COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE ANCONA – Sentenza 13 novembre 2020, n. 249
IMU – Applicazione – Manufatti ubicati nel mare territoriale destinati all’esercizio dell’attività di rigassificazione del gas naturale liquefatto – Art. 1, co. 728, Legge n. 205 del 2017 – Norma interpretativa – Portata retroattiva – Limiti e condizioni
Concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei motivi della decisione
Si tratta di ricorso che contiene elementi di censura analoghi, per non dire uguali, a quelli disattesi nelle sentenze di questa Commissione (C.T.P. di Ancona sez. 3 n. 730, depositata in data 04.10.2018 e n. 217 depositata in data 18.04.2019) e prodotte dall’amministrazione finanziaria convenuta.
Non ritiene questo collegio di discostarsi all’orientamento espresso dalle predette sentenze.
L’unico elemento argomentativo difforme, da affrontare in questa sede, riguarda la recente norma introdotta dalla legge n. 205 del 27 dicembre 2017 (legge di bilancio 2018), all’art. 1, comma 728, e la sua interpretazione, resa dal Governo, nel senso di escludere dalla tassazione proprio la fattispecie in esame.
La predetta norma, nel suo dato testuale, prevede che le “… disposizioni di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, all’articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, nonché all’articolo 1, commi 639 e seguenti, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, si interpretano, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, nel senso che per i manufatti ubicati nel mare territoriale destinati all’esercizio dell’attività di rigassificazione del gas naturale liquefatto, di cui all’articolo 46 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, aventi una propria autonomia funzionale e reddituale che non dipende dallo sfruttamento del sottofondo marino, rientra nella nozione di fabbricato assoggettabile ad imposizione la sola porzione del manufatto destinata ad uso abitativo e di servizi civili”.
Si tratta di stabilire se si tratti di legge che introduce una norma di interpretazione autentica o di norma c.d. innovativa.
Nel diritto tributario, il fenomeno è conosciuto, Ad es., Cass. Sez. V, n. 4616 del 3/03/2005, ha precisato che l’articolo 14 della legge n. 28/1999 assume la valenza giuridica di ius superveniens avente carattere interpretativo rispetto alla norma precedente contenuta nell’articolo 26, comma 4, del Dpr n. 600/73, dunque con efficacia retroattiva sui rapporti d’imposta non ancora definiti: con la conseguenza che la ritenuta sugli interessi e sui redditi di capitale, di cui all’articolo 26 del Dpr n. 600/73, si applica anche nei confronti dei soggetti esenti dall’Irpeg ex articolo 88 del Dpr n. 917/86 (ad esempio, le aziende municipali).
Le condizioni di ammissibilità richiamate nell’arresto predetto sono che la legge di interpretazione autentica ha efficacia retroattiva e di conseguenza è applicabile ai rapporti d’imposta sorti prima della sua entrata in vigore e non ancora definiti il giudicato si pone come limite suscettibile d’impedire il dispiegamento di efficacia della nuova norma d’interpretazione autentica al caso concreto è ammissibile, ai sensi dell’articolo 2 delle preleggi e degli articoli 1 e 3 della legge n. 212/2000 (Statuto del contribuente), quella legge di interpretazione autentica che presuppone il contenuto non in equivoco della norma interpretata e la riconducibilità dell’esegesi prescelta dal legislatore a una delle alternative prima ammissibili il dettato della norma interpretativa deve ridurre univocamente e non eccedere la portata precettiva teorica della disposizione precedente.
La legge di interpretazione autentica ha la caratteristica di non potersi applicare da sola, dovendosi necessariamente integrare con la disposizione interpretata di cui costituisce una parte: la norma interpretativa manca d’autonomia rispetto alla norma di base; viceversa, la norma innovativa sostituisce il contenuto precettivo della norma precedente ossia non si limita a formulare il precetto normativo ma ne modifica la sostanza.
La giurisprudenza costituzionale ha più volte affermato che il legislatore può adottare le norme che precisino il significato di altre disposizioni legislative non solo quando sussista una situazione di incertezza nell’applicazione del diritto o vi siano contrasti giurisprudenziali, ma anche in presenza di un indirizzo omogeneo della Corte di Cassazione, quando la scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario con ciò vincolando un significato ascrivibile alla norma anteriore (v.., tra le altre, le sentenze n. 311 del 1995 e n. 397 del 1994 e l’ordinanza n. 480 del 1992).
I limiti alla portata retroattiva sono stati individuati dalla Consulta (sentenza n. 525 del 2000) nella salvaguardia di norme costituzionali (sentenze n. 311/95 e n. 397/94); tra questi, i principi generali di ragionevolezza e di uguaglianza, nella tutela dell’affidamento legittimamente posto sulla certezza dell’ordinamento giuridico e nel rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario.
Ora, proprio l’esame della portata letterale della nuova norma induce a dubitare che si possa trattare di “scelta imposta dalla legge tra le possibili varianti di senso del testo originario”.
È infatti evidente che la norma impositiva, come pacificamente interpretata anche dalla Cassazione, aveva come punto di riferimento, anche dal punto di vista della “preponderanza” della base imponibile, non già “la sola porzione del manufatto destinata ad uso abitativo e di servizi civili” come la nuova norma restrittiva prevede, ma i ben più importanti manufatti complessivi serventi “lo sfruttamento del sottofondo marino”.
Di qui, pertanto, un altrettanto evidente soluzione di continuità tra la vecchia e la nuova normativa.
Il ricorso, pertanto, va rigettato, mentre le spese vanno compensate per la particolarità del caso.
P.Q.M.
Respinge il ricorso. Spese compensate.
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