COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCALE PARMA – Ordinanza 05 maggio 2021, n. 165
Imposte e tasse – Deducibilità dell’imposta municipale propria (IMU) relativa agli immobili strumentali, ai fini della determinazione del reddito d’impresa e del reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni, nella misura del 20 per cento (nel caso di specie: periodo di imposta relativo al triennio 2014-2016).- Decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale), art. 14 [in particolare, comma 1, primo periodo, come sostituito dall’art. 1, comma 715, della legge 27 dicembre 2013, n. 147]
Premesso che
Con ricorso in atti, la G. S.r.l. ha impugnato il silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso della maggiore imposta IRES versata a causa della parziale indeducibilità dell’IMU, relativa agli immobili strumentali, dalla base imponibile ai fini IRES;
questo Collegio ritiene che la questione di illegittimità costituzionale sollevata dalla difesa ricorrente per contrasto tra l’art. 14 del decreto legislativo n. 23/2011, che prevede la deducibilità parziale al 20% dell’IMU dal reddito rilevante ai fini IRES con l’art. 53 della Costituzione sia rilevante e non manifestamente infondata e riguardi tutto il triennio 2014/2016 dedotto in causa.
Infatti, la parziale indeducibilità dell’IMU, relativa agli immobili strumentali, dalla base imponibile ai fini IRES confligge, con tutta evidenza, con il principio di capacità contributiva espresso dall’art. 53 della Costituzione atteso che l’IRES finisce per gravare, non già su di un reddito netto e realmente indicativo della capacità contributiva, bensì su di un reddito lordo e fittiziamente attribuito al contribuente, per effetto della mancata deduzione dell’IMU già versata;
la parziale deduzione dall’imponibile IRES del 20% dell’IMU pagata, introdotta dal legislatore con l’art. 14 del decreto legislativo n. 23/2011 al fine di evitare le censure di illegittimità costituzionale, «non fondandosi su alcun collegamento aritmetico o logico, diretto o indiretto, sia pur vago, fra deduzione forfetaria e deduzione analitica» non vale a dissipare i dubbi di legittimità costituzionale «ma anzi fa cadere in sospetto di incostituzionalità anche la norma sopravvenuta», in quanto il forfait operato dal legislatore «pare arbitrario, mancando qualsiasi collegamento con la realtà che si vuole forfetizzare»;
la rilevanza della sollevata questione di legittimità costituzionale appare evidente atteso che la decisione della presente controversia, in cui la società ricorrente chiede il rimborso della maggiore imposta IRES versata a causa della parziale indeducibilità dell’imposta IMU dal reddito d’impresa, non può prescindere dall’applicazione dell’art. 14 del decreto legislativo n. 23/2011.
La Corte costituzionale, con Ordinanza n. 163 del 4 luglio 2019, emessa a seguito dell’ordinanza n. 271/2018 emessa dalla Sezione 1 di questa stessa Commissione Tributaria Provinciale, aveva dichiarato inammissibile la questione in merito alla legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1 del decreto legislativo 14 marzo 2011 n. 23 per assunti vizi di forma inerenti l’ordinanza di rimessione che ometteva di precisare se la richiesta di rimborso oggetto del giudizio principale afferisse, ai fini della determinazione del reddito d’impresa, alla deduzione percentuale dell’IMU relativa agli immobili strumentali e che aveva l’illegittimità costituzionale solo in merito alla percentuale prevista per il 2014 (20%) mentre l’oggetto del giudizio riguardava il triennio 2012 – 2013 – 2014, il quale era stato contrassegnato da un triplice diverso regime della deducibilità dell’IMU (indeducibilità totale, 30% e 20%) senza entrare nel merito della denunciata lesione del principio di capacità contributiva.
Con sentenza n. 262 del 4 dicembre 2020, la Corte costituzionale ha sancito l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1 del decreto legislativo 14 marzo 2011 n. 23 (disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale), nel testo pro tempore vigente, ai sensi del quale l’Imposta Municipale Propria «è indeducibile dalle imposte erariali sui redditi e dall’imposta regionale sulle attività produttive».
A tal proposito, la Corte ha rigettato la tesi erariale secondo la quale la questione sarebbe stata inammissibile per analogia a quanto statuito dalla stessa Consulta nella sentenza n. 163/2019 – in cui il giudice a quo non si era confrontato con i regimi normativi relativi ad altri periodi d’imposta altrettanto rilevanti nella fattispecie in esame – dichiarando, al contrario, la questione fondata nel merito, in riferimento agli articoli 3 e 53 della Costituzione, sotto il profilo della coerenza e quindi della ragionevolezza. Sul punto, la Corte ha invero statuito che la deducibilità di una spesa inerente alla produzione del reddito di un’impresa non sia sussumibile all’interno delle agevolazioni fiscali propriamente dette – nelle quali il legislatore gode di ampia discrezionalità – bensì, essendo il presupposto dell’IRES espressamente individuato nel possesso di un «reddito complessivo netto» (art. 75, comma 1, TUIR), la deducibilità in esame assume natura strutturale, «dal momento che la sottrazione all’imposizione (o la sua riduzione) è resa necessaria dall’applicazione coerente e sistematica del presupposto del tributo».
A tal proposito, è stato ribadito come costituisca principio imprescindibile della determinazione del reddito d’impresa quello dell’inerenza del costo da portare in deduzione, da cui deriva l’esclusione dei costi che si collocano in una sfera estranea all’esercizio dell’impresa; da tale principio, il legislatore non può prescindere, in quanto esso costituisce «il presidio della verifica della ragionevolezza delle deroghe rispetto all’individuazione di quel reddito netto complessivo che il legislatore stesso ha assunto a presupposto dell’IRES»[3].
Tanto premesso, la Consulta ha evidenziato come lo stesso principio abbia implicazioni anche sui costi fiscali, con particolare riferimento all’art. 99 TUIR, il quale sancisce in via generale la deducibilità delle imposte dal reddito; tale criterio è sì derogabile dal legislatore, ma non quando vengano in considerazione fattispecie come quella in esame, relative a un tributo direttamente e pienamente inerente alla produzione del reddito.
Ebbene, in quest’ottica la Corte ha concluso con una censura sull’indeducibilità dell’IMU relativa ai beni strumentali, i quali costituiscono un costo necessitato che si atteggia a ordinario fattore di produzione, a cui l’imprenditore non può sottrarsi.
La pronuncia in esame trae origine dalla questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Commissione Tributaria di Milano nel giudizio vertente tra la T. S.r.l. e l’Agenzia delle Entrate. La T. S.r.l., operante nel settore immobiliare e proprietaria di diversi immobili, chiedeva il rimborso di quella parte dell’importo dell’IRES, interamente versata per il 2012, corrispondente a quanto pagato in conseguenza dell’indeducibilità dell’IMU, anche quest’ultima interamente corrisposta nel periodo 2012, in riferimento ad immobili strumentali alla società stessa: il caso appare speculare a quello oggetto della presente ordinanza di rimessione e la ratio della ritenuta illegittimità costituzionale applicabile anche agli anni d’imposta successivi a quello oggetto della pronuncia esaminata.
La Corte in parte motiva ha sottolineato come il legislatore tributario, nel corso degli anni, si sia parzialmente corretto, fino a giungere alla decisione non più procrastinabile della piena deducibilità dell’IMU a partire dal 2022.
P.Q.M.
Sospende il presente giudizio e contestualmente.
Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
Manda alla segreteria per la notifica della presente ordinanza alle parti in causa, al Presidente del Consiglio dei ministri e la comunicazione ai presidenti delle due camere.
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