COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE RAVENNA – Ordinanza 12 luglio 2013
Contenzioso tributario – Controversie di valore non superiore a ventimila euro, relative ad atti emessi dall’Agenzia delle entrate – Obbligo di presentare preliminarmente reclamo ed eventuale proposta di mediazione ad organo della stessa Amministrazione – Previsione a pena di inammissibilità del ricorso, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio – Previsione altresì che, decorsi novanta giorni senza che sia stato notificato l’accoglimento del reclamo o che si sia conclusa la mediazione, il reclamo produce gli effetti del ricorso e che da tale data decorrono i termini di costituzione in giudizio del ricorrente – Denunciata esclusione dell’accesso alla tutela giurisdizionale per tutto il periodo di tempo occorrente per l’obbligatorio esperimento del reclamo – Carattere di fatto obbligatorio della mediazione e assenza di terzietà del mediatore rispetto alle parti – Incongruenza tra i termini previsti per il reclamo e quelli in cui l’avviso di accertamento diventa titolo esecutivo – Impossibilità di avvalersi della sospensione in via cautelare dell’atto impugnato – Disparità di trattamento fra tributi, a seconda che provengano dall’Agenzia delle entrate o da altri enti impositori – Irragionevole limitazione dell’obbligo di mediazione ai soli debiti fiscali di importo non superiore a ventimila euro. – Decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, art. 17-bis, introdotto dall’art. 39, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 – Costituzione, artt. 3, 24 e 25
Con ricorso in data 7 gennaio 2013 la Società H.F. S.a.s. di M. A. & C. e la stessa A. M., quale socia accomandataria, proposero opposizione, la prima all’avviso di accertamento n. HQ023C00784 per l’anno di imposta 2007, dell’importo di €_1.649,00 a titolo di IRAP, di € 3.878,00 a titolo di IVA ed € 5.817,00 a titolo di sanzione, e la seconda all’avviso di accertamento numero THQ013200830 per l’anno di imposta 2007, dell’importo di € 1.667,00 a titolo di IRPEF, di € 54,00 a titolo di addizionale regionale IRPEF, di € 15,00 a titolo di addizionale comunale IRPEF, e di € 1.736,00 a titolo di sanzione. Si costituì l’Amministrazione con controdeduzioni del 13 febbraio 2013, chiedendo il rigetto dei ricorsi. Va, preliminarmente, esaminata la questione di legittimità costituzionale sollevata con memoria depositata il 6 giugno 2013 con riferimento all’art. 17-bis d.lgs. n. 546 del 1992 così come introdotto dal d.l. n. 98 del 6 luglio 2011 conv. con legge n. 111 del 15 luglio 2011, nella parte in cui esclude l’accesso alla tutela cautelare giurisdizionale per tutto il periodo di tempo occorrente per l’obbligatorio esperimento del reclamo. Ciò in contrasto con quanto disposto dagli artt. 3, 24, 11, 113 della Cost. Ritiene questa Commissione che la norma presenti profili di illegittimità costituzionale che si riflettono direttamente sull’esito del ricorso in esame. La questione, pertanto, è rilevante. Ai fini della sua non manifesta infondatezza, deve osservarsi che gli istituti del reclamo e della mediazione, in materia tributaria, sono stati introdotti dal d.l. n. 98 del 6 luglio 2011, convertito con legge n. 111 del 15 luglio 2011.
In particolare il reclamo, a giudizio di questa Commissione, viola i principi costituzionali sanciti dagli artt. 3, 24 e 25 della Carta costituzionale.
La norma dell’art. 17-bis d.lgs. n. 546 del 1992, in vigore dal 6 luglio 2011 prevede che, per le controversie di valore non superiore a ventimila euro, relative ad atti emessi dall’Agenzia delle entrate, chi intenda proporre ricorso è tenuto, preliminarmente, a presentare reclamo e che la sua proposizione è condizione di ammissibilità del ricorso.
L’inammissibilità è rilevabile in ogni stato e grado del giudizio.
L’obbligatorietà della proposizione del reclamo impedisce al contribuente di adire immediatamente il giudice tributario chiedendo ed ottenendo eventuale tutela.
Il reclamo è esaminato da un organo dell’Amministrazione che, seppure diverso ed autonomo rispetto a quello che ha emanato l’atto reclamabile, è sempre parte organica della Amministrazione stessa. A questo organo è demandato di accettare o meno il reclamo e la eventuale richiesta di mediazione e di effettuare, a sua volta, una nuova proposta di mediazione. Appare seriamente controvertibile l’uso che il Legislatore ha fatto dell’istituto della mediazione.
Infatti il diritto dell’Unione richiamato dal Giudice delle Leggi con la sentenza n. 272 del 2012, fermo il favor dimostrato nei confronti dell’istituto, disciplina le modalità con le quali il procedimento può essere strutturato («può essere avviato dalle parti, suggerito od ordinato da un organo giurisdizionale o prescritto dal diritto di uno Stato membro», ai sensi dell’art. 3, lettera a, della direttiva 2008/52/CE del 21 maggio 2008). L’Organo della mediazione deve, quindi, essere, in primis estraneo alle parti; il che vuol dire che non può essere mediatore una delle parti, anche se costituito in ufficio autonomo. Inoltre, non può non rilevarsi che la mediazione, sia richiesta dal contribuente, sia se proposta dall’Amministrazione, di fatto, sia obbligatoria e come tale, in materia civile, già dichiarata incostituzionale, anche se per diversa ragione (eccesso di delega) dalla Corte costituzionale (Corte cost. n. 272 del 2012).
Deve, ulteriormente, sottolinearsi che la norma impugnata prevede che, decorsi 90 giorni senza che sia notificato l’accoglimento del reclamo o senza che sia conclusa la mediazione, il reclamo produce gli effetti del ricorso, e che i termini di cui all’art. 23 d.lgs. n. 546/92 (costituzione in giudizio del ricorrente) decorrono dalla predetta data. Fino a quel momento il contribuente non può proporre ricorso alla competente Commissione Tributaria; ciò con gravi conseguenze, che ricadono sulla efficacia della stessa tutela giurisdizionale.
Ai sensi dell’art. 23 comma 30 d.l. 6 luglio 2011 convertito con modificazioni dalla legge n. 111 del 2011, l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate diviene titolo esecutivo decorsi sessanta giorni senza che si sia provveduto al pagamento. Più precisamente la norma prevede il pagamento, in caso di tempestiva proposizione del ricorso ed a titolo provvisorio, degli importi stabiliti dall’art. 15 del D.P.R. 29 settembre 1972 n. 602. Non può non rilevarsi la incongruenza tra i termini previsti per il reclamo e la mediazione, e l’immediata esecuzione dell’avviso di accertamento. In sostanza, il contribuente non può proporre un ricorso tempestivo – ricorso che è integrato non solo dalla sua presentazione all’Ufficio impositore, ma anche con il deposito della copia presso la Commissione Tributaria – perché deve attendere l’esito del suo reclamo o della mediazione, ma, nel frattempo, è tenuto al pagamento perché l’avviso di accertamento è esecutivo. Ed il contribuente non può avvalersi neppure dell’istituto della sospensione dell’atto previsto dall’art. 47 d.lgs. n. 546/92, perché non ha potuto depositare il proprio ricorso presso la Commissione; ricorso che, comunque, sarebbe dichiarato inammissibile perché non preceduto dalla procedura in oggetto, in ossequio al disposto della norma impugnata.
Ancora, altro profilo di sospetta incostituzionalità – per violazione dell’art. 3 Cost. – della Carta, è prospettato in relazione all’applicabilità dell’istituto soltanto ai tributi imposti dalla Agenzia delle Entrate e non ad altri tributi provenienti da altri Enti impositori; con la conseguenza di una maggiore tutela dei contribuenti soggetti a tale ultima tipologia di tributi.
Da ultimo, la limitazione di applicazione della norma alle sole controversie che abbiano un valore non superiore ad euro ventimila non pare ragionevole.
E ciò perché consente una disparità di trattamento, consentendo una più sollecita e proficua tutela giurisdizionale, anche di natura cautelare, a soggetti che potrebbero essere debitori dello Stato di importi di gran lunga superiori a quel limite imposto dalla norma dell’art. 17-bis.
P.Q.M.
Visti gli artt. 134 Cost. e 23 legge 11 marzo 1953 n. 87; Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 17-bis del d.lgs. n. 546 del 1992 così come introdotto dal d.l. n. 98 del 6 luglio 2011 conv. Con legge n. 111 del 15 luglio 2011, per violazione degli artt. 3, 24 e 25 Cost.
Sospende il giudizio e dispone l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ordina che, a cura della Segreteria, la presente ordinanza venga notificata alle parti del processo, al Presidente del Consiglio dei ministri, nonché comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
—
Provvedimento pubblicato nella G.U. del 18 dicembre 2013, n. 51
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