COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI BENEVENTO – Ordinanza 13 marzo 2019
Imposte e tasse – Società – Cancellazione dal registro delle imprese – Differimento quinquennale degli effetti dell’estinzione societaria ai soli fini della validità ed efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione relativi a tributi e contributi, sanzioni e interessi – Art. 28, Decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175
Con ricorso depositato in data 14 febbraio 2018, L.G., in proprio e quale ex socio unico, ex amministratore ed ex liquidatore della società T.E. S.r.l. impugnava gli avvisi di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate di Benevento in relazione agli anni di imposta 2013 e 2014 ha accertato a carico della società una maggiore IRES, IRAP e IVA oltre sanzioni e interessi.
Deduceva, in particolare, la nullità della notifica degli avvisi impugnati, a tal uopo evidenziando che i citati atti impositivi, emessi in epoca successiva alla cancellazione della società nel registro delle imprese (e dunque nei confronti di un soggetto giuridico ormai inesistente), avrebbero dovuto dare atto di tale circostanza e specificare il destinatario della richiesta di pagamento e la relativa motivazione.
Osservava, inoltre, che la norma dell’art. 28, comma 4 del decreto legislativo n. 175/2014, secondo cui ai soli fini della liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di cui all’art. 2495 del codice civile ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal registro delle imprese, presenterebbe svariati profili di illegittimità costituzionale, sia per violazione dell’art. 3 della Costituzione, sia per eccesso di delega. Chiedeva, pertanto a questa Commissione di sollevare la questione di legittimità costituzionale della norma su menzionata i motivi.
In via subordinata eccepiva il difetto di motivazione degli avvisi impugnati in cui l’ufficio si sarebbe limitato a recepire acriticamente il PVC della Guardia di finanza senza svolgere alcun percorso logico valutativo autonomo.
A parere di questa Commissione la decisione del presente giudizio impone la previa rimessione degli atti alla Corte costituzionale in ordine alla soluzione della questione della legittimità costituzionale dell’art. 28, comma 4 del decreto legislativo n. 175/2014 per violazione del principio di uguaglianza e disparità di trattamento tra l’amministrazione finanziaria e tutti gli altri creditori sociali e per il mancato rispetto dei limiti fissati dalla legge di delega n. 23 del 2014.
Con riferimento alla rilevanza della questione, deve evidenziarsi che la costante giurisprudenza di legittimità aveva statuito, con riferimento al regime precedente all’entrata in vigore della citata disposizione, la nullità dell’avviso di accertamento notificato a una società estinta successivamente alla cancellazione dal registro delle imprese, laddove l’art. 28 del decreto legislativo n. 175/2014 sospende, per il periodo di cinque anni decorrenti dalla richiesta di cancellazione e ai soli fini dell’efficacia e validità degli atti di liquidazione accertamento e riscossione dei tributi, l’efficacia dell’estinzione della società.
Orbene, l’avviso di accertamento oggetto di impugnazione è notificato alla società T.E. S.r.l. in data 7 dicembre 2017 e dunque successivamente alla cancellazione della stessa dal registro delle imprese (richiesta in data 5 agosto 2017 ed eseguita in data 22 agosto 2017), sicché lo stesso, pienamente valido ed efficace in forza della su menzionata disposizione, avrebbe dovuto ritenersi nullo in forza del regime previgente.
Né può ritenersi che la questione prospettata sia manifestamente infondata.
Invero occorre evidenziare che la scelta di differire l’efficacia dell’estinzione della società con riguardo ai soli rapporti con l’amministrazione finanziaria, facendo rivivere per un così rilevante lasso di tempo un soggetto ormai estinto, si risolve in un’ingiustificata disparità di trattamento rispetto agli altri creditori sociali, per i quali l’estinzione di una società coincide con la sua cancellazione dal registro delle imprese, restando irrilevante l’esistenza di eventuali debiti societari, rapporti non definiti o procedimenti ancora pendenti.
Ma soprattutto appare evidente l’eccesso di delega in cui è incorso il legislatore delegato. Invero l’art. 7 della legge di delegazione n. 23 del 2014, espressamente richiamato dal decreto legislativo n. 175/2014 fa riferimento «alla revisione degli adempimenti, con particolare riferimento a quelli superflui o che diano luogo, in tutto o in parte, a duplicazioni anche in riferimento alla struttura delle addizionali regionali e comunali, ovvero a quelli che risultino di scarsa utilità per l’amministrazione finanziaria ai fini dell’attività di controllo e di accertamento o comunque non conformi al principio di proporzionalità». Orbene, la scelta di rendere inefficace nei confronti dell’amministrazione finanziaria l’intervenuta estinzione di un soggetto giuridico non può farsi rientrare tra le misure finalizzate all’eliminazione degli adempimenti superflui o di scarsa utilità, mirando piuttosto ad ampliare il raggio di azione dell’amministrazione finanziaria. E’ significativo, peraltro, che nella relazione illustrativa al decreto legislativo n. 174/2016 si afferma espressamente che l’obiettivo della norma è quello di evitare che le azioni di recupero poste in essere dagli enti creditori possano essere vanificate dall’estinzione della società.
Del resto, dubbi analoghi a quelli su espressi sono stati sollevati anche dalla Corte di cassazione (Sezione 5, sentenza n. 6743 del 2 aprile 2015) che tuttavia nell’occasione ha omesso di sollevare la questione di legittimità costituzionale in ragione della ritenuta inapplicabilità ratione temporis alla fattispecie di causa del comma 4 dell’art. 28 del decreto legislativo n. 175 del 2014. In particolare la Suprema Corte ha evidenziato che: tale conclusione di inapplicabilità, razione temporis, del comma 4 del decreto legislativo n. 175 del 2014, art. 28 alla fattispecie di causa impedisce di esaminare, in quanto irrilevanti, tutte le altre questioni che deriverebbero dall’applicazione dell’indicato ius superveniens, tra cui, ad esempio: a) la eventuale sussistenza di una irragionevole disparità di trattamento tra gli «enti creditori» indicati nella disposizione, aventi titolo a richiedere tributi o contributi (e, correlativamente, sanzioni ed interessi), da un lato, e tutti gli altri creditori sociali, dall’altro, in caso di estinzione della società (tenuto altresì conto che l’art. 1 della legge di delegazione n. 23 del 2014, richiede espressamente il rispetto dell’art. 3 della Costituzione); b) la possibile mancata osservanza, da parte del legislatore delegato, della suddetta legge di delegazione, in quanto di tale legge il decreto legislativo n. 175 del 2014 richiama a proprio fondamento gli articoli 1 (relativo al rispetto sia degli articoli 3 e 53 della Costituzione, sia del diritto dell’Unione europea, sia della legge n. 212 del 2000) e art. 7 (relativo all’eliminazione e revisione degli adempimenti dell’amministrazione finanziaria superflui o che diano luogo a duplicazioni, o di scarsa utilità ai fini dell’attività di controllo o di accertamento, o comunque non conformi al principio di proporzionalità; nonché revisione delle funzioni dei centri di assistenza fiscale, i quali debbono fornire adeguate garanzie di idoneità tecnico-organizzative), articoli che, da un lato, sembrano non consentire di introdurre (sia pure temporaneamente, per alcuni rapporti e nei soli confronti di determinati enti, anche diversi dall’«amministrazione finanziaria») una disciplina degli effetti estintivi della società nuova e differenziata a seconda dei creditori e, dall’altro, rendono difficile far rientrare la notificazione di un atto impositivo o di riscossione ad una società estinta tra gli «adempimenti superflui», passibili di «revisione» e di eliminazione, menzionati dalla suddetta legge di delegazione.
Né la norma in questione appare prestarsi, per il chiaro tenore letterale, ad interpretazioni costituzionalmente orientate.
P.Q.M.
Visto l’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
Ritenutane la rilevanza e la non manifesta infondatezza, solleva nei termini innanzi indicati, questione di legittimità costituzionale dell’art. 28 del decreto legislativo n. 175 del 21 novembre 2014, per violazione degli articoli 3 e 76 della Costituzione;
Sospende il giudizio in corso sino all’esito del giudizio incidentale di legittimità costituzionale;
Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri, sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento e che gli atti siano immediatamente trasmessi alla Corte costituzionale.
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