COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE ROMA – Sentenza 24 settembre 2018, n. 16264
Tributi – Contenzioso tributario – Atti impugnabili – Avviso bonario – Sussiste. – Omesso versamento IRAP – Cause di forza maggiore – Temporanea mancanza di liquidità – Prova di buona fede – Disapplicazione sanzioni
Motivazione
1. (…) s.r.l. ha impugnato l’avviso bonario n. (…), ricevuto in data 23.5.2017, con il quale, a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione effettuato ai sensi dell’art. 36-bis D.P.R. n. 600/73, rilevato per l’anno 2015 l’omesso versamento di IRAP per complessivi euro 27.692,00, veniva chiesto il pagamento della sanzione per euro 2.769,20 e degli interessi per euro 684,64 (per un totale complessivo di euro 31.990,34).
Circoscritta l’impugnazione a sanzioni e interessi, avendo già provveduto a rateizzare l’imposta (versando la prima rata), e premessa l’impugnabilità dell’atto in questione, la contribuente adduce una causa di forza maggiore che la esonererebbe dal pagamento delle sanzioni ai sensi dell’art. 6, comma 5, D.Lgs. n. 472/97.
Espone, in particolare, la ricorrente società, operante nel settore delle manutenzioni tecnologiche prevalentemente a Roma con contratti stipulati con la P.A., che, negli ultimi cinque anni, aveva subito sostanziali perdite di fatturato dovute, da un lato, alla contrazione del mercato e, dall’altro, ad elementi esterni quali: il fallimento di due società con cui si tenevano rapporti commerciali, un concordato e diversi accordi con piano di rientro disatteso, e, soprattutto, ritardi nei pagamenti da parte delle Pubbliche Amministrazioni.
A causa di questi fattori, la società si era trovata in crisi di liquidità cui aveva fatto fronte con molteplici iniziative: in primis, privilegiando il pagamento degli stipendi dei 90 dipendenti; poi, ricorrendo, a finanziamenti presso banche con debiti superiori ai 2 milioni di euro).
Nonostante tale crisi, la ricorrente non si era sottratta al pagamento delle imposte e, infatti, non aveva subito alcuna iscrizione a ruolo, avendo proceduto a rateizzare gli avvisi bonari e pagando anche sanzioni ed interessi.
Si ravvisavano, quindi, nella specie, gli estremi della causa di forza maggiore di cui all’art. 6, comma 5, decreto citato.
2. Nella sua memoria di costituzione, l’Agenzia delle Entrate chiede dichiararsi inammissibile il ricorso, perché proposto contro atto non impugnabile.
3. In esito all’odierna udienza pubblica, il Collegio ritiene che il ricorso debba essere accolto, in quanto fondato.
3.1. In primo luogo, va affermata e ribadita l’impugnabilità dell’avviso bonario.
Come statuito dalla Suprema Corte, occorre ricordare che, in tema di contenzioso tributario, l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nell’art. 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992 ha natura tassativa, ma, in ragione dei principi costituzionali di tutela del contribuente e di buon andamento della P.A., ogni atto adottato dall’ente impositore che porti a conoscenza del contribuente una specifica pretesa tributaria, con esplicitazione delle concrete ragioni fattuali e giuridiche, è impugnabile davanti al giudice tributario, senza necessità che si manifesti in forma autoritativa, sicché è immediatamente impugnabile dal contribuente anche la comunicazione d’irregolarità, ex art. 36-bis, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973 (cd. avviso bonario: Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 15957 del 28/7/2015, (…) Ag. Entrate, Rv. 636113 – 01; Sez. 6-5, Ordinanza n. 3315 del 19/2/2016, (…) s.r.l. c. Ag. Entrate, Rv. 638796 – 01).
3.2. Venendo al merito, va rammentato che, in materia tributaria e fiscale, la nozione di forza maggiore richiede la sussistenza di un elemento oggettivo, relativo alle circostanze anormali ed estranee all’operatore, e di un elemento soggettivo, costituito dall’obbligo dell’interessato di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi, dovendo la sussistenza di tali elementi essere oggetto di idonea indagine da parte del giudice, sicché non ricorre in via automatica l’esimente in esame, ad esempio, nel caso di mancato pagamento dovuto alla temporanea mancanza di liquidità (Sez. 5, ordinanza n. 22153 del 22/9/2017, A. contro D., Rv. 645636 – 01; Sez. 6-5, ordinanza n. 3049 dell’8/2/2018, A. contro E., Rv. 647110-01).
Ciò posto, nel caso in esame, si ritiene che la ponderosa documentazione offerta in produzione dalla ricorrente (relativa: ai fallimenti (…) e (…) al concordato (…), al piano di rientro (…), al contratto stipulato con il Ministero dell’ (…) n. (…) del 27.12.2012, ai solleciti inviati alla ASL di (…), alla richiesta di contratti di solidarietà, al bilancio 2015, all’atto di mutuo, al finanziamento chiesto al Banco di (…) ai finanziamenti soci del 2015, all’elenco del dipendenti etc.) consenta di ritenere integrati gli elementi oggettivo e soggettivo giustificanti il caso di forza maggiore come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità, essendo stato possibile individuare le plurime e concomitanti circostanze estranee all’operatore e la messa in opera, da parte di costui, di misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi.
D’altro canto, la buona fede della (…) discende dal fatto che essa non si è mai sottratta al versamento dell’imposta, buona fede che neppure la resistente contesta, come non contesta la prospettata forza maggiore.
Per la peculiarità della vicenda, si ritiene equo addivenire alla compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato limitatamente a sanzioni e interessi.
Dispone la compensazione delle spese di lite tra le parti.
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