COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE ABBRUZZO – Sentenza 30 gennaio 2018, n. 81
Tributi – Contenzioso tributario – Cancellazione volontaria dal registro delle imprese di una società – Estinzione della società – Delegittimazione ad agire o essere convenuta in giudizio – Omesso pagamento delle imposte – Responsabilità solidale del liquidatore od amministratore o dei soci – Esclusione
Svolgimento del processo
Con atto di appello l’Amministrazione Finanziaria, nello specifico l’Agenzia delle Entrate di Pescara, impugna la decisione della Commissione Tributaria Provinciale di Pescara Sez. I^ n. 1028 del 22/12/2015, che aveva accolto il ricorso, compensando tra le parti le spese di giudizio.
Nell’atto di gravame l’Ufficio, evidenzia che i primi giudici non sono entrati nel merito ma si sono soffermati ad analizzare la responsabilità del liquidatore Sig. (…) socio della società con una quota di partecipazione pari al 95 % delle quote sociali.
L’intenzione del legislatore (art. 4 D.Lvo 6 del 17.01.2003) non era quello di riservare un trattamento sfavorevole ai creditori sociali. Nel nuovo contesto i rapporti passivi non vengono meno per effetto della cancellazione, sul punto cfr. Cass. 6070, 6071 e 6072 chiarisce che l’estinzione dell’ente non può comportare anche l’estinzione dei diritti dei terzi.
A far data dal 01.01.2004 la cancellazione delle società dal registro delle imprese ha effetto costitutivo e può intervenire anche in pendenza di rapporti in essere. In precedenza l’estinzione presupponeva l’esaurimento necessario di tutti i rapporti giuridici esistenti e l’eventuale emersione di un debito della società cancellata aveva l’effetto di ridare vita al soggetto giuridico non più esistente.
Ora con la nuova normativa i rapporti passivi non vengono meno per effetto della cancellazione, vigendo il principio della autotassazione la semplice cancellazione della società registro delle imprese non può e non deve costituire uno scudo per sottrarsi al pagamento delle imposte. Comunque le norme chiave ex art. 2495 c.c. e l’art. 36 DPR 602/73 si collocano anche nel contesto della nuova normativa. L’art. 36 DPR 602/73 non è stato abrogato dalle modifiche apportate all’art. 2495 c.c. le due disposizioni continuano ad essere applicabili.
L’avviso accertamento ha ben evidenziato la strana fattispecie per la quale sono scomparse le poste attive di bilancio, ossia le immobilizzazioni materiali nette, le rimanenze, i crediti e le disponibilità liquide. A nulla vale poi la circostanza della contestazione avvenuta tre anni dopo la cancellazione della società dal registro delle imprese.
I primi Giudici hanno dato un taglio esclusivamente civilistico alla sentenza richiamando gli artt. 1176 e 1218 c.c., atteso che seppur la società era una srl le quote societarie erano possedute per il 95% dal socio (…) ed il 5% dal figlio (…) pertanto può essere individuata come ditta individuale.
A dimostrazione della “sportiva” gestione tenuta dalla società appellata viene in soccorso l’esibizione dei registri IVA acquisti della ditta destinataria delle fatture emesse che in genere non avviene.
Il primo Collegio nell’accogliere il ricorso della società sono caduti in una evidente contraddizione motivazionale.
Conclude l’Amministrazione Finanziaria chiedendo l’accoglimento dell’appello con conseguente riforma della sentenza impugnata, con condanna alle spese.
Con controdeduzioni il socio della soc. (…) Srl srl in liquidazione osserva la non legittimità della notifica dell’avviso di accertamento, non sussistendo una responsabilità solidale.
Così pure in forza dell’art. 2495 C.C. e Art. 36 del DPR 600/73, non sussiste una responsabilità del liquidatore e dell’Amministratore della società nel pagamento delle imposte a carico di una Spa.
I soci non hanno riscosso alcuna somma a titolo di restituzione di capitale sociale, né tanto meno per la distribuzione di utili.
La società è stata estinta il 24.09.2010, la verifica è iniziata in data 08.04.2013, il PVC è del 24.05.2013 e l’avviso di accertamento è stato notificato il 13.11.2013, così che non ricorrono i presupposti di cui all’art. 36 DPR 602/73.
Osserva l’appellato la irretroattività dell’art. 28 del D.L.vo 175/14 i vigore dal 13.12.2014, sul punto vengono richiamate decisioni della Suprema Corte n. 6743/2015 e n. 18385/2015. Peraltro, nel caso che ci occupa non vi è un accertamento definitivo atteso che alla società non è stato notificato.
Altresì, occorre evidenziare che vi è stata una inconsapevolezza dell’obbligazione tributaria sorta dopo l’estinzione cfr. CTP Pescara n. 807/2015.
Quanto alla motivazione della sentenza della CTP, questa risulta adeguatamente motivata avendo i primi giudici seguito un iter logico – giuridico articolato e comprensibile.
Conclude il socio liquidatore della soc. (…) Srl chiedendo il rigetto dell’appello, con condanna alle spese.
Motivi della decisione
La Commissione, valutata la natura della questione, esaminati gli atti di causa e vagliata la normativa da applicare, respinge l’appello proposto dall’Amministrazione Finanziaria e condanna l’Agenzia al pagamento delle spese del grado di giudizio che vengono quantificate in €. 2.000,00.
La Commissione nell’affrontare la questione della rappresentanza delle società cancellate dal Registro delle imprese richiamando la sentenza della Suprema Corte di Cassazione la n. 665/2014 che riafferma con forza il principio cardine fissato precedentemente dalle sentenze n. 4060/2010, 4061/2010, 4062/2010, emanate sempre dalla Suprema Corte, e dalla sentenza n. 6070/2013 emessa a Sezioni Unite. Tali ordinanze statuiscono che “La cancellazione volontaria dal registro delle imprese di una società, a partire dal momento in cui si verifica l’estinzione della società medesima, impedisce che essa possa ammissibilmente agire o essere convenuta in giudizio”.
Nonostante il susseguirsi di sentenze in linea con l’interpretazione esposta, l’Agenzia delle Entrate spesso continua a chiamare in giudizio o a proporre ricorso contro società estinte.
La responsabilità dei liquidatori, degli amministratori e dei soci di società in liquidazione, in presenza dell’integrazione delle distinte fattispecie previste dall’art. 36 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, per l’ipotesi di mancato pagamento delle imposte sul reddito delle persone giuridiche i cui presupposti si siano verificati, è responsabilità per obbligazione propria ex lege (per gli organi, in base agli art. 1176 e 1218 c.c., e per i soci di natura sussidiaria), avente natura civilistica e non tributaria, non ponendo la norma alcuna successione o coobbligazione nei debiti tributari a carico di tali soggetti, nemmeno allorché la società sia cancellata dal registro delle imprese. Ne consegue che, una volta liquidata e cancellata la contribuente società di capitali dal registro delle imprese, il processo tributario non può proseguire né nei confronti della persona giuridica, non più esistente, né nei confronti dell’ex liquidatore o dell’ex socio-amministratore, atteso che la legge non prevede alcun subentro automatico di costoro nel rapporto con l’amministrazione finanziaria Cassazione civile, sez. trib., 11/05/2012, n. 7127. Peraltro, l’art. 36 d.P.R. n. 602 del 1973, che prevede la responsabilità del liquidatore per le imposte non assolte dalla società, è applicabile solo alle imposte dirette (i.r.e.s.) ed il richiamo ai fini delle altre imposte (i.v.a. ed i.r.a.p.) appare illegittimo, considerando il divieto di estensione analogica in materia tributaria.
Il Collegio, poi, intende affrontare la questione della solidale responsabilità del liquidatore e amministratore di una Spa.
Infatti, la responsabilità del liquidatore od amministratore di società tassabile in base al bilancio ex art. 36 d.P.R. n. 602 del 1973 (nel diritto previgente, art. 265, t.u.i.d.) per inosservanza dell’obbligo di pagare le imposte dovute dalla società medesima con le attività della liquidazione integra per univoco indirizzo giurisprudenziale un debito per fatto proprio, nascente “ex lege” non solidale né sussidiario, autonomo e distinto da quello tributario; con la conseguenza che l’azione di accertamento proposta dal liquidatore o amministratore per dimostrare l’inesistenza dei presupposti di tale obbligo compete al giudice ordinario e non alla giurisdizione delle commissioni, la quale risulta configurabile solo in presenza di atto di accertamento della consistenza dell’obbligazione stessa, in forza dell’espressa attribuzione contenuta nell’art. 36 cit., che ha esteso l’ambito della giurisdizione stessa rispetto ad una pretesa non avente oggettivamente carattere tributario Cassazione civile, sez. un., 04/05/1989, n. 2079.
Ebbene, sul punto il Tribunale di Milano, con una recente sentenza n. 3142 del 2011, ha compiutamente affrontato e motivato (richiamando anche precedenti della giurisprudenza di legittimità e di merito) il tema dei presupposti in presenza dei quali i terzi creditori possono far valere le proprie ragioni nei confronti del liquidatore o dei soci della società cancellata.
Il caso affrontato dal Tribunale riguarda un’azione promossa da un imprenditore, il quale aveva ottenuto (con sentenza pronunciata nel 2006) il riconoscimento di un proprio credito nei confronti di una s.r.l. in liquidazione dal 2001 e, quindi, cancellata dal Registro delle Imprese nel luglio 2008 dopo il deposito del bilancio finale di liquidazione. Il credito, ovviamente, non era in contestazione e vi era stata la piena consapevolezza, da parte del liquidatore, dell’esistenza del medesimo. Il titolare del credito, con la predetta iniziativa, aveva convenuto in giudizio il liquidatore ed uno dei soci della società, chiedendo la condanna di entrambi, in via solidale ed alternativa, al pagamento integrale del credito vantato e rimasto insoddisfatto nel bilancio di liquidazione.
I Giudici, chiamati a valutare le ragioni poste a base della pretesa, hanno, dapprima, esaminato la posizione del liquidatore, ribadendo che verso quest’ultimo le azioni di eventuali terzi creditori possono essere avanzate solo allorché sia dimostrata una responsabilità extracontrattuale in capo al medesimo. Infatti, non vi è alcun vincolo obbligatorio tra il creditore della società ed il liquidatore; inoltre, vi è un esplicito parallelismo, giusto richiamo dell’art. 2489 c.c., tra la natura della responsabilità dei liquidatori e quella prevista in materia di responsabilità degli amministratori.
Più precisamente, si evidenzia che l’art. 2394 c.c. sanziona – a titolo di responsabilità extracontrattuale verso i creditori sociali – le eventuali condotte degli amministratori poste in essere con inosservanza degli obblighi inerenti la conservazione dell’integrità del patrimonio sociale. Identica responsabilità (peraltro soggetta alla prescrizione quinquennale decorrente dall’iscrizione della cancellazione della Società dal Registro delle Imprese) è posta in capo al liquidatore.
La natura di responsabilità extracontrattuale impone al creditore, che promuova un’azione per danni, l’onere di dimostrare l’esistenza, nel bilancio finale di liquidazione, di una massa attiva che sarebbe stata sufficiente a soddisfare (in tutto o in parte) le proprie ragioni e che, invece, è stata distribuita ai soci od utilizzata per pagare solo taluni dei creditori, violando la cosiddetta par condicio creditorum.
La Commissione alla luce delle argomentazioni infra articolate, in forza del principio di soccombenza condanna l’appellante Ufficio a rifondere alla parte appellata le spese del giudizio quantificate in €. 2.000,00.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando cosi provvede:
– Respinge l’appello e condanna l’Agenzia al pagamento delle spese del grado che vengono quantificate in €. 2.000.00, con distrazione in favore del difensore dichiaratosi antistatario.
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