Commissione Tributaria Provinciale di Milano sezione I sentenza n. 1649 depositata il 10 aprile 2019
Imposte dirette – IRPEF – Intimazione di pagamento – Ruolo – Esecutività – Mancata indicazione della data – Prescrizione – Sussiste
Con ricorso depositato il 22 ottobre 2018 il ricorrente, esercente la professione di avvocato, tale N.D. impugnava l’atto sopra epigrafato. Esordiva chiarendo come, con apposita istanza aveva richiesto l’accesso agli atti specie per le relate di notifica delle prodromiche cartelle e/o avvisi di accertamento evidenziando come non aveva contezza circa le asserite e presunte notifiche. Evidenziava come il proprio indirizzo di residenza era variato più volte negli anni e che era possibile che – come accaduto – le notifiche erano state effettuate in luoghi di residenza errati. L’agenzia delle entrate sollevava il difetto di legittimazione passiva inoltrando la richiesta all’AdR. Il contribuente riportava come l’agente per la riscossione non aveva dato seguito alla precisa richiesta di esibizione portata avanti dal contribuente e che tale comportamento era stato posto in essere in precisa violazione di esibizione di documenti cui l’agente era tenuto, anche in virtù di numerosa e copiosa giurisprudenza. Solo il 24 maggio 2018 l’AdR, con massima intempestività, riscontrava le richieste del ricorrente in modo solo parziale asserendo che le ricerche erano ancora in corso per alcune delle cartelle. Da qui il ricorrente desumeva la mancata notifica delle prodromiche cartelle di pagamento anche perché il riscontro avuto era solo parziale e che tale inadempienza dell’AdR in ordine all’esibizione di quanto richiesto era da stigmatizzare. Citava giurisprudenza conforme. Allegava al fascicolo processuale il certificato di residenza con le variazioni storiche adducendo come, le parziali 6 cartelle e relate che l’agente aveva recuperato erano state notificate agli indirizzi sbagliati, sancendo cosi l’inesistenza della notifica e l’annullamento delle sottese cartelle. Eccepiva poi l’intervenuta prescrizione e l’illegittimità delle procedura di riscossione, citando giurisprudenza di legittimità.
Svolgeva poi delle puntuali eccezioni riferite alle singole cartelle. Ancora, eccepiva la tardività e irregolarità delle notifiche oltre alla decadenza dell’A.F. dal diritto di recupero dell’imposta.
Chiedeva previa sospensione l’annullamento degli atti. In data 4 dicembre 2018, l’agenzia delle entrate diveniva parte nel processo. Riportava una sommaria descrizione dei fatti e, sulla mancata notifica delle cartelle, evidenziava quanto di seguito, limitando le proprie controdeduzioni alla sola cartella n. (omissis) la sola di competenza della DP II di Milano. La detta cartella risultava essere stata oggetto di autonomo giudizio consolidatosi nella pronuncia della CTR della Lombardia n. 101/18/2012 (allegata) al fascicolo di causa. Ergo, continuava l’ufficio, qualsiasi presunto vizio di notifica, pure vigorosamente lamentato da parte avversa, non poteva in alcun modo costituire eccezione valida né tanto meno formare oggetto di nuovo giudizio da parte del Collegio giudicante. Specificava come l’iscrizione a ruolo de qua, discendeva dal mancato pagamento dell’imposta sostitutiva dell’IRPEF per nuove attività imprenditoriali e di lavoro autonomo e dell’IRAP anno 2005. Atto impositivo che veniva ritualmente notificato al contribuente e da questi tempestivamente impugnato. L’adita CTP con sentenza n. 171/09/2010 respingeva il ricorso. La sentenza di primo grado veniva appellata e la CTR confermava la pretesa erariale con esclusione della debenza dell’IRAP. L’ufficio procedeva allo sgravio parziale della cartella rispetto alla quale residuava la sostituiva dell’IRPEF oltre sanzioni e interessi. La parte pubblica affermava come era surreale che il contribuente sostenesse la mancata conoscenza e contezza della cartella de qua, essendo la stessa oggetto di due distinti gradi di giudizio.
Sull’intervenuta prescrizione e decadenza l’ufficio chiariva come la cartella era sottoposta alla prescrizione decennale avendo superato il vaglio giurisprudenziale che ne aveva sancito la legittimità e debenza. Chiedeva il rigetto del ricorso.
In data 12 marzo 2019, il ricorrente depositava dei documenti ritenuti probanti e avvaloranti le tesi sostenute nell’atto introduttivo.
In data 12 febbraio 2019 la Commissione adita respingeva l’istanza di sospensione cautelare presentata dal contribuente.
All’udienza, presenti le parti che hanno insistito nelle proprie richieste ed eccezioni.
***
Il Collegio giudicante così decide. Il ricorso viene accolto alla stregua delle seguenti motivazioni ed argomentazioni. Come ben si vede, la materia del contendere riguarda il ricorso in opposizione avverso l’intimazione di pagamento n. (omissis), notificata via Pec il 17 aprile 2018. Infatti, il contribuente notificava all’agenzia della riscossione istanza di accesso agli atti, richiedendo copia dei ruoli, delle cartelle e soprattutto delle relate di notifica delle cartelle, non avendo mai avuto contezza delle medesime prima dell’intimazione impugnata. Risulta agli atti che l’indirizzo del contribuente, come appare dalla certificazione storica dell’ufficiale dell’anagrafe, era infatti variato nel corso degli anni, ed era ben possibile, come in fatti accaduto, che il concessionario avesse notificato a un indirizzo errato. La Direzione Provinciale dell’agenzia delle entrate, dando riscontro all’istanza, affermava di non essere in possesso di documentazione alcuna, perché “la notifica delle cartelle di pagamento e, quindi, delle partite di ruolo in esse riportate era di competenza dell’agenzia della riscossione che poteva fornire la documentazione richiesta e alla quale veniva trasmessa l’istanza in oggetto”.
Risulta nel ricorso che il concessionario non dava corso alla risposta entro il termine di legge, solo in data 24 maggio 2018. Quest’ultimo dava riscontro al contribuente, peraltro dichiarando di poter fornire solo un riscontro parziale e non totale, essendo ancora “in corso le attività di ricerca presso i nostri archivi” (pag. 3 ricorso). Ebbene, il concessionario aveva effettivamente dato un riscontro tardivo e incompleto all’istanza di accesso agli atti, la quale era finalizzata, nel rispetto di ben noti principi di lealtà, correttezza e buona fede, ad avere contezza della regolarità degli atti e dei procedimenti notificatori presupposti dell’intimazione di pagamento impugnata. Risulta chiaro che, mancando alcune relate di notifica, mancano le cartelle; il ricorrente, nonostante gli sforzi, le istanze, non era stato messo in grado di conoscere nei dettagli gli atti sulla base dei quali il concessionario intendeva procedere a riscossione, con gravissima lesione del diritto di difesa, costituzionalmente tutelato. Pertanto, questo Giudice rileva la violazione del principio di correttezza e lealtà, nonché la sussistenza degli elementi, costitutivi di negligenza. Il contribuente ha dato altresì la prova che una cartella esattoriale riportata nell’intimazione di pagamento era stata notificata il 20 aprile 2014 in Milano, via O., mentre risultava dal certificato storico di residenza dell’anagrafe del Comune di Milano che fin dal 1° giugno 2010 il ricorrente fosse ormai residente in Milano, via X. Come ben si vede il ricorrente aveva cambiato residenza da quattro anni, ma il concessionario aveva continuato a notificare presso il precedente indirizzo.
Sull’intervenuta prescrizione
Risulta dagli atti del fascicolo di causa che l’intimazione impugnata aveva ad oggetto, con specifico riferimento al presente contenzioso, due cartelle per omesso versamento imposta Irpef 2005 e imposta Iva 2007, che risultavano documentalmente prescritte. Alla luce di tali considerazioni, le due cartelle oggi opposte, risultano definitivamente prescritte, allo stato degli atti e senza necessità di alcuna attività istruttoria ulteriore. Come si evince dal ricorso le cartelle sopra citate si riferivano agli anni 2005 e 2007 e le stesse risultavano mai state notificate regolarmente. Dopo la presunta notifica (regolare o irregolare che fosse) di quelle cartelle nessun ulteriore atto interruttivo era mai stato notificato fino all’intimazione qui impugnata, che è del 17 aprile 2018, ben oltre i termini di prescrizione (sono trascorsi oltre dieci anni dall’anno 2007).
Peraltro, nemmeno è evincibile in alcun modo quale sia la data in cui il ruolo era divenuto esecutivo, in violazione dell’art. 12 del D.P.R. n. 602/1973, a mente del quale, nel ruolo deve essere indicata “la data in cui il ruolo diviene esecutivo”, oltre al riferimento al precedente atto di accertamento ovvero alla motivazione della pretesa, cosa che rende nullo il ruolo oltre ad impedire la verifica del calcolo degli interessi, decorrenti dalla data di consegna del ruolo al concessionario.
Tenuto conto di quanto sopra, questo Giudice eccepisce la illegittimità della riscossione per decadenza e prescrizione delle pretese erariali di cui alle cartelle presupposte.
Stando anche alla sentenza della CTR Lombardia n. 101/18/2012, la questione riguardava l’imposta Irap. Sono queste le ragioni per le quali il ricorso viene accolto ed annullato in toto l’operato dell’ufficio.
Spese del giudizio
Le spese del giudizio seguono la soccombenza, come da dispositivo.
Il collegio giudicante
P.Q.M.
annulla l’atto impugnato. Condanna l’ufficio alle spese, liquidate in € 1.000,00 oltre esborsi ed accessori di legge.
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