COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE AOSTA – Sentenza 07 maggio 2013, n. 13
Avvisi di accertamento definitivi istanza annullamento in autotutela – Diniego impugnazione in sede tributaria
Fatto
L’Agenzia delle Entrate di Aosta ha notificato al signor L. C., in data 7 dicembre 2007, gli avvisi di accertamento n. R43010100828 e n. R43010100844, riferiti all’IRPEF e addizionale rispettivamente dovuti per gli anni di imposta 2003 e 2004, emessi in applicazione del meccanismo di determinazione sintetica del reddito previsto dall’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, sulla base delle spese sostenute per l’acquisto di un’autovettura.
I due avvisi, non impugnati nei termini di legge, sono divenuti definitivi.
Faceva seguito, nel mese di aprile del 2008, la notifica della cartella di pagamento n. 005 2008 0001887 13, anch’essa non contestata dal contribuente, nonché l’iscrizione, nel mese di agosto del 2009, di un fermo amministrativo sull’autovettura di proprietà del signor C..
In data 7 ottobre 2009, l’interessato presentava all’Ufficio un’istanza di annullamento in autotutela degli avvisi di accertamento in questione, allegando la propria condizione di studente privo di reddito e producendo copia degli assegni emessi dai genitori per l’acquisto dell’autovettura.
L’istanza era respinta con atto dell’Agenzia delle Entrate prot. n. 57044/010, notificato il 16 gennaio 2010.
Il signor C. proponeva ricorso avverso detto diniego, denunciandone la carenza di motivazione ed instando per il suo annullamento.
Con sentenza n. 22/04/11 del 27 luglio 2011, la Commissione tributaria provinciale di Aosta, sez. IV, accogliendo l’eccezione dell’Ufficio, dichiarava il ricorso inammissibile e condannava il ricorrente al pagamento delle spese del grado di giudizio.
La pronuncia di primo grado, pur rilevando incidentalmente la condivisibilità delle doglianze mosse dal ricorrente in ordine alla violazione dell’obbligo di motivazione degli atti amministrativi, rilevava tuttavia che “l’istanza di autotutela non può essere utilizzata per ovviare alla definitività di un atto non impugnato nel termine di legge”, non costituendo detto istituto un mezzo di tutela sostitutivo dei rimedi giurisdizionali, e che la decisione di ritirare un atto illegittimo appartiene unicamente alla discrezionalità dell’amministrazione.
Con atto notificato all’Ufficio il 16 febbraio 2012, il contribuente ha proposto appello avverso la sentenza di primo grado, riproponendo la censura concernente il difetto di motivazione dell’avversato diniego di autotutela.
L’appellante chiede, in principalità, che, previa declaratoria di illegittimità del diniego predetto, vengano annullati i due avvisi di accertamento cui si riferiva l’istanza di autotutela e venga ordinato il rimborso delle somme eventualmente pagate; in subordine, chiede che l’amministrazione sia condannata ad emettere un provvedimento motivato. Si è costituita in giudizio l’Agenzia delle Entrate di Aosta, argomentando nel senso dell’inoppugnabilità del provvedimento che ha respinto l’istanza di autotutela e, in conseguenza, dell’inammissibilità del ricorso giurisdizionale avverso tale diniego; l’Ufficio insta conclusivamente per il rigetto dell’appello e la condanna dell’appellante al pagamento delle spese del giudizio.
La causa è stata chiamata alla pubblica udienza del 19 aprile 2013 e, su richiesta delle parti, è stata ritenuta in decisione.
Motivi della decisione
La domanda proposta in principalità dall’appellante, volta all’annullamento degli avvisi di accertamento a suo tempo emessi nei suoi confronti, è chiaramente insuscettibile di essere scrutinata in modo favorevole, in quanto riferita ad atti che, non essendo stati gravati con ricorso giurisdizionale nel termine decadenziale previsto dalla legge, sono ormai divenuti inoppugnabili.
Tale domanda deve, quindi, essere respinta.
Maggiore approfondimento richiede il vaglio della pretesa formulata in via subordinata, volta all’adozione di una pronuncia che, riconoscendo il difetto di motivazione dell’avversato diniego di autotutela, imponga all’amministrazione di rideterminarsi sulla relativa istanza.
Tale pretesa implica che sia riconosciuta l’ammissibilità dell’impugnativa proposta avverso il diniego di autotutela, condizione denegata dalla pronuncia di prime cure sulla scorta di argomenti essenzialmente volti ad affermare che l’istanza di autotutela non può essere utilizzata per ovviare alla definitività di un atto non impugnato nei termini di legge. La questione, tuttavia, ha dato luogo ad orientamenti giurisprudenziali non sempre univoci e, per essere meglio vagliata, richiede un rapido cenno ai lineamenti del potere di autotutela nel diritto tributario.
Tale istituto, come noto, è stato mutuato dal diritto amministrativo generale ove il consolidato orientamento giurisprudenziale e dottrinale configura l’esercizio dell’autotutela decisoria (che solo con la legge n. 15 del 2005 ha ricevuto una prima disciplina positiva) come la potestà della pubblica amministrazione di ritirare, in funzione del perseguimento dell’interesse pubblico, i propri atti illegittimi ovvero inopportuni. La codificazione dell’istituto nel diritto tributario è più risalente, atteso che già l’art. 68 del d.P.R. 27 marzo 1992, n. 287, aveva riconosciuto agli uffici dell’amministrazione finanziaria la facoltà di procedere, con provvedimento motivato, all’annullamento totale o parziale dei propri atti riconosciuti illegittimi o infondati, salvo il limite del giudicato.
L’art. 2 quater del d.l. 30 settembre 1994 n. 564, aggiunto in sede di conversione dalla legge 30 novembre 1994, n. 656, ha rimesso al Ministro delle finanze il compito di individuare gli organi dell’amministrazione finanziaria “competenti per l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio o di revoca, anche in pendenza di giudizio o in caso di non impugnabilità, degli atti illegittimi o infondati”.
Quest’ultimo incombente è stato assolto con il d.M. finanze 11 febbraio 1997, n. 37, con il quale sono state individuate, tra l’altro, le ipotesi in cui l’ufficio può procedere, in tutto o in parte, all’annullamento dell’atto illegittimo ed è stato riaffermato che tale potere può essere esercitato anche in pendenza di giudizio o in caso di non impugnabilità (cfr. art. 2). Merita di essere richiamata, al riguardo, anche la circolare del Ministero delle finanze n. 198/S-2822-GCF-as del 5 agosto 1998, con la quale si è precisato che “ai fini dell’esercizio concreto dell’autotutela … la legge non considera rilevante il comportamento (omissivo o non) tenuto dal contribuente o il tempo trascorso dall’emanazione dell’atto e neppure (salvo il caso di giudicato sostanziale) le eventuali vicende processuali cui l’atto stesso sia andato incontro, ma solo l’esito del riesame svolto dall’ufficio che lo ha emanato, al quale è attribuito il solo e unico compito di verificare, in modo del tutto autonomo e indipendente da tali eventi o comportamenti, se l’atto è legittimo o meno. Se, a seguito di tale verifica, la pretesa tributaria risulta infondata in tutto o in parte, essa va ritirata ovvero opportunamente ridotta in modo da ristabilire un corretto rapporto con il contribuente, il quale non può essere chiamato al pagamento di tributi che non siano strettamente previsti dalla legge”.
Sulla base di tale quadro normativo, pur senza mettere in discussione la natura facoltativa e discrezionale del potere in questione, la giurisprudenza di legittimità si era orientata, fin dal 2005, nel senso di riconoscere la possibilità di impugnare dinanzi alle commissioni tributane il provvedimento che rigetta l’istanza del contribuente per l’adozione di un atto di ritiro in autotutela (cfr. Cass., ss. uu., 10 agosto 2005, n. 16776).
Con una successiva pronuncia, relativa ad un caso di inerzia dell’amministrazione finanziaria, la Sezione tributaria della Corte di cassazione ha precisato che “la posizione del contribuente in ordine ad un atto di autotutela non costituisce diritto soggettivo perfetto ma interesse legittimo, che potrà trovare tutela nell’ambito della giurisdizione tributaria, e non amministrativa, per effetto della riserva di legge sopra menzionata, rimanendo tuttavia sottoposta ai limiti di sindacabilità degli atti discrezionali, ovvero nell’ambito della legittimità dell’operato dell’amministrazione (anche in caso di inerzia) e non del merito, non essendo ammissibile la sostituzione del giudice tributario all’amministrazione nella adozione di un atto di autotutela. Ne consegue che il sindacato del mero rifiuto dell’esercizio di autotutela deve limitarsi all’esame della legittimità della condotta omissiva, e non può estendersi al merito, ovvero a valutare la fondatezza della pretesa tributaria del contribuente” (Cass., sez. V, 29 dicembre 2010, n. 26313). Non sono mancati, come si accennava, ripensamenti giurisprudenziali sul tema (cfr., da ultimo, Cass., sez. VI, 3 luglio 2012, n. 11127), fondati su argomenti che, tuttavia, non paiono pienamente persuasivi.
Secondo l’orientamento dal quale si dissente, infatti, la declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione del provvedimento di rigetto di un’istanza di autotutela si imporrebbe sulla base delle seguenti considerazioni:
a) l’istituto dell’autotutela non può costituire uno strumento per eludere la decadenza dal potere di impugnare atti ormai divenuti definitivi.
Tale obiezione, sulla quale si fonda la soluzione offerta con la pronuncia di primo grado, non considera, però, che il ricorso avverso il diniego di autotutela non può essere utilizzato allo scopo di rimettere direttamente in discussione la fondatezza della pretesa tributaria, ma solo per contestare il legittimo esercizio del potere discrezionale nel caso di specie, nell’ambito di un sindacato soltanto estrinseco che non si estende al merito del conflitto;
b) il diniego di autotutela non è compreso nel novero degli atti impugnabili dinanzi alle commissioni tributarie di cui all’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.
La giurisprudenza di legittimità, peraltro, ha riconosciuto già da tempo il carattere non vincolante dell’elenco suddetto, essendo la giurisdizione tributaria divenuta, nel suo ambito, una giurisdizione a carattere generale, competente ogni qual volta si controverta di uno specifico rapporto tributario (cfr. sent. 16776/2005 cit);
c) il ricorso sarebbe inammissibile in quanto invasivo della sfera discrezionale dell’agire amministrativo.
A confutazione di quest’ultimo argomento, è sufficiente ribadire che la domanda non può investire il merito del rapporto tributario, ma deve risultare circoscritta, come di norma in materia di tutela degli interessi legittimi, alla contestazione del corretto esercizio del potere amministrativo.
Non sussistono, in definitiva, valide ragioni che inducano a negare l’ammissibilità del ricorso avverso il diniego di autotutela, laddove esso risulti, come si verifica nel caso in esame, inteso a contestare lo scorretto esercizio del potere discrezionale dell’amministrazione procedente, sub specie di insufficiente motivazione dell’atto negativo.
Tale conclusione appare preferibile anche perché capace di tradurre convenientemente in atto il principio di doverosità dell’azione amministrativa, coniugato con le regole di ragionevolezza e di buona fede, nonché per ragioni di giustizia sostanziale e di equità, rese palesi nel caso di specie dalla plausibilità delle giustificazioni fornite dal contribuente e dalla potenziale valenza degli elementi di prova che l’amministrazione finanziaria non aveva ritenuto di dover prendere in considerazione.
L’appello, in conclusione, è fondato e deve essere accolto, nei sensi e nei limiti sopra precisati.
Ne consegue la riforma della sentenza impugnata e la declaratoria dell’obbligo dell’amministrazione di rideterminarsi espressamente, con motivazione estesa al merito, sull’istanza del contribuente.
Considerando la peculiarità della questione affrontata e le oscillazioni giurisprudenziali in materia, le spese del giudizio vanno integralmente compensate fra le parti costituite.
P.Q.M.
Respinge la domanda di annullamento degli avvisi di accertamento.
Accoglie la domanda di annullamento del diniego di autotutela e, per l’effetto, riforma la sentenza di primo grado. Compensa le spese di lite tra le parti.
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