Commissione Tributaria Provinciale di Roma sezione VII sentenza n. 4339 depositata il 16 luglio 2019
Processo tributario – Atto della riscossione – Impugnazione – Termine – Scadenza – Effetti – Conversione del termine – Sussistenza – Irretrattabilità – Esclusione
Con ricorso la Signora L.A. impugnava l’intimazione di pagamento n. (omissis) con esclusivo riferimento a due cartelle di pagamento n. (omissis) e (omissis), la prima per Irpef, Irap e Iva anno 2002 e la seconda per diritto annuale Camera di Commercio anno 2003, assumendone l’illegittimità per i seguenti motivi:
– intervenuta prescrizione del credito relativo al diritto camerale anno 2003;
– difetto di notifica e/o nullità della notifica delle cartelle sottese all’intimazione;
– nullità delle cartelle in quanto non sottoscritte dal rappresentante del concessionario e prive dell’indicazione del responsabile del procedimento;
– inesistenza del ruolo in quanto privo di sottoscrizione;
– nullità dell’intimazione di pagamento per difetto di indicazione del responsabile del procedimento.
Si costituiva in giudizio Equitalia Servizi di riscossione Spa con memoria depositata il 17.11.2016, chiedendo il rigetto del ricorso.
Si costituivano in giudizio anche l’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale Roma 3 con memoria depositata il 27.12.2016, la Camera di Commercio di Roma con memoria depositata il 19.9.2016 e l’Agenzia delle Entrate Riscossione con memoria depositata il 22.11.2017, chiedendo tutte il rigetto del ricorso.
Con le proprie controdeduzioni l’Ufficio ribadiva la legittimità della pretesa tributaria in merito al recupero eseguito ai sensi dell’art. 36 bis del DPR n. 600/73; per le restanti eccezioni si rimetteva agli scritti difensivi dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione insistendo per il rigetto del ricorso.
Con sentenza n. 2064/2018, depositata il 23/01/2018, la Commissione Tributaria Provinciale di Roma rigettava il ricorso di parte essendo stata provata, da parte dell’Agenzia delle Entrate Riscossione, la validità della notifica delle cartelle, con conseguente legittimità dell’atto impugnato e del credito con esso azionato.
In data 18/07/2018 la Società presentava appello avverso la sentenza eccependo nuovamente vizi di notifica delle cartelle, la prescrizione dei crediti azionati nonché il vizio di sottoscrizione del ruolo.
La Direzione Provinciale 3 di Roma, si costituisce nel giudizio chiedendo rigetto dell’appello e la condanna del ricorrente alle spese di giudizio.
Il nucleo centrale della controversia attiene alla valutazione del termine di prescrizione dei diritti camerali. Va ricordato sul punto l’orientamento espresso da Cass., SS.UU., 17 novembre 2016, n. 23379, secondo il quale “è di applicazione generale il principio secondo il quale la scadenza del termine perentorio stabilito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito ma non determina anche l’effetto della c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 cod. civ. Tale principio, pertanto, si applica con riguardo a tutti gli atti – denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via.
Con la conseguenza che, qualora per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 cod. civ., tranne che in presenza di un titolo giudiziale, divenute definitivo”. Invero la pronuncia non innova sul termine della durata della prescrizione, poiché si tratta di comprendere se, con riferimento al singolo tributo o tassa posti in riscossione, sia prevista o meno una prescrizione sostanziale più breve di quella ordinaria decennale di cui all’art. 2946 cod. civ. Secondo la Giurisprudenza attualmente dominante (cfr. Cass. 4283/2010; Cass. 29411/2007; Cass. 9295/1993) ed alla quale questa commissione ritiene di aderire, i cosiddetti i crediti erariali, cioè quelli costituiti dalle imposte dirette quali Irpef, Irap e dall’IVA si prescrivono a norma dell’art. 2946 c.c. e cioè nel termine di 10 anni. Questa tesi si basa sull’assenza di disposizioni specifiche al riguardo e sulla considerazione che il pagamento di tali somme non può ritenersi un’obbligazione di durata a cadenza periodica, ossia sorretta da una cosiddetta causa debendi continuativa a cui sarebbe applicabile, così come i tributi locali, il disposto dell’art. 2948, comma 4, cod. civ. che prevede una prescrizione di cinque anni. Così anche i diritti camerali scontano una prescrizione quinquennale. La Suprema Certe ha già avuto modo di affermare, ad esempio, che “la TARSU, la TOSAP ed i contributi di bonifica sono tributi locali che si strutturano come prestazioni periodiche, con connotati di autonomia nell’ambito di una causa debendi di tipo continuativo, in quanto l’utente è tenuto al pagamento di essi in relazione al prolungarsi, sul piano temporale, della prestazione erogata dall’ente impositore o del beneficio da esso concesso, senza che sia necessario, per ogni singolo periodo contributivo, un riesame dell’esistenza dei presupposti impositivi. Essi, quindi, vanno considerati come obbligazioni periodiche o di durata e sono sottoposti alla prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948 c.c., n. 4″ (Cass. n. 4283 del 2010). Ritiene questa commissione che i diritti camerali “siano elementi strutturali di un rapporto sinallagmatico caratterizzato da una causa debendi di tipo continuativo suscettibile di adempimento solo con decorso del tempo in relazione al quale l’utente è tenuto ad una erogazione periodica, dipendente dal prolungarsi sul piano temporale della prestazione erogata dall’ente impositore, o del beneficio dallo stesso concesso”. Invero, afferma la Corte, “in tutti i casi considerati, l’utente è tenuto a pagare periodicamente una somma che, sia pure autoritativamente determinata, costituisce corrispettivo di un servizio a lui reso, o richiesto (concessione di uso di suolo pubblico, di uso di passo carrabile) o imposto (tassa per smaltimento rifiuti, contributo opere di risanamento idraulico del territorio) che in tanto si giustifica in quanto anno per anno il corrispondente servizio venga erogato; né è necessario, per ogni singolo periodo contributivo, un riesame della esistenza dei presupposti impositivi, che permangono fino alla verificazione di un mutamento obbiettivo della situazione di fatto giustificante il servizio, né il corrispettivo potrebbe dall’utente essere corrisposto in unica soluzione, in quanto ab initio non determinato e non determinabile, né nell’entità, né nella durata. Nessun rilievo può darsi alla osservazione che l’importo dei pagamenti annuali ed infrannuali possa variare nel tempo, in quanto tali variazioni non dipendono da nuova negoziazione del rapporto, che rimane stabile, ma da variazioni del costo dei servizi prestati, il cui addebito da parte degli enti impositori discende da considerazioni di politica fiscale ed economica rapportata alla generalità degli utenti del servizio ed indipendenti dalla volontà del singolo contribuente” (Cass. n. 4283 del 2010, in motivazione).
Il diritto camerale annuale rientrerebbe in tali tipologie di tributo a prescrizione quinquennale, in quanto, sul presupposto della mera iscrizione dell’impresa nel registro delle imprese, deve essere versato annualmente ed in un’unica soluzione.
Le cartelle di pagamento, nella specie, risultano notificate oltre tale termine con la conseguenza che, per i motivi sopra esposti, il diritto è prescritto.
Nei termini di cui in motivazione va, dunque, accolto.
Vista la parziale soccombenza dell’appellato, le spese di giudizio possono essere compensate.
P.Q.M.
La CTR di Roma, sez. 7, accoglie l’appello. Spese compensate.
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