COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE ENNA – Sentenza 14 gennaio 2019, n. 8
Tributi – Accertamento – Attività di tabacchi, ricevitoria, bar e servizi simili – Documentazione contabile – Controllo a tavolino
Con ricorso RGR 54/2017 e memoria responsiva, la contribuente (…), esercente attività di “tabacchi, ricevitoria, bar” e servizi simili in (……), rappresentata e difesa come in atti, si opponeva ad avviso di accertamento n.r ____/2016, notificato in data 23/11/2016, con il quale l’Agenzia delle Entrate di Enna, a seguito di controllo ” a tavolino” della documentazione contabile dell’anno 2011, reperita a seguito di invito ____/2015, procedeva al controllo della posizione fiscale della prefata contribuente ed accertava in capo alla stessa, con riferimento all’anno 2011, reddito di impresa di € 77.107,00 a fronte del dichiarato in € 18.416,00 da cui scaturivano maggiori imposte a debito ai fini Irpe/lrap e Iva, a seguito di rettifica di ricavi e volume di affari, oltre sanzioni ed interessi.
La ricorrente ne chiedeva annullamento giudiziale con vittoria di spese e lamentava illegittimità dell’avviso di accertamento in quanto affetto da:
1-3) indebita protrazione della restituzione dei documenti esibiti ed assenza di contraddittorio, specimen per tributi armonizzati UE, in asserita violazione degli articoli 32 c. 1 n.3 d.p.r. 600/73 e 10-12 c. 7 St. Contribuente con conseguente compressione del diritto di difesa da garantire ex art. 24 Costituzione;
2) eccesso di potere per difetto di attività istruttoria in assenza di processo verbale di costatazione ex art. 24 L. 4/29, richiamato dall’art. 70/600 cit. con conseguente vizio di illegittimità derivata;
4) errata rettifica dei ricavi, perché fondata su doppia presunzione circa la quantità equa e perequata di caffè di grammi 7-8 erroneamente ritenuta sufficiente, quale fatto notorio, anziché quella in realtà utilizzata di grammi 9 a tazzina venduta, oltre che sulla percentuale di ricarico del 90% sul costo del venduto, errata perché ricavata con media semplice e non ponderata in violazione degli articoli 39 c. 1 600/73 e 54 dpr 633/72, in elusione dell’onere probatorio richiesto dall’art. 2697cc, ricorrente in fattispecie;
5) difetto di motivazione per apodittica asserzione di condotta antieconomica non supportata dai ricorrenti scenari di mercato e circostanze probatorie dei requisiti di sostegno delle presunzioni assunte. Resisteva in giudizio l’Agenzia delle Entrate, ribadendo, in memorie costitutive e responsive, legittimità e fondatezza del provvedimento adottato, che asseriva adeguatamente motivato nei presupposti di fatto e ragioni di diritto a fondamento delle pretesa impugnata.
Concludeva per il rigetto del ricorso con vittoria di spese.
Fatto
La parte ricorrente in epigrafe indicata, esercente attività di bar ed affini, ha impugnato l’avviso di accertamento pure ivi indicato con cui l’Agenzia delle Entrate procedeva al ricalcolo dei ricavi, eccependo la nullità e l’infondatezza del medesimo ed ha contestato gli addebiti perché l’Amministrazione si era basata solo su “fatti noti” sia per individuare il quantitativo di caffè da usare per una tazzina, i 7-8 grammi, sia per la determinazione del ricarico da applicare agli altri prodotti, senza quindi provare alcunché. L’A.F avrebbe, invece, dovuto provare quanto affermato e non basarsi su nozioni di “comune esperienza” che comportano una deroga al principio delle prove e del contraddittorio.
L’Agenzia delle Entrate di Enna si costituiva, resistendo al ricorso.
Motivi della decisione
Nel merito, il ricorso è fondato e va accolto per i motivi di seguito indicati. Si palesa, infatti, illegittimo l’accertamento di maggiori ricavi fondato sulla quantità, grammata 7-8 gr di miscela caffè, mediamente necessaria per la produzione, erroneamente ritenuta equa e perequata, di una tazzina di caffè posta alla vendita. Orbene, la quantificazione di essa derivante dalla comune esperienza, deve postulare il dovuto riscontro in dati certi, non essendo, di per sé, bastevolmente congrua a fondare la rettifica. Sovviene in tal senso la sentenza n. 10204/2016 della Sezione tributaria della Corte di Cassazione, che ha enucleato il principio secondo cui il ricorso alle nozioni di comune esperienza (fatto notorio ex art. 115 c.p.c.), comportando una deroga al principio dispositivo ed al contraddittorio, va inteso in senso rigoroso, il fatto noto, da cui si parte, deve avere un grado di certezza tale da apparire indubitabile ed incontestabile.
Nel caso di specie, l’Ufficio ha calcolato i maggiori introiti derivanti dalla vendita di caffè, utilizzando, quale riferimento, disposizioni interne focalizzate su metodologie di controllo per bar, tipo Ateco2007 ed altri elementi tratti da siti internet.
L’uso dei fatti notori va circoscritto solo a situazioni limitate e non possono rientrarvi elementi valutativi come la dose di caffè per una tazzina o la percentuale di ricarico. Non si possono reputare tra i fatti noti o di comune esperienza, da intendere come quella di un individuo medio in un dato tempo e in un dato luogo, quegli elementi valutativi che implicano cognizioni particolari o anche soltanto la pratica di determinate situazioni. In pratica il cittadino comune non sa che per una tazza di caffè ci vogliono 7 o 8 grammi di miscela, si palesa, pertanto, insufficiente l’uso del “tazzinometro”, perché non tutti possono sapere quanti grammi servono per un caffè; il quantitativo di caffè necessario per servire la tipica tazzina da bar, cosi come il ricarico medio applicato da quest’ultimo sui prodotti rivenduti, non costituiscono un fatto notorio e, pertanto, l’Amministrazione non può basarsi su di essi per la ricostruzione induttiva dei ricavi, essendo verosimilmente possibili fattori distorsivi, quali l’uso dei caffè utilizzati nella pasticceria annessa al bar o il cattivo funzionamento della macchina che a volte esige dosaggi diversi, etc. In tali fattispecie risulterebbe di pieno supporto all’azione di finanza l’espletamento verbalizzato di contraddittorio endoprodromico all’adozione dell’atto di accertamento, talché le parti possano utilmente concorrere alla chiarificazione della fattispecie proposta.
Ciò posto, in ossequio al suesposto principio della Corte di Cassazione, il ricorso si palesa meritevole di accoglimento.
Le spese di lite vengono compensate, stante l’evoluzione giurisprudenziale sulla questione dedotta in giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso e per l’effetto, annulla l’atto impugnato. Compensa le spese di lite.
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