COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE MODENA – Sentenza 07 ottobre 2013, n. 381
IRAP – Istanza di rimborso – Promotore finanziario con utilizzo solo occasionale di lavoro altrui
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato nella segreteria della Commissione Tributaria Provinciale di Modena in data -13.3.12 -il/la sig. (…), premesso che: aveva chiesto con istanza presentata il 18 marzo 2011 all’Agenzia delle Entrate il rimborso dell’IRAP versata per gli anni – 2006- 2007, 2008, 2009, 2010 e 2011 in relazione ai redditi di promotore finanziario; che l’Ufficio non aveva dato risposta; che l’attività era svolta senza rilevante impiego di capitali, con utilizzo solo occasionale di lavoro altrui, con sede nella propria residenza principale; che la giurisprudenza aveva riconosciuto in casi analoghi il difetto di “autonoma organizzazione tutto ciò premesso, chiedeva il rimborso di quanto versato, pari ad euro 101 mila 562,86 oltre agli interessi; chiedeva inoltre la condanna dell’Ufficio alle spese.
L’Agenzia delle Entrate si costituiva deducendo la inammissibilità / infondatezza del ricorso posto che il reddito dichiarato doveva ritenersi soggetto all’IRAP trattandosi di attività svolta con “autonoma organizzazione”. Eccepiva preliminarmente l’inammissibilità della richiesta di rimborso dei versamenti effettuati per le annualità comprese tra il 2005 e il 2011 in data anteriore al 18 marzo 2007 in quanto presentata oltre il termine di 48 mesi di cui all’art. 38 DPR 602/73. Evidenziava in particolare che, nella somma complessiva di euro 101 mila 563 chiesta a rimborso, erano comprese le somme versate nel 2006 per l’annualità d’imposta 2005 della quale non era mai stato chiesto il rimborso; che la somma dei versamenti effettuati anteriormente al 18 marzo 2007 ammontava ad euro 16.656,89; che il ricorrente non aveva versato, per l’annualità 2011, alcuna somma atteso che il versamento del 24 gennaio 2011 -pari ad euro 24.684,85- si riferiva ai periodi di imposta 2006-2007 e 2008 ed era stato versato a seguito di tre distinti provvedimenti emessi dall’Ufficio a seguito di avvisi di accertamento definiti dalla parte ai sensi dell’articolo 15 decreto legislativo numero 218 del 1997; se il contribuente avesse ritenuto indebite tali somme avrebbe dovuto impugnare detti provvedimenti e non prestarvi acquiescenza cristallizzando gli importi indicati e la debenza del tributo per gli anni 2006, 2007 e 2008.
L’Agenzia evidenziava infine che, nel caso di specie, l’attività di promotore finanziario doveva essere ritenuta soggetta all’imposta atteso che esisteva un’impresa familiare, di per sé indice di attività svolte in maniera organizzata; il ricorrente esercitava l’attività in uno studio attrezzato con cospicua incidenza di costi per servizi vari resi da terzi e costante utilizzo di beni strumentali proporzionalmente rilevanti, tra cui tre autovetture, idonee ad incidere quantitativamente e qualitativamente sull’attività svolta; che la CTP di Modena, con sentenze del giugno 2003 e marzo 2007 (non impugnate), aveva già rigettato analoghi ricorsi per annualità d’imposta anteriori al 2005.
Concludeva per l’inammissibilità e rigetto del ricorso con condanna alle spese e al risarcimento -ai sensi articolo 96 cpc- della somma di euro 10.000 per lite temeraria.
All’udienza del 20.11.12- il ricorso veniva discusso in pubblica udienza e la Commissione si riservava la decisione.
Motivi della decisione
Rileva la Commissione che il ricorrente ha chiesto il rimborso di versamenti di imposta Irap per un importo complessivo di euro 101 mila 562,86 evidenziando che i versamenti erano intervenuti dal gennaio 2006 al gennaio 2011 come da documentazione allegata, con riferimento alle annualità d’imposta dal 2006 al 2011. Ha evidenziato che si era formato il silenzio rifiuto dell’amministrazione finanziaria a fronte della istanza motivata di rimborso presentata il 18 marzo 2011 ai sensi articolo 38 del d.p.r. numero 602 del 1973; che l’attività era svolta in assenza di autonoma organizzazione, in un ufficio della propria abitazione, con beni strumentali costituiti da un’auto, un personal computer, un cellulare e il normale arredamento di ufficio; che l’attività di promotore finanziario veniva svolta in prima persona e che eventuali dipendenti o collaboratori non potevano neppure fornire materiale informativo ai clienti e fornivano pertanto un apporto trascurabile; che l’attività veniva svolta senza dipendenti.
E’ fondata l’eccezione rilevata dall’Agenzia secondo la quale la somma di euro 101 mila 563 comprende anche importi riferiti all’anno d’imposta 2005, annualità per la quale il ricorrente non ha mai chiesto il rimborso ( totale euro 1.003,00).
E’ parimenti fondata l’eccezione di tardività sollevata dall’Agenzia in relazione ai versamenti effettuati in epoca anteriore al 18 marzo 2007 e pari a complessivi euro 16.656,89: per essi l’istanza è stata presentata oltre il termine di 48 mesi di cui all’art. 38 DPR 602/73.
Il ricorrente ha inoltre chiesto il rimborso delle somme versate per l’annualità d’imposta 2011: dagli atti risulta che non sono stati eseguiti versamenti Irap per detta annualità e i tre versamenti del 24 gennaio 2011 (per complessivi euro 24.684,85) sono relativi al pagamento di tre provvedimenti emessi dall’Agenzia a seguito degli avvisi di accertamento THH019N00082/2011 – THH019N00107/2011- THH019N00113/2011 definiti dalla parte ai sensi articolo 15 del decreto legislativo numero 218/1997; il ricorrente, anziché impugnare i predetti avvisi di accertamento, emessi per gli anni di imposta 2006, 2007 e 2008, vi aveva pertanto prestato acquiescenza: la domanda di rimborso delle predette somme è pertanto parimenti inammissibile.
Per i restanti versamenti è noto l’orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte, cui la Commissione aderisce, secondo il quale: In tema di IRAP, a norma del combinato disposto degli artt. 2, comma 1, primo periodo e 3, comma 1, lett. c), del dlgs. 15 dicembre 1997, n. 446, l’esercizio dell’attività di agente di commercio di cui all’art.1, legge 9 maggio 1985, n. 204 è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo “l’id quod plerumque accidit”, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza dell’organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell’assenza delle predette condizioni…” (Sez. U, Sentenza n. 12108 del 26/05/2009 -Rv. 608232-)
Dalla lettura del ricorso e dalla documentazione allegata (nonché da quella prodotta dall’Agenzia in sede di controdeduzioni) risulta che il ricorrente esercitava l’attività di – promotore finanziario e che poteva avvalersi di una struttura adeguata, anche per gli strumenti utilizzati, al livello dell’attività professionale svolta e idonea a potenziarne i risultati; l’esistenza di costi e di una struttura, la disponibilità di collaboratori e la e gestione di un’organizzazione autonoma di mezzi idonei evidenziano la presenza di un apparato stabile ed in grado di potenziare l’attività intellettuale del professionista.
Sussiste infatti un’impresa familiare, di per sé indice di attività svolta in maniera organizzata; il ricorrente esercitava l’attività in uno studio attrezzato con cospicua incidenza di costi per servizi vari (resi anche da terzi) e costante utilizzo di beni strumentali proporzionalmente rilevanti, tra cui tre autovetture, idonee ad incidere quantitativamente e qualitativamente sull’attività svolta. Il reddito d’impresa dichiarato ammontava ad oltre 351 mila euro nel 2007, oltre 239 mila nel 2008, oltre 521 mila euro nel 2009 ed oltre 546 mila nel 2010; il personale addetto all’attività d’impresa era in numero di due per le prime tre annualità e in numero di uno per il 2010; la quota di reddito imputata ai collaboratori dell’impresa familiare ammontava rispettivamente ad oltre euro 172.000, 117.000, 234.000 e 218.000 nelle quattro annualità; il valore dei beni strumentali ammontava ad oltre 83 mila euro nel 2007, oltre 83 mila nel 2008, oltre 85 mila nel 2009 ed oltre 75 mila nel 2010; sono stati sostenuti altri costi per servizi per oltre € 285.000 nel 2007, 200.000 nel 2008, 5.000 nel 2009 e 16.000 nel 2010; i costi sostenuti per il godimento di beni di terzi ammontavano ad oltre € 20.000 nel 2007, 14.000 nel 2008, 12.000 nel 2009, e 13 mila nel 2010.
Deve pertanto escludersi che sia stato accertato “in concreto” che l’attività non fosse autonomamente organizzata, che il ricorrente non fosse il responsabile dell’organizzazione, e non impiegasse beni strumentali non eccedenti, secondo “l’id quod plerumque accidit” il minimo indispensabile per l’esercizio di tale attività.
La conclusione è consequenziale.
Alla soccombenza del ricorrente segue la condanna al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.
Ritiene la Commissione fondata anche la richiesta di condanna al risarcimento dei danni per lite temeraria: è già stato evidenziato che analoghi ricorsi per precedenti annualità erano stati respinti con sentenze di questa CTP numero 88/06/2003 e 156/03/2007 avverso le quali non era stata proposta impugnazione; il ricorrente ha chiesto il rimborso della somma complessiva di euro 101 mila 563,86 à suo dire venata a titolo di Irap per le annualità dal 2006 al 2011 mentre risulta dagli atti che parte di detta somma si riferisce all’annualità d’imposta 2005 per la quale non è mai stata presentata istanza di rimborso; ha chiesto il rimborso per l’Irap versata per l’annualità d’imposta 2011 mentre non era stata versata alcuna somma a tale titolo atteso che i tre versamenti del 24 gennaio 2011 si riferiscono alla definizione di avvisi di accertamento non impugnati e relativi alle annualità d’imposta 2006, 2007 e 2008.
Sussistono pertanto i presupposti di cui all’articolo 96 cpc avendo il ricorrente soccombente agito in giudizio quanto meno per colpa grave. Il danno cagionato dall’Agenzia deve essere liquidato -in via equitativa- nella somma ritenuta congrua, tenuto conto del valore della lite e dell’attività difensiva esercitata, di euro 5.000.
P.Q.M.
Visti gli artt. 46 dlgs 31.12.92 n. 546 e succ. modif., 96 cpc
1. Dichiara inammissibile il ricorso di cui alle premesse per l’annualità d’imposta 2005, nonché per i versamenti a titolo di acconto e saldo Irap effettuati in epoca anteriore al 18 marzo 2007 (e pari ad euro 16.656,89);
2. dichiara inammissibile il ricorso per la somma di euro 24.684,85 di cui ai versamenti eseguiti il 24 gennaio 2011;
3. dichiara infondato il ricorso per i restanti versamenti.
4. condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore dell’Agenzia delle Entrate e liquidate in complessivi 2.500,00 oltre accessorie come per legge.
5. condanna il ricorrente al risarcimento dei danni cagionati dal ricorso in favore dell’Agenzia delle Entrate e liquidati in complessivi euro 5.000,00 oltre accessorie come per legge.
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