COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE ABRUZZO – Sentenza 27 dicembre 2017, n. 1191
Accertamento – Ricavi non contabilizzati – Distribuzione ai soci degli utili extra-contabili – Società di capitali a ristretta base partecipativa – Presupposto – Percezione di somme in ragione della quota di partecipazione agli utili sociali
Svolgimento del processo e motivi della decisione
Con sentenza del 22.2.2017 la Commissione Tributaria Provinciale dell’Aquila accoglieva il ricorso proposto dalla C.P. S.r.l. di Tagliacozzo avverso l’avviso di accertamento n. TA3030301069/2014 emesso per l’anno 2009 dall’Agenzia delle Entrate dell’Aquila, con cui, per effetto del controllo eseguito dalla Guardia di Finanza di Pescara, la Direzione Provinciale dell’Agenzia delle Entrate sempre di Pescara aveva accertato a carico della R. & C. S.r.l. di Pescara, di cui la C.P. risultava essere socia al 25%, “ricavi non contabilizzati” per complessivi € 606.450,00 con conseguente rideterminazione del reddito d’impresa per € 507.091,00, e giustificando conseguentemente, sulla base del presupposto che gli utili non imputati a bilancio di una società di capitali a ristretta base partecipativa si considerano ripartiti extra contabilmente, a carico della C.P. S.r.l. un maggior reddito da partecipazione di € 151.612,00 (pari al 25% del totale) ed, infine, un maggior reddito per quest’ultima, di € 7.580,00. La Commissione adita, ritenendo che non fossero stati dimostrati dall’Agenzia né “..gli altri soggetti intestatari dell’ulteriore 75% del capitale sociale..” della R. & C. S.r.l. né la qualità di costoro – cioè “..se una o più persone fisiche o giuridiche..” – né, infine, se vi fosse tra di essi un “..vincolo di solidarietà e di reciproco controllo..”, considerava fondate le ragioni esposte dalla ricorrente pur compensando tra le parti le spese del giudizio.
Avverso siffatta decisione proponeva appello a questa Commissione Tributaria Regionale l’Agenzia delle Entrate dell’Aquila lamentando, in sintesi, l’erroneità della sentenza poiché la Commissione, facendo malgoverno delle risultanze di fatti già emerse e dei precedenti giurisprudenziali ripetutamente richiamati dalla S.C. sui punti principali in discussione, aveva errato nel considerare, anzitutto, non provata la reale composizione societaria della R. & C. (denunciata dalla stessa C.P. S.r.l.) ed, in secondo luogo, la ristrettezza della base societaria, di per sé giustificatrice della presunzione di distribuzione extra contabile degli utili per i soggetti – indifferentemente se persone fisiche o giuridiche – partecipativi della società “verificata” (nello specifico R. & C. S.r.l.) senza che sul punto fosse rilevante la dimostrazione della partecipazione dei soci alla gestione od all’amministrazione dell’impresa partecipata. L’Agenzia concludeva, perciò, per la riforma della sentenza impugnata con il ripristino dell’accertamento notificato, vinte le spese del doppio grado. Si costituiva anche in questa fase la C.P. S.r.l. opponendosi alle doglianze dell’Ufficio, ribadendo le osservazioni già esplicitate nel ricorso ed insistendo, in specie, sulla circostanza che la particolarità che la “partecipazione”, nel caso in esame, fosse rappresentata da una società (dunque non da persone fisiche) escludesse di per sé la possibilità della “presunzione di distribuzione degli utili” (non potendosi rinvenire né “solidarietà” tra i soci né, men che meno, quella “complicità” di cui parlava l’Agenzia).
Radicatosi il contraddittorio, in esito all’odierna pubblica discussione questa Commissione deliberava la decisione nei termini di cui in dispositivo alla scorta delle seguenti considerazioni.
L’appello è da ritenersi pienamente fondato.
In punto di diritto è doveroso rammentare all’appellata quanto a più riprese statuito dalla S.C. e, cioè, che, “…nella presunzione di distribuzione ai soci degli utili extra-contabili di una società a ristretta base sociale, il fatto noto che sorregge la presunzione di distribuzione degli utili extra-contabili non è costituito dalla sussistenza di questi ultimi ma dalla ristrettezza della base sociale e dal vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci che, in tal caso, normalmente caratterizza la gestione sociale, cosicché la sussistenza di utili extra-contabili costituisce il presupposto non della presunzione di distribuzione degli stessi tra i soci ma dell’accertamento della concreta percezione di una determinata somma, da ciascun socio, in ragione delle sua quota di partecipazione agli utili sociali..” (cfr., tra le altre, Cass. n. 8372 del 2017; Cass. n. 27067 del 2016; Cass. n. 6823 del 2016).
La corte regolatrice ha, poi, chiarito anche che la suddetta presunzione non postula neppure che i soci della società accertata siano legati tra di loro da rapporti di parentela, in quanto, secondo le regole di comune esperienza, già dal mero requisito della ristretta base sociale “..discende un elevato grado di compartecipazione dei soci alla gestione della società..” che lascia presumere che detti soci siano a conoscenza dell’esistenza di utili extra-bilancio e che se li distribuiscano tra loro (vedi Cass. n. 2090 del 5.2.2015).
Detti principi, che non fanno che gravare il contribuente dell’onere probatorio con cui si voglia dimostrare il contrario di quanto si presume, ovviamente escludono tra l’altro, e del tutto ragionevolmente, che possa assumere un qualche rilievo in senso contrario il fatto che la “partecipazione” tra le società sia costituita da soci persone giuridiche – nella specie da società di capitali – o, ancor più promiscuamente, da persone fisiche e persone giuridiche. Anzi, il fatto che la partecipazione sia rappresentata, com’è nel caso in esame, da due sole persone giuridiche – ambedue società a responsabilità limitata – connotate, come tali, dalla prescrizione di precise regole disciplinatrici della gestione dell’impresa, del suo controllo e delle procedure di approvazione delle fondamentali iniziative imprenditoriali, rende ancor più penetrante la presunzione dell’elevato grado di partecipazione dei soci appunto alla vita sociale (perché difficilmente potrebbero disinteressarsene), e, quindi, pure alla possibilità di una distribuzione degli utili extrabilancio. Sarebbe un evidente non senso escludere, come sembra essersi orientata la Commissione adita, siffatta conoscenza e partecipazione sol perché il soggetto giuridico “partecipe”, anche se in misura minoritaria (al 25%), non sia persona fisica.
Ciò che, poi, vale a “chiudere il cerchio” sui profili tuttora in discussione ed a comprovare la non condivisibilità della soluzione offerta dal primo giudice nella pronuncia impugnata è la circostanza, anche in questa stessa sede sostanzialmente ammessa dalla contribuente, che i partecipanti alla R. & C. S.r.l. erano, appunto, quest’ultima, nella misura maggioritaria del 75% delle quote, e la C. P. S.r.l., per il residuale 25%; oltre, ovviamente, al fatto che l’accertamento espletato alla R. & C. S.r.l. non è stato, dopo la definizione del proc. N° 466/2014 davanti alla Commissione Tributaria di Pescara nel 2016 che ne ha respinto il ricorso, ulteriormente impugnato.
Tutte le restanti considerazioni critiche espresse dall’appellata sono prive di autentica significanza ai fini di causa.
S’impone, perciò, la riforma, nei termini innanzi esposti, della sentenza di primo grado con la conseguente reiezione del ricorso della C.P. S.r.l..
Le spese di entrambi i gradi del giudizio, per effetto della soccombenza, dovranno gravare sulla parte ricorrente nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
Pronunciando sull’appello proposto dalla AGENZIA delle ENTRATE dell’AQUILA nei confronti della C.P. S.r.l. di T., avverso la sentenza emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale dell’Aquila in data 22.2.2017, ogni diversa e contraria istanza, eccezione e deduzione respinta, così provvede: 1) In riforma della decisione impugnata rigetta il ricorso originario avanzato dalla C.P. S.r.l.; 2) Condanna l’appellata società al rimborso in favore dell’Agenzia delle Entrate appellante delle spese di entrambi i gradi del giudizio facendo di esse liquidazione, quanto a quelle relative al primo grado, in complessivi € 2.200,00, di cui € 1.750,00 per onorari, e, quanto a quelle relative al presente grado, in complessivi € 1.900,00, di cui € 1300,00 per onorari; 3) Dichiara sussistenti le condizioni, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 115/2002 e successive modifiche, per il versamento, da parte dell’ appellata dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’appello a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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