COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE ABBRUZZO – Sentenza 15 febbraio 2018, n. 169
Tributi – Imposte sui redditi ed IVA – Omesso versamento di imposte dichiarate – Prescrizione dei crediti erariali – Termine decennale ordinario ex art. 2947 c.c.
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 35 emessa in data 14-12-2016, la Commissione Tributaria Provinciale di L’Aquila respingeva il ricorso proposto da M.A. nei confronti dell’Agenzia delle Entrate di l’Aquila e della Equitalia servizi di riscossione, avverso i quattro atti di intimazione di pagamento in epigrafe indicati, relativi al recupero di imposte IRPEF e IVA, dichiarate dal contribuente nelle denunce ma non versate, respingendo i motivi di ricorso secondo cui non sarebbero stati notificati gli atti presupposti e che si sarebbe verificata la prescrizione dei crediti erariali.
Il contribuente proponeva appello proponendo i due motivi di gravame che verranno in seguito esaminati.
Sia la Equitalia, sia L’Agenzia delle Entrate di L’Aquila si costituivano nel giudizio d’appello riportandosi alle motivazioni giuridiche già esposte e concludendo per il rigetto dell’appello.
Così instauratosi il contraddittorio tra le parti, la controversia è stata decisa nel corso dell’udienza del giorno 18-1-2018.
Motivi della decisione
Osserva la Commissione che l’appello è del tutto infondato per cui deve essere respinto, con conseguente conferma dell’impugnata sentenza.
A tal riguardo premette la Commissione che per esigenze d’ordine logico e sistematico è necessario esaminare il secondo motivo di gravame con cui l’appellante ha censurato la decisione nel rilievo che i primi giudici avrebbero ritenuto che nella fattispecie non si sarebbe verificata la prescrizione del credito nell’erroneo presupposto che dovesse trovare applicazione il termine ordinario decennale di cui all’art. 2946, mentre secondo il motivo d’impugnazione avrebbe dovuto trovare applicazione la prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948, n. 4, cod. civ., richiamando a tal fine l’autorevole precedente giurisprudenziale di cui alla sentenza a sezioni unite della Cassazione n. 23397 del 17-11-2016.
La tesi dell’appellante soffre però di un’erronea lettura di tale sentenza che non ha certo ritenuto l’applicabilità a tutti i crediti di natura fiscale – tributaria della prescrizione breve quinquennale, avendo al contrario ritenuto, dopo aver premesso che il termine decennale di cui all’ “actio judicati” deriva solo dal passaggio in giudicato di un provvedimento giurisdizionale e non anche a seguito di definitività di un atto amministrativo d’imposizione, che in quest’ultimo caso rimane immutata la situazione giuridica di partenza, nel senso che per verificare quale sia il termine di prescrizione è necessario esaminare il tipo di credito azionato.
Nella fattispecie vertendosi in ipotesi di pagamento di tributi IRPEF e IVA, il termine era (e rimane) quello decennale ordinario di cui all’art. 2947 c.c., dal momento che nessuna disposizione derogatoria si rinviene nel diritto positivo e non potendo farsi riferimento al disposto di cui al n. 4 dell’art. 2948 c.c., ipotesi questa relativa ai casi di pagamenti da effettuarsi con frequenza annuale, ovvero le prestazioni periodiche mentre nella fattispecie l’imposizione di ogni anno è autonoma (cfr. cass. n. 5897 del 8/3/2017; cass. n. 2010 del 23-2-2010).
Ed invero è stato autorevolmente chiarito che “la prestazione tributaria, stante l’autonomia dei singoli periodi di imposta e della relative obbligazioni, non può considerarsi una prestazione periodica, derivando il credito, anno per anno, da una nuova ed autonoma valutazione riguardo alla sussistenza dei presupposti impositivi (v. Cass. n. 2941 del 2007).
Così risolto tale motivo d’appello, diviene irrilevante l’esame del primo motivo, con cui si è eccepita l’erroneità della decisione dei primi giudici che hanno ritenuto l’ammissione del debito da parte del contribuente per aver precedentemente presentato una richiesta di rateizzazione, poiché, anche a voler dato per ammesso, in ipotesi di diritto, che tale richiesta non costituisca ammissione, nondimeno rimane incontestato che il diritto dell’Amministrazione dipende dalla definitività degli avvisi di accertamento (su tale punto non è stato proposto alcun motivo d’impugnazione) e, come sopra esposto, il termine prescrizionale decennale non è ancora decorso.
Le spese del giudizio d’appello devono seguire la soccombenza e vanno liquidate, sia per l’Agenzia delle Entrate sia per Equitalia, come da dispositivo.
P.Q.M.
Respinge l’appello confermando l’impugnata sentenza.
Condanna l’appellante a rimborsare agli appellati le spese del presente giudizio che liquida in € 1.700,00 per ciascuna posizione.
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