Commissione Tributaria Provinciale di Milano sezione XIX sentenza n. 2718 depositata il 14 giugno 2019
Accertamento – Canoni di locazione non dichiarati – Denuncia inquilino – Sufficiente
Con ricorso depositato in data 29 gennaio 2019, il ricorrente, tale D.A., impugnava l’avviso di accertamento meglio individuato in epigrafe. In particolare, egli rappresentava di aver ricevuto, in data 3 luglio 2018, l’atto relativo a un accertamento IRPEF dell’anno 2013, per non aver indicato nella Dichiarazione Unico 2014 il presunto canone d’affitto che avrebbe percepito per un appartamento di sua proprietà (censito al foglio (omissis) mappale (omissis), sub (omissis) Comune (omissis)).
Tale ricostruzione operata dall’agenzia era scaturita da una denuncia di contratto di locazione in nero, presentata in data 7 febbraio 2014 presso gli uffici della Direzione provinciale II di Milano (prot. nr. 36484) dalla sig.ra V.A.. Il ricorrente, a questo proposito, lamentava anzitutto l’assenza di notifica di tale atto. Sempre in relazione al presunto contratto di locazione in nero, il contribuente evidenziava un errore di calcolo del reddito da locazione, compiuto dall’agenzia. Secondo quanto denunciato dalla sig.ra A. infatti, il canone corrisposto sarebbe stato pari a €. 350,00 mensili, decorrenti dal 1° ottobre 2013, ragione per cui il reddito per l’annualità 2013 avrebbe potuto essere rettificato al massimo per €. 997,50 (corrispondenti al 95% del canone totale per il 2013, pari a €. 1.050,00). L’agenzia delle entrate, invece, aveva rettificato il reddito per €. 2.845,00. Il ricorrente procedeva lamentando la carenza del compendio probatorio, composto unicamente dalle dichiarazioni del terzo, aventi pertanto natura meramente indiziaria. Citava in proposito giurisprudenza della Suprema Corte di legittimità (Cass. 85369/2013, 20032/2011, 21812/2012 e altre) con cui supportava la tesi della insufficienza probatoria, ritenendo insussistenti i caratteri della gravità, precisione e concordanza, da cui desumeva l’illegittimità dell’avviso di accertamento. Il ricorrente eccepiva infine la carenza di motivazione dell’atto impugnato, facendo la stessa riferimento a un atto – la denuncia della sig.ra A. – che non gli era mai stato notificato né portato a sua conoscenza in alcun modo. Da questa circostanza, faceva derivare la violazione del diritto di difesa. Peraltro, evidenzia nuovamente come gli importi così denunciati – €. 350,00 mensili – come corrispettivo di un presunto contratto di locazione fossero di molto inferiori agli importi accertati, corrispondenti a €. 990,06 mensili.
Infine, il ricorrente evidenzia l’inattendibilità in ordine alle violazioni accertate, per mancanza di prove certe, documentate e incontrovertibili. Chiedevo perciò l’annullamento dell’atto impugnato, previa sospensione dello stesso.
Successivamente, si costituiva in giudizio l’agenzia delle entrate. Quest’ultima, con il proprio atto di controdeduzioni, evidenziava anzitutto come il contribuente avesse presentato ricorso con istanza di reclamo in data 1° ottobre 2018 e, senza attendere lo spirare del termine sospensivo di cui all’art. 17-bis d.lgs. 546/1992, avesse poi depositato ricorso presso la Commissione Tributaria adita. Ciò nonostante, l’agenzia aveva attivato il procedimento di mediazione, notificando al contribuente una proposta di mediazione con accoglimento parziale delle sue ragioni, che allegava all’atto di costituzione in giudizio. L’ufficio rappresentava così di aver riconosciuto l’errore di calcolo in ordine al maggior reddito IRPEF accertato, che doveva essere correttamente ritenuto pari a €. 1.006,00, e perciò le maggiori imposte dovute pari a €. 302,00, €. 16,00 a titolo di addizionale regionale e €. 7,00 per l’addizionale comunale, in relazione a questi profili d’impugnazione l’amministrazione chiedeva perciò di dichiarare la parziale cessazione della materia del contendere. Quanto alle residue contestazioni e, in particolare, in relazione all’assolvimento del proprio obbligo di motivazione, citava ampia dottrina e giurisprudenza a sostegno della bontà del proprio operato, evidenziando come la conoscenza piena e completa dell’atto di denuncia della sig.ra A. da parte del ricorrente sia desumibile dallo stesso atto di ricorso, ove egli ha ampiamente analizzato le risultanze desumibili da tale atto. L’ufficio difendeva il proprio operato, evidenziando la mancanza di documentazione idonea a smentire la pretesa erariale, in quanto l’asserita inesistenza del contratto sarebbe irrilevante alla luce della forma orale in cui lo stesso sarebbe stato concluso, secondo la denuncia fatta dalla sig.ra A., circostanza da cui sarebbe desumibile anche una violazione in ordine agli obblighi di registrazione. L’agenzia chiedeva quindi, per parte residua dei motivi di ricorso, il rigetto delle pretese del contribuente.
Presente all’udienza il funzionario dell’ufficio che ha insistito nelle proprie richieste ed eccezioni. Assente il difensore del ricorrente.
* * *
Il Collegio giudicante così decide. Il ricorso viene accolto parzialmente alla stregua delle seguenti motivazioni ed argomentazioni. L’ufficio aveva provveduto ad accertare il reddito imponibile e le relative imposte, per quanto non dichiarato. L’omissione effettuata dal contribuente verteva in redditi derivanti dalla locazione di fabbricati, relativamente ad un contratto verbale di locazione registrato solo in data 7 febbraio 2014 dalla inquilina, V.A., che nell’anno 2013 occupava l’immobile, in veste di locataria. L’ufficio a seguito di ciò, accertava per il periodo interessato dell’anno 2013, il reddito di solo tre mensilità, vale a dire ottobre, novembre e dicembre 2013, per un importo complessivo di € 1.050,00, essendo il canone mensile di € 350,00.
Pur avendo attivato il contribuente il reclamo e la mediazione, così come stabilito dall’art. 17 bis del D.Lgs. 546/1992, senza attendere il termine di sospensione di 90 giorni il contribuente stesso aveva effettuato il deposito presso la segreteria della Commissione Tributaria. L’ufficio aveva attivato il procedimento di mediazione e il centro Operativo di Pescara aveva notificato al contribuente la proposta di mediazione conseguente all’accoglimento parziale dell’istanza di reclamo del 4 dicembre 2018 – prot. n. 32735. Con detto atto l’ufficio, nel riconoscere che il reddito di locazione era in realtà pari ad € 1.006,00 liquidava le maggiori imposte dovute a titolo Irpef con le varie addizionali del caso. Nonostante ciò, il contribuente non aderiva alla proposta di mediazione formulata dall’ufficio stesso e contestava l’atto che gli era stato notificato. Le contestazioni sollevate dal ricorrente risultano essere generiche, e pertanto non può essere accolto totalmente, per i seguenti motivi.
Sull’errato calcolo del reddito di locazione
Le doglianze sul punto risultano essere generiche e l’ufficio, sebbene avesse commesso un errore, avendo determinato il reddito da tassare in € 2.845,00, doveva effettuare invece la tassazione riferita solo a tre mesi per complessivi € 1.050,00, che al 95% del canone, dava un importo di € 997,50 da assoggettare a tassazione. La tassazione del canone nella misura del 95% di quanto effettivamente incassato per il periodo 2013, veniva svolto in sede di mediazione e non prima. A giudizio di questo Giudice, l’errore nella quantificazione dell’importo accertato non aveva inficiato la validità giuridica rendendo nullo l’avviso di accertamento e inefficace di conseguenze giuridiche.
Valenza delle dichiarazioni rese dal terzo
Anche su questo punto le doglianze del contribuente risultano essere pretestuose. Questo Giudice osserva che V.A. era parte del contratto di locazione, eppur stipulato verbalmente con l’odierno ricorrente, quindi, il ruolo rivestito dal locatario è un ruolo valido per dare credibilità al contratto stesso. Nonostante parte ricorrente nel proprio ricorso contesti l’operato dell’ufficio, le dichiarazioni rese dalla locataria non possono essere paragonate a quelle di un terzo qualsiasi, in quanto – V.A. – era inquilina e, quindi, una delle parti del negozio giuridico stipulato con A.D. Ebbene, tali dichiarazioni non possono essere considerate presunzioni semplici, in quanto rese volontariamente dalla stessa locataria e riferibili ad un contratto verbale di locazione registrato solo in data 7 febbraio 2014, in veste di inquilina, e quindi occupante dell’immobile di proprietà dell’odierno ricorrente. Cosa diversa sarebbe stata quella che un terzo qualsiasi (ad esempio vicino di appartamento) avesse denunciato, sua sponte il fatto all’agenzia delle entrate. Poiché il contratto verbale, nel caso de quo era stato denunciato dall’inquilino, a quest’ultimo non poteva essere attribuita la qualifica di semplice terzo, perché, invece, assumeva la funzione di una parte del contratto stesso. Pertanto, la denuncia prestata dalla locatrice non può essere assunta come mera e semplice informazione, ma al contrario, deve essere presa in considerazione e, quindi, pienamente utilizzabile quale elemento di fatto realmente accaduto.
Contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, l’ufficio a supporto dell’avviso di accertamento, non poteva ricercare tutti gli indizi disponibili (svolgere delle indagini presso altri inquilini o parenti di inquilini nello stabile, ed anche di riscontri dal valore di mercato dei canoni di locazione, posti a fondamento e motivazione degli avvisi, di bonifici effettuati dalla presunta inquilina, ecc. Giustamente, per dare validità alla mancata registrazione del contratto di locazione è stata sufficiente l’esposizione dei fatti da parte della locataria, quale parte del contratto stesso).
Giustappunto, vi era stata una “denuncia” da parte dell’inquilina e, perciò, il ricorrente non poteva disconoscere tale fatto gravissimo che costituiva la prova dell’intero avviso di accertamento.
Sulla motivazione dell’avviso di accertamento
L’avviso di accertamento è motivato anche se il contribuente lo ha contestato. E’ stato motivato in relazione ai presupposti di fatto e alle ragioni giuridiche che l’hanno determinato.
Le argomentazioni evidenziate nel ricorso non possono essere accolte in quanto generiche e pretestuose. L’atto emesso dall’ufficio è idoneamente motivato, come ha dimostrato il fatto che il soggetto ricorrente abbia potuto presentare adeguato ricorso ai fini che lo interessano. Consolidata giurisprudenza afferma come “non sussiste il difetto di motivazione allorché la motivazione sia ricavabile da altri atti del procedimento di cui l’interessato abbia avuto sicura conoscenza“. Qui il fatto è semplice: il locatore era parte del contratto di locazione che a suo tempo non era stato sottoposto a registrazione. Quindi, l’operato dell’ufficio risulta essere legittimo e non censurabile, in quanto il soggetto ricorrente ha omesso di adempiere gli obblighi dichiarativi cui era tenuto. Le doglianze, sul punto, vengono rigettate.
Spese del giudizio
Le spese del giudizio vengono compensate fra le parti in quanto tenuto conto, dapprima, dell’omessa dichiarazione del reddito dei fabbricati da parte del ricorrente, e, in secondo luogo, della circostanza che l’ufficio aveva erroneamente accertato il reddito da fabbricati per l’importo di € 2.845,00.
Il Collegio giudicante
P.Q.M.
accoglie parzialmente il ricorso e determina il reddito da fabbricati in € 1.006,00. Spese compensate.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per il Lazio sentenza n. 2411 sez. XIX depositata il 16 aprile 2019 - Ricorre il vizio di omessa motivazione, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il giudice di merito…
- COMMISSIONE TRIBUTARIA DI I GRADO DI TRENTO - Ordinanza 11 settembre 2020 - Questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, comma 4-bis, decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito con legge 21 febbraio 2014, n. 13, come modificato…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 19953 del 21 giugno 2022 - In tema di redditometro, in ordine alla prova contraria, per il contribuente non è sufficiente dimostrare la mera disponibilità di ulteriori redditi o il semplice transito della disponibilità…
- CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 37420 depositata il 21 dicembre 2022 - In tema di tassa per lo smaltimento di rifiuti solidi urbani (TARSU) pur in caso di omissione della denuncia di cessazione di occupazione dell'immobile nell'anno in cui tale…
- Corte di Cassazione, ordinanza n. 20490 depositata il 17 luglio 2023 - La sentenza penale irrevocabile di assoluzione dal reato tributario, emessa con la formula "perché il fatto non sussiste", non spiega automaticamente efficacia di giudicato nel…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 29244 depositata il 7 ottobre 2022 - La sentenza penale irrevocabile di assoluzione dal reato tributario, ancorchè emessa con la formula "perchè il fatto non sussiste", non spiega automaticamente efficacia di…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Le liberalità diverse dalle donazioni non sono sog
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 7442 depositata…
- Notifica nulla se il messo notificatore o l’
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5818 deposi…
- Le clausole vessatorie sono valide solo se vi è ap
La Corte di Cassazione, sezione II, con l’ordinanza n. 32731 depositata il…
- Il dipendente dimissionario non ha diritto all’ind
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 6782 depositata…
- L’indennità sostitutiva della mensa, non avendo na
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 7181 depositata…