Con ricorso notificato alla Agenzia delle Entrate Direzione provinciale di Varese il 15/2/2012 la ….., in persona del legale rappresentante ….. domiciliata in Milano via ….. presso il difensore avv. (..) impugnava l’atto di contestazione ed irrogazione di una sanzione dell’importo di € 1.011.545 relativo al periodo d’imposta 2006.
Deduceva in premessa la società che, con verbale redatto da funzionari della Agenzia notificato il 18/11/2011, veniva contestato l’omesso invio della dichiarazione d’intento ricevuta dall’esportatore abituale ….., ai sensi dell’art. 1 comma 381 L. 311/2004. Eccepiva la ricorrente la illegittimità della sanzione irrogata per evidente sproporzione con gli obblighi previsti dalla citata legge, che impone al fornitore dell’esportatore abituale l’obbligo di trasmettere in via telematica alla Agenzia delle Entrate la dichiarazione d’intenti dell’esportatore abituale, al fine di emettere fatture in esenzione di IVA.
Dichiarava, quindi, di aver ricevuto la dichiarazione d’intenti e di aver emesso fatture in esenzione di imposta, secondo la normativa vigente, ma di aver unicamente dimenticato l’invio della predetta comunicazione in via telematica, sanzionata in misura contraria al principio di proporzionalità, pure riconosciuto nelle legislazioni nazionali e comunitarie.
Riteneva, altresì, la violazione commessa come meramente formale e senza alcuna incidenza nella determinazione della base imponibile, dell’imposta e del versamento del tributo. Considerava rispondente alla violazione commessa la sanzione ex art. 11 decreto legislativo 471/1997 quantificata da € 258 a € 2.065;
Lamentava la mancata applicazione del cumulo giuridico ex art 12 DLgs. 472/97 che avrebbe comportato l’applicazione della sanzione più grave con la maggiorazione del quarto. Da ultimo, eccepiva la nullità dell’atto di contestazione emesso prima dei 60giorni dalla notifica del verbale in violazione dell’art. 12 comma 7 L. 212/2000.
Chiedeva l’annullamento della sanzione; in via subordinata l’applicazione della sanzione in misura fissa o comunque una sua riduzione. Con vittoria di spese.
Con memoria di costituzione l’Agenzia replicava alle argomentazioni della ricorrente.
Respingeva la eccezione di nullità dell’atto perché notificato prima del decorso del temine di giorni 60 dalla notifica del verbale, non prevista dalla norma citata, ed in ogni caso evidenziava che l’atto recava la motivazione dell’urgenza di evitare il grave pregiudizio erariale derivante dalla decadenza prossima della annualità in esame.
Quanto alla denunciata sproporzione della sanzione irrogata sosteneva di aver applicato la norma IVA prevista per la violazione commessa, di natura sostanziale e non formale nella misura minima del 100 per cento della imposta evasa.
Da ultimo non riteneva applicabile il cumulo giuridico applicabile nelle ipotesi di violazioni di più disposizioni di legge, atteso che alla contribuente veniva addebitata unicamente la omessa trasmissione in via telematica della dichiarazione d’intenti dello esportatore abituale.
Con la condanna alle spese chiedeva la reiezione del ricorso. Successivamente parte ricorrente depositava memoria illustrativa con la quale ribadiva i rilievi posti a fondamento del ricorso introduttivo.
Alla odierna udienza, esaurita la discussione la Commissione decideva come da dispositivo.
Quanto alla richiesta di nullità dell’avviso notificato prima dei 60 giorni dalla notifica del verbale di constatazione, rileva la Commissione che, come previsto dall’art. 12 dello Statuto del contribuente, in caso di urgenza adeguatamente motivata è consentito all’Ufficio di emettere un avviso di accertamento prima del termine previsto dalla suddetta norma. Nella fattispecie in esame l’Agenzia ha motivato l’urgenza con la scadenza, ormai prossima, del termine di decadenza dell’accertamento, che avrebbe finito per vanificare tutta l’attività di verifica precedentemente iniziata da altri organi della Amministrazione. L’atto pertanto così motivato è legittimo.
Deve altresì essere respinta la eccepita illegittimità della sanzione per violazione del principio di proporzionalità. La stessa varia dal cento al duecento per cento della imposta evasa, come prevede l’articolo 7 del DLgs. n. 471/1997; il suo ammontare risulta così variare in relazione all’ammontare del tributo omesso.
Non può quindi essere accolta la lamentela del contribuente che si è visto irrogare una sanzione di oltre 1 milione di euro per aver omesso di inviare una comunicazione telematica, considerata l’entità delle operazioni effettuate in esenzioni di imposta. Nel merito il ricorso deve essere accolto.
L’Agenzia delle Entrate contesta alla società ricorrente, ai sensi dell’articolo 1 L. n. 311/2004, la mancata trasmissione per via telematica dei dati contenuti nella dichiarazioni d’intento degli esportatori abituali, al fine di effettuare, nella qualità di fornitore, operazioni in sospensione di imposta. Nessun altra censura viene sollevata dalla Agenzia al comportamento tenuto dalla società nell’iter procedurale per godere della agevolazione tributaria. Queste in sintesi gli adempimenti cui è tenuto il fornitore: numerazione progressiva delle dichiarazioni d’intento ricevute, annotazione entro 15 giorni su apposito registro, estremi delle dichiarazioni da riportare sulle fatture emesse, verifica del modello utilizzato per le dichiarazioni di intento secondo le prescrizioni del DM 6.123.1986, trasmissione per via telematica alla agenzia delle Entrate.
Come già detto la contribuente ha rispettato tutte le prescrizioni omettendo quella che ha determinato la irrogazione della sanzione. Questa è prevista dall’articolo 7 comma 3 del DLgs. 471/1997 che così recita: chi effettua operazioni senza addebito d’imposta, in mancanza della dichiarazione d’intento … è punito con la sanzione amministrativa dal cento al duecento per cento dell’imposta, fermo l’obbligo del pagamento del tributo … A parere della Commissione, il mancato invio della dichiarazione d’ intento non può essere equiparato ad assenza della stessa, l’ipotesi prevista dalla norma non ricorre nella fattispecie in esame. La norma risulta violata tutte le volte in cui il fornitore, pur in assenza della dichiarazione dell’esportatore abituale compie operazioni in assenza di IVA. In tal caso l’Ufficio provvede ad irrogare la sanzione ed a richiedere il pagamento del tributo. Che nel caso concreto non è stato richiesto. Il mancato inoltro per via telematica della dichiarazione concretizza un fatto diverso da quello voluto dalla legge, il che rende illegittima la irrogazione della sanzione perché diverso il presupposto impositivo. Né risulta alcun debito di imposta quale effetto della violazione di legge riscontrata, come sostenuto dalla società ricorrente e come previsto dall’art. 6 DLgs. n. 472/1997 comma 5-bis – che dichiara non punibili le violazioni che non arrecano pregiudizio all’azione di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo. Il ricorso deve quindi essere accolto e per l’effetto annullato l’atto di contestazione ed irrogazione sanzioni e poste a carico della parte resistente le spese di giudizio, secondo il principio di soccombenza.
PQM
La Commissione accoglie il ricorso ed annulla il provvedimento di irrogazione di sanzioni impugnato. Condanna la resistente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida equitativamente in € 500,00.
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