COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE BENEVENTO – Ordinanza 18 aprile 2013
Contenzioso tributario – Controversie di valore non superiore a ventimila euro, relative ad atti emessi dall’Agenzia delle entrate – Obbligo di presentare preliminarmente reclamo ed eventuale proposta di mediazione ad organo della stessa Amministrazione – Decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, art. 17-bis, introdotto dall’art. 39, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 – Costituzione, artt. 3, 24 e 111
Con apposito ricorso la signora De L. G., rappresentata e difesa dall’avvocato Santillo Melina, proponeva opposizione avverso la cartella di pagamento numero 017 2012 0001761 4 32 000 notificata dall’Agente della riscossione per la provincia di Benevento in relazione a ruolo ordinario numero 2012/000017 approvato e reso esecutivo dall’Agenzia delle entrate, Direzione provinciale di Benevento, Ufficio controlli.
Detta iscrizione scaturiva dall’intervenuta notifica di un avviso di accertamento per l’anno 2005 divenuto definitivo in assenza di ricorso.
Al riguardo la parte eccepiva:
1) l’assenza di una motivazione corretta ed adeguata tale da rendere ammissibile il prodromico avviso di accertamento;
2) l’inadeguatezza dell’impugnata cartella alla sua funzione, attesa la mancata identificazione fiscale dell’obbligato;
3) l’errata indicazione delle sanzioni e l’assenza di informazioni circa l’intervenuta notifica agli altri eredi.
Precisava di non aver mai ricevuto alcun atto prima dell’impugnata cartella e l’intervenuta decadenza per il decorso del prescritto termine.
Lamentava, infine, la mancanza di alcuni elementi formali necessari al fine di esercitare compiutamente il proprio diritto di difesa.
Concludeva chiedendo sostanzialmente l’annullamento dell’impugnata cartella e la condanna dell’Ufficio alle spese di giudizio.
Con proprie controdeduzioni, rilevando preliminarmente l’inammissibilità del ricorso avendo il contribuente omesso di presentare prima della proposizione dello stesso apposita istanza di reclamo con mediazione ai sensi dell’art. 17-bis del decreto legislativo numero 546 del 1992, l’Ufficio ribadiva la correttezza del proprio operato.
In particolare, precisava di aver correttamente notificato il prodromico avviso di accertamento, rimasto non impugnato, con la conseguente cristallizzazione dell’obbligazione tributaria per mancata impugnazione dello stesso.
Concludeva chiedendone l’inammissibilità con condanna della istante alle spese di lite.
Con separate controdeduzioni l’Agente della riscossione della Provincia di Benevento si costituiva in giudizio eccependo la propria carenza di legittimazione passiva oltre alla inammissibilità, improcedibilità ed improponibilità della domanda nei propri confronti.
Precisava, comunque, l’intervenuta definitività del prodromico avviso di accertamento e la regolare e tempestiva notificazione della cartella.
Concludeva chiedendo che fosse accertato il proprio difetto di legittimazione passiva ovvero l’inammissibilità del ricorso con condanna dell’attrice alle spese di giudizio.
Quest’ultima deposita brevi repliche precisando di aver agito in ossequio alle istruzioni ripO.te a tergo dell’impugnata cartella oltre:
1) ad evidenti errori di notificazione;
2) alla circostanza di non aver mai ricevuto l’atto dal quale era scaturita l’obbligazione tributaria composta nel ruolo di cui all’impugnata cartella.
Anche l’Agente della riscossione depositava brevi note con le quali lamentava l’omissione di comunicazioni al difensore costituito, precisando l’infondatezza delle doglianze di parte di cui alle brevi repliche depositate agli atti del giudizio.
Concludeva precisando la legittimità della cartella notificata e la conformità del proprio operato alle specifiche disposizioni di legge.
Concludeva insistendo nelle richieste di cui alla propria costituzione in giudizio.
Veniva successivamente depositata agli atti una serie di documenti tendenti a dimostrare l’errata notificazione dell’atto prodromico all’iscrizione a ruolo.
Con separato ricorso la signora De L. G., questa volta nella qualità di erede del coniuge, signor D’O. D., così come in precedenza rappresentata e difesa, proponeva opposizione avverso la cartella di pagamento numero 017 2011 0009518 2 55 000 notificata dall’Agente della riscossione per la Provincia di Benevento in relazione a ruolo ordinario numero 2012/000203 approvato e reso esecutivo dall’Agenzia delle entrate, Direzione provinciale di Benevento, Ufficio controlli.
Anche in questo caso l’iscrizione a ruolo scaturiva dalla notifica di un avviso di accertamento da parte dell’Ufficio per l’annualità 2005 divenuto definitivo per mancata impugnativa.
Al riguardo la parte eccepiva sostanzialmente quanto già dedotto nel proprio ricorso, concludendo con la richiesta di annullamento dell’impugnato atto e di condanna dei convenuti alle spese di giudizio.
Con proprie controdeduzioni, disattendendo le argomentazioni di parte, l’Ufficio ribadiva la correttezza del proprio operato.
In particolare, precisava di aver correttamente notificato il prodromico avviso di accertamento, rimasto non impugnato, con la conseguente cristallizzazione dell’obbligazione tributaria per mancata impugnazione dello stesso.
Concludeva chiedendone l’inammissibilità con condanna della istante alle spese di lite.
Con separate controdeduzioni l’Agente della riscossione della Provincia di Benevento si costituiva in giudizio evidenziando sostanzialmente l’inesistenza di alcuna responsabilità per i fatti dedotti dalla parte.
Concludeva chiedendo il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente alle spese di giudizio.
Nella seduta del 18 marzo 2013 il Collegio, sentito il relatore e le parti, previa riunione dei ricorsi, riunito in camera di consiglio ed esaminati gli atti, si riservava la decisione.
Successivamente all’udienza dell’8 aprile 2013 , sciogliendo la riserva, decideva come da dispositivo.
Il Collegio, prima di entrare nel merito della questione, rileva la necessità di esaminare la problematica alla luce del richiamato art. 17-bis, aggiunto dall’art. 39, comma 9, del decreto-legge numero 98 del 2011, il quale, tra l’altro, dispone:
1) per le controversie di valore non superiore a ventimila euro, relative ad atti emessi dall’Agenzia delle entrate, chi intende proporre ricorso è tenuto preliminarmente a presentare reclamo secondo le disposizioni seguenti ed è esclusa la conciliazione giudiziale di cui all’art. 48;
2) la presentazione del reclamo è condizione di ammissibilità del ricorso; l’inammissibilità è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio;
3) nelle indicate controversie la parte soccombente è condannata a rimborsare, in aggiunta alle spese di giudizio, una somma pari al 50 per cento delle spese di giudizio a titolo di rimborso delle spese del procedimento.
A tal proposito ritiene sussistano fondati dubbi di costituzionalità della citata norma soprattutto in riferimento agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione.
In relazione all’art. 3, osserva che la richiamata disposizione, in ragione del limite di cui all’importo stabilito di ventimila euro, impedirebbe:
1) sia la riunione di controversie aventi il medesimo oggetto ed inerenti soggetti cointeressati;
2) sia un’unica discussione;
rilevando tale ultimo aspetto nella plausibile ottica di ottenere giudizi tra loro contrastanti in relazione a situazioni del tutto analoghe.
Sempre in relazione all’art. 3, ferma la circostanza che due soggetti, solo in ragione dell’eventuale debito riferito alla soglia dei ventimila euro, dalla quale potrebbero divergere anche per una somma del tutto irrilevante, potrebbero avere un percorso giudiziario completamente diverso, anche in termine di garanzie, rileva che le spese relative al procedimento di reclamo, qualora lo stesso venga accolto ovvero la mediazione vada a buon fine, non assumono alcuna rilevanza, rimanendo a carico del soggetto istante.
A tal proposito evidenzia che le spese sostenute da quest’ultimo per l’attivazione di tale procedura restano a suo esclusivo carico, proprio come nella fase introduttiva del contenzioso, ma con la differenza che in tale ultimo caso la parte può comunque trovare ristoro nella successiva condanna alle spese di lite dell’A.F. la quale, invece, nel caso della mediazione, non solo non corre alcuna alea in riferimento alla eventuale soccombenza alle spese di giudizio, ma addirittura beneficia di un notevole risparmio per la mancata instaurazione della fase contenziosa.
Evidenzia che tale obbligo sussiste solo in relazione agli atti emessi dall’Agenzia delle entrate e non anche a quelli provenienti da altri Enti impositori i cui eventuali debitori si troverebbero ad avere, come appresso indicato, una serie di garanzie maggiori ed un iter processuale più spedito, anche in ordine alla richiesta di eventuali sospensive dell’esecuzione degli atti impugnati.
In relazione al successivo art. 24, sottolinea che un fondato motivo di contrasto risiede nel fatto che la possibilità di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi è compressa oltre che subordinata all’esperimento di una previa fase amministrativa, peraltro imposta a pena di inammissibilità, in stridente contrasto con l’inviolabilità del diritto di difesa costituzionalmente garantito a ciascuno.
La possibilità di agire in giudizio, proprio di ciascuno, non può essere eliso dal legislatore comprimendo, in maniera illegittima oltre che arbitraria, la posizione giuridica soggettiva facente capo a ciascun cittadino.
In relazione al susseguente art. 111, evidenzia che il meccanismo di cui al richiamato art. 17 bis rischia, mancando un necessario coordinamento con l’istituto dell’accertamento con adesione, di dilatare eccessivamente i tempi di introduzione del giudizio tributario violando così il principio sul giusto processo di cui al citato art. 111, soprattutto nell’ottica di vedere definita in tempi ragionevoli la controversia.
Tempi che appaiono comunque non congrui anche in riferimento all’immediata esecutività, decorsi sessanta giorni dalla notifica, sia degli avvisi di accertamenti che delle cartelle di pagamento, rimanendo comunque precluso al contribuente l’accesso all’istituto della sospensiva di cui all’art. 47 del decreto legislativo numero 546 del 1992.
Evidenzia, infine, che non appare rispettata la giusta terzietà dell’organo chiamato a dirimere la controversia in sede reclamo, essendo quest’ultimo comunque organico all’A.F. che ha emanato l’atto oggetto di contestazione.
L’organo della mediazione deve essere assolutamente estraneo alle parti non potendosi ammettere, anche alla luce del diritto comunitario, che assuma la figura di mediatore una delle parti coinvolte nella controversia, benché costituito in un ufficio autonomo, ma pur sempre, come accennato, organico all’A.F.
La stessa Corte costituzionale con la sentenza numero 272 del 2012, benché riferita alla mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civile e commerciali di cui alle specifiche norme contenute nel decreto legislativo numero 28 del 2010, ha evidenziato:
1) la centralità di alcuni atti comunitari, in particolare:
le conclusioni adottate dal Consiglio nel maggio del 2000;
il libro verde presentato dalla Commissione nell’aprile del 2002;
la direttiva numero 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio in data 21 maggio 2008;
la risoluzione del Parlamento europeo in data 13 settembre 2011;
la risoluzione del Parlamento europeo in data 25 ottobre 2011, con particolare riferimento al paragrafo 31, sesto capoverso;
2) l’assenza, come rilevabile da una ricognizione dei richiamati atti dell’Unione europea, di una implicita o esplicita opzione in favore del carattere obbligatorio dell’istituto della mediazione, non essendo detto carattere intrinseco alla sua ratio;
3) l’obbligo, imposto dall’art. 4 della richiamata direttiva numero 2008/52/CE, circa l’imparziale svolgimento della mediazione in relazione alle parti coinvolte;
oltre al fatto che non può essere addotta a giustificazione dell’introduzione della mediazione obbligatoria la circostanza che l’ordinamento già conosce l’istituto obbligatorio della conciliazione, trattandosi di procedimenti specifici per singoli settori, dettati in particolari momenti dell’evoluzione legislativa ed atti a prevenire disfunzioni relative al sovraccarico del contenzioso in determinate materie, quale ad esempio quella del lavoro a seguito della privatizzazione del pubblico impiego, essendo tale passaggio strumentale ed essenziale per la riuscita della riforma.
P.Q.M.
Sciolta la riserva in data 8 aprile 2013, ritenuta non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 17-bis del decreto legislativo numero 546 del 1992 in relazione agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione oltre che per l’assenza di un obbligo in tale senso e della giusta terzietà del mediatore rispetto alle parti coinvolte nell’ambito della normativa comunitaria, sospende il giudizio e dispone l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ordina alla Segreteria, ai sensi e per gli effetti dell’art. 23 della legge numero 87 del 1953, la notifica della presente ordinanza alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri, comunicandola, altresì, ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
—
Provvedimento pubblicato nella G.U. del 03 luglio 2013, n. 27
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