COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE LA SPEZIA – Sentenza 09 dicembre 2013, n. 227
Contenzioso tributario – Contributo unificato ex art. 13, co. 6-quater del DPR n. 115/2002 (Testo Unico Spese di Giustizia) – Omesso versamento – Invito al pagamento – Ricorso alla commissione tributaria – Ammissibilità – Lesione al diritto all’accesso al servizio giustizia – Non sussiste
Ricorso
G.R., nella qualità di socio e legale rappresentante della s.a. F.D. di G.R. & C., ha proposto ricorso avverso l’impugnato “invito al pagamento” a lui inviato dalla Commissione tributaria provinciale della Spezia, per omesso versamento del contributo unificato di Euro 210,00 previsto ex art. 13 comma 6 quater del DPR 115/2002 (Testo Unico spese di giustizia) in relazione ad altro ricorso tributario dal medesimo proposto e recante il numero 14\13.
Il ricorrente evidenziava “l’incostituzionalità” della normativa applicata per contrasto con alcuni articoli della Costituzione (artt. 3, 24, 53 e 113) e dei principi fissati dalla legislazione sovranazionale, in particolare art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo.
L’ufficio si è costituito in giudizio resistendo alla domanda ed eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso in quanto diretto contro atto non avente le caratteristiche previste ex lege per esse definito impugnabile.
Dopo la trattazione in pubblica udienza, nella quale l’ufficio le arti si sono riportate ai propri scritti versati agli atti, la Commissione ha emesso la presente decisione.
La vicenda oggetto di lite è quindi estremamente semplice, trattandosi di caso in cui, presentato un ricorso davanti alla questa Commissione Tributaria Provinciale, a seguito del mancato pagamento del relativo contributo unificato, l’ufficio ha inviato l’avviso impugnato per recuperare il credito.
Il ricorso è certamente ammissibile, ad avviso della Commissione.
In primo luogo va ricordato – vedi in merito Cass. civ. Sez. V, 22-07-2011, n. 16100 – che in tema di contenzioso tributario, l’elencazione degli “atti impugnabili”, contenuta nell’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, pur dovendosi considerare tassativa, va interpretata in senso estensivo, fino a comprendervi “le notizie” o “note” comunicate dall’Ufficio che, pur non rivestendo l’aspetto formale proprio di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili, portino comunque a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, suscitandone l’interesse (inteso con riferimento all’art. 100 cod. proc. civ.) a chiederne il controllo di legittimità in sede giurisdizionale.
Ancora più specificamente, di recente – vedi Cassazione civile , sez. lavoro, sentenza 30.10.2012 n° 18642 – è stato ricordato come dovessero ritenersi impugnabili davanti al giudice tributario “gli avvisi bonari con cui l’Amministrazione chiede il pagamento di un tributo in quanto essi, pur non rientrando nel novero degli atti elencati nell’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e non essendo perciò, in grado di comportare, ove non contestati, la cristallizzazione del credito in essi indicato, esplicitano comunque le ragioni fattuali e giuridiche di una ben determinata pretesa tributaria, ingenerando così nel contribuente l’interesse a chiarire subito la sua posizione con una pronuncia dagli effetti non più modificabili. Il giudice investito dell’impugnazione non può però, annullarli ritenendo che i predetti debbano avere gli stessi requisiti di quelli indicati nell’art. 19 cit. ed in particolare che in essi debba essere contenuta l’indicazione, prevista nel comma 2 dello stesso art. 19, del termine entro il quale il ricorso deve essere proposto, della commissione tributaria competente e delle forme e dei termini per proporre ricorso, essendo tali requisiti, previsti, peraltro neppure a pena di nullità, soltanto per gli atti tipici. (Cass. civ., Sez. V, 18/05/2011, n. 10987; Cass. ord. n. 8033/2011, Cass. N. 14373/2011; Cass. S.U n. 12244/2009).
Ne consegue, che l’avviso recapitato alla parte ricorrente contenente un invito-sollecito di pagamento relativamente ad un obbligazione tributaria rimasta insoluta – dato questo incontestato tra le parti – ben poteva essere impugnato.
E che si tratti di atto avente natura tributaria è indiscusso (Vedi Cassazione, Sezioni Unite, sentenza num. 9840X2011) di II ricorso avverso una cartella esattoriale con cui l’Amministrazione chiede il pagamento del contributo unificato per atti giudiziari va presentato al giudice tributario, avendo tale contributo natura di entrata tributaria (Cassa e dichiara giurisdizione, Trib. Milano, 14/01/2010).
L’orientamento qui espresso dalla Commissione trova ulteriore riscontro nella giurisprudenza di merito (vedi Commissione Tributaria Provinciale di Bergamo Sez. I, 2003-2013, n. 81 e di Massa Carrara Sez. I, 12-06-2012,n. 239).
Entrando nel merito dei motivi dell’odierna impugnazione, deve ritenersi non sussistano le lamentate violazioni delle norme e principi di rango costituzionale come invocato dal ricorrente.
Non ricorre infatti alcuna lesione al diritto all’accesso al servizio giustizia ed al diritto di difesa, atteso che in caso di redditi insufficienti, il sistema appronta con legge strumenti idonei ad assicurare il diritto (vedi le norme in tema di ammissione al gratuito patrocinio – art. 76 DPR 115/2002) Giova peraltro ricordare come l’eventuale mancato pagamento del contributo unificato non determini alcun ostacolo alla pronuncia giurisdizionale, importando unicamente che si provveda alla sua regolarizzazione sul piano squisitamente fiscale.
In comprensibile quindi risulta il richiamo a pretese – insussistenti – violazioni del disposto di cui all’art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, atteso che la normativa applicata non determina alcuna restrizione, condizionamento o impedimento al “diritto di accesso alla giustizia”.
Le spese di causa – in base agli art. 91 e segg. C.p.c. – devono essere regolate secondo il principio della soccombenza, non sussistendo giusti motivi o altre ragioni per operare compensazioni.
Vanno quindi liquidate a favore della parte vittoriosa e quindi poste interamente a carico della ricorrente che pertanto sarà tenuta a rimborsarle alla controparte nella misura che si liquida come da dispositivo.
P.Q.M.
RESPINGE il ricorso;
CONDANNA la ricorrente a rimborsare all’ufficio le spese di lite che si liquidano in complessivi Euro 250,00.
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