltivatrice diretta. Aggiungeva poi che con sentenza n.7/4/09 del 13.10.2008 – non appellata – veniva annullato, per difetto del presupposto impositivo, l’avviso di accertamento ICI per gli anni dal 2002 al 2005 che il Comune aveva notificato sul presupposto del mancato versamento dell’imposta.
Chiedeva quindi l’annullamento degli atti impugnati e la condanna dell’Ufficio Catasto al pagamento di una somma ex art. 96 c.p.c. in ragione del comportamento processuale “caratterizzato da malafede o grave colpa”.
Solo in data 20.6.2013 il Servizio Catasto della Provincia Autonoma di Trento depositava una nota con allegati con la quale riconosceva il ritardo col quale si era costituito e che attribuiva ad un errore materiale (che peraltro non specificava o chiariva) qualificando l’atto solo “nell’oggetto” definendolo come “costituzione in giudizio”. In tale nota si indicava come rappresentante dell’Ufficio l’arch. (…) poi la stessa veniva sottoscritta da altra persona che non si identificava e firmava “per” il dirigente e con firma illeggibile.
Nella nota si faceva riferimento agli estremi catastali e si richiamava un sopralluogo eseguito a fini di accertamento del presupposto impositivo e quindi della legittimità della irrogazione della sanzione.
All’udienza camerale nessuno compariva per le parti.
Si deve preliminarmente affermare l’irritualità della costituzione in giudizio del Servizio Catasto della Provincia Autonoma di Trento – Prima ancora di passare a valutare il ritardo nella costituzione occorre dichiarare che la costituzione è avvenuta non in persona del legale rappresentante dell’ufficio resistente, che si afferma essere l’arch. (…) sibbene a mezzo di persona non qualificata e non identificata che firma “per” il dirigente senza documentare ma anche senza affatto dichiarare alcuna delega alla sottoscrizione dell’atto. Lungi dal costituire errore materiale tale forma di costituzione rende l’atto del tutto nullo e dunque questo Giudice non può prendere in alcuna considerazione le osservazioni dedotte.
Quanto alla fondatezza del ricorso occorre riconoscere che non sussistono le condizioni per potersi richiedere l’esecuzione dell’accatastamento la cui mancanza costituirebbe presupposto di irrogazione della(e) sanzione(i) comminata(e).
Appare infatti provato (anche a mezzo della sentenza definitiva allegata) e non contestato che gli immobili di cui si discute siano stati edificati all’inizio del secolo scorso e che siano non solo al servizio del terreno su cui insistono, ma siano anche privi di servizi, acqua corrente ed elettricità e che mai per loro sia stata richiesta concessione od autorizzazione a ristrutturare o ad eseguire opere di ripristino né che sia intervenuta alcuna variazione di destinazione d’uso. Difetta dunque qualunque presupposto di una necessità di accatastamento. La destinazione dei fabbricati alle attività proprie del terreno e l’esclusione che per essi si possa parlare di uso di abitazione comporta la pertinenzialità al fondo agricolo al quale sono collegati ed esclude che sia necessario procedere al loro accatastamento.
Parte ricorrente chiedeva, oltre all’annullamento degli avvisi di irrogazione sanzione, anche la condanna di controparte al risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c.
Si deve oggi riconoscere, giusta l’insegnamento della Suprema Corte a Sezioni Unite, che “Il giudice tributario può conoscere anche la domanda risarcitoria proposta dal contribuente ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ., potendo, altresì, liquidare in favore di quest’ultimo, se vittorioso, il danno derivante dall’esercizio, da parte dell’Amministrazione finanziaria, di una pretesa impositiva “temeraria”, in quanto connotata da malafede o colpa grave, con conseguente necessità di adire il giudice tributario, atteso che il concetto di responsabilità processuale deve intendersi comprensivo anche della fase amministrativa che, qualora ricorrano i predetti requisiti, ha dato luogo all’esigenza di instaurare un processo ingiusto.” (Sez. U, Ordinanza n. 13899 del 03/06/2013), ma si deve altresì affermare nel caso di specie che difettano alcuni dei richiamati presupposti per potersi pervenire alla pronuncia di condanna.
Se infatti l’attività dell’Amministrazione è connotata da sciatteria e pressappochismo già nella fase di interpretazione delle norme sia in quelle di applicazione delle sanzioni (si noti anche il ritardo con cui sarebbe stato accertato il preteso ritardo nel mancato accatastamento che si afferma essersi originariamente consumato nel 1930) sia in quella di partecipazione alla fase processuale (sarebbe stato quanto meno possibile richiedere al deputato e collaterale ufficio legale provinciale consiglio/consulenza sulle procedure, tempistica e modalità di costituzione), non vi è prova alcuna che la ricorrente abbia subito un danno per la necessità di evocare in giudizio l’ufficio impositore. La ricorrente ha infatti presentato il ricorso di persona (I) e non si è presentata all’udienza di discussione, fondando i propri argomenti anche su una pregressa sentenza a lei favorevole in tema di ICI sugli stessi beni. Sembra dunque che il ricorso sia apparso fin dall’inizio ben poca cosa e tale da non provocare nella ricorrente alcuna preoccupazione, unica circostanza quest’ultima, in mancanza di spese processuali, che avrebbe permesso a questa Commissione di riconoscere una somma a titolo di risarcimento del danno patito.
L’assenza di spese documentate in capo alla ricorrente porta poi anche alla formale compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso ed annulla gli avvisi di irrogazione sanzione impugnati. Spese compensate.
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