Commissione Tributaria Provinciale di Milano sezione VII sentenza n. 3548 depositata il 5 settembre 2019
Contenzioso – Accertamento – Società di diritto elvetico – Spin off di casa madre italiana – Sede effettiva – Decisioni strategiche del management – Sussiste – Esterovestizione – Non sussiste
PREMESSA IN FATTO e SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO
La ricorrente propone ricorso per l’annullamento di un avviso di accertamento in materia di IRES, IRAP, IVA e Mod. 770 per l’anno 2016.
L’Ufficio, sulla base di un PVC della Guardia di Finanza del 20.4.2018, accertava maggiori tributi per € 299.258,00 e irrogava sanzioni per € 11.445,00.
L’Agenzia sosteneva che la società L. Spa, corrente in PD, aveva di fatto costituito in Svizzera, in Chiasso, una propria emanazione esterovestita, per l’appunto la S. SA, mediante passaggio di propri dipendenti e utilizzo comune di beni strumentali, all’unico scopo di beneficiare di vantaggi (non meglio specificati) della legislazione svizzera in termini di minore imposizione fiscale, laddove la sede effettiva e l’oggetto sociale erano in realtà situati in Italia.
La ricorrente deduce i seguenti motivi di impugnazione: violazione dell’art. 10 bis, comma 6°, L. 212/00 in quanto, essendo stato ipotizzato un abuso del diritto, l’accertamento avrebbe dovuto essere necessariamente preceduto da una formale richiesta di chiarimenti;
non sarebbe stata realizzata alcuna costruzione artificiosa: l’impresa commerciale deve ritenersi libera di collocare la sede dove meglio le aggrada;
nella sede di Chiasso veniva esercitata la reale attività della società;
violazione dell’art. 73/3° comma TUIR non essendo vero che l’oggetto principale dell’impresa fosse individuabile in Italia.
La residenza in Italia del sig. R. non spiega influenza posto che l’art. 73/5 bis riguarda le società estere controllanti società residenti in Italia e non l’ipotesi contraria;
violazione della convenzione sulle doppie imposizioni 9.3.1976 e della L. n. 855/72;
in subordine: l’Ufficio ha riconosciuto in deduzione l’importo di 147.784 senza tener conto dell’utile di esercizio della società pari a FF.SS. 28.624;
nullità dell’irrogata sanzione della metà per recidiva, per difetto di motivazione; errata determinazione della sanzione unica: gli aumenti sulla sanzione inclusa la recidiva sono applicabili solo se essa è divenuta definitiva.
***
L’Agenzia delle Entrate, premesso di aver fatto ricorso alla disciplina di cui all’art. 73 del TUIR per accertare l’esterovestizione, e che pertanto le disposizioni dello Statuto dei diritti del contribuente in tema di abuso del diritto, in quanto residuali, non si rendono applicabili, ha confermato la propria tesi secondo la N. sarebbe stata artificiosamente costruita, mediante uno spin off aziendale della L. spa, evidenziando la commistione esistente tra le due società.
***
All’udienza odierna la Commissione ha trattenuto in decisione il ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
L’Agenzia delle Entrate ha inteso provare la tesi della esterovestizione della società ricorrente sulla base di una pur pregevole ricostruzione di fatti, di indizi e di logiche argomentazioni che nondimeno non hanno rilevanza ai fini che ne occupa la problematica in oggetto.
L’art. 73 del d.P.R. 917/1986 dispone infatti che:
1. Sono soggetti all’imposta sul reddito delle società:
…omissis…
3. Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato. Si considerano altresì residenti nel territorio dello Stato gli organismi di investimento collettivo del risparmio istituiti in Italia e, salvo prova contraria, i trust e gli istituti aventi analogo contenuto istituiti in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168-bis, in cui almeno uno dei disponenti ed almeno uno dei beneficiari del trust siano fiscalmente residenti nel territorio dello Stato. Si considerano, inoltre, residenti nel territorio dello Stato i trust istituiti in uno Stato diverso da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168-bis, quando, successivamente alla loro costituzione, un soggetto residente nel territorio dello Stato effettui in favore del trust un’attribuzione che importi il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, nonché vincoli di destinazione sugli stessi.
4. L’oggetto esclusivo o principale dell’ente residente è determinato in base alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata. Per oggetto principale si intende l’attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto.
5. In mancanza dell’atto costitutivo o dello statuto nelle predette forme, l’oggetto principale dell’ente residente è determinato in base all’attività effettivamente esercitata nel territorio dello Stato; tale disposizione si applica in ogni caso agli enti non residenti.
5-bis. Salvo prova contraria, si considera esistente nel territorio dello Stato la sede dell’amministrazione di società ed enti, che detengono partecipazioni di controllo, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, nei soggetti di cui alle lettere a) e b) del comma 1, se, in alternativa:
Testo unico del 22/12/1986 n. 917
a) sono controllati, anche indirettamente, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, da soggetti residenti nel territorio dello Stato;
b) sono amministrati da un consiglio di amministrazione, o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato.
5-ter. Ai fini della verifica della sussistenza del controllo di cui al comma 5-bis, rileva la situazione esistente alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero controllato. Ai medesimi fini, per le persone fisiche si tiene conto anche dei voti spettanti ai familiari di cui all’articolo 5, comma 5.
5-quater. Salvo prova contraria, si considerano residenti nel territorio dello Stato le società o enti il cui patrimonio sia investito in misura prevalente in quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio immobiliari, e siano controllati direttamente o indirettamente, per il tramite di società fiduciarie o per interposta persona, da soggetti residenti in Italia. Il controllo è individuato ai sensi dell’articolo 2359, commi primo e secondo, del codice civile, anche per partecipazioni possedute da soggetti diversi dalle società.” …
Pertanto l’art. 73 del TUIR ha dettato una compiuta e dettagliata disciplina dei casi in cui si realizza per legge il presupposto territoriale dell’imposizione in Italia, stabilendo una casistica che non lascia all’interprete spazio per una dilatazione estensiva di tali modelli archetipici. Per quanto qui rileva l’Agenzia avrebbe dovuto dimostrare che la società verificata aveva sede legale o la sede (effettiva) dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato.
In realtà la prova è fallita in quanto da un lato risulta che la sede legale (criterio formale) è pacificamente radicata in Chiasso di tal che non può avere rilievo un criterio inteso a dimostrare sul piano fattuale che la sede legale fosse situata in Italia (peraltro, ad abundantiam, risulta incontestato che in Chiasso vi fossero effettivamente uffici nei quali sono stati rinvenuti dipendenti della verificata in atto di prestare le proprie mansioni).
D’altro canto la sede effettiva dell’amministrazione, intesa come il luogo in cui vengono adottate dal management della società le decisioni strategiche di maggior importanza, (rammentando che, giusta Cass. Sez. 5, sentenza n. 2869 del 7/02/2013 (Rv. 625688-01) “ai sensi dell’art. 87, comma terzo, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, (secondo la numerazione vigente “ratione temporis”, corrispondente all’odierno art. 73, comma terzo, in virtù della riforma introdotta dal d.lgs. 12 dicembre 2003, n. 344), per il quale, ai fini delle imposte sui redditi, si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo d’imposta hanno sede legale o dell’amministrazione ad oggetto principale nel territorio dello Stato, la nozione di “sede dell’amministrazione”, in quanto contrapposta alla “sede legale”, coincide con quella di “sede effettiva” (di matrice civilistica), intesa come il luogo ove hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell’ente e si convocano le assemblee, e cioè il luogo deputato, o stabilmente utilizzato, per l’accentramento, nei rapporti interni e con i terzi, degli organi e degli uffici societari in vista del compimento degli affari e dell’impulso dell’attività dell’ente”) non può identificarsi con la sede italiana della società L., atteso che secondo la tesi difensiva della ricorrente e le risultanze fattuali delle indagini, l’oggetto dell’attività della S. consisteva nell’attività di consulenza commerciale, di marketing, di ricerca di nuova clientela sui mercati esteri, che in Chiasso operava un reale amministratore (nella persona del sig. M.P.) diverso da quelli di L. spa, le cui mansioni erano quelle, conformi al predetto oggetto sociale, di realizzare l’attività di consulenza commerciale, di marketing e via dicendo, diversa da quella di L. spa, operante nel settore dell’abbigliamento e dell’alta moda e quindi intesa alla produzione, mentre l’attività di S. ancorché connessa, si riduceva (non alla produzione ma) alla commercializzazione dei prodotti della prima.
Il fatto che la società L. spa fosse l’unica cliente della S. non spiega rilevanza alcuna, rientrando nell’oggetto sociale della verificata e nell’ordinario trend commerciale la tipica attività di procacciamento di clientela per conto esclusivo di L., e non di altri concorrenti di quest’ultima.
Né l’Agenzia ha dimostrato la ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 73 comma 5 bis o 5 quater, del TUIR, ossia l’esistenza di un certo tipo di controllo qualificato entro le due società.
Il fatto che alcuni dipendenti si recassero spesso o impiegassero la maggior parte del proprio tempo lavorativo presso la sede di L. spa è normalmente spiegabile sulla base dei rapporti di mandato intercorrenti tra le due società, in virtù dei quali L. spa era interessata a fornire a S., e questa a ricevere da L., le informazioni sui propri prodotti da commercializzare sui mercati stranieri.
Nella sede di Chiasso veniva di fatto espletata una certa attività: la stessa dipendente W. ha riferito di effettuare la propria attività negli uffici di Chiasso e di occuparsi di commercio, in particolare del mercato tedesco, austriaco ed elvetico.
Del tutto inconsistenti sono le opinioni espresse da alcuni dipendenti escussi dai verificatori, secondo i quali l’operazione sarebbe stata posta in essere a scopi fiscali, atteso che si trattava per l’appunto di mere opinioni, peraltro espresse da personale esecutivo addetto a mansioni commerciali, e non certo da esperti del settore tributario.
I vantaggi fiscali derivanti dalla trasposizione in Svizzera non sono stati concretamente evidenziati ed anzi, anche prescindendo dalla considerazione che i prelievi fiscali operare nella Confederazione elvetica, se unitariamente considerati confrontando imposte dirette ed indirette, sono fra i più elevati, dovendo fronteggiare servizi pubblici di elevatissima qualità, appaiono in concreto pressoché nulli poiché gli utili di gestione realizzati sono di scarso rilievo; per l’anno 2013 l’utile fu di franchi 4.017,53, come evincesi dal verbale dell’assemblea degli azionisti del 20.11.2012 (doc. n. 10).
Nella giurisprudenza di legittimità si registrano i seguenti, significativi, arresti: Cass. sez. 5, sentenza n. 33234 del 21/12/2018 (Rv. 652118-01) “Ai fini della configurazione di un abuso del diritto di stabilimento, nell’ipotesi di esterovestizione, ossia di localizzazione fittizia della residenza fiscale di una società all’estero al solo fine di fruire di una legislazione tributaria più vantaggiosa, non è necessario accertare la sussistenza o meno di ragioni economiche diverse da quelle relative alla convenienza fiscale, ma occorre verificare l’effettività del trasferimento, cioè se la singola operazione sia meramente artificiosa, risolvendosi nella creazione di una forma giuridica che non riproduce una corrispondente e genuina realtà economica, fermo restando che la società esterovestita non è, per ciò solo, priva di autonomia giuridico-patrimoniale e, quindi, automaticamente qualificabile come “schermo” creato con l’unico obiettivo di farvi confluire i profitti degli illeciti fiscali”.
Anche Cass. 2869 del 2013 insiste sul fatto che occorra la dimostrazione che l’operazione sia meramente artificiosa, consistendo nella creazione di una forma giuridica che non riproduce una corrispondente e genuina realtà economica: “Per esterovestizione, com’è noto, si intende la fittizia localizzazione della residenza fiscale di una società all’estero, in particolare in un Paese con un trattamento fiscale più vantaggioso di quello nazionale, allo scopo, ovviamente, di sottrarsi al più gravoso regime nazionale. Si tratta di un tipico fenomeno di abuso del diritto, il cui divieto può dirsi ormai pacificamente riconosciuto come principio generale nel diritto tributario Europeo (che oltrepassa i confini delle imposte armonizzate) e va, di conseguenza, riconosciuto, almeno in via tendenziale, come principio generale anche nel diritto dei singoli Stati membri (cfr., per tutte, Cass., Sez. un., n. 30055 del 2008, secondo la quale il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo che trova fondamento, in tema di tributi non armonizzati, nei principi costituzionali di capacità contributiva e di progressività dell’imposizione). Con particolare riferimento al fenomeno della localizzazione all’estero della residenza fiscale di una società, la sentenza della Corte di giustizia del 12 settembre 2006, C-196/04, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, ha affermato, in tema di libertà di stabilimento, che la circostanza che una società sia stata creata in uno Stato membro per fruire di una legislazione più vantaggiosa non costituisce per se stessa un abuso di tale libertà; tuttavia, una misura nazionale che restringe la libertà di stabilimento è ammessa se concerne specificamente le costruzioni di puro artificio finalizzate ad eludere la normativa dello Stato membro interessato. L’obiettivo della libertà di stabilimento è quello di permettere a un cittadino di uno Stato membro di creare uno stabilimento secondario in un altro Stato membro per esercitarvi le sue attività e di partecipare così, in maniera stabile e continuativa, alla vita economica di uno Stato membro diverso dal proprio Stato di origine e di trarne vantaggio. La nozione di stabilimento implica, quindi, l’esercizio effettivo di un’attività economica per una durata di tempo indeterminata, mercè l’insediamento in pianta stabile in un altro Stato membro: presuppone, pertanto, un insediamento effettivo della società interessata nello Stato membro ospite e l’esercizio quivi di un’attività economica reale. Ne consegue che, perché sia giustificata da motivi di lotta a pratiche abusive, una restrizione alla libertà di stabilimento deve avere lo scopo specifico di ostacolare comportamenti consistenti nel creare costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica e finalizzate ad eludere la normale imposta sugli utili generati da attività svolte sul territorio nazionale.
In definitiva, deve ritenersi che quel che rileva, ai fini della configurazione di un abuso del diritto di stabilimento, non è accertare la sussistenza o meno di ragioni economiche diverse da quelle relative alla convenienza fiscale, ma accertare se il trasferimento in realtà vi è stato o meno, se, cioè, l’operazione sia meramente artificiosa (wholly artificial arrangement), consistendo nella creazione di una forma giuridica che non riproduce una corrispondente e genuina realtà economica.
I concetti esposti sono stati ribaditi dalla sentenza della Corte di giustizia 28 giugno 2007, C-73/06, P. Sarl, la quale, nell’interpretare l’ottava e la tredicesima direttiva in materia di IVA (rispettivamente, 6 dicembre 1979, 79/1072/CEE, in tema di rimborso dell’imposta ai soggetti passivi non residenti all’interno del paese, e 17 novembre 1986, 86/560/CEE, in tema di rimborso ai soggetti passivi non residenti all’interno della Comunità), premesso che gli interessati, secondo la costante giurisprudenza, non possono avvalersi fraudolentemente o abusivamente del diritto comunitario, ha affermato che ciò accadrebbe se un soggetto passivo intendesse fruire del sistema di rimborso alle condizioni enunciate dalle citate direttive, quando l’indirizzo dell’impresa non corrisponde ad alcuna realtà economica, cioè né alla sede dell’attività economica del soggetto, né ad un centro di attività stabile dal quale quest’ultimo svolge le sue operazioni.
5.2. Per quanto riguarda la fattispecie in esame, la normativa applicabile, in quanto vigente ratione temporis, è costituita essenzialmente dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 87, comma 3, (poi divenuto, con la rinumerazione operata dal D.Lgs. n. 344 del 2003, art. 73, comma 3), ai sensi del quale “ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo d’imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato”. Viene in rilievo anche, per il periodo successivo alla (incontestata) trasformazione della CIN in società di partecipazione finanziaria di diritto comune, la Convenzione tra Italia e Lussemburgo intesa ad evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio ed a prevenire la frode e l’evasione fiscali, firmata il 3 giugno 1981 e ratificata e resa esecutiva con la L. 14 agosto 1982, n. 747: l’art. 4, in particolare, prevede, al comma 1, come criterio principale, che, ai fini della Convenzione, “l’espressione – Presidente di uno Stato contraente designa ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, è assoggettata ad imposta nello stesso Stato a motivo del suo domicilio, della sua residenza, della sede della sua direzione o di ogni altro criterio di natura analoga”; e, al comma 3, come criterio sussidiario per le persone giuridiche, che, “quando, in base alle disposizioni del comma 1, una persona diversa da una persona fisica è considerata residente di entrambi gli Stati contraenti, si ritiene che essa è residente dello Stato contraente in cui si trova la sede della sua direzione effettiva”. Le due discipline, quella interna e quella pattizia, a ben vedere, sono sostanzialmente equivalenti, perché la seconda rinvia, come criterio generale, alla legislazione interna ed assume, poi, come criterio sussidiario nel caso di accertata doppia residenza, quello della sede “effettiva” della società, che non è altro che il criterio decisivo anche per la norma interna, secondo la consolidata interpretazione dottrinale e giurisprudenziale di questa. La nozione di “sede dell’amministrazione”, infatti, in quanto contrapposta alla “sede legale”, deve ritenersi coincidente con quella di “sede effettiva” (di matrice civilistica), intesa come il luogo ove hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell’ente e si convocano le assemblee, e cioè il luogo deputato, o stabilmente utilizzato, per l’accentramento – nei rapporti interni e con i terzi – degli organi e degli uffici societari in vista del compimento degli affari e dell’impulso dell’attività dell’ente (ex aliis, Cass. nn. 3604 del 1984, 5359 del 1988, 497 del 1997, 7037 del 2004, 6021 del 2009). Analogo principio è stato affermato, con specifico riferimento al vigente art. 73, comma 3, TUIR, dalia sentenza della terza sezione penale di questa Corte n. 7080 del 2012. Infine, la sopra citata sentenza della Corte di giustizia del 28 giugno 2007, Planzer Luxembourg Sarl, ha affermato che la nozione di sede dell’attività economica, ai sensi dell’art. 1, punto 1, della tredicesima direttiva del Consiglio 17 novembre 1986, 86/560/CEE (in materia di rimborsi IVA a soggetti passivi non residenti nel territorio della Comunità), indica il luogo in cui vengono adottate le decisioni essenziali concernenti la direzione generale della società e in cui sono svolte le funzioni di amministrazione centrale di quest’ultima (punto 60).
La determinazione del luogo della sede dell’attività economica di una società implica la presa in considerazione di un complesso di fattori, al primo posto dei quali figurano la sede statutaria, il luogo dell’amministrazione centrale, il luogo di riunione dei dirigenti societari e quello, abitualmente identico, in cui si adotta la politica generale di tale società. Possono essere presi in considerazione anche altri elementi, quali il domicilio dei principali dirigenti, il luogo di riunione delle assemblee generali, di tenuta dei documenti amministrativi e contabili e di svolgimento della maggior parte delle attività finanziarie, in particolare bancarie (punto 61).
Di conseguenza un insediamento fittizio, come quello caratterizzante una società “casella postale” o “schermo”, non può essere definito sede di un’attività economica ai sensi dell’art. 1, punto 1, della tredicesima direttiva (punto 62).
6.1. Passando ora all’esame dei motivi di ricorso, deve escludersi che la sentenza impugnata si sia discostata dai principi di diritto fin qui esposti. L’ampia disamina, compiuta dal giudice a quo, della normativa fiscale, civilistica e pattizia – in tema di residenza fiscale delle società e della relativa interpretazione dottrinale e giurisprudenziale appare, infatti, corretta, là dove, in sintesi, egli giunge alla conclusione della assimilazione del concetto (fiscale) di “sede dell’amministrazione” (qualificato come uno dei criteri “alternativi” indicati nell’art. 87, comma 3, del TUIR) a quello (civilistico) di “sede effettiva” della società ed intende quest’ultima, in sostanziale conformità ai principi sopra enunciati, come il luogo in cui si svolge in concreto la direzione e la gestione dell’attività d’impresa e dal quale promanano le relative decisioni. … con ciò escludendosi la configurabilità in concreto della residenza fiscale in Italia in base alla norma interna citata – e quindi l’ipotesi della esterovestizione -, con assorbimento di ogni altra indagine”.
Oltretutto, incidenter tantum, la confederazione elvetica non fa parte dell’Unione Europea e ad essa non si applicano i principi comunitari in tema di abuso del diritto o in materia di violazione del diritto di stabilimento.
La stessa Agenzia ritiene che nel caso che ci occupa si sia concretizzata un’ipotesi di Spin-off, ossia di scorporo societario da una casa madre, figura aziendale che è riconosciuta come operazione legittima.
Non v’è inoltre chi non veda come, se vi fosse stato l’intento di creare una struttura artefatta, questa avrebbe coinvolto l’intera società L. spa e non una minima parte di essa.
Se del caso, con diversa impostazione, l’Ufficio avrebbe dovuto semmai fornire dimostrazione che le operazioni fatturate dalla ricorrente alla L. spa erano oggettivamente inesistenti, ovverosia simulate, allo scopo di abbattere i ricavi ma la prova di tale ipotesi, peraltro neppure affacciata, non è stata fornita anche perché sono mancati gli strumenti di indagine per poterlo fare; è appena il caso di affermare che l’onere della prova sarebbe spettato all’Ufficio il quale intendesse sostenere siffatta tesi.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo in euro ottomila.
P.Q.M.
La Commissione accoglie il ricorso e annulla l’atto impugnato. Condanna l’Agenzia a rifondere alla ricorrente le spese di giudizio che liquida in euro ottomila oltre accessori di legge e contributo unificato.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Commissione Tributaria Regionale il Friuli Venezia Giulia, sezione n. 3, sentenza n. 117 depositata il 6 giugno 2022 - Per esterovestizione si intende la fittizia localizzazione all'estero della residenza fiscale di una società, che, invece,…
- Commissione Tributaria Provinciale di Milano sezione I sentenza n. 1649 depositata il 10 aprile 2019 - La cartella di pagamento è prescritta, dopo la presunta notifica prescindendo dalla sua regolarità, laddove sono passati più di dieci anni…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 30 dicembre 2020, n. 29909 - Si configura pertanto un'ipotesi di litisconsorzio necessario originario qualora l'Agenzia abbia contestualmente proceduto, sia pur con distinti atti impositivi, all'accertamento, a carico di…
- Commissione Tributaria Regionale per il Lazio sezione XI sentenza n. 4251 depositata il 12 luglio 2019 - Va annullato l’accertamento di rettifica catastale sull’abitazione qualora non vengano soddisfatti tutti i requisiti per essere inserito nella…
- Commissione Tributaria Regionale per il Lazio sezione VII sentenza n. 4341 depositata il 16 luglio 2019 - In tema di accertamento a seguito di verbale di constatazione, il raddoppio dei termini per la notifica consegue dal mero riscontro di fatti…
- Commissione Tributaria Provinciale di Milano sezione XVIII sentenza n. 1864 depositata il 6 maggio 2019 - Per i redditi fondiari, nel caso in cui il contratto di locazione sia risolto per qualsiasi causa e soprattutto per insolvenza, avendo la sentenza…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- ISA 2024 le cause di esclusione per l’anno 2
La legge istitutiva degli Indici Sintetici di Affidabilità fiscale (ISA) ha una…
- Il diritto riconosciuto dall’uso aziendale n
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10120 depositat…
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…
- Il giudice tributario è tenuto a valutare la corre
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5894 deposi…
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…